domenica 17 febbraio 2013

SANREMO 2013, LA FINALE * MENGONI, ELIO E MODA': IL COMPROMESSO FAZIESCO SBANCA IL FESTIVAL

La vittoria di Marco Mengoni, seguito da Elio e dai Modà, è il perfetto compromesso che sta alla base del Festival faziesco e - se vogliamo - dell'opera omnia del conduttore e della sua squadra, da sempre molto abile (pensiamo ad Anima mia) nel mescolare