domenica 31 luglio 2011

MILANO MARITTIMA * IN ROMAGNA UN'ESTATE DA "BARBONI DI LUSSO"?

La cornice è quella di Milano Marittima, modaiola & romagnola quanto basta. La griffe a me sconosciuta, sino a oggi, ma c'è da scommettere che da noi prenderà piede. Così come attecchiscono tutti quei marchi che ammiccano a un universo minimal, rustico, finto povero, ma invece puntano decisamente a quella clientela un po' snob. Che, avendo già tutto, non può fare a meno del superfluo. Le felpe dei "Barboni di lusso", dunque, fanno bella mostra di sé dalla vetrina di un negozio chic del centro, a due passi dal Pineta e dal Papeete. Forse i barboni veri non potranno permettersele, ma qualche figlio di papà medio-borghese della Milano (quella vera) che conta, ne piazzerà volentieri un paio in armadio.

martedì 19 luglio 2011

L'IDENTIKIT DEL VERO NUDISTA

I veri nudisti non sono coloro che frequentano le spiagge per nudisti. Non li nota nessuno. I veri nudisti sono quelli che vanno a mostrarsi orgogliosi in quelle miste, o a prevalenza di bagnanti in costume. Loro sono nudisti dentro. 
I nudisti più nudisti di tutti, sono quelli che giocano a racchettoni sul bagnasciuga.

sabato 16 luglio 2011

COMPRENSIONE & COGLIONERIA (O COGLIONAGGINE)

Il confine tra la naturale comprensione dei problemi e delle esigenze del prossimo e la coglioneria (o coglionaggine) è molto labile e spesso equivocato.

giovedì 14 luglio 2011

GLI ANNI DE «IL MUSICHIERE» (COPIATO A PIENE MANI)

Nella Patria degli «sformat» televisivi (ovvero i programmi venuti male o giù di cottura) comperati all'estero, fu il primo ad essere acquistato - oltretutto senza ripensamenti - dall'americana Nbc, dove andava in onda con il titolo di Name that tune. Da noi lo chiamarono Il musichiere, e l'adattamento italiano fu talmente efficace da far dimenticare qualsiasi altra ricetta. Il 14 dicembre del 1957, ovvero 41 anni fa - era una domenica - nasceva lo storico programma Rai destinato a diventare uno straordinario fenomeno di costume e a filiare chissà quante imitazioni. Si è perso il conto. Per una settimana andò in onda con un titolo piuttosto fedele all'originale, Conosci questo motivo. «Ma che, stamo a scherza'?», dissero romanamente gli autori-adattatori italiani, Garinei & Giovannini, che ne affidarono la conduzione ad un marcantonio della capitale, Mario Riva, uomo dalla debordante simpatia. Accanto a lui si succedettero negli anni bellezze nostrane del calibro di Alessandra Panaro, Lorella De Luca, Carla Gravina, Patrizia Della Rovere, Marilù Tolo e Brunella Tocci. Ma anche grandi ospiti internazionali: da Armstrong a Totò, tutti catturati dalla redazione non appena mettevano piede a Roma. In regìa Antonello Falqui. Elementare il meccanismo del gioco: l'orchestra (diretta da Gorni Kramer) suggeriva le prime note di una canzone famosa e due concorrenti, provvisti di scarpe da ginnastica e seduti su di una sedia a dondolo, appena credevano di aver indovinato il motivo (cantato da Nuccia Bongiovanni, Johnny Dorelli e Paolo Bacilieri), scattavano di corsa per far suonare una campana che dava diritto al più veloce di rispondere per primo. Non di rado, per la foga, qualcuno dei due si schiantava contro il muro retrostante. Il vincitore tornava la settimana successiva se indovinava anche il classicissimo «motivo mascherato». Il programma, che si chiuse nel 1960 dopo 90 puntate, consegnò alla storia dei quiz la figura di un campione, il cameriere romano Spartaco D'Itri, che conservò il titolo per 15 settimane portando a casa la bellezza (per quei tempi) di 8 milioni; congedandosi dal pubblico, Spartaco dichiarò di voler essere sepolto con l'abito indossato in Tv il giorno della sua prima vittoria. Roba che neanche i concorrenti del miglior Mike. Particolare che consente di comprendere quanta e quale popolarità avessero raggiunto Il musichiere ed i suoi protagonisti, guidati dalla bonomìa di un Riva (all'anagrafe Mariuccio Bonavolontà) scomparso nel 1960 a seguito delle ferite riportate in un banalissimo incidente. Conducendo, a Verona, la seconda edizione del Festival del Musichiere, cadde in una buca del palcoscenico coperta da un telone, il cosiddetto «praticabile». Quando Kramer annunciò in diretta la disgrazia nessuno ci voleva credere: tutti erano convinti che fosse uno scherzo. 250mila persone andarono ai funerali. Nel '95-96 Baudo e Magalli, in prima serata su Raiuno, nel loro Mille lire al mese (regìa di Michele Guardì) hanno ripreso paro paro, per un gioco all'interno del loro programma, quella vecchia idea americana adattata da Garinei & Giovannini.

 (IL GIORNALE - AGOSTO 1998)

CHI L'HA VISTO * RIC (SENZA GIAN) RACCONTA GLI ANNI BOOM DI ANTENNA 3 LOMBARDIA

Vent'anni fa, ai tempi sfrontati di Antenna 3 Lombardia (nacque lì, a Legnano, alle porte di Milano, il boom delle reti commerciali), fra pretori che oscuravano le Antenne e Antenne che oscuravano i pretori, correva voce che per i suoi vezzi da acconciatura semicotonata arrivasse addirittura dall'estero un intrecciatore personale. Pura leggenda, forse. Resta il fatto che Riccardo Miniggio (assieme al suo scarsocrinito collega Gianfabio Bosco) dettava legge: era uno di quei personaggi per i quali il nascente telemercato non poneva limiti agli zeri sul contratto. Ma come, ci si domanderà: chi lo conosce, Riccardo Miniggio? Allora chiamiamolo Ric, che si fa prima, e se ci si aggiunge anche la & societaria che lo univa a Gian, diventa il 50 per cento di una tra le più fortunate coppie comiche della storia della Tv. Umorismo di grana grossa, battutacce e sottintesi, ammiccamenti d'avanspettacolo; con la parola mulo che nel loro linguaggio aveva soltanto una rima. Ma l'Italia pre-Striscia la notizia rideva a bocca aperta. Casualmente proprio il contro-Tg di Antonio Ricci, pochi anni orsono, ha recuperato Ric in versione mezzobusto. «Sembrava un ritorno in grande stile - commenta con una punta d'amarezza il sessantaduenne attore di origine piemontese - invece poi tutto si è afflosciato. Pochi mesi fa sembrava che Gian ed io dovessimo partecipare ad una puntata del Fantastico di Montesano, riformando la coppia, invece non se ne fece nulla perché mancò l'accordo sul cachet. Ora ho avuto un ruolo - quello di una sorta di Angelo Rizzoli - in Anni cinquanta, il film per la Tv che Ezio Greggio ha girato per Mediaset. Intanto penso al teatro: alla pochade francese Boing boing, che dovrei portare in giro la prossima stagione». Tre figli avuti da precedenti matrimoni e legami sentimentali, Ric vive oggi - guarda caso - a Legnano, dove «i muri della mia casa confinano con quelli di Antenna 3», a dimostrazione del fatto che prima o poi si torna sempre sul luogo del delitto. «Però - osserva - fra quizzetti, ospiti e giochi, l'andazzo televisivo attuale taglia decisamente fuori il professionismo: ci sono vecchi calciatori in vetrina, showgirl con le tette in vista, e se non hai la fortuna di girare qualche sit com (ma anche per quelle devi essere raccomandato), non c'è più spazio per niente, figurarsi per i classici sketch. Io poi non ho mai coltivato l'arte sublime delle Pr in corridoio». Dopo un debutto con Macario nel '59 («Mi diceva: prima dei 50 anni non si è maturi per questo mestiere»), Miniggio è passato attraverso Gilberto Govi, 17 anni di Rai, l'epopea delle private, il passaggio a Fininvest (con successivo congelamento di contratto ed inattività); insomma una vita sulle barricate. «Con Gian, per dirla tutta - confessa - ormai ci sentiamo poco e ci riuniamo solo se c'è una buona offerta. Quanto ad alcuni giovani colleghi, non sono né carne né pesce. Carlo Dapporto, un mio maestro e diabolico senatore della risata, li chiamava Grandi Malintesi».

