giovedì 29 luglio 2010

MUSICA * LE NOTE STONATE DELL'EUROFESTIVAL

Più che all’«Eurofestival», siamo dalle parti del Neurofestival. Evento che, come vedremo, rischia di minare il sistema nervoso dei partecipanti.
Ricordate la gara canora sparita dai teleschermi italiani nel lontano 1997, dopo il quarto piazzamento dei mitici Jalisse, già vincitori a Sanremo con «Fiumi di parole»? Ebbene, è viva e lotta insieme a noi. Anzi, più che lottare, a quanto pare, trama. Con intrecci degni delle migliori spy-story al sapor di guerra fredda. Ma andiamo con ordine. Il 24 maggio scorso, all’Arena di Belgrado, si consuma la finale della 53ª edizione, che vede la vittoria, su 43 Paesi europei in concorso, del russo Dima Bilan. Se lo 007 di Ian Fleming ha licenza di uccidere, a Dima più modestamente hanno permesso di cantare (in inglese) una lagnosa ballata pop-rock intitolata «Believe!». Accompagnato sobriamente da un violinista con uno Stradivari e dal campione del mondo di pattinaggio su ghiaccio. Mancano solo la donna cannone e la ballerina del Bolscioi Ciolanka Sbilenka perché già impegnate al circo di Mosca. La vittoria di Dima puzza, soprattutto agli inglesi, che guardano la classifica finale (seconda l’Ucraina, quarta l’Armenia, sesta la Serbia, ottavo l’Azerbaijan, decima la Bosnia, e a seguire Georgia e Lettonia) gridando allo scandalo. Il commentatore della Bbc, Sir Terry Wogan, parla di «Gara truccata e accordi segreti» fra i Paesi del blocco dell’ex Unione Sovietica. Che si voterebbero a vicenda per favorirsi. «Meglio ritirarsi», dice qualcuno in Occidente. Anche tedeschi e spagnoli protestano, e l’Austria aveva già fatto le valigie lo scorso anno. Insomma, un caso politico.
E l’Italia? Come detto, noi avevamo abbandonato la nave dell’«Eurofestival» già nel 1997, per un semplice motivo di convenienza: visto che da regolamento chi ha l’onore della vittoria ha anche l’onere di organizzare (e quindi di pagare) tutta la kermesse-monstre l’anno successivo, alla Rai si erano stancati di partecipare facendo ogni anno gli scongiuri nella speranza che il nostro concorrente non vincesse. Anche perché lo show qui ha sempre avuto poco appeal televisivo e il budget è tutto appannaggio di Sanremo. L’unico italiano presente quest’anno (ma eliminato alle semifinali) era Paolo Meneguzzi, in gara per la Svizzera avendo fatto valere il suo doppio passaporto. Diabolico. Ma parecchio entusiasmo l’ha dimostrato anche il piccolo stato di San Marino, che non teme (letteralmente) di vincere ed era in gara con i «Miodio». Esclamazione fra l’altro parecchio in voga quest’anno dietro le quinte; peccato che la band sia stata buttata fuori alla prima serata.
L’unica italiana che ha gioito - nonostante le polemiche complottiste sul voto - è stata Raffaella Carrà, chiamata a Madrid da Tve (la Rai spagnola) per condurre il galà locale dell’«Eurofestival». Un botto: quasi undici milioni d’ascolto e il 62,8% di share.
Morale: la prossima volta che qualcuno ci racconterà che «Sono solo canzonette», saremo autorizzati a farlo terminare da Arnold Schwarzenegger. Per regolamento può farlo: è americano (ma di origini austriache).

(TV SORRISI E CANZONI - MAGGIO 2008)

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