mercoledì 31 marzo 2010

NOEMI * «NON CAMBIO NOME PER COLPA DELL'ALTRA»

Si chiama Noemi (nella foto) ma in lei non c’è Letizia. Nel senso del cognome. In compenso Noemi (la cantante), nella vita è una che se la ride. Anche perché ormai è la conclamata vincitrice morale della seconda edizione di «X-Factor». Eppure il continuo rischio di equivoco, il «crash» fra il suo nome e quello dell’altra Noemi (quella di Casoria, finita nel frullatore mediatico), non la manda in visibilio. Tutt’altro. «Siamo due cose ben diverse» dice. «Anzitutto io ho scelto di stare sotto i riflettori, e lei no. E poi mi pare che nella vita abbiamo finalità molto molto differenti. Sentendo in giro, è incredibile il continuo giocare, anche giornalistico, fra le due Noemi. Questo nome negli ultimi mesi ha avuto un’incredibile visibilità, ma non credo proprio che la cosa mi abbia avvantaggiata. A “Blob” mandavano la mia canzone con le immagini dell’altra Noemi, di Silvio Berlusconi e di Veronica Lario. La considero pubblicità occulta?».

Ha mai pensato di tornare al suo vero nome anagrafico?
«Per carità, non c’è motivo: è cadere dalla padella nella brace, visto che mi chiamo Veronica Scopelliti. “Poco discografico”, direbbe la Maionchi. Inoltre, si sarebbe creato il terribile binomio Noemi-Veronica. Peggio, no?».
Ora si tiene il suo, quindi.
«Ma va bene così: l’importante è che non ci sia un’altra Noemi cantante. L’altra fa la show-girl, mi pare, o almeno così dice».
Nel Music control radiofonico la sua «Briciole» è seconda e ha spedito al terzo posto persino Eros Ramazzotti...
«Mai mi sarei aspettata un riscontro simile. È pazzesco. Sopra c’è ancora Tiziano Ferro e dietro tanti di quei nomi enormi... Sono felice».
Morale: «X-Factor» l’ha vinto lei.
«A modo mio posso considerarla una vittoria morale, ma per me stessa, i miei traguardi. Sony ci ha creduto e mi ha fatto fare un Ep».
E il prossimo?
«Tutti inediti, a ottobre. Mi sa che è finita la pacchia di vivere sulle cover, sull’oro altrui. Ora devo farmi un m... grande così per riuscirci davvero».
C’è chi dice che i talent show creino solo illusioni.
«Un po’ è vero. Dopo ne esci frastornata, successo, autografi. Lì capisci che devi lavorare sodo».
Quest’estate, «X-Factor» tour.
«Sarò con i Bastard Sons of Dioniso, Daniele, Enrico e Ambra Marie. Più di un’ora e mezza di musica con la band di Lucio Fabbri».

(TV SORRISI E CANZONI - LUGLIO 2009)

COSTANZA CARACCIOLO & FEDERICA NARGI * VELINE: LA RABBIA E L'ORGOGLIO

Una carezza e uno schiaffo. Proprio mentre gioiscono per essere state riconfermate da Antonio Ricci nel cast della prossima edizione di «Striscia la notizia», le due Veline in carica, la mora Federica Nargi e la bionda Costanza Caracciolo (insieme nella foto), incassano un colpo dalla presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia. Definita scherzosamente «Velina» dal premier Silvio Berlusconi, ha ribattuto: «Io una Velina? Preferisco essere considerata una persona seria». E anche se poi smorza i toni («Non ho niente contro di loro...»), resta il retrogusto di un giudizio un po’ sprezzante nei confronti di una categoria certo ad alta visibilità mediatica ma - tutto sommato - vulnerabile.

Stavolta, però, a sorpresa, invece di restare zitte come il loro ruolo spesso impone, le due acerbe bellezze del tg satirico di Canale 5 rispondono al fuoco: «Perché, le Veline non possono forse essere serie?» si domanda la siciliana Costanza. «Siamo ragazze semplici e con un cervello. Opinioni così si basano su vecchi pregiudizi, su un’idea sbagliata che qualcuno si può fare di noi. E poi, dai, basta con questa storia delle Veline sceme...». Le fa eco la romana Federica: «Una Velina è una bella ragazza che può avere anche un cervello e una testa pensante. Generalizzare è sempre sbagliato».


Fare di tutta l’erba (vallettistica) un solo fascio è un’abitudine vecchia quanto il tv color. Tant’è che il termine «Velina» utilizzato in senso spregiativo ricorre spesso in cronaca. Si parli di intercettazioni malandrine o di belle ragazze di spettacolo sbattute in prima pagina, la sintesi giornalistica rimanda quasi sempre, ossessivamente, a quella parola. Ovvero alle due vestali di «Striscia», diventate simbolo di un mondo. Potrebbe quasi essere motivo di vanto, se tutto ciò non nascondesse, spesso, un velato insulto. «È semplice: siamo diventate una categoria» prosegue Costanza. «E visto che ora siamo in carica noi, ci tocca prendere tutte le critiche e le allusioni. Ma in televisione ci sono Letterine, Letteronze, Vitamine, Schedine... Tutte ragazze che fanno in sostanza il nostro stesso lavoro. Eppure quando si deve definire una ragazza che fa tv, nel bene e nel male, chissà perché, diventa sempre Velina».


Riconfermate, dicevamo. «Striscia» chiuderà il sei giugno per riaprire a settembre. E come al solito «papà» Ricci ha tenuto le sue ragazze col fiato sospeso fino alla fine. «L’avevamo sentito dire, ci speravamo, ma ora è arrivata una lettera a casa ed è stato annunciato anche in trasmissione» dice Federica. «Felicissime, dopo la notizia abbiamo radunato alcuni amici per andare insieme a festeggiare in un locale. Intanto piovevano telefonate di congratulazioni da parenti e conoscenti». Oltre alle prove per gli stacchetti, Costanza e Federica fanno «due ore di dizione al giorno» e lavorano con in testa un modello: «Elisabetta Canalis e Maddalena Corvaglia». «Sono state loro le migliori in assoluto» dicono all’unisono. «Per semplicità, naturalezza, efficacia. Poter diventare così sarebbe un sogno». In mancanza di quello, o come sviluppo alternativo di una carriera che necessariamente può vivere di alti e bassi, studiano «recitazione». Perché il sogno di sfondare nel cinema, in fondo, c’è sempre. Intanto, spenti i riflettori della tv, loro che a Milano vivono «in due appartamenti diversi, anche se poi stiamo sempre insieme», tornano dalle rispettive famiglie a Roma e in Sicilia. In vista di «una vacanza estiva da fare insieme, non abbiamo ancora deciso bene quando e dove». L’importante è tenere ben presenti, per l’autunno, i precetti di Antonio Ricci: «Studiare e impegnarsi seriamente». Nella vita tocca sgomitare, e c’è persino il rischio che qualcuno ti dia della Velina mettendoti in condizione di doverti difendere. Ma queste ragazze sono immuni da difetti? Per scoprirlo, non resta che l’autocertificazione. Federica a proposito di Costanza: «Ha la testa durissima. È molto ostinata». Costanza su Federica: «È troppo emotiva. Insieme però ci compensiamo».
 