(IL GIORNALE - AGOSTO 1998)

SPA * IL CENTRO BENESSERE DOVE I VIP VANNO A DIMAGRIRE E RILASSARSI

MONTREUX - Il grande albergo in stile vittoriano che si affaccia sulla sponda orientale del placido lago di Ginevra - stucchi alle pareti, mobilio di pregio e un'inedita collezione di portantine - non ha certo l'aspetto di una casa di cura. Eppure l'Excelsior, da 15 anni gemellato alla Clinique Biotonus-Bon port di Montreux, è il primo avamposto europeo per la cura dello stress. Tanto che proprio qui, ogni anno, si tiene il congresso mondiale per combattere «il principale malessere della civilizzazione». C'è stress e stress, naturalmente, e non è detto che sia direttamente proporzionale allo spessore del portafogli di chi ne è vittima. Eppure in questa landa dell'opulenta Svizzera hanno tutta l'aria di preferire lo stress positivo di chi, almeno il conto in banca, l'ha in buona salute. Qualora non si fosse ancora capito, Biotonus è la clinica dei Vip, uno di quei paradisi naturali decantati dalle riviste patinate dove i personaggi del mondo dello spettacolo e del jet-set vengono a ricaricarsi le pile quando l'esaurimento bussa alle porte. E quasi sempre li trova a casa. Ne ha visti (e ne ha viste) tante, in tre lustri, il professor Claude Rossel, 50 anni, fisico minuto, luminare del settore e gran capo della clinica. Da Piaget, quello degli orologi, a Buccellati, passando attraverso decine di facce popolarissime, come quella di un attore francese tanto ironico quanto innominabile che è uscito dall'ambulanza urlando: «Il mio champagne!». «La persona che ricordo con maggiore affetto - dice Rossel - è Ugo Tognazzi, che veniva abitualmente per rilassarsi. Un tipo sorridente e diretto, straordinario: ho sofferto molto per la sua morte. Come in Amici miei metteva a soqquadro la clinica organizzando esilaranti psicoterapie di gruppo, oppure escursioni con i pazienti sui sentieri di montagna. Ovviamente nessuno voleva mancare. Era un grande psicologo con in più la capacità di farti ridere per 48 ore filate. E poi un amante degli eccessi: mi è rimasto il dubbio di non aver avuto il tempo di dargli tutti gli strumenti per raggiungere l'equilibrio che cercava». Scavando nella memoria, i nomi si rincorrono. Dagli sportivi, come il tennista Yannick Noah e l'allenatore di calcio Roy Hodgson, agli uomini politici. «Nelson Mandela - continua Rossel - aveva la curiosa abitudine di alzarsi ogni notte alle 4 per correre e fare ginnastica sul lungolago, tra la disperazione delle guardie del corpo, che dovevano seguirlo. L'abitudine all'esercizio fisico a quell'ora gli aveva salvato la vita durante la prigionia, e voleva mantenerla». Per non parlare di Michail Gorbaciov e signora. «La persona intellettualmente più viva - prosegue il clinico - che abbia mai incontrato. Venne per la prima volta nel '91, a perestroika già avviata. Mi portò un libro sull'economia Svizzera e io gli dissi che questo Paese aveva 700 anni di democrazia alle spalle. Lui mi guardò negli occhi sorridendo e disse: "Scusi, ma ritiene che questo sia un buon modello per noi?". Tornò più volte insieme con la moglie, intelligente e dominatrice». La stessa signora Raissa che - racconta Roberto Ghioni, piemontese, direttore dell'albergo - un giorno, entrando in negozio, fece restare di sasso il farmacista di Montreux, disteso con la lingua a tappetino per servirla». Un uomo che impiegò un bel po' di tempo - pare - anche per riprendersi dalla vista di David Bowie che curiosava tra gli scaffali, in mezzo a pannolini ed omogeneizzati. Del resto a Montreux le celebrità sono di casa: «Sulle montagne - continua Ghioni - c'è la villa che fu di Jimi Hendrix, e qui a due passi, in un appartamento all'ultimo piano, è morto Freddie Mercury, assistito da Montserrat Caballé. Una volta io stesso ho avvistato Michael Jackson, inconfondibile, mentre faceva footing insieme con una ragazza bionda. Entrambi con la mascherina bianca anticontagio o antiinquinamento per proteggere il viso dalla polvere». Se si passano in rassegna le donne, quelle di cui Rossel può parlare senza violare l'obbligo alla riservatezza, l'elenco non è meno interessante: «Abbiamo avuto - racconta - la vostra Barbara Bouchet (nella foto), Nathalie Baye, stella della tivù francese, e ancora Ana Obregon, l'attrice spagnola. Adorabile e timidissima è stata Isabelle Adjani, che si è rivolta a noi perché aveva problemi nei rapporti con gli altri e soffriva di attacchi di panico. Impossibile dimenticare i divismi di Tza Tza Gabor e Liz Taylor. Liz è arrivata qui con il penultimo marito: voleva essere se stessa, però è molto difficile guarire dallo stress persone che sono vittime del sistema americano, che devono essere vedettes a tutti i costi. Mentre le altre attrici, entrando, si spogliavano della loro immagine pubblica, tanto che spesso scendevano in sala da pranzo persino struccate, la Gabor e la Taylor non abbandonavano mai, neppure per un istante, il loro personaggio, e arrivavano sempre in pompa magna». «Nella maggior parte dei casi - conclude Rossel - questi artisti hanno problemi di affettività, di relazioni sociali, vogliono riequilibrarsi, fare psicoterapia. Anche il successo per loro comporta molto stress, soprattutto quando hanno un'immagine pubblica che non coincide con quella reale».

(IL GIORNALE - AGOSTO 1998)

«HAPPY DAYS» E I 22 EPISODI INEDITI (DIMENTICATI IN MAGAZZINO)

MILANO - Si prendano il candore e gli stupori minimalisti di Forrest Gump (Tom Hanks), mescolando il tutto alla faciloneria sbruffona di Arthur Fonzarelli (Henry Winkler), l'indimenticato Fonzie di Happy days, una tra le serie televisive di maggior successo nella storia del video. Impossibile, ribatteranno i cultori dell'epopea della famiglia Cunningham: quando Hanks ha debuttato, Fonzie aveva già appeso moto e giubbotto nero al chiodo, chiudendo l'undicesima e ultima serie del telefilm ideato e prodotto da Garry Marshall. Invece no. Complice una clamorosa svista di magazzino e il provvidenziale intervento dell'italianissimo International Happy days fan club (www.infosquare.it/fonzie), gli irriducibili estimatori di Ralph, Potsie e della Loggia del leopardo potranno prendersi la loro rivincita. Forse. Eh sì, perché in ballo - proprio d'estate, quando i numeri della Tv sono bassi e il caldo mina la già scarsa lucidità dei responsabili dei palinsesti - ci sono 22 (su un totale di 255) episodi di Happy days mai trasmessi sulle nostre antenne, che Italia 1 sta mandando in onda da qualche settimana la domenica pomeriggio con un criterio apparentemente più casuale delle estrazioni del lotto. Domenica è andata una puntata, Il nido vuoto, quasi a sorpresa e con un ascolto basso (e così è stato già a fine giugno e ai primi di luglio), ma nei prossimi 15 giorni al momento nulla è in palinsesto; dalla redazione cinema del Biscione fanno sapere che gli episodi saranno trasmessi, però in pratica a mo' di tappabuchi, annunciandone di volta in volta la messa in onda il giorno prima ai quotidiani. In autunno si vedrà. Sembra una barzelletta, ma è così. Le 22 perle sono uscite dal cassetto dopo che qualcuno all'ufficio acquisti - dopo anni e anni - si è accorto della mancata consegna da parte degli americani della decima serie, trasmessa dalla Abc nell'82, quando da noi si passò direttamente dalla nona all'undicesima; e chi non si è visto non si è visto. Un vero peccato perché le chicche ora di dominio pubblico sono tante: Vendetta tremenda vendetta è l'episodio nel quale Hanks interpreta Dwayne, bistrattatissimo compagno di classe di Fonzie alle elementari; piomba a Milwaukee dopo anni per regolare i conti. diventato uno psichiatra e ha fatto corsi intensivi di karate. Fonzie alza il pollicione ("Hei!") e lo vorrebbe sfigurare, ma finisce tutto a tarallucci. Lo stesso ribelle Fonzarelli che in un'altra puntata, in omaggio ai nuovi umori della classe media americana capace di influenzare le sceneggiature, mette la testa a posto trovando (incredibile solo a pensarsi) una fidanzata fissa, Ashley, l'attrice Linda Purl. Non è finita: da Arnold's, il bar del juke box aperto dal giapponese Pat Morita e rilevato col passare degli anni dal nasuto Alfred (Al Molinaro), torna dietro al bancone l'omino con gli occhi a mandorla. E poi - mentre Jonie (Erin Moran) e Chachi abbandonano gradualmente la serie per darne vita a un'altra che porta il loro nome, lo spin-off Jonie loves Chachi - spuntano nuovi personaggi, come la nipote K. C. Cunningham ed Eather O'Rourke, la giovanissima protagonista di Poltergeist morta nell'85 e il cui fantasma si dice aleggi ancora nel mitico studio 19 della Paramount, dove sono state registrate tutte le puntate della serie. Quanto al doppiaggio degli inediti per l'Italia, si è cercato di andare a scovare il maggior numero possibile di voci storiche originali, come il Fonzie doc di Antonio Colonnello. Purtroppo manca all'appello il timbro di Anna Marchesini, all'epoca vezzosa doppiatrice di Jenny Piccalo, amica di Jonie.

