martedì 23 agosto 2011

GIANNI MORANDI * ECCO COME MI DIFENDO DAI FANS ASSILLANTI

SAINT VINCENT - Prove tecniche di sopravvivenza. Quatto quatto, nella hall, lo avvicina il solito tipo, quello che non ti molla più, quello che ai tempi si era fatto mandare dalla mamma (non si capisce bene dove, certo non a prendere il latte) quello che: «Losachehotuttisuoidischi?», «Losachehovistotuttiisuoifilm?», «Losacheèmegliodalvivocheintv?», e lui, «il Gianni», spalanca un bel sorriso, risponde vago, cortese, ma intanto gli leggi negli occhi che ha già inquadrato l'avversario e sa come annientarlo. Perché in questi casi vai per selezione naturale: o tu, o lui. Poche mosse (una scusa, l'intervento del segretario o della solerte addetta stampa) e l'importuno va ko. Ma si rialza - oh, se si rialza, si rialzano sempre - e devi stare attento, perché può sbucare anche da sotto il tavolo. Quanti ne ha incontrati Morandi di tipi così in 38 anni di carriera? Migliaia. Eppure è ancora lì a raccontarlo. Questa sera e domani, alle 21, sarà lui l'ospite di spicco di Un disco per l'estate, in diretta su Canale 5 dal Palais di Saint Vincent per la conduzione di un Gerry Scotti in gran spolvero affiancato da Alessia Mancini. Diretta anche per l'emittente radiofonica Rds con i due ragazzi terribili di «Alto Godimento» Charlie Gnocchi e Joe Violanti (più uno spazio di «attesa» dalle 13 alle 15). Rosaria Renna sarà invece a Saint Vincent come rappresentante della radio. Voti Abacus e ospiti come se piovesse. Morandi, il Monghidoro-man, canta nove brani a sera. Praticamente, un concerto.

Morandi, l'assalto di fan e questuanti può diventare un problema...
«Giocando anche con la Nazionale Cantanti, mi arrivano dieci fax al giorno con le richieste più strane. Non si può accontentare tutti. Ci sono migliaia di associazioni. Collaboro anche con l'Unitalsi, volontari che portano i malati a Lourdes. Ma tutto non si può fare».
Però nel corpo a corpo si difende bene.
«Per forza. Arriva quello che si inventa di aver fatto il militare con te, quell'altro che mi ha incontrato all'autogrill nel '72 con la bambina, pretende che mi ricordi e se non gli dico di sì se la prende. Mi fermano per gli autografi anche mentre sto correndo e li svio con la scusa del fiatone. Ora poi si sono evoluti...».
Sarebbe a dire? 
«Arrivano col telefonino in mano, chiamata in corso, e mi chiedono di parlare con la madre, con la sorella. Con questi devo ancora capire come fare».
Però se mancassero... 
«Ah, be' certo, un po' mi mancherebbero, come successe quando vissi i miei 8-10 anni di oblio».
Dal quale uscì nell'81, conducendo proprio «Un disco per l'estate» e presentando «Canzoni stonate», di Mogol.
«Sì, ricominciai da lì, ma fu molto faticoso: avevo già quasi deciso di smettere di cantare, anche se ero ancora iscritto al conservatorio di Santa Cecilia. Quella canzone vendette pochissimo e il cammino fu ancora lungo: ci vollero altri sei anni prima di arrivare a Uno su mille e al vero ritorno».
Come ci si salva in questi casi, quando in una carriera si alternano grandi euforie e depressioni?
«Con la saggezza contadina di mio padre che mi ha sempre ripetuto "guarda che tutto può finire da un momento all'altro". Viveva ossessionato dalle tasse, lui ciabattino, ma in pratica montanaro, figlio di contadini».
Sbaglio o l'ultimo album, prodotto e scritto da Ramazzotti, ha venduto meno del previsto? 
«Ah, ma io l'avevo detto subito, a Eros: questo è un disco che richiede un po' di tempo per uscire bene, bisogna testare vari brani. Si può giudicare in un anno e mezzo. Comunque siamo a 160mila copie e ai recenti concerti di Milano al Palavobis ho avuto 27mila paganti. Parto a settembre con un lungo tour nei nostri palazzetti, per poi toccare Spagna e Francia».
Avrebbe accettato «Un disco per l'estate» se la sua presenza non fosse stata così massiccia? Se non fosse stato lei, in sostanza, il programma? 
«Beh, era una cosa diversa da Sanremo, una bella occasione... E poi mi piace quest'idea del lavoro trasversale, sia in Rai che a Mediaset. Non voglio essere un volto in esclusiva, anche se ho fatto quello show per Raiuno».
Che è andato benissimo, come quello di Celentano. Zero un po' meno.
«Se sei milioni sono pochi...».
Rispetto ai suoi ascolti da partita di calcio, sì.
«Consideri che Zero era il terzo ad uscire allo scoperto, forse la formula si era un po' usurata. Io non rifarei uno spettacolo del genere, ma oggi fra quelli che possono permetterselo ci sono Dalla, Venditti, De Gregori, lo stesso Ligabue. Ognuno farà audience in ragione del proprio pubblico».
 
(IL GIORNALE - GIUGNO 2000)

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