venerdì 23 marzo 2012

ROCCO PAPALEO * «RACCONTO I MERIDIONALI CHE NON RITORNANO PIU' AL SUD»

«Il massimo è che ti piace la brutta. Quella che non gli piace agli altri.
E' troppo facile che ti piace la bella, quella con la farfallina. L'ideale
è se alla brutta gli piaci pure tu, perché se non gli piaci, se facciamo a
non piacersi, allora tanto vale che ti piace la bella. Meglio puntare in
alto...».

Il Rocco-pensiero in materia femminile risente di suggestioni festivaliere
ma, apparentemente, sta in piedi. Dopo un Sanremo che l'ha consacrato, Papaleo riprende il suo tour teatrale, «Una piccola impresa meridionale», ed esce con un album intriso di poesia e minimalismo: «La mia parte imperfetta». Rocco dal vivo è un piccolo Guareschi lucano, volutamente
sgrammaticato, in bilico fra il jazz di «Stormy Weather» e monologhi su «pane e frittata» di mammà; fra tanti «A me mi» e la consapevolezza di scrivere canzoni «che non risolvono problemi sociali, ma se non altro non li creano».


Rocco, perché ha avuto successo a Sanremo?
«Non lo so, me lo deve dire lei, l'ho chiamata apposta anche per capire
perché mi abbiano convocato».
Forse perché là in mezzo era un corpo estraneo?
«Ero me stesso e ho liberato il fanciullino, in quella dimensione
carismatica del più grande show italiano».
A volte sembrava guardarli come se fossero pazzi...
«Pazzi no, ma nevrotici sicuramente. Soprattutto gli autori. Il Festival
visto da dentro sembra una cosa ingovernabile: un alveare con milioni di
api sul miele. E spazi minuscoli: l'Ariston sembra enorme, ma è
piccolissimo. Nel backstage, i cantanti stanno ammassati in un metro e
mezzo».
Un'immagine che le resterà nella memoria.
«Nina Zilli che aveva le mani sudatissime per l'emozione; la prima sera,
dietro le quinte, le ho dato il loden 'tecnico' che indossavo in scena per
asciugarsele. E' diventato un rito: ogni sera teneva quel loden tra le
mani».
Si ricorda chi ha vinto?
«Certo: Emma, Arisa e Noemi» (senza esitazione, Ndr)
Complimenti. La maggior parte della gente dopo due settimane non ricorda
più il podio. Buio totale.

«Succede perché al Festival si parla troppo di altro e poco di canzoni.
Troppo di farfalline e Celentano e poco di musica».
Ci tornerebbe?
«Forse, ma devo prima digerire dopo l'indigestione».
A Sanremo ha conosciuto Lucio Dalla.
«Uno dei miei miti. Ci siamo parlati e detti cose bellissime che non
racconterò mai».
Più efficace lei, o Geppi Cucciari?
«Geppi. In fondo io ho avuto cinque serate per lasciare il segno, e lei
solo una per essere subito meravigliosa».
Condurrebbe un programma da solo? Ha un'idea nel cassetto?
«Mai dire mai. L'idea ce l'ho e so anche che forse oggi me la farebbero
realizzare».
Sarebbe?
«Una cosa nuova, che ha che fare con la musica e l'intrattenimento
profondo, ma sono cauto perché non vorrei che qualcuno la anticipasse. Se
fosse, prometto che 'Sorrisi' sarà il primo a sapere».
Il successo a 53 anni è difficile da gestire?
«Più facile che a 43, 33, 23 e infinitamene meglio che a 13».
Un po' tardino, no?
«Bisogna vedere che cosa si intende per successo: ora sono ai piani alti,
ma da quando iniziai col teatro, in realtà, non ho mai smesso di lavorare.
Poi ci sono stati Classe di ferro in tv e i film con Pieraccioni. La fame,
insomma, non l'ho mai fatta».
Era in un sottobosco privilegiato?
«Sì, mi piace molto questa definizione».
Che cosa si è regalato con il cachet di Sanremo?
«Inizio a porre le basi per comprarmi una casa a Roma. Ho un figlio, un'ex
moglie e vivo in affitto da una vita. Però di recente ho visitato Torino.
E un domani, quando mio figlio non mi si filerà di pezza, mi piacerebbe
trasferirmi là».
Come definirebbe questo spettacolo, «Una piccola impresa meridionale»?
«Siamo noi del Sud, che sogniamo in fondo il riscatto della nostra terra,
e il nostro personale. Andiamo a cercarlo altrove, e quando (e se) lo
troviamo, poi non torniamo più. Ma ripensiamo sempre a quegli odori, alle
atmosfere, che raccontiamo. Sarà anche il titolo del mio prossimo film da
regista dopo 'Basilicata coast to coast'».
Ce lo racconti.
«Inizierò a girarlo ad agosto. E' la storia di un gruppo di persone
problematiche che si ritrovano insieme in un vecchio faro in disuso.
Decidono di ristrutturare il faro, e intanto ristrutturano anche le
proprie vite».
E dal 23 marzo sarà al cinema anche come coprotagonista, con Luciana
Littizzetto, di «E' nata una star?».

«Sì, ma non ne posso parlare perché sennò sa come sono fatti gli uffici
stampa: se la prendono».
Il cd, invece, si intitola «La mia parte imperfetta». Qual è?
«Gli occhi, la mia miopia. Guardare il mondo attraverso fondi di
bottiglia. Le nostre parti imperfette sono quelle che dobbiamo imparare ad
accettare e usare. Possono uscirne cose molto belle».
Chi sono i tre più grandi attori italiani viventi?
«Sergio Castellitto, Fabrizio Bentivoglio ed Ennio Fantastichini».
Lei sul podio non c'è?
«Io non sono neanche tra i primi 10».
E fra le attrici?
«Giovanna Mezzogiorno, Margherita Buy – nome un po' ovvio ma abbattiamo
questa barriera - e Giuliana Lojodice, che mi sono regalato fra gli
interpreti del film di cui le parlavo prima».
Quando torna al paese prende ancora la corriera per andare al mare?
«No, ma a Roma prendo sempre la metropolitana. Dopo Saremo ho smesso, ma
conto di riprendere. E poi, tutta questa fama dov'è? L'altra sera ero a
Milano in un locale sui Navigli, e l'unica che mi ha riconosciuto è stata
una ragazza che ha voluto l'autografo. Problemi di ordine pubblico,
sinceramente, non ne ho visti».

(TV SORRISI E CANZONI - MARZO 2012)

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