(IL GIORNALE - AGOSTO 1998)

mercoledì 13 luglio 2011

RENZO BOSSI * IL VECCHIO TROTA E I NUOVI MEDIA (VIDEO)

VUOI FARE LA COMPARSA AL CINEMA? ECCO COME MUOVERSI

ROMA - "Gli attori che cercàmo noi? A vorte se ssò bbrutti - ma bbrutti forte - è ppure mejo". Non se ne accorge, Silvano Spoletini, 59 anni, da più di 35 dentro fino al collo in quel micidiale impasto di sogni e utopie che è Cinecittà, ma con una battuta in romanesco, calata con la più classica flemma portata dal Ponentino, smonta in 5 secondi netti l'eterno mito della bellezza su celluloide. Chi ha detto che per fare cinema - o per tentare da novizi la strada dello spettacolo, come suggeriamo nella seconda e ultima puntata della nostra inchiesta - bisogna avere per forza il fisico di Bruce Willis, la faccia d'angelo di Tom Cruise, gli occhi dI Ornella Muti o il corpo di Kim Basinger? Se si ha la fortuna di riuscire a cominciare, ad una comparsa può persino essere richiesta una bruttezza col pedigree. "Sì, ma non ci si facciano troppe illusioni, perché il lavoro è sempre poco - attacca Spoletini, alla guida di quella che viene indicata come la più potente delle famiglie romane (l'altra è quella dei Proietti) che gestiscono il traffico degli attori nei minuscoli ruoli di Cinecittà -, e poi è ora di smetterla di chiamarli sempre comparse, figura che esiste ormai solo per la televisione. Noi trattiamo i cosiddetti generici, che sono a libro paga e regolarmente iscritti alla previdenza. In Tivù invece sempre più spesso Rai e Mediaset fanno ricorso a pubblico non pagato che va ad applaudire nei programmi. Quest'ultima figura è l'evoluzione moderna della comparsa. I generici sono un'altra cosa: loro nella scena di un film possono stare anche dietro l'attore protagonista". Per diventare generici - soprattutto in Italia - non ci sono molte strade se non le amicizie. Il consiglio però è quello di presentarsi, muniti di fotografia ed una breve scheda con le proprie attitudini e capacità (anche le cose più banali possono essere utili per una strana sequenza da girare) direttamente da un membro delle due citate grandi dynasty di capigruppo, e sperare di essere chiamati. Loro propongono la vostra faccia - se necessario - ad aiuto registi, direttori del casting e segretari, e questi ultimi scelgono in base alle necessità. Se arriva la chiamata la paga sindacale sarà compresa fra le 90 e le 120mila lire al giorno, con un impiego di 10 ore più una di trucco; se il lavoro dura solo mezza giornata la paga è comunque quella di 8 ore. Girando in esterni si ha diritto al pranzo, al mitico cestino offerto dalla produzione; se il set è a Cinecittà invece tutti in mensa, ma stavolta si paga - tanto per cambiare - alla romana. "Non bisogna enfatizzare il nostro presunto potere nel piazzare attori e generici - dice Spoletini, che attualmente sta lavorando a Un tè con Mussolini di Franco Zeffirelli -, perché non è vero: noi capigruppo siamo le ultime ruote del carro. Possiamo solo proporre, ma poi la scelta non spetta a noi". "Annualmente Cinecittà, che comunque sta morendo e lavora soprattutto con la Televisione - prosegue - muove circa 1000-2000 generici l'anno, quand'anche sono in lavorazione molte produzioni. Poi può capitare l'anno di grazia, quando arrivano un paio di film americani o inglesi, e con le scene di massa arriviamo anche a 4-5mila persone". Non tutti approdano alla ex mecca del cinema all'amatriciana con il sogno di diventare Al Pacino o Robert De Niro, come accadeva a Renato Pozzetto in Sono fotogenico, forse la più azzeccata commedia sul mondo di generici, comparse e dintorni. Molti - si dice "almeno il 50 per cento" - vogliono solo arrotondare oppure mantenersi agli studi. "Non faccio nomi ma conosco fior di avvocati e chirurghi che si sono pagati l'Università - continua Spoletini - accumulando piccoli lavori come generici: l'impegno può essere anche solo di un giorno, in alcuni casi. Poi ci sono le ragazze che tentano la fortuna oppure i ragazzi che provano la strada del cinema perché qualcuno ha detto loro che sono belli. Servono? Se hai bisogno di girare una scena con ragazze in costume a bordo piscina, è chiaro che le cercherai belle. Ma se fai una scena in una pizzeria, oppure in metropolitana fra i barboni, non c'entrano nulla. Anzi, più brutti e sporchi sono, meglio è". Il lamento generalizzato delle comparse di Cinecittà è nei confronti di sorella Tv, che spesso convoca da tutta Italia negli studi pullman di spettatori non pagati pronti ad immolarsi (spesso si pagano anche il viaggio) applaudendo per ore sotto il caldo torrido dei riflettori registrando puntate di quiz come se piovesse. Fanno ciao con la manina e accarezzano il miraggio della notorietà. Anche a livello condominiale.

(IL GIORNALE - LUGLIO 1998)

MELANIE MOORE * LA SCRITTRICE DALLA NATICA PENSANTE

RICCIONE - E poi dicono che non ci sappiamo rinnovare: se sulla Croisette, Francia, da sempre, impazza la vuota starlette, in Romagna, Italia, quest'estate va forte l'intellettuale ero-disinibita. Dove l'ero - va da sé - non sta per passate frequentazioni. Pratica, tascabile come un pocket Mondadori, Melanie Moore, 25 anni, è una scrittrice tutta da sfogliare. Con la f, beninteso. Se ne è accorto persino quella gran lenza di Tinto Brass, che la vuole sul set, protagonista del suo prossimo film. Perché il sospetto è che una natica finalmente pensante possa cambiare la visione del mondo. O quantomeno alcuni programmi per la serata. "Con Tinto ho un rapporto splendido - dice la bambola bionda, sorriso rasserenante e misure canoniche, di passaggio accanto alla vetrina-barnum di Un disco per l'estate -: l'ha affascinato soprattutto il mio modo di scrivere. Dice che questo stile dove mescolo erotismo moderno, giovane e disincantato lo trova vivo, tipico di un'artista e non di un'intellettuale. Ci sentiamo spesso, non vuole che la mia bellezza vada sprecata e lavorerò con lui prossimamente a Londra. Ma altro per ora non dico". Tre libri (Luna di carne, Angeli d'asfalto e il recentissimo La gang, edizioni Selen) e un grande avvenire dietro le spalle, Melanie Moore "Il mio vero nome non lo dico perché non voglio coinvolgere nella mia vita i miei genitori in Alto Adige, che ho lasciato molti anni fa", dice) collabora con la rivista Selen, tiene una rubrica fissa come sessuologa su Penthouse e l'acme della sua popolarità televisiva l'ha raggiunto grazie ad alcune ospitate al teatro Parioli e alla pertinente partecipazione al tele-dibattito Costanzo-Santoro sul Viagra. Per il resto, "la mia vita è on the road - spiega -,e mi divido fra Parigi, la Svizzera, Roma e Milano. Ho lasciato casa ancora giovanissima per vivere l'avventura, andare a Gerusalemme e sposarmi a Parigi con lo scultore Sferico". Uno che in fatto di pose plastiche deve intendersene. "A Parigi - continua - ho fatto la modella, però quando ero ancora in versione anoressica; insomma ho visto di tutto nella vita e alla fine mi sono decisa a raccontarlo. Le mie letture preferite sono "Intervista col vampiro" e poi Harold Robbins e Jackie Collins". E la musica, visto che siamo in tema? "Quella italiana non la seguo molto: amo il genere techno e trans-psichedelico che va tanto di moda oggi in Francia: è forte, mi fa sentire bene, mi alza il battito cardiaco. E pensi che io non sono aggressiva, ma una bambola dolce: mi chiamano la sexy-Heidi". Non sappiamo che cosa ne pensi il vecchio dell'Alpe, ma qui a Riccione (Italia) i bagnini osservano l'intellettuale disinibita e - commossi - ringraziano. Un buon libro allarga sempre gli orizzonti.