(TV SORRISI E CANZONI - MAGGIO 2009)

GIORGIO GORI * «L'ISOLA DEI FAMOSI NON E' UN INFERNO»

Di certo non è un villaggio vacanze. L'Isola è una produzione durissima, per chi sta davanti alle telecamere e per tutti quelli che ci lavorano.
Lavorare "in location" è un po' come andare al fronte, e solo dei veri professionisti - disponibili ad operare anche in condizioni di oggettivo disagio - possono affrontare 4 mesi in prima linea. Ma ben altro è parlare di "lavori forzati". L'articolo dell'Espresso descrive un'emergenza - occorsa in due specifiche occasioni, quando il mare ha impedito il rientro della troupe al "campo base" dopo la diretta, costringendo per una notte ad
allestire alloggi di fortuna su un'isola attrezzata ad ospitare solo 20 persone (gli operatori che turnano per 48 o 72 ore sull'isola dove vivono i concorrenti del programma), con inevitabili problemi di condivisione del cibo e dei servizi igienici - e la spaccia come la condizione permanente di tutta la squadra che opera in Nicaragua. Questa, complessivamente, è fatta da circa 100 persone, contrattualizzate da Magnolia o dalle società che a loro volta forniscono gli apparati tecnici necessari alla produzione, tutte inquadrate con contratti a tempo
determinato. A queste si aggiungono 5 persone contrattualizzate "a progetto" per attività redazionali. La gran parte di questi lavoratori risiede a Corn Island, dorme negli alberghi dell'isola o in casette prefabbricate e mangia, compatibilmente con le disponibilità locali, in modo più che dignitoso.
Le difficoltà delle prime settimane, del tutto fisiologiche per una "prima edizione" in una uova località (in passato l'Isola è stata realizzata nella Repubblica Dominicana e in Honduras, spesso con disagi logistici anche
maggiori di quelli incontrati in Nicaragua) hanno interessato le squadre "in missione" sull'isoletta di Lime Cay e sono state causate principalmente dalle condizioni meteo, che hanno talvolta reso particolarmente lunga e
faticosa la traversata con le barche dal "campo base" all'isola che ospita i concorrenti. Per questo la produzione si è dotata di un elicottero, inizialmente non previsto, e a breve ne avrà a disposizione un secondo. Per alcuni giorni anche i rifornimenti alimentari ne hanno risentito, ma a parte questo i lavoratori impegnati nella produzione vivono in condizioni di assoluta decenza, mangiano discretamente e non lamentano problemi di igiene.
Svolgono un lavoro indubbiamente faticoso (non ci sono orari, anche in virtù del fuso tra il Nicaragua e l'Italia) e scontano il disagio di una lunga lontananza da casa. Ma sono retribuiti adeguatamente per le loro capacità e funzioni, senza che mai sia trascurata la loro dignità personale. A questa squadra, che in parte sarà impegnata da maggio a luglio anche nella realizzazione della versione spagnola della trasmissione, si aggiungono circa 25 lavoratori locali.

                                                                                                                   Giorgio Gori

MAX GIUSTI * «I TALENT SHOW ILLUDONO, IO NO»

In giro per l’Italia a caccia di talenti. Se vi sembra una trama già vista, chiedete conto a Max Giusti (nella foto), su Raiuno dal 25 marzo per «Stasera è la tua sera». Protagonisti inconsapevoli vivranno la loro tele-notte indimenticabile in prima serata. Il tutto mentre il conduttore, deciso a recuperare la sua anima da showman, si dice pronto a ingaggiare anche sfide impossibili con personaggi famosi: dal rock acrobatico agli sport estremi.
Max, anche lei si mette a regalare sogni a chi vuole entrare nel mondo dello spettacolo?
«No, piano. A “Stasera è la tua sera” non illudiamo nessuno: uno che fa il panettiere viene da noi, gli mettiamo a disposizione i migliori tecnici, studi e insegnanti su piazza, realizza il suo sogno e il giorno dopo torna a fare il panettiere».
I talent show come «Amici» e «X-Factor» invece creano illusioni?
«Non credo facciano apertamente false promesse, però si genera l’aspettativa di un successo che può non arrivare. E poi tutti questi concorrenti, anche alle prime armi, li vedo così incredibilmente sicuri sul palco… Troppo».
Qualcuno ce la fa…
«Qualcuno, ma non è detto che duri. Occhio alla saturazione, perché talent uccide talent».
Si spieghi meglio.
«Se ogni anno c’è una nuova edizione di almeno un paio di grossi talent, arrivano sul mercato alcune facce nuove destinate a perdersi per strada in tempi brevi, perché la discografia, già in crisi, le rimpiazzerà con altre facce nuove l’anno dopo. Il mercato non può reggere tutti questi nuovi ingressi. Si dovrà fare un passo indietro, prima o poi».
Difficile. Questi programmi hanno il pregio di costare poco…
«Non è solo un problema di costi. Ma il rischio della saturazione è già evidente: lei ricorda il nome del primo vincitore di “Amici”?».
Dopo i pacchi di «Affari tuoi», si sente di affermare che il suo nuovo show non sarà un pacco?
«Ce la metterò tutta. Avevo segnalato io a Endemol questo format della Bbc, e sto mettendo una passione infinita nel prepararlo».
A prima vista sta fra «Carràmba», «Il Grande Bluff» e «Il treno dei desideri»…
«Non starei a fare paragoni, anche se ormai in tv non si inventa più niente, le contaminazioni possono essere tante».
«Striscia» attacca spesso «Affari tuoi» per sospetti di manipolazione del gioco. Che cosa risponde?
«Che sono soltanto un conduttore, innanzitutto. Ma posso assicurare che se avessi notato qualcosa che non andava, me ne sarei andato seduta stante. Prima di me l’hanno presentato Paolo Bonolis, Pupo, Antonella Clerici e Flavio Insinna. Se fossimo tutti d’accordo, disonesti e collusi, sarebbe la più grande associazione a delinquere della storia della tv».
Il prossimo anno, ci sarà ancora lei?
«La tv è mercato: il programma funziona, il direttore di Raiuno mi ha lusingato confermandomi la sua fiducia. Noi siamo gregari. Il nostro compito è lanciare bene i programmi che seguono».
Si sente arrivato?
«È una parola grossa. Però per la prima volta ho la sensazione di aver trovato anch’io una mia piccola dimensione nella tv importante».
Ha l’ossessione degli ascolti?
«Ogni mattina alle 10 mi arriva un sms con i dati, ma ora non lo guardo più, diventa un incubo. Faccio la media a fine mese».

