venerdì 13 agosto 2010

CARLO CONTI * «IO RACCOMANDATO? LAVORAVO GIA' PRIMA DI QUALUNQUE DIRETTORE»

«Ba-na-na! Carlo, se vvòi venì bbene ‘n fotografia devi da dì “ba-na-na” mentre quello scatta!».
La signora seduta in platea negli studi romani della Dear, dove si registra «L’Eredità», ha il tono perentorio di chi ne sa una più della buonanima di Helmut Newton. Carlo Conti, l’uomo che non conosce pallore, si gira, la guarda perplesso, ma non coglie il prezioso spunto. Poi torna a concedersi al nostro fotografo con un sorriso smagliante ma senza uso di «Ba-na-na!».

Conti, lei è sempre così abbronzato perché teme di essere un personaggio incolore?
(A denti strettini) «Eh eh... No, adoro il sole e ho la pellaccia scura. Non vivo la fase del rosso, come tutti gli umani: passo dal bianco al nero totale. Non ho cellule, ma piccoli pannelli solari».
Teme più il calo dell’audience o quello della melanina?
«Sono due grossi problemi. L’audience la vivo in maniera serena, e sentirmi con la pelle giusta mi dà serenità».
Ha mai fatto nero qualcuno?
«Mai fatto a botte, anche da bambino: semmai separavo la gente. Con la parola si può mediare, risolvere tutto».
Che cosa si dice la mattina guardandosi allo specchio?
«Ringrazio Dio di essermi svegliato e di avere la salute. E mi ritengo fortunato: faccio con lo stesso entusiasmo il mestiere che sognavo da bambino».
Un santo. Ma subito dopo aggiunge: quanto sono bello!
«No, solo sereno. E fisicamente non mi piaccio. Controllo magari di non essere troppo pallido. Mi piaccio come persona e mi piace il mio percorso di vita: partito da zero, ho saputo costruire».
Macché: lei si piace così tanto che si inviterebbe a cena da solo.
«Mai. Mi piace semmai la compagnia di una bella donna, con la quale potersi confrontare. Bella e intelligente».
Ha paura di qualcosa?
«Della follia e della cattiveria. Mi fa molta paura la facilità con cui la gente oggi dà di matto. Anche a un semaforo quando non sei partito subito al verde. Gente che urla. È inquietante, sempre tutto un tono sopra, per non dir peggio».
La più colossale scemata che abbia fatto in tv.
«Aver scambiato Annibale per Scipione».
Questa l’ha detta. Parliamo di programmi.
«Non rinnego niente. Quando li ho fatti ci credevo. È troppo facile poi parlarne male... Gli errori servono a costruire il tuo oggi: l’esperienza è fatta anche di sbagli».
Molto saggio. Intanto però un titolo non me lo dice...
«Mannò, anche se penso a “Il gladiatore”, un quiz del 2001 che non andò benissimo, fu però piazzato poi in Grecia, Svezia, Spagna. Avevamo sbagliato solo la collocazione oraria».
È vero che accetta tutti i programmi che le danno?
«Falso. Me li scelgo io, li plasmo, me li coccolo. Non mi affidano mai uno show. Sono sempre il capo progetto di ciò che faccio: accetto solo se ho carta bianca».
È vero che la cosa più rischiosa che abbia fatto in vita sua è stata la ceretta?
(Ride di gusto) «No, manco quella e non la farò mai. Sarebbe come perdere l’abbronzatura. Posso al limite sfoltire un po’ la peluria d’estate per evitare che mi faccia ombra. Sa com’è...».
Lo vede? «Il gladiatore» non le assomigliava perché non ha niente in comune con Russel Crowe. Nel 2003 però ha fatto «I raccomandati». Questo titolo le somiglia di più?
«Per niente. Altrimenti non ci avrei messo 10 anni ad arrivare alla Rai. Il mio curriculum è: lavoro, gavetta, mestiere. Se porti a casa risultati, il pubblico ti premia, ci sei  e ci resti».
Il direttore di Raiuno, Del Noce, in pubblico bacia tutti i suoi conduttori: Fiorello, Baudo... Quando tocca a lei?
(Guardingo) «No, beh... A me non è mai capitato. Può succedere, ci starò attento. Essendo tradizionalista, ho preferito quando in tv mi hanno baciato Carol Alt e la Marini».
Se lui un domani fosse trasferito alle Poste, lei che è il suo preferito lavorerebbe ancora in Rai?
«Questa del preferito è una cosa inventata che sento dire da più parti... Io vivo a Firenze, fuori dalle logiche e dai salotti romani. Lavoro da sempre, da prima di quasiasi direttore. Il giorno dell’avvicendamento mi presenterò al nuovo dicendogli: questo sono io e questi i miei programmi».
È nato artisticamente con Pieraccioni. Che cosa sarebbe oggi senza di lui?
«Niente di diverso. La cosa più importante che abbiamo fatto insieme io, Leonardo e Giorgio Panariello è stata la gavetta vera: dai sette ai 7000 spettatori nelle sagre di paese. Poi ognuno è diventato quel che è diventato nel proprio settore e sono rimasti rapporti professionali occasionali. Io e Leonardo siamo fratelli. La prima volta che ho detto “Signori: Leonardo Pieraccioni” era il 1982».