(IL GIORNALE - LUGLIO 1998)

GIAMPIERO INGRASSIA * «IN TV BASTA QUALSIASI STUPIDATA, E DIVENTI FAMOSO»

ROMA - Contrario all'aureo motto: televisione, se la conosci non ti uccide, Giampiero Ingrassia, 36 anni, romano, attore teatrale figlio del più noto Ciccio della mitica coppia con Franco Franchi, approda da domani e sino a metà settembre, alle 18,30, su Canale 5, alla conduzione del preserale Tira & molla. Il testimone da rilevare è di quelli pesanti: glielo cede un Paolo Bonolis reduce da ascolti milionari in una fascia oraria difficile. Se il test di bassa stagione funzionerà, per il ragazzo di bottega fra pochi mesi si spalancheranno le porte del mezzogiorno dell'ammiraglia Mediaset.

Lei viene dal teatro. Chi glielo fa fare?
«Sarà stata la voglia di cimentarmi in una cosa per me relativamente nuova, come la Tv, presentando un programma già fortissimo. Poi c'è la soddisfazione di essere piaciuto a Costanzo e Corrado dopo regolare provino fra 600 candidati».
E poi con la Tv, vuol mettere i bonifici che le arriveranno d'ora innanzi? 
«Sì, ma mi creda non l'ho fatto per quello. Magari i soldi veri arriveranno più in là, se e quando diventerò famoso. Ma ora non lo sono».
Si dice che sia già diventato il cocco di Corrado, che è fra gli autori del programma... 
«Lui è sempre gentilissimo con me e domani, per la prima puntata, sarà in trasmissione. Corrado è uno dei miti della mia generazione: le sue pause, i suoi sguardi».
L'ultimo suo impegno è stato Grease, a teatro, nel ruolo di Danny, che fu di John Travolta, ma ci si ricorda di lei anche in Classe di ferro, un telefilm Fininvest di qualche anno fa... 
«Fu un grosso successo. Ho iniziato a teatro nell'83 nel laboratorio di Proietti, poi sono venuti la Piccola bottega degli orrori e nell'85 una partecipazione a Grand Hotel, il primo mega-varietà Fininvest, con Franchi e Ingrassia, Carmen Russo, Gigi e Andrea. E poi teatro, teatro, e ancora teatro...».
Lo dice come se avesse voglia di fare finalmente il grande salto.
«No, anzi: è che con la televisione basta fare una qualsiasi stupidata e si diventa famosi; a teatro invece ci vuole più tempo».
Tira & molla è un programma che sembra cucito addosso a Bonolis. Lei ha la stessa fisicità?
«No, anche se il tipo di trasmissione porta a scaldarsi. Cercherò di essere naturale, anche perché non so ancora che tipo di conduzione io possa avere. Con me ci saranno Luisa Corna al posto di Ela Weber e i 6 come 6 invece di Luca Laurenti. Restano gli autori-arbitri Jurgens e Santucci. Canteremo molto, fino allo sfinimento».
Scusi, ma, fra teatro e Tv, non è al collasso? 
«È incredibile: registro 3 puntate al giorno e la sera salgo sul palco per Grease. Questo sino al 12 luglio. Poi mi resterà solo Tira & molla sino alla fine di luglio. E, spero, 15 giorni di ferie».
E da ottobre sarà a mezzogiorno su Canale 5. 
«Sono ancora voci di corridoio, ma credo che mi stiano facendo fare palestra: tutto dipenderà dagli ascolti di quest'estate».
Che ne pensa suo padre di questa nuova avventura?
«Gli sta a cuore la mia carriera ed è un po' che mi dice: tu dovresti fare televisione. Mi ha detto: è una carta importante, giocatela al meglio».

(IL GIORNALE - GIUGNO 1998)

CRISTINA PARODI * «HO CONOSCIUTO ALBERTO DI MONACO IN DISCOTECA»

MILANO - "Ho conosciuto Alberto di Monaco in discoteca a Montecarlo, al Paradise, 12-15 anni fa. Andavo spesso in vacanza lì, e da ragazzini cercavamo posti per ballare. Abbiamo fatto conoscenza, quattro chiacchiere, mi ha avvicinata, ma niente di più, non c'è stata una storia. Di certo mi è parso piuttosto interessato alle ragazze, ma per me è stato un incontro normalissimo".
Cristina Parodi, il candore fatto Tv, minimizza. Un amore col principino? No via, non esageriamo: solo qualche ricordo da tempo delle mele. Caso vuole però che proprio dalla dinastia Grimaldi parta stasera alle 21, su Canale 5, per 4 venerdì, il viaggio fiabesco di Stirpe reale, ovvero l'album fotografico patinato di un poker di dinastie regnanti, condotto per l'appunto dalla Parodi. Grace, Ranieri e irrequieti pargoli saranno seguiti dagli Windsor, dai reali di Spagna e Belgio, con parentesi d'obbligo sulla famiglia Kennedy, che all'apparenza non c'entra ma è giusto non farsi mancare nulla. La Tv, insomma, come i settimanali pettegoli: quando il piatto piange sbattono il regnante in prima pagina e la tiratura lievita più del debito pubblico. Meglio se il blasonato è di sesso femminile e possibilmente incinta del body guard di turno; se poi c'è di mezzo qualche cornetto - non quelli Algida -, allora si stappa la bottiglia di brut millesimato. Vecchia volpe del giornalismo popolare, Maurizio Costanzo, direttore di Canale 5, sapeva bene che per contrastare il dilagare del pallone l'unico modo era quello di andare a stuzzicare l'altra metà del cielo. "Non sarà un programma stucchevole ma molto sobrio", mette però le mani avanti la Parodi. Il taglio di Stirpe reale è quello classico per il genere, con un buon montaggio, voce fuori campo ben curata, e inserti di ospiti in studio. Questa sera, a raccontare di Alberto, Stephanie, Caroline e Ranieri ci saranno i giornalisti Roberto Biasiol, Emilio Fede e l'esperto Giorgio Lazzarini, insieme con Elsa Martinelli, Lea Pericoli, Nicola Pietrangeli, Barbara Ronchi della Rocca e Maria Venturi. " vero, con la programmazione di questo periodo puntiamo all'altra metà del cielo - ammette Roberto Pace, vicedirettore di Canale 5 -, ma soprattutto all'altra metà dei televisori. una forma di Tv di pubblico servizio, alternativa, per chi non segue il calcio eppure ora lo trova ovunque sulle reti Rai. Seguiremo questa linea anche il 5 luglio con la diretta da Monaco di Baviera per il concerto di Eros Ramazzotti, che duetterà con Tina Turner e Clapton". Soddisfatta la Parodi, che ha chiuso questa stagione di Verissimo su Canale 5 con una media d'ascolto del 21 per cento battendo i concorrenti Cronaca in diretta (Raidue) e Prima di tutto (Raiuno). Di Stirpe reale dice: "Ogni settimana apriremo una sorta di libro delle fiabe, popolato da re e principi, occupandoci della loro vita, delle vicende gioiose e tristi che li riguardano e che sono costantemente sotto i riflettori. Dopo i tempi di Grace, le figlie Caroline e Stephanie ma anche Diana hanno cambiato il ruolo e l'immagine delle principesse. Noi parleremo di questo ed altro, cercando di capire anche come un Principato come quello di Monaco, grande come Euro Disney, sia diventato così importante".