(TV SORRISI E CANZONI - MARZO 2010)

GUIDO GENOVESI * «IN TV C'E' BESTEMMIA E BESTEMMIA»

GUIDO GENOVESI PER «LO SPETTACOLO DEVE CONTINUARE»


In tv c’è bestemmia e bestemmia? Bestemmiatore e bestemmiatore? Comincio a pensare che sia così. Durante il «Grande Fratello 10» mi sono arrivati 5000 messaggi dove i miei fans parlavano di giustizia negata e cose simili. Il motivo è presto detto: mentre io durante la quinta edizione fui immediatamente cacciato dalla Casa e bandito da tutti gli studi televisivi dopo il mio moccolo (ovviamente mi scappò, ed essendo balbuziente ma sfortunato non ho tartagliato proprio quando occorreva tartagliare), quest’anno Massimo Scattarella continuava a comparire in video ovunque, sia durante il GF che dopo. Non solo, a volte atteggiandosi e pontificando. Faccio fatica a spiegare questa cosa anche a mia figlia di 8 anni e mezzo, che va a scuola e su questo argomento viene stuzzicata dai compagni. Non è tanto per me, ma che cosa devo rispondere a chi mi fa rilevare questa evidente disparità di trattamento? Andiamo forse verso lo sdoganamento della bestemmia? È cambiata la sensibilità popolare? Da una parte il sottoscritto, blasfemo e completamente oscurato senza possibilità di replica, e dall’altra un’alzata di spalle. Neppure con Massimo Ceccherini all'Isola dei famosi si sono comportati così, senza andare a ripescare Leopoldo Mastelloni. Eppure gli autori quando entri nella Casa ti dicono chiaramente: «Puoi fare tutto, tranne che bestemmiare». Non è poca cosa. Ho sbagliato, ma per altri si usano due pesi e due misure. A meno che non ci si metta a fare distinzione fra bestemmia e bestemmia. Se sia zoomorfa o antropomorfa. Quello che ho fatto è socialmente brutto, sono stato un coglione. Ma è assurdo che in questo Paese un fatto come questo sia considerato il discrimine della condotta morale di una persona.                           Guido Genovesi

martedì 30 marzo 2010

VITTORIO SGARBI * «IO GIUDICATO DA BONOLIS? E' DA SFIGATI»

Una canzone di Vittorio Sgarbi al prossimo Sanremo? Niente da fare. Il Festival di Paolo Bonolis ha detto no a un brano, «Come Cleopatra», presentato dall’attrice e cantante Ottavia Fusco e scritto dal critico d’arte più famoso d’Italia. «Il mio» dice Sgarbi «era un testo teatrale che la Fusco ha fatto suo. Mi ha cercato, lo voleva, e gliel’ho affidato, ma ho sempre ritenuto disdicevole, da sfigati, andare a sottoporsi al giudizio di uno come Bonolis. E mi sono anche guardato bene dal telefonargli, come mi è stato chiesto, dopo aver saputo della bocciatura della canzone. Si arrangi». «Quel brano con musiche di Luigi Ceccarelli» aggiunge la Fusco «rientra fra i 16 del mio prossimo disco, “Gli anni zero”, che esce a febbraio e contiene solo pezzi di intellettuali e scrittori, da Umberto Eco (con il rap “Facile facile”) a Magdi Allam, passando per Federico Moccia, Giorgio Albertazzi, Pasquale Squitieri, Aldo Nove, e altri. Sgarbi si è ispirato a un dipinto del Guercino: secondo lui Cleopatra si uccise per paura di invecchiare, per non vedere sul suo corpo i segni del tempo. Un tema attualissimo, ma il direttore artistico Mazzi mi ha detto che non hanno accettato la canzone per via della mia estrazione teatrale. Perché pensavano a una cosa alta, poco immediata».

(TV SORRISI E CANZONI - DICEMBRE 2008)

LINO BANFI * «PIERSILVIO, NON E' VERO CHE COSTO TROPPO»

«Nel mondo dello spettacolo gira una voce che non mi piace: Lino Banfi costa troppo. È una bugia. Faccio un appello a Piersilvio Berlusconi: incontriamoci, parliamo. Ma chiederò un appuntamento anche ai vertici Rai per sfatare questo luogo comune». In procinto di lasciare «Un medico in famiglia» dopo anni di onorato servizio, nonno Libero pensa al futuro. E puntualizza, lanciando frecciate all’indirizzo dei colleghi che si dedicano al varietà. «È forse vero che sono tra i cinque attori meglio pagati della fiction italiana» prosegue Banfi «ma non sono affatto esoso. Tutto è nella norma. Non dimentichiamo poi che per girare un prodotto come quelli che abitualmente vanno in onda, il mio impegno è di due-tre mesi lavorando anche dieci ore al giorno. Vogliamo fare il paragone con i cachet delle star del varietà, che guadagnano cifre molto alte, fanno a malapena qualche prova durante la settimana e si presentano in studio dieci minuti prima di andare in onda per andarsene subito dopo?». Banfi ha una casa di produzione, la Alba 3000, e con questa propone alle reti nuovi progetti. «Ci siamo messi in società io, mio figlio Walter, mio genero Fabio e il produttore Bruno Altissimi. Ho in mente una cosa per la quale sogno di convincere Gerard Depardieu. E poi devo capitalizzare in Germania il successo di un film che mi hanno chiamato a girare in tedesco: “Maria non gli piace”. È appena uscito facendo un record d’incassi».

(TV SORRISI E CANZONI - NOVEMBRE 2009)

ECCO I 10 FILM PIU' BRUTTI DELLA STORIA DEL CINEMA

A cura di Manuele C. Riccardi  
Spesso per “film brutto" intendiamo un film che non è piaciuto né al pubblico, né alla critica, forse per la sceneggiatura o forse per la trama. Altre volte definiamo così titoli prodotti con scarse risorse economiche, effetti speciali non all’altezza e per la colonna sonora magari rivedibile. Oppure classifichiamo così i film appartenenti a quel genere divenuto un culto grazie alla riscoperta di Quentin Tarantino per Edwige Fenech ed il poliziesco anni ’70.

Ci sono invece altri titoli che forse non dovrebbero nemmeno essere chiamati “film”, perché classificarli come tali sarebbe un insulto per la cinematografia. Ecco allora la classifica dei 10 peggiori “film” della storia del cinema:

10) Sposerò Simon Le Bon (1986) di Carlo Cotti

Questo teen movie anni ’80 è stato per anni un classico “film della mattina” di Italia 1. Un gruppo di ragazze milanesi fans dei Duran Duran, alla notizia dell’arrivo di Simon Le Bon come ospite al Festival di Sanremo, scappano di casa per cercare di incontrare il loro idolo. Bhe, il problema è che nel film Le Bon non compare nemmeno una volta…

9) Godzilla contro i Robot (1974) di Jun Fukuda

Solitamente quando un film ha successo, il sequel è sempre un flop. Ecco, Godzilla contro i Robot è il tredicesimo sequel di Godzilla. Ora aggiungeteci alieni-scimmia, robot, raggi laser, zoom a casaccio, profezie, tanti giapponesi ed ecco che il film è sfornato. Talmente inguardabile da doverlo vedere.

8) Grazie Padre Pio (2001) di Amedeo Gianfrotta

Forse la più imbarazzante produzione del “cinema” italiano. Gigione e Jo Donatello (padre e figlio) sono due cantanti di successo. Il padre parte in tourneè, mentre il figlio, che rimane a casa per studiare, conosce una ragazza,la quale lo porta sulla cattiva strada fatta di mafia e corse clandestine. Il padre, preoccupato per lo stile di vita del figlio, decide così di chiedere una grazia a Padre Pio, il quale lo accontenta immediatamente. Un festival di banalità e angoscia, condita da qualche canzone del duo, cantate in un pessimo playback. Per quanto riguarda la recitazione si può solo dire che la pubblicità dello yogurt con Little Tony è di maggior livello…

7) Midget Kung Fu – Agent 00: The Impossible Kid of Kung Fu (1982) di Eddie Nicart

Spy Movie ambientato nelle Filippine che vede come protagonista l’Agente 00 (al secolo Weng Weng…), un nano-bambino che lavora per l’Interpol , la cui missione è quella di liberare l’isola dalla minaccia di un criminale incappucciato che ne prende il comando. Imperdibili le scazzottate e le scene d’azione, in cui il nano ha sempre la meglio su energumeni dieci volte più grandi. Veramente brutto… ma allo stesso tempo divertente.

6) Zombi 4 (1988) di Claudio Fragasso

Denominato furbescamente dal produttore Bruno Mattei Zombi 4 (per far credere al pubblico di essere uno dei seguiti del fortunato Zombi di F. Romero, 1978) è il tipico esempio di film truffa. Trama incompleta e saltuaria, piena di buchi, contraddizioni e luoghi comuni. Un gruppo di scienziati sbarcano su un isola maledetta abitata da zombie che li contagiano. I due superstiti devono difendersi dall’attacco dei loro compagni, ora diventati mostri. Solo per gli amanti dello splatter puro.

5) Ritorno alla Batcaverna (2004) di Paul A. Kaufman

Adam West e Bart Young, gli originali Batman e Robin degli anni ’60, interpretano se stessi mentre indagano sul furto della Batmobile da un museo. Il film ripercorre alcuni episodi delle serie televisive reinterpretati da giovani attori. Se il tentativo era quello di creare un film nostalgico per i fans, i produttori hanno fallito clamorosamente. Perché l’hanno fatto?

4) I Contrabbandieri di Santa Lucia (1979) di Alfonso Brescia

Un carico di droga partito dall’Iran fa scalo a Napoli per poi partire per New York. Un agente del FBI (Antonio Sabàto) arriva in Italia per indagare, ma quando entra in scena Don Francesco (Mario Merola) comincia il dramma. Esplosioni, sparatorie, matrimoni, bambini contrabbandieri e sceneggiata napoletana. Napoli capitale del Mondo!

3) Daredevil: Il Corriere della Morte (1972) di Robert W. Stringe

Un pilota ultrasessantenne di Stock Car uccide in un incidente, durante una corsa un giovane promettente collega di colore. Accusato di omicidio e di razzismo (e ormai alla fine della sua carriera), decide di riciclarsi nel contrabbando. Evitabile.

2) Nella terra dei Cannibali (2003) di Bruno Mattei

Un plotone di soldati scelti (di un non ben definito stato) viene inviato nella giungla alla ricerca (di un non ben definito) gruppo di persone scomparse. Ad un certo punto la spedizione viene attaccata da una tigre. La cosa brutta è che il regista, forse per limitare i costi, monta una scena di un documentario, per poi trasformare in quella successiva l’animale in un palese peluche. Bene, dopo questa scena chi vi scrive si è rifiutato di proseguire nella visione. Piccola nota: Come definire un film che sulla copertina del DVD è intitolato Nella Terra dei Cannibali e nei titoli di testa Nella terra della Morte? Almeno queste cose facciamole bene…

1) Quattro carogne a Malopasso (1991) di Vito Colomba


Nel non molto lontano 1991 il debuttante (e si spera sia rimasto tale) Vito Colomba tenta di girare uno spaghetti western low-cost con amici e conoscenti. Morale della favola? Un western ambientato nella profonda sicilia, con attori che “recitano” in siciliano, inquadrature e montaggio molto “alla carlona” e colonna sonora registrata da altri film celebri! Nonostante tutto ciò, il film fu un successo grazie a Mai dire Tv che ne trasmise alcuni spezzoni insieme alle fantastiche “Lezioni di Regia di Vito Colomba” con il cast originale. Vito Colomba, grazie di Esistere!

REGIONALI 2010 * RISULTATI: DALLE EXTENSIONS ALLE AXTENSIONS


Berlusconi (che ora deve vedersela con la Lega Nord di Bossi) e Bersani (che ora deve vedersela con il Movimento 5 stelle di Grillo) piangono perché un terzo degli italiani (8%) sono rimasti a casa a farsi le axtensions. (Ma Morgan, visti i suoi trascorsi, avrà votato Polverini?)

lunedì 29 marzo 2010

LUCIANA LITTIZZETTO * «BEPPE GRILLO? GENUINO. CARLA BRUNI? MI MISE IN IMBARAZZO»

Roma, nove di mattina. «Oh, ma è mai possibile che a quest’ora ci siano già le mosche che mi volano addosso?». In un’elegante caffetteria di Piazza di Spagna, due insetti poco rispettosi del contesto e del conto («Due the, due spremute, 44 euro») fanno la posta a una stoica Luciana Littizzetto. Il Grillo parlante del nuovo «Pinocchio» di Raiuno sfoggia una pacatezza che al pubblico di Raitre parrebbe impensabile. «Mi va peggio sul set: sono qui a girare il nuovo film di Giovanni Veronesi, “Genitori e figli - Agitare bene prima dell'uso”. Faccio un’infermiera, e dove mi hanno messa a lavorare? Agli infettivi! Fortunata, vero?».

Luciana, recitare per lei sta diventando un vizio...

«Mi piace. Questo film, una commedia, parte dal presupposto che a 14 anni i figli non riescono a comunicare con i genitori. Zero. Come se non ci fosse campo».

E lei ci prova.

«Io e Silvio Orlando siamo due separati intelligenti, ma nostra figlia parla solo con la nonna, Piera Degli Esposti. Ho persino un amante, Max Tortora. Hanno messo insieme due deformi...».

Qualche problema di comunicazione l’ha avuto anche sul set di «Pinocchio», pare.

«Un incubo. Eravamo costretti a recitare in inglese e il mio è assurdo, incomprensibile. Il protagonista, Robbie Kay, mi guardava e gli facevo tenerezza, si capiva che voleva aiutarmi. Morale, correvo per i boschi con le ghette e le antenne rincorrendo un ragazzino e parlando una lingua ignota».

Littizzetto: più ricca che intelligente?

«Ma direi proprio di no: lavoro a Raitre! Posso accettare più intelligente che bella, ma solo in un contesto scherzoso. Nelle battute, come nella vita, diceva mia nonna, l’è ‘l tòn cal fa la müsica: è il tono che fa la musica».

Ma come? Lavora in tv, fa milioni di ascolto, serate ovunque...

«Mica mi pagano proporzionalmente ai milioni di ascolto... E le serate ho smesso di farle da anni».

Non ama incontrare il pubblico?

«Scherza? Vivo in mezzo alla gente appena esco di casa. Mi fermano a far la foto e dicono: “Lei è così bassa...”. Di tutto, enormi confidenze. A volte mi tocca improvvisare dei “Ballarò” in panetteria».

Quindi?

«È brutto a dirsi, ma dopo due-tre volte che ripeto lo stesso testo, mi annoio terribilmente. E poi sono uno scricciolo, in tournée mi schianto di fatica».

Il completino da Grillo parlante, non le ammazza i fianchi?

«Non me ne parli: volevano l’addome da insetto. Poi, svegliandosi ogni giorno alle cinque, al freddo, per andare coi muli sul set a Civita di Bagnoregio, non avendo biada, alla fine mangiavo qualsiasi cosa».

Ma serve fare il Grillo parlante la domenica in tv?

«Far ridere aiuta. Sono un saltimbanco, semino il dubbio. Quel che mi fa tristezza è che debbano essere i comici oggi a fare un’opposizione che non esiste. O comunque a concedersi il dissenso, che non è più tollerato».

Giochiamo. Chi è Pinocchio, oggi, in Italia?

«I politici, senza nessuna distinzione di colore».

Il gatto e la volpe?

«Voi giornalisti, che vi perdete in lotte intestine e avete in mano il destino di quei pinocchetti di cui sopra. Mastro ciliegia è Prodi. Identico. Forse manco ci vede».
Lucignolo?
«Le banche, le finanziarie, la pubblcità».
Mangiafuoco?
«Il presidente iraniano Ahmadinejad. Oddio, alla fine mangiafuoco così cattivo non era. Questo invece mi sa che un missile a lungo raggio prima o poi lo tira».
E la Fata turchina? Non mi dica Vladimir Luxuria...
«No, Patrizia D’Addario. Una fata turchina che parla in barese non mi dispiacerebbe. E comunque con questa storia i giornali hanno esagerato. In fondo le cortigiane sono sempre esistite».
Fabio Fazio e i suoi stupori. E davvero così buono come sembra?
«Sì, un pezzo di pane, mai prevaricatore. E quel che dico non lo sa, quindi certo che si stupisce, al di là del gioco teatrale».
Di solito le sue domande agli ospiti non sono mai particolarmente incisive...
«È vero, ma lo capisco: questi non prendono una lira. Chi glielo fa fare di venire a farsi massacrare gratis la domenica sera in tv?».
Lo ammetta, lei spesso in video è volgare.
«Lo ammetto, ma la volgarità in assoluto per me è soprattutto l’offesa gratuita. E poi parlo come la gente nei bar. Forse ormai è passato un linguaggio un po’ trasgressivo. Ha notato però che non dico mai cazzo?».
Non l’avevo notato.
«La parola volgare più comune non la uso».
L’impressione è che alzi ogni volta l’asticella per vedere se e quando qualcuno la caccerà.
«Il gioco è un po’ quello, sì. Vediamo dove arriverà questa settimana. A volte c’è la politica, a volte la religione. Del resto mica posso fare sempre il costume e parlare dell’Ikea».
Chi ha telefonato chiedendole di smettere?
«Quando facevo Walter e la Jolanda temevano si offendesse Walter Veltroni. Anche quando davo del “Sire” a Silvio Berlusconi. Non mi sono mai fermata. Anzi, chiamano per ringraziare».
Chi?
«Un senatore che attaccai per una legge che metteva le doppiette in mano ai sedicenni. Un altro mi ha mandato un gran mazzo di fiori. Eh, la visibilità di questi tempi è un problema per tutti... Per i politici servirebbe il Lodo Pinocchio».

Sarebbe?

«Se racconti una balla, ti si allunga il naso e ti si accorcia il pisello. Vedi che smettono subito. Più che altro per via del pisello».

Raoul Bova fa «Intelligence» e Luciana Littizzetto «Pinocchio». Che cosa c’è che non va nella fiction italiana?

(Ride). «Eh, me lo chiedo anch’io. Bova però non lo conosco. Per me potrebbe essere anche Rubbia».

Vorrebbe essere al posto di Michelle Obama o di Carla Bruni?

«Di Michelle, anche perché Barack Obama è un gran figo. È poi Carla è una che nella vita ha sempre avuto soprattutto un gran culo. Michelle invece il gran culo se l’è sempre fatto».

Che cosa pensa di Beppe, il vero Grillo parlante italiano, ora in politica con il Movimento 5 stelle?
«Ha scelto una strada difficile. Ha cambiato pelle. Può succedere, alle persone. Ritengo però che ogni sua uscita sia genuina».

Mai sentita in imbarazzo?

«A “Che tempo che fa”, proprio con la Bruni. Arriva ospite e mi dicono: “Va nel suo camerino, che ti vuole salutare”. Vado e i body guard non mi fanno entrare mentre sento lei al telefono. Torno nel mio camerino e mi richiamano: “Vai, vai, Carla ti vuole salutare!”. Torno, entro, mi siedo e lei, serafica: “Ciao cara, ma chi sei?”. Cavolo, mi hai chiamato tu! Terribile».

Bersani, Franceschini o Marino?

«Marino mi ha fatto una buona impressione, ma alla fine scelgo Pierluigi Bersani».
Il mondo dell'informazione?
«Mi fa un po' paura. Una volta quando una cosa era scritta sul giornale, aveva una sua sacralità. 'C'è scritto sul giornale', si diceva. E doveva bastare. Oggi i giornali sono un'arma impropria per sparare titoloni che attaccano o massacrano l'avversario politico».
Si è mai fatta pena?
«Quando credo ai bugiardi. A quelli che mi fregano e io, eterna entusiasta, ci casco. Poi non mi deprimo».

Modestie a parte, è lei la comica che le piace di più?

«Sì, lo confesso. A volte scoppio a ridere scrivendo».

«Pinocchio» è finito nel ventre della balena, e il Grillo parlante spiaccicato. Lei come finirà, in esilio?

«Spero di no. Conto molto sul grande meteorite del 21/12/2012. Mi piacerebbe essere polverizzata lì».

(TV SORRISI E CANZONI - OTTOBRE 2009)

FABRIZIO CORONA * NESSUNO LO VUOLE COME VICINO DI CASA


L'istituto demoscopico TNS Italia ha realizzato per conto di Immobiliare.it un'indagine a campione per scoprire quale sia il vicino di casa più sgradito dagli italiani.
I risultati parlano chiaro: è un vero plebiscito, negativo, per Fabrizio Corona. Ben il 47% del campione intervistato, rappresentativo della popolazione italiana, non ha alcuna intenzione di condividere il proprio pianerottolo col paparazzo più discusso d’Italia.
 Il compagno di Belen Rodriguez (che appare invece nella top ten di coloro che gli italiani vorrebbero nel proprio condominio) distanzia notevolmente l’ex isolana Loredana Lecciso (seconda con l’11% dei dissensi) e la contessa Marina Ripa di Meana (alla quale direbbero no il 10% degli italiani).
 Se con Fabrizio Corona il timore degli intervistati  è quello di poter perdere la loro privacy casalinga; per quanto riguarda Loredana Lecciso ritengono che non saprebbe essere di aiuto in caso di necessità. Di Marina Ripa di Meana, invece, si teme la propensione all’ira, anche per futili motivi.
Subito fuori dal podio dei vicini meno graditi, troviamo Maria De Filippi (che al Centro Italia conquista addirittura il secondo posto dietro a Fabrizio Corona) e Bruno Vespa.  Della regina del talent show Amici e del padrone di casa del talk show Porta a Porta non viene apprezzato il decisionismo che, secondo gli intervistati, li porterebbe a voler essere gli unici a far sentire la propria voce durante le assemblee di condominio.
Al sesto posto dell’indagine condotta per Immobiliare.it da TNS Italia c’è Lapo Elkann. Era forse scontato, ma del rampollo di casa Agnelli non si apprezza l’arroganza e il 6% degli italiani ritiene che non rispetterebbe mai i parcheggi assegnati agli altri condomini.
 Settima Barbara d’Urso. Il 5% degli italiani ritiene che sia eccessivamente presenzialista e non vorrebbero essere costretti a vederla…anche a televisore spento. Il VIP che occupa l’ottavo posto in questa classifica dei vicini indesiderabili, è piuttosto singolare; si tratta di Alfonso Signorini. Secondo i suoi potenziali condomini, il Direttore di Chi e Sorrisi e Canzoni TV finirebbe per spettegolare su chiunque.Chiudono la top ten dei vicini non graditi Vasco Rossi (con lui, dicono gli intervistati, addio riposo) e il giudice dell’ultima edizione di XFactor Claudia Mori (troppo polemica).

TI AMO ANCORA (FORSE)

TI AMO ANCORA (FORSE)
(Caronti-Bagnasco)

Ti ho voluto.
Ho chiuso il tuo ricordo in un cassetto.
I tuoi capelli neri,
nel mio vecchio tiretto.

La mattina, con un chiodo arrugginito
ti rigavo l'auto,
forse non l'hai mai saputo.
Tu ridevi, saggio nei pensieri.

Tutti dicevano: «Guarda che è un cesso!».
Ma lo sai come sono quando amo:
non sottilizzo.
Speravo che per te, fosse lo stesso.

domenica 28 marzo 2010

«HAPPY FAMILY» * E DIEGO ABATANTUONO TORNA GRANDE

Il timido scrittore Ezio (Fabio De Luigi) è alle prese con la sceneggiatura di un film ambientato a Milano: nella stesura della trama, si intrecciano i destini di due famiglie, preoccupate perché i due figli sedicenni, Filippo e Marta, hanno deciso di sposarsi. Da una parte ci sono il pacatissimo avvocato Vincenzo (Fabrizio Bentivoglio), che si scopre malato di tumore, insieme con la distratta moglie Margherita (Margherita Buy) e la complessata figlia Caterina (Valeria Bilello); dall'altra, lo sconvolto papà di Marta (Diego Abatantuono, nella foto) ex sessantottino intento a farsi canne dalla mattina alla sera, e la sua esaurita metà (Carla Signoris).
Ezio si innamora di Caterina, e vorrebbe lasciare il film con un finale aperto, ma i protagonisti si ribellano, convincendolo a portare a termine la stesura del racconto.

Tratta da un lavoro teatrale di Alessandro Genovesi, la fresca commediola di Gabriele Salvatores scivola via piacevolmente, fra una tirata di fumo e l'altra di un Diego Abatantuono ormai monumentale nella mole, ma tornato in buona forma artistica. Complice il cialtronesco personaggio dalle improbabili camicie awaiane. De Luigi è bravino, ma in questo contesto sono altri - più in parte - a staccare. Salvatores fa la sua dichiarazione d'amore soprattutto a Milano, quasi irreale nella sua bellezza. Soprattutto per chi ci vive e ne conosce le asperità. Da vedere, per sorridere di noi stessi e delle nostre mille paure.
VOTO: 7.5.

sabato 27 marzo 2010

PAOLO LIMITI * «HO NEL CASSETTO L'IDEA PER 2 TELEFILM »

Signore e signori, sipario. Da gennaio torna su Raidue Paolo Limiti (nella foto), gran coiffeur della tv che accarezza i capelli bianchi. L’enciclopedico custode della memoria collettiva dello spettacolo, dopo alcuni anni in ombra, scende in campo per far fronte al flop di «Scalo 76 Talent». «Sì, ma non si dica» mette subito in chiaro «che pur di rientrare avrei accettato qualsiasi cosa: ho accettato, ma solo il progetto che piaceva a me».



Limiti, è la tv che non poteva più fare a meno di lei, o lei della tv?
«La tv non so. Io posso farne a meno, e l'ho dimostrato. È un lavoro divertente, per carità, ma si vive benissimo senza: ci sono un mare di altre cose da fare».


Per esempio?
«Ho scritto un'opera lirica, un musical e un altro lo sto scrivendo: “La Rosetta della Vetra”, storia di una prostituta della mala milanese, nel 1914. Poi ho tradotto in inglese un mio libro: “Bugiardo e incosciente”».


Ultimo programma pervenuto?
«Domenica in 2004-2005, con Mara Venier».


Ora come le sembra?
«Non lo so, mica l'ho vista. Di programmi non ne guardo: giusto la prima puntata, per farmi un'idea».


Da consumato addetto ai lavori: la prima, poi un taglio netto...
«Massì, vedo se c'è una suggestione, qualcosa di interessante. In questo periodo mi prendono le serie tv: da “Damages” con Glenn Close a “Modern Family”».


Però. Un inedito Limiti telefilmico.
«Sì, e le confesso una cosa: ho due idee bomba nel cassetto per la lunga serialità».


Non ci tenga sulle spine.
«Non posso, me le rubano. Vabbé, una è “Laguna”: storia di intrighi e pathos con una ragazza che si sposa per procura, arriva in Italia, vive a Venezia, e lì succedono mille colpi di scena».


E l'altra?
«Viene da una conversazione con una diva americana nota in tutto il mondo: da un aneddoto della sua vita ho preso lo spunto. Sarà una cosa fortissima».


Intanto, torna su Raidue. Per fare che cosa?
«Per fare Paolo Limiti. Col tempo mi sono costruito un tipo di comunicazione, di immagine, di rapporto con il pubblico. Cosa che ha lasciato un grande vuoto. C'erano persino gli appelli sul web perché tornassi. E visto che quel tipo di programma non è stato sostituito...».


Perché nessuno riusciva a farlo come lei?
(La malizia gli illumina gli occhi). «Boh... Mi piacerebbe saperlo...».


Stiamo parlando di «Ci vediamo in tv», lo show pomeridiano con le vecchie glorie della canzone. Ovviamente non si chiamerà più così.
«Perché ovviamente? Anzi, vorrei si chiamasse ancora così. L'ho fatto per sei anni, e visto che ne sono passati nove dall'ultima puntata, andrà aggiornato. Sono sempre stato etichettato come quello delle persone anziane, e un po' è vero, ma ho una grande conoscenza della musica di oggi. Se mi parla di Shakira, “She Wolf” la conosco».


Quindi non dovrà solo gestire il passaggio da Nilla Pizzi a Little Tony?
«Mannò. A parte che anche quello c'era già, guardi che il 60% di quel che facevamo era roba nuova. Però ci si ricorda il resto».


Mi sta dicendo che Paolo Limiti «riposiziona il target di riferimento», come direbbero al marketing? Notizia epocale.
«Mi segua: ci sarà un mix di tutto, come allora. Sdoganammo i concorsi di poesia, e i quotidiani ci riprendevano. Chi parlò di “Full Monty” o di “Aida Rock”?».


Lei?
«Noi. Chi si entusiasma ora per le Dixie Chicks? Ottimo, bravi. Ma già fatte».


Perché «Scalo 76 Talent» ha floppato?
«Non lo so, mica l’ho visto».


Avrà visto «giusto la prima puntata».
«No, neanche quella. Ma è un musicale?».


Molto diplomatico. Lo conduce anche Rostagno: fa più antipatia, o simpatia?
«Troppo aggressivo, sì».


Mancava l’«X-Factor» di Paolo Limiti?
«Ah, “X-Factor”! No, quello non lo farei proprio: è “American Idol”, roba già vista. Preferisco cose che abbiano un’impronta più mia».


Ha fatto pace con il tele-critico Aldo Grasso?
«Sì. Di recente ha anche scritto qualcosa tipo: “Eh, tutto sommato, quando c’era Paolo Limiti...”».


Chi la silurò quando le chiusero «Ci vediamo in tv»?
«Nessuno. Ero stanco, problemi personali: chiesi di passare da quotidiano a settimanale. Nicchiavano. Poi trasferirono il mio spazio da Milano a Roma, e interruppero il programma. Più avanti, è vero, chiesi di tornare, ma non accettarono».


Ora a Raidue rivogliono proprio lei. Perché?
«Forse perché di solito garantisco un certo ascolto. Qualche successo come autore nella mia vita del resto l’ho infilato, dal “Rischiatutto” a “M’ama non m’ama”».


Lei è uno che si prepara.
«E so l’inglese, cosa che aiuta molto. In tv oggi senti certe cose...».


Tipo?
«La showgirl che traduce: “Anche gli occhi vuole la sua parte”; quella che celebra il giorno della Liberazione per “l’uccisione di tanti nazisti”. E l’altra che dice “Pubblico estinto”. Voleva dire distinto».


Fuori i nomi.
«Sì, figurati...».

(TV SORRISI E CANZONI - OTTOBRE 2009)

L'AQUILA * ECCO CHE COSA SI PROVA DURANTE IL TERREMOTO

In principio, crolli, terrore, morte. E lancette d’orologio che, fermandosi, dicono tutto: 3.32, 1.15, 19.47. Poi, paura che ti striscia addosso in ogni istante a telecamere spianate e, per molti, la necessità di gestire una lunga emergenza, operando a cuore aperto in un dolore infinito. Senza perdere mai la lucidità.
COME LAVORA IL QUARTIER GENERALE
L’enorme caserma de L’Aquila dove ha sede il centro operativo provvisorio della Protezione civile, è un centro di addestramento allievi della Guardia di Finanza. Costruita con criteri antisismici (ma una scossa 5.3 della scala Richter fa cedere davanti ai nostri occhi listelle del controsoffitto e calcinacci) agli inizi degli Anni 90 in località Coppito, alla periferia della città, ospita il quartier generale abruzzese di Guido Bertolaso, l’ex medico specializzato in malattie tropicali che dal 2001 affronta i grandi drammi italiani. Entrare qui, controllati a vista da anziani finanzieri e da cortesi ma risolute allieve maresciallo (170 ragazze attorno ai 25-30 anni, su una forza totale di 700 militari), significa prendere dimestichezza con gli umori del capo. Sposato con Gloria Piermarini, due figlie (Olivia e Chiara) Bertolaso è un tipo all’apparenza molto british che nei momenti cruciali dorme anche un’ora a notte («Riposerò fra qualche settimana» sussurra), che vive e riceve in una stanza piazzata proprio sopra l’improvvisata sala stampa. Eppure, sfugge ai cronisti con rara abilità, dicendo sì a (quasi) tutti ma svignandosela subito con una scusa. Che in momenti così, certo, non è difficile trovare. Aiutato in questo da un segretario personale coadiuvato da altri due assistenti. Un secondo prima te lo ritrovi lì, quello dopo là. Schizza velocissimo e accigliato, sfuggente come un furetto. «È un uomo di polso che sa essere anche empatico» dicono i suoi. «Ma di certo preferisce l’azione, la praticità, alle parole, alla diplomazia». Pare sia rimasto molto amareggiato, per usare un eufemismo, dalle polemiche post-sisma, sulla prevedibilità del terremoto. Che liquida citando le parole dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, sottolineando «L’impossibilità di prevedere un singolo evento sismico in termini temporali, geografici e dimensionali».
Il cuore del lavoro si svolge nella poco accessibile sala del Di.Coma.C. (Direzione Comando e Contrllo), situata in fondo al grande spiazzo della caserma. Ospita 10 tavoli con i membri dello staff ristretto del capo. A ognuno corrisponde un’organizzazione: dalle Forze armate alla Croce Rossa, dai Vigili del Fuoco all’Istituto Nazionale di Geofisica, passando per l’Asl locale e le associazioni di volontariato. Ogni tavolo impartisce istruzioni ai Centri Operativi Comunali e da loro riceve richieste e input, in un flusso bi-direzionale frenetico e senza soluzione di continuità. Bertolaso accorre lì dentro solo in caso di un’emergenza nell’emergenza. Nel piazzale, si muovono funzionari della Protezione civile (da Roma sono arrivati in 150 su 700 in organico) e periti che stanno già iniziando a gestire la delicata pratica delle verifiche di agibilità di tutti gli stabili sopravvissuti ai crolli. Pochi si salvano: a L’Aquila la sede del comune, per ora, è l’auto del sindaco.
LA FRENESIA DEI MEDIA
Immane la carovana mediatica scatenatasi con il sisma. Oltre a tutte le testate tv (e alle maggiori radiofoniche) italiane, sono accreditati quotidiani e settimanali. Dall’estero, oltre a Bbc e Cnn (che contende a Sky Tg 24 il triste primato di aver dato per prima la notizia) si segnala la presenza delle francesi Canal + e Radio France, delle televisioni spagnole, coreane, tedesche, slovene. Persino un giornalista finlandese ha stazionato per due giorni in sala stampa. Non fanno certo la vita dei 19 mila accampati in tenda (su 29 mila sfollati), ma qualche reporter si attrezza con tanto di sacco a pelo per dormire in auto. Altri sono alloggiati in hotel a Pescara e ad Avezzano. Ovvero i comuni appena fuori dalla cerchia considerata «a rischio». Nel centro della Marsica (raso al suolo dal terremoto del 1915), a 50 chilometri d’auto dall’epicentro, però, le scosse si sentono. Eccome.

A UN PASSO DALL'INCUBO
Così, anche i residenti vivono in un perenne stato d’ansia. Che se rimane sorvegliata durante il giorno, quando si sta all’interno di qualunque edificio, aumenta esponenzialmente di notte, poco prima di coricarsi. Soprattutto se si vive ai piani alti. L’incubo, inevitabile, è quello di spogliarsi, mettersi a letto e addormentarsi risvegliandosi in pieno sussulto. Correre nudi in strada in un istante è un’ipotesi forse percorribile se si sta al primo piano. Ma il quarto o il quinto sembrano non lasciare spazio neppure a un velo di speranza: le scale potrebbero crollare, l’ascensore sarebbe di certo bloccato. E in quel caso a poco varrebbero le generiche precauzioni: «mettersi sotto un tavolo, una porta, vicino ai muri portanti». Il risultato? Tanti dormono in auto, con la temperatura che di notte si aggira sui 3-4 gradi. Ringraziando la primavera. «Perché se nella vita vuoi provare l’inferno, in Calabria d’estate, e a L’Aquila d’inverno» dice un signore al quale la tragedia non ha stroncato il sorriso.

(TV SORRISI E CANZONI - APRILE 2009)

ROSSELLA BRESCIA * MAGRA, IN TV, CON LA CICCIA DEGLI ALTRI

Fare i magri, in tv, con la ciccia degli altri? Si può. È il delicato compito di Rossella Brescia (nella foto), che per una sera passa da conduttrice formato cabaret a tele-psicologa di complemento a uso delle taglie forti in uno speciale di Italia 1 intitolato appunto «Ciccia è bella». Protagoniste del format francese («Belle Toute Nue», curato da Fatma Ruffini), sono tre italianissime ragazze oversize che faticano ad accettarsi.



Rossella, lanciando il programma parlate di «esperimento sociale». Che cosa significa?
«C’è un progetto ambizioso: ridare autostima alle donne che l’hanno persa per colpa di qualche chilo in più. Per piacersi. Ma senza ricorrere alla chirurgia estetica o a diete stressanti».


Troppo facile parlare quando si è belle come lei, non trova?
«Figurarsi: conosco magre che si detestano, si inventano problemi. Bisogna far cambiare idea a queste ragazze bombardate da modelli sbagliati».


Colpa della tv, soprattutto. Che ora si inventa l’antidoto...
«Della tv, della moda… È un momento storico infelice. Ci siamo detti: perché queste ragazze piacevoli, col carattere meraviglioso, faticano a piacersi e a piacere?».


Già, perché?
«A volte piccoli accorgimenti aiutano. Se ti vesti sempre da maschiaccio, mortificando le tue forme, non va bene».


Lei ha complessi?
«Il naso a patata».


Non ce l’ha, via...
«Lo vede? Molto dipende dal rapporto che hai con lo specchio. E da ragazza mi sentivo formosetta».


Oggi forse è persino troppo magra.
«Per forza, è l’allenamento continuo: sto portando nei teatri “Carmen”, il mio balletto».


Mai fatto ritocchi chirurgici?
«Sono 100% naturale, come il tonno».


Quello che si taglia con un grissino. Anche lei?
«È molto difficile spezzarmi».


Eppure l’hanno beccata quelli di «Striscia la notizia» in «Fatti e rifatti»...
«Sì, ma ripeto: mai stata dal chirurgo. Hanno messo a confronto foto di quand’ero struccata e truccata, giocandoci su».


Il segreto per piacersi?
«Il problema lo devi risolvere tu, nella tua testa».


Dopo sei anni, è stanca di «Colorado»?
«No, è una famiglia. Ma sogno un salotto molto informale, dove intervisto gli ospiti ».


Vorrebbe «Verissimo»?
«Vorrei “Victor Victoria”».

(TV SORRISI E CANZONI - DICEMBRE 2009)

venerdì 26 marzo 2010

«RAIPERUNANOTTE» * MORGAN BULIMICO ANNASPA E FA TENEREZZA

Il trionfo annunciato di «Rai per una notte» (con ciò che resta di Antonello Venditti, un tipo da bosco e da riviera che ormai fa l’ammiccante ospite bipartisan: la settimana prima da Maria De Filippi e quella dopo alla corte di Michele Santoro) ha evidenziato soprattutto la preoccupante deriva allucinogena di Marco Morgan Castoldi. Confuso, fischiato da una parte della platea, apparentemente sotto l’effetto di qualche bicchiere di troppo di bonarda dell’Oltrepò Pavese (per essere teneri), il guru di «X-Factor» annaspava, senza voce, cercando di dare una parvenza colta a un evidente stato di confusione mentale. Un vorrei ma non posso reso ancora più straziante dalla recente operazione alle corde vocali, che avrebbe dovuto indurlo a restare ancora per un po’ lontano dal palcoscenico. Invece Morgan non solo ha cantato e suonato (ottima l’esecuzione al piano di «Alta Marea») ma ha risposto insultando, si è avventurato in citazioni dantesche il cui nesso è sfuggito ai più. È imploso dialetticamente, vittima dell’ansia di esserci. Della voglia di non farsi mancare quell’occasione importante di visibilità. Una bulimia (ben diversa da quella di Daniele Luttazzi, genio e volgarità al servizio della causa) che avrebbe potuto tranquillamente evitare. Per il suo bene. Ma evidentemente Morgan continua a non volersi troppo bene. E comincia a fare tenerezza.

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