Vi siete trovati.
«Avevo capito che c’era questo fermento, in Toscana, e davo vita a trasmissioni circondandomi di giovani comici. Ero l’Arbore della situazione...».
Li ha scoperti lei, dunque, come direbbe Baudo...
«Sì... E lavoravo in una discoteca, l’Aloha, che era diventata il nostro “Zelig”. Andavo anche in giro a trovare gli sponsor. Lì eravamo dei re. Poi è venuta Roma a cercare noi, non il contrario».
Piace ai giornalisti?
«Ad alcuni sì, anche perché chiacchiero molto nelle interviste».
Allora come mai per assegnare questa il nostro direttore ha dovuto fare un’estrazione in sala mensa?
(Sinceramente provato) «Sììì? Davvero? Nessuno voleva farla? Mamma mia, è una cosa tristissima...».
Scherzavo. È vero che quando circola qualche foto di gossip che la riguarda, è concordata con i paparazzi?
«Macché, è una follia. Faccio di tutto per sparire. Andai solo una domenica a pranzo, d’inverno, con le mia ex fidanzata, a Sabaudia. Errore: lì ci sono i ristoratori che chiamano immediatamente i paparazzi. Cosa che non mi succede a Cecina o Follonica. Fu intaccata la mia privacy vera. Ci rimasi male». 
Quanto guadagna all’anno?
(Molto imbarazzato) «Ohibò, questo nun si puoddire. Perché, bisogna?».
Sarebbe un bel gesto.
«Guadagno più che bene. Credo di essere tra i meglio pagati in azienda, ma copro tanti spazi, do tanti programmi, quindi... Però cifre non ne faccio».
Per i giornali lei è il «Medioman» della tv. Lo dica che non ne può più.
«Col tempo passa tutto. È solo il giudizio della gente che conta, i numerini della mattina dopo. E quelli ci sono su tutti i programmi che faccio. E poi sarebbe folle mettersi una maschera».
Nel preserale con «L’eredità» batte regolarmente la concorrenza. Merito suo o del programma?
«Pilota e macchina sono ugualmente importanti. Programma e personaggio. Come per Schumacher e la Ferrari».
Si paragona a Schumacher?
«No, assolutamente. Parlo di prodotto e conduttore. “L’eredità” era già un buon prodotto e le ho dato il mio taglio».
Altri grandi del preserale sono stati Bonolis, Fiorello...
«Beh, Bonolis andò bene con “Tira e molla”. Fiorello poverino invece con “Superboll” si incartò proprio contro il mio “In bocca al lupo”».
Caspita, Carlo Conti: quello che ammazzò Fiorello...
«Io non ho ammazzato nessuno... E poi Fiore è straordinario. Può capitare. Lui deve andare a ruota libera, non può essere imbrigliato in un quiz».
Sogna la Bellucci. In attesa che si liberi per lei, chi frequenta?
«Da quando mi sono lasciato con Francesca, nessuna».
Refrattario?
«No, assolutamente. Mi piace conoscere donne, frequentarle... E piano piano costruire con quella con la quale ci sono maggiori affinità».
Leggevo che lei lascia tutte le sue donne perché a un certo punto vuole restare solo con sé stesso.
«È la sintesi della sintesi. Arrivo a un punto in cui la voglia di stare da solo supera quella di costruire in due. Forse l’amore non è più come all’inizio. Però ogni volta con dispiacere: è un grande fallimento. Sempre più spesso, oggi, lo vivo così. Anche perché preferisco stare solo, piuttosto che avere una fidanzata solo per averla. Nel momento in cui comincio a investire, a metterci tempo, non riuscire è un fallimento. Specie quando ti rendi conto che la persona che hai lasciato vale molto, non si trova tutti i giorni dietro l’angolo».
Ci siamo, è ancora innamorato di Francesca.
«Se fossi immamorato starei con lei».
Senso di colpa?
«No, dispiacere per se stessi. Le persone sono tante, ma quelle giuste ben poche. E più passa il tempo, più l’incastro è difficile, vai a vedere 1000 sfaccettature. A 18 anni sopporti; a 40 ancora qualcosa, a 45 ancora meno».
Obama o Hillary?
«Bella sfida. Forse per il mondo sarebbe più sconvolgente un presidente di colore».
Ne ha persino più di lei.
«Affinità cromatiche. Ma in Italia mi piacerebbe molto avere quanto prima una presidente donna, una grande come Tina Anselmi».
Si dice che soffra perché non le fanno fare Sanremo.
«Figurarsi: qualcuno se la prende perché non pongo mai come condizione nei contratti l’avere anche Sanremo».
Sta finendo di condurre «I migliori anni». Non sarà che il pubblico tv i suoi migliori anni li ha vissuti senza di lei?
«Assolutamente. E l’ha dimostrato scegliendo in questa gara fra decenni gli Anni 70 e 80. La tv dei pionieri. Ma anche oggi, via, non è tutto da buttare».

(TV SORRISI E CANZONI - FEBBRAIO 2008)

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