(IL GIORNALE - GIUGNO 1998)

LA RASSICURANTE SICUREZZA DEL GADGET ESTIVO

Crollano regimi, civiltà e sistemi economici mondiali. Ma oggi è uscito - come ogni estate - lo zainetto termico di Tv Sorrisi e Canzoni, e ciò mi rassicura. Quando sarà arrivato anche il materassino, mi sentirò completamente appagato.

martedì 12 luglio 2011

LA DEFINIZIONE DI UFFICIO STAMPA

Chi è l'ufficio stampa?
L'ufficio stampa è quella persona che chiede a te il favore di «pubblicare una cosa», e contemporaneamente - non di rado - passa le vere notizie ad altri.

lunedì 11 luglio 2011

CHECCO ZALONE * VI RACCONTO TUTTO DI ME (ANSIE COMPRESE)

Piace al tamarro, perché si identifica in lui. Piace al resto del mondo, perché prende in giro i tamarri. Insomma, è difficile - ora come ora - trovare qualcuno a cui non piaccia Luca Medici, alias Checco Zalone. Se la doppia lettura è una trovata di marketing, c’è del genio. «Ma sa che l’ho notata anch’io, ‘sta cosa?» ribatte. «È vero, ma giuro che non c’è niente di studiato a tavolino». E mentre prepara il suo «Resto umile World Tour» (debutto a Rimini il 14 settembre) dispiacendosi un po’ perché non tutti colgono l’ammiccamento del titolo, ti saluta così: «Dà fastidio se faccio l’intervista con le Birkenstock?».

Mannò, si figuri. Piuttosto, lei è davvero l’uomo che ha incassato di più nella storia del cinema italiano?
«Stando ai dati Cinetel, sì. “Che bella giornata” ha battuto “Avatar” e il Benigni di “La vita è bella”, che però è stato distribuito anche all’estero e non era completamente rilevato da Cinetel».
Però lo ammetta: era più bello il suo primo film, «Cado dalle nubi».
«Sì, anche a me è piaciuto di più. Ma non potevo fare un seguito: il pubblico non lo merita. Mi intristiscono quelli che mettono 2 dopo un titolo di successo».
Abituato all’idea di sentirsi dare del genio?
«Mi guardo da fuori come se Ceccho fosse un avatar, appunto. E penso che tutto questo non stia succedendo a me. Poi cerco di relativizzare: in fondo sono tutte c... te. E mi metto ad aspettare serenamente il declino e la morte». (Ride)
Non male, come prospettiva...
«La cosa che mi fa più male è sentire che sono l’uomo del momento, anche se è vero. Sono 3-4 anni, ormai: ma quanto c... dura ‘sto momento?». (Ride ancora)
Intanto, usa l’estate per preparare il nuovo tour, dove ha preteso biglietti dai prezzi calmierati.
«Non oltre i 40 euro. Vedo colleghi che ne chiedono 80 per i loro spettacoli, anche sfarzosi. È troppo, sono pazzi. Con questa crisi, lo giudico quasi immorale. Metto qualche schermo HD in meno, e a Bari l’ingresso è 15 euro. Neanche per i Ricchi e Poveri, con rispetto parlando».
Ci parli dello show.
«Sarà il dualismo fra l’uomo e l’artista. Troverete quel Checco che in singletudine canta “Cuba” e ci va con un chiodo fisso. Oppure la svolta elegante di Cassano, totalmente ripulito dalle nozze, che cambia i pannolini al bambino mentre piange in barese. Ma anche il Nichi Vendola nazionale, in versione “Jesus Christ Superstar”».
Materiale a tinte forti...
«Come Checco dei Modà, che intona “Uomo”: la storia di uno che non riesce a trovare il cesso del ristorante. O quella dell’unica ballerina brasiliana con il sedere piatto, che ha ispirato “Samba sensa u culu”. E dove la vogliamo lasciare la retorica della povertà, della miseria nera del mio Al Bano? Che in gioventù a Milano aveva fatto persino il collaudatore di supposte Zeppelin».
Beh, era ora che qualcuno se ne occupasse...
«Vero? Ma non voglio trascurare la beneficenza. E in “Maremoto a Porto Cervo” ipotizzo questo evento naturale che farà volare in spiaggia protesi mammarie e labbra ovunque. Come in “Usa for Africa”, raccoglierò fondi in “Uniti per Porto Cervo”, per portare i primi soccorsi di caviale a chi ne ha bisogno».
A proposito di Vendola: lui o Bersani, alla guida del Centrosinistra?
«Vendola ha una comunicativa superiore, non lo dico perché pugliese come me. Resta da capire se carisma e capacità di comunicare possano essere le sole doti... Ma a me la politica non interessa».
Perché continua a ripetere di aver guadagnato molto poco con i suoi film? Teme di diventare antipatico?
«No, temo di diventare rapito. Con 43 milioni di euro, uno - col comune buon senso -  pensa: almeno il 10% l’avrà portato a casa. Invece non è così».
Che cosa si è comprato con tutti questi soldi che «non» ha preso?
«Una casa. Ma non vi dico dove per scaramanzia».
È vero che il prossimo sarà una satira sui nuovi ricchi?
«Con il mio coautore, Gennaro Nunziante, vorremmo colpire lì. Ma è tutto in lavorazione, si inizia nel 2012. Ogni tanto chiama il produttore Valsecchi e mi invento una sceneggiatura, per metterlo tranquillo».
La sua fidanzata, Mariangela, avrà intensificato le pressioni per le nozze...
«Non c’è una data. Del resto, a soli 35 anni, dopo sette che stiamo insieme, potrò prendermi un po’ di tempo... Lei non è cambiata di una virgola: pensi che cerca ancora il distributore col prezzo più basso. E magari fa 50 chilometri per trovarlo...». 
In tv dilagano i tamarri veri...
«La tecnica è quella: far vedere un tamarro in un reality, fa sentire gli spettatori più intelligenti di lui».
 Al suo paese, Capurso, hanno già iniziato a parlar male di lei?
«Succedono cose strane: qualcuno ti paga la cena al ristorante e ti mette in imbarazzo. Altri ti denunciano».
Come, ti denunciano?
«Massì, l’altro giorno un tizio è andato dai carabinieri perché l’allarme di casa mia suonava da due giorni. Invece di preoccuparsi per i ladri o chiamare mio padre (siamo noti), è andato dai carabinieri a sporgere denuncia per rumori molesti. I carabinieri l’hanno mandato giustamente aff... E di questo ringrazio le forze dell’ordine».
Inconvenienti della celebrità?
«Tra questi c’è la guardia di sicurezza che in aeroporto ti perquisisce a fondo, e perquisisce solo te, per dimostrare di poterti imporre la sua autorità. Ma lo capisco, è umano...».
Sarà il nuovo Fiorello?
«Se pensassi di poter emulare Fiorello, sarei patetico: lui ha una capacità di improvvisazione unica, è il più grande showman. Può stare 20 minuti sul palco, cucinando anche il nulla in modo straordinario».
Ce l’ha un punto debole, psicologicamente?
«Sono ansioso, non riesco ad affrontare con serenità le cose. Fiore è anche peggio di me».
Un’ansia patologica?
«Terribile. Un mese fa ero a Milano in viale Monza, a “Zelig”, per un incontro organizzato dal patron Bozzo. Mi sono bloccato completamente, non volevo salire sul palco. Faccio milioni di spettatori, e poi... Ma il set è diverso».
Il suo sogno?
«Sono come il surfista che cerca l’onda perfetta: vorrei scrivere una canzone seria, un capolavoro, da far cantare a qualcuno. Purtroppo le canzoni d’amore che scrivo fanno tutte vomitare. Meno male che ci sono le parolacce da metterci in mezzo».

(TV SORRISI E CANZONI - LUGLIO 2011)

mercoledì 6 luglio 2011

TAMARA DONA' * LA RADIOFONICA CHE HA FATTO DIMENTICARE DI ESSERE NATA TELEVISIVA

Tamara Donà, 37 anni da Cittiglio, Varese, ormai è una (brava) radiofonica di lungo corso. Veloce, spigliata, coccola o sferza quotidianamente da anni il pubblico di R101. Tamara è riuscita in un'impresa non facile: far quasi dimenticare al pubblico e agli addetti ai lavori di essere nata come star cine-televisiva («Vita coi figli», «Village», «Mollo tutto», «Fuego», «Target», «Night Express»).
Un peccato originale che solitamente in Italia non viene perdonato. Oppure che diventa temporaneo valore aggiunto per personaggi televisivi - solitamente di scarso spessore - che diventano stelle radiofoniche lo spazio di un mattino. E sono solitamente odiatissime dai radiofonici puri. Quelli che si fanno umilmente il mazzo da una vita senza i benefici effetti del video e dei riflettori. Oneste voci senza un volto. La Donà ha fatto apparentemente lo stesso percorso degli avventizi, riuscendo però a diventare alla fine credibile. E quindi arruolata in servizio permanente effettivo. Un volto che ha scelto di diventare voce. E in questi tempi, pieni di Grandi Fratellini senza un perché, non è poco.

martedì 5 luglio 2011

HARRY POTTER ALCOLISTA? UN CALICE DI FUOCO

Daniel Radcliffe, l'attore che ha interpretato Harry Potter, ha confessato a GQ di essere stato alcolista. 
Adesso si spiega tutta quella insistenza per girare Il calice di fuoco...

LUCA LAURENTI * «VOGLIO ESSERE PERDENTE (SE ARRIVI, SEI FINITO)»

RICCIONE - Guardingo, sorridente, inarca il collo e ti punta addosso i suoi occhi aguzzi. Risponde con un diluvio di parole, molte tartagliate, quasi tutte sensate. Perché - come si dice di lui parafrasando Forrest Gump, personaggio al quale spesso è stato accostato - "il mondo non vi sembrerà più lo stesso dopo che lo avrete visto con gli occhi di Luca Laurenti". Romano, 35 anni, lo showman di Tira & molla e Buona domenica assapora il terzo posto (con l'aggiunta di premio della critica) appena conquistato sulla passerella di Un disco per l'estate con Innamorarsi noi, romanticismo a piene mani inzuppato nel suo cd d'esordio, Nudo nel mondo. Ma, visto che la fortuna lo perseguita, ad ottobre debutterà anche al cinema, protagonista di uno dei 4 episodi de I fobici, film sulle moderne nevrosi per la regìa di Rodolfo Scarchilli. Con lui, Gianmarco Tognazzi, Rodolfò Laganà e Sabrina Ferilli. A prima vista una sorta de I nuovi mostri anni '90.

Laurenti, adesso anche il cinema? 
"Me l'hanno proposto, mi piaceva la trama che racconta le ossessioni di oggi: Tognazzi fa uno con la psicosi di chiudere il gas; io sono un tipo che ha la fissa di conoscere a memoria tutti i percorsi degli autobus".
Quali sono le sue fobie?
"Avevo quella dell'altitudine, ma l'ho vinta, come molte altre, facendomi anche violenza ma sino a capire qual era il problema per eliminarlo. Come uno che toglie sacchetti di sabbia dalla mongolfiera e poi si libra nell'aria. A quel punto "poi pure morì sereno, col soriso", perché hai capito la vita. C'è chi non se li toglie mai, quei pesi, e poi muore ingrugnato, col broncio".
Ha coronato un sogno incidendo il suo primo cd, però qui a Riccione, popolare com'è, non si aspettava di più dalle giurie Abacus?
"Scherza? Io voglio essere perdente, perché se arrivi sei finito: mi interessa fare tutto a piccoli passetti, così si assaporano di più i traguardi. come viaggiare in treno o in aereo: sono due diverse filosofie di vita. Col treno impieghi molte ore, ma ti godi tutto il panorama. In aereo sei lì subito, ma cosa vedi?". Fra Tv, cinema e musica (il primo amore), dove batte di più il suo cuore?
Non rischia di confondere il pubblico? 
"Non voglio pormi questa domanda: mi interessa fare zig zag, provare, non un percorso in linea retta. Altrimenti avrei fatto l'impiegato. come per la religione: io non credo in una religione ma in tutte, da ognuna delle quali bisogna selezionare il buono".
Perché quando canta la sua voce metallica si trasforma completamente? 
"L'otorino dice che parlo con voce di testa e quando canto mi viene naturale farlo di diaframma. Come una finestra aperta dove passa l'aria senza nessuno sforzo. E poi guardi: non lo sa bene neanche l'otorino, che faccio, lo spiego io a lei?".

(IL GIORNALE - LUGLIO 1998)

PAOLO BONOLIS * ECCO COME E QUANDO NACQUE «CIAO DARWIN»

RICCIONE - Come cambiano i tempi: se un conduttore televisivo - soltanto pochi anni orsono - avesse annunciato per il suo futuro varietà del sabato sera un titolo come Darwin, ci si sarebbe immediatamente preoccupati per la sua salute mentale. Invece, alla faccia di Piero Angela e in barba (in senso buono) alla Carrà, che dovrà vedersela con lui, oggi non si fa una piega quando Paolo Bonolis, il Ronaldo dei volti del video - in costume da bagno a bordo piscina dell'esclusivo Hotel Des Bains - racconta come in autunno sfiderà la Raffa carrozzata Lotteria Italia di Carràmba, che fortuna! «Farò una trasmissione divertentissima - dice Paolino, parco di anticipazioni ma generoso di coccole nei confronti della sua Sonia, 24 anni, un fiore di fanciulla bionda sdraiata sul lettino a fianco - incentrata sui rapporti fra uomini e donne alle soglie del terzo Millennio; oggi sono così, ma con l'evoluzione della specie - scherzandoci su - può anche darsi che cambino. Darwin è il titolo che usiamo più spesso parlandone con Stefano Magnaghi, che con me ha studiato l'ossatura del programma, e con gli altri due autori Moccia e Luci, ma non è escluso che poi se ne scelga un altro. Non è prevista la presenza di vallette o primedonne: in scena ci saremo solo Luca Laurenti ed io». Debitamente adattate, le teorie sull'evoluzione della specie elaborate da Charles Darwin, dunque, approdano in video in un gioco-spettacolo. Il naturalista inglese, teorico della cosiddetta selezione naturale, perfezionò i suoi studi aggiungendovi la nozione di selezione sessuale. In pratica i maschi lottano fra loro per la conquista della femmina e soltanto i meglio dotati possono procreare. Tutto questo (ma al telespettatore verrà risparmiata la procreazione in diretta), da ottobre, in prima serata su Canale 5. D'accordo l'autunno, ma pensiamo al presente. Che nella fattispecie, fra piadine, pedalò e le prime turiste tetesche in libera uscita, ha i suoni di Un disco per l'estate -, in onda questa sera, domani e dopodomani alle 21 in diretta dal lungomare di Riccione -, sull'ammiraglia Mediaset. Accanto a Bonolis - che conduce la tre giorni canora - c'è un Renato Zero dal piede ancora malfermo e ingessato per via di una brutta caduta che gli aveva procurato una frattura alla caviglia destra. Come sempre, in questi casi, quando la musica diventa un mezzo pretesto per far Tv, quasi ci si dimentica dei 12 cantanti in gara, i cosiddetti big, che si sfideranno 6 per sera votati dall'immancabile giuria Abacus. Stasera si immolano contro il mondiale i Neri per Caso, Mietta, Annalisa Minetti, Alex Baroni, Gatto Panceri e Loredana Bertè (ospiti Patty Pravo, 883 e Spagna); domani sarà la volta dei Ragazzi Italiani, Syria, Paola Turci, Massimo Di Cataldo, Luca Laurenti e Niccolò Fabi (ospiti Nek, Biagio Antonacci e le All saints, succedanee delle Spice girls). Giovedì sera ammucchiata finale con altri ospiti: Arbore, Zarrillo, i Pooh e Branduardi. «A Renà, l'hai preso un po' di sole che pari la notte dei morti viventi?», scherza Paolino, piglio da Amici miei all'amatriciana, rivolto ad un diafano Renato Zero sotto l'ombrellone. Poi come un furetto fulmina chi gli domanda quanti anni abbia la sua compagna: «Io 37, lei 24: l'ho ddetto io che ssò ppedofilo!». L'ultima è per la sua addetta stampa, che lo reclama: «Ancora? E mò bbasta interviste, che semo usciti pure su Diabbbolik». Un adorabile disco(lo) per l'estate.

(IL GIORNALE - GIUGNO 1998)

ALESSANDRO CECCHI PAONE * «PIERO E ALBERTO ANGELA? DUE MAESTRI PERFETTINI»

MILANO - Alessandro Cecchi Paone torna a scuola ma senza grembiulino. Da settembre, le videocassette della Macchina del tempo saranno messe a disposizione gratuitamente delle classi che ne faranno richiesta. E il conduttore inizierà un breve viaggio nelle aule italiane per parlare di scienza, natura e progresso. Intanto a partire da oggi, lunedì 29 giugno e sino al 12 settembre, dal lunedì al venerdì, alle 14, sempre su Rete 4, partono I viaggi della Macchina del tempo, pillole di approfondimento da 30 minuti ciascuna.

Allora Cecchi Paone, promosso a settembre?
«Sì, torneremo con la Macchina del tempo e con la gratificazione ("buona validità didattica") che il ministero ha dato al nostro lavoro. Fra la Tv e la scuola non è mai corso buon sangue. Noi andiamo controtendenza».
Sono stati loro a cercarvi o voi a proporvi? 
«Abbiamo sottoposto noi il materiale al giudizio del ministero, ma in passato ci erano pervenute richieste da singole scuole, e persino dall'ufficio del ministro Berlinguer».
Andrà nelle scuole a fare il maestro perfettino? 
«No, per quello bastano Piero Angela e il figlio. Non andrò dai ragazzi a dire: io so cose che voi non sapete e ve le insegno. Dirò semmai: scopriamo assieme i misteri della natura».
Piero Angela è preoccupato per i vostri successi o non vi vede neppure?
«Be', lui è tranquillo: in quella collocazione da 15 anni fa numeri alti. Trovo sia sconveniente metterci in contrapposizione per non penalizzare il pubblico. Però ho l'impressione che non abbia saputo rinnovarsi».
Però comperate quasi tutto dall'estero... 
«Perché, Angela che cosa crede che faccia? Io, quando posso, mi muovo per realizzare servizi e il materiale che acquistiamo è sempre rimontato e riscritto da cima a fondo. Invece ho l'impressione che altri traducano solo e mandino in onda. La colpa è della Rai, che da 15-20 anni ha smantellato tutte le strutture produttive documentaristiche. Aveva il dovere di tenerle e avrebbero anche reso come investimento».

(IL GIORNALE - GIUGNO 1998)

DA DA DA * «PER FAVORE NON DITE CHE FACCIAMO MONTAGGINI...»

Nella «sala macchine» di Raiuno, per scoprire il segreto di «Da da da».  «Tutto sta» dice uno degli autori, Christian Calabrese «nella simbiosi che si crea fra l’autore e il montatore. Un lavoro in team, e non certo un banale “montaggino”, come ha detto qualcuno. Il capostruttura Michele Bovi ci chiede ritmo, e altre immagini che vanno a sovrapporsi ai brani musicali. Insomma, si può arrivare anche a 32 ore di lavoro - quattro turni al montaggio - per una puntata da 32-40 minuti».
Presto vedremo: «Alta infedeltà» (3/7, con spezzoni del Trio Lopez-Marchesini-Solenghi); «Latin Lover» (5/7, con Sordi, Proietti, Buzzanca e Modugno); Abbasso i capelloni» (6/7, con Celentano, Bramieri, Pravo, Caselli e Nomadi) e «Nord Sud Est Ovest» (8/7, con Totò, Fortis e Vanoni).

(TV SORRISI E CANZONI - GIUGNO 2011)

LORELLA CUCCARINI * «TINTO BRASS SUL MIO FONDOSCHIENA: È UNA PARADISIACA VISIONE»

ROMA - Rischiava di debuttare ad Hollywood con gli orecchioni. No, non con la parotite. Proprio con gli orecchioni, quelli a punta, caratteristica dei "vulcaniani", i personaggi di Star Trek. Invece Lorella Cuccarini è stata chiamata dai vertici della Paramount pictures ad interpretare il ruolo di una principessa nella prossima puntata della saga cinematografica. Il 9, 10 e 11 giugno la show-girl più amata dagli italiani sarà negli States per le riprese. Star Trek è un mito non solo negli Usa: il primo film uscì nel '79, nato da una costola dell'omonima serie televisiva ideata da Gene Roddember.

Ma com'è arrivata la Cuccarini nella mecca del cinema, alla corte del nono sequel di Star Trek?
"Lo so, sembra un pesce d'aprile - annuisce Lorella - ma non è così. Ancora non ci posso credere. Mentre interpretavo il ruolo di Sandy nel musical Grease mi ha notata Giovanni Pedde, responsabile di Paramount per l'Europa. Cercavano due volti, uno italiano ed uno spagnolo, per altrettanti ruoli. Avevano mandato in America anche alcune cose mie su videocassetta, a mia insaputa, e due settimane fa è arrivato l'ok".
Ma parlerà o sarà solo una presenza muta con tanto di orecchie a punta?
"Niente orecchie a punta, lì non sono vulcaniana. E nessuna battuta, è il classico walk-on, una passeggiata, come chiamano in America questi camei. Io e la mia collega siamo due principesse bellissime che incontrano il capitano Picard quando atterra su un pianeta sconosciuto".
Non sarà che gli americani l'avevano notata prima, nella parodia di Star Trek che fa a Paperissima con Marco Columbro? 
"Lì sì che avevo gli orecchioni... (ride). Per forza, facevo il dottor Spock e non è escluso che da ottobre, quando riprenderemo il programma, lo rifaccia. Se mi avessero vista lì forse non mi avrebbero presa. una piccola cosa ma sentivo che era una follia lasciar partire questo treno".
Hai visto mai, 'sti americani... E se la notassero facendo di lei la risposta italiana a Sharon Stone?
"Per carità, in America avrei troppa concorrenza. Per giunta da parte di tipe rifatte, dunque messe molto meglio di me. Mi accontento di questa cosa. L'unico rammarico è lasciare per tre giorni Grease, che è alla duecentesima replica".
Prima, a parte la fiction Piazza di Spagna, del '91, aveva mai fatto cinema? 
"Di fiction ne ho rifiutate tante. Eppure pensi, dal cinema non avevo mai avuto proposte, se si eccettua una chiamata di Tinto Brass alcuni anni anni fa, mai presa in considerazione. Ogni volta che mi incontra dice che il mio fondoschiena gli richiama paradisiache visioni".

(IL GIORNALE - MAGGIO 1998)

ANNA TORTORA * «PER ALCUNE PROCURE, ENZO NON È MORTO ABBASTANZA»

MILANO - "Per rispetto alla memoria di Enzo Tortora, chiedo ai telespettatori: se oggi si imbatteranno in un programma Tv rievocativo, con il conduttore che mostra un pappagallo verde e ha un occhio umido e l' altro che guarda all' audience, per favore cambino canale; oppure scrivano un telegramma a quella rete con la scritta: seppellitevi di vergogna!". Non dice mai "mio fratello", Anna Tortora. Ne parla con l' indignazione "di chi non può e non deve dimenticare", ma usa sempre nome e cognome.

Signora Tortora, perché invita alla "diserzione" televisiva delle commemorazioni di suo fratello? "Perché Enzo Tortora non merita di essere ricordato così, fra lustrini e pappagalli. Lui ormai rappresenta ben altro".
Chi l' ha invitata?
"Paolo Limiti a Ci vediamo in Tv, su Raidue, ma mi sono rifiutata di andare a fare piagnistei. Il caso Tortora, oltre a essere un dolore privato, non può finire in varietà: doveva insegnare qualcosa a questo Paese in materia di giustizia, doveva nascere come minimo una "legge Tortora"".
Perché?
"Perché ha fatto venire a galla tutti i mali del sistema: la lunghezza della carcerazione preventiva, la sistematica violazione del segreto istruttorio, le disfunzioni del Csm, la responsabilità penale e civile dei giudici, le leggerezze sul pentitismo".
Che cosa le è rimasto dentro?
"Sconforto. E amarezza per avere constatato l' incapacità delle istituzioni di rimediare, di fare tesoro. Ho visto sordità, cecità e altre pietre buttate sulla sua tomba".
Che cosa significa?
"Per alcune Procure di questo Paese Tortora non è mai morto abbastanza, vorrebbero che sparisse anche dalla testa della gente: ricorda troppi errori, è un tarlo. Anche per i mass media, che Enzo chiamava "gas media". E che vogliamo dire delle archiviazioni indecorose delle denunce che noi abbiamo poi presentato? O delle promozioni dei magistrati che l' hanno perseguito? Sansone lo condannò a 10 anni e ora è presidente della quinta sezione di Cassazione a Roma; con Lucio Di Pietro e Di Persia ebbe a che fare nell' 83: uno è capo della Dia di Napoli e l'altro è nel Csm; Marmo, il pm che lo definì "cinico mercante di morte", è procuratore capo di Santa Maria Capua Vetere, e Fontana ora è giudice istruttore".
Che cosa fa, allora, per ricordare suo fratello?
"Andrò fra i detenuti. Oggi alle 9.30, nel carcere di San Vittore, a Milano, ci sarà un' intera mattinata in onore di Enzo. Parleremo della proposta di legge per un' alternativa al carcere, presentata dall' onorevole Simeone di An, e al termine i detenuti-attori della compagnia La nave dei folli diretta da Donatella Massimilla leggeranno brani di Wilde, Dickens e lettere dal carcere, loro e di Enzo".
Sarà un appuntamento fisso?
"Voglio che il 18 maggio di ogni anno diventi il giorno dell' ippogrifo, come Enzo Tortora chiamava il carcere. Perché, diceva, tutti sanno che esiste ma nessuno sa cosa sia. E' il testamento che mi ha lasciato: passerò da Rebibbia a Regina Coeli, da Marassi all' Ucciardone, per fare il punto sulla situazione carceraria e della giustizia. Niente pappagalli: questo è il modo per non dimenticare".

(IL GIORNALE - MAGGIO 1998)

lunedì 4 luglio 2011

ADDIO AL NUBILATO * QUANDO IL FALLO E' DI RIGORE


(Nella foto, Benny e Lillo).

GIORGIO PANARIELLO * «SONO UN TALENTACCIO CHE VINCE AL 90°»

Assomiglia alla ribollita la comicità di Giorgio Panariello. Del piatto toscano ha tutte le caratteristiche: è genuina, semplice, fatta molto con gli avanzi (leggi battute di repertorio), insaporita con quel tocco di piccante che strappa la risata. Una grattatina di "pecoreccio" e poi in tavola per svariati milioni di invitati: "Torno sabato", varietà di prima serata di Raiuno. Il tutto con la complicità di due autori come Giampiero Solari (solide basi teatrali) e Giorgio Pistarino (già volto del "Drive in").

Panariello, si sente arrivato? 
"No, al massimo posso sentirmi partito. In tutti i sensi e verso la meta che mi ero prefisso: c' era un po' di confusione attorno alla mia immagine e questa esperienza è servita a farmi conoscere meglio".
E quale sarebbe la meta? 
"Dimostrare ciò che so fare. Non ho una scuola d'arte drammatica né una particolare preparazione culturale alle spalle. E l' uso della lingua, nella conduzione, è importante. Per fare il mio mestiere servono molto la faccia, le pause, qualche parolaccia di uso comune, ma per avere successo non basta. Anche Benigni all' inizio ne diceva tante, ma dietro c'era un grosso bagaglio".
Lei dice di ispirarsi a Walter Chiari e a Carlo Verdone, però non è né l' uno né l'altro.
"Vero, ma attenzione: non ho detto di essere come Walter Chiari; semmai prendo a modello i suoi show. Quanto a Verdone, ha una galleria di personaggi straordinari. E poi, nelle scenette con Tosca, mi ispiro anche a Vianello e Mondaini".
Non si fa mancare niente. A proposito del successo dei comici della sua regione, ha detto che nel 2000 essere toscani sarà una maledizione. 
"Ma mi auguravo il contrario. Credo che il nostro boom sia frutto di un caso: nel giro di pochi mesi sono usciti i film di Pieraccioni, Virzì, il mio e quello di Ceccherini. Solo una combinazione".
Avete qualcosa più degli altri?
"Forse il modo di parlare, che risulta simpatico a tutti, e la spontaneità. Siamo quello che siamo, insomma, nel bene e nel male".
E' vero che nel suo prossimo film sarà un giornalista?
"Sì, uno che lavora per una piccola Tv privata toscana. Sogna lo scoop e riesce ad azzeccarlo. Poi, però, come tutti quelli baciati dal successo, ha il problema di dover mantenere alto lo standard. Prosegue colpo su colpo finché si rende conto che la vita non può essere solo questo. Mi piacerebbe avere con me Gastone Moschin e Jean Reno (il protagonista di "Leon" e "I visitatori", ndr). I miei vecchi personaggi spariranno: quelli nuovi saranno in funzione della storia, e non viceversa come in "Bagnomaria"".
Ma il suo sogno è un musical...
"Sì, un grande musical. Però progetto anche di fare un film comico con Dario Argento. Gliene ho parlato: un giorno riusciremo".
E' arrivato al successo a 39 anni. E prima? 
"Ho fatto il rappresentante di pentole, l'elettricista, il cameriere. Ma sognavo di fare il dj e il presentatore, così ho mollato tutto. Quando vendevo le pentole, alle dimostrazioni, non piazzavo nulla, allora provavo imitando Beppe Grillo o Mike Bongiorno".
E' vero che quelli del Bagaglino, i vostri concorrenti su Canale 5, non sono lord, ma anche la sua è una comicità un po' grassottella, da villaggio turistico... 
"Mi piace essere un animatore più che un attore, vicino alla gente. La comicità grassa è stata una scelta. Volevamo portare in Tv quello che si dice nei cabaret, senza finzioni".
La sua compagna, Elena, l'aspetta a Prato? 
"Sì, siamo assieme da dieci anni, è un punto fermo: è riuscita a farmi diventare una persona seria. Prima non lo ero molto e nel lavoro ancor meno. Avevamo già le carte per sposarci, ma, per colpa del mio lavoro, abbiamo accantonato l'idea".
Si considera un talentaccio o uno che ha avuto fortuna? 
"Un talentaccio. Di fortuna ne ho sempre avuta poca. E quando ho vinto, è sempre stato per 3 a 2 al novantesimo".

(TV SORRISI E CANZONI - FEBBRAIO 2000)

LUCA E PAOLO E I NUOVI, ORRENDI SPOT PER FIAT

Perché due (ex) ragazzi in gamba come Luca Bizzarri e Paolo Kessisoglu hanno accettato di girare spot così imbarazzanti come quelli della nuova campagna pubblicitaria Fiat? Per soldi, certo. Ma mi auguro per loro che quei quattrini siano stati veramente tanti, dal momento che stavolta siamo al limite dell'inguardabile. Non una trovata, non uno spunto, non una battuta fulminante. Solo imbarazzo per qualcosa di così scadente. E non basta addossare la colpa ai creativi dell'agenzia pubblicitaria: lavori così non si dovrebbero accettare. Così come hanno rinunciato (immagino per comprensibile stanchezza, dopo tanti anni) alla conduzione de «Le iene» (che finiranno in mano a Luca Argentero, Ilary Blasi e al prezzemolino Enrico Brignano), altrettanto avrebbero dovuto rispondere con uno sberleffo a chi si presentava loro con un progetto simile. Di fronte al quale persino le opache facezie di Neri Marcorè e Raffaella Carrà per Tim diventano materiale da Oscar. Al cospetto del quale quale i debolissimi spot di Aldo, Giovanni e Giacomo per Wind acquistano un valore di comunicazione comica di alto livello.
Peccato, perché dopo l'ultimo Sanremo e in attesa del ritorno di «Camera cafè», i due ex ragazzi ci avevano abituato bene. Ma la tentazione di passare alla cassa, è spesso più forte di quella di passare alla storia.

venerdì 1 luglio 2011

QUANDO A DAVID COPPERFIELD SPARI' LA CARTA DI CREDITO

La volta in cui l'illusionista top class David Copperfield si ritrovò a cena in un ristorante di Sydney, in Australia. Al momento di pagare il conto, estrasse la sua American Express nera (la Centurion, super esclusiva, quella praticamente senza massimale, con cui puoi comprare anche un bolide Ferrari, se sei in vacanza e ti salta il capriccio), vedendosela però rifiutare dal pos - forse non sufficientemente evoluto o chissà perché - del locale. «Non è possibile!» esclamò il super mago. Ma la colpa, del resto, non era sua. «Ci spiace, non ha un'altra carta di credito?». Ecco allora che David ne estrasse dal metaforico cilindro un'altra, più modesta, pare intestata a tale Disappearing Inc., si immagina una sua società. Ottimo lavoro. Stavolta si materializzò la strisciata perfetta, e mister Copperfield potè pagare il conto senza essere costretto a sparire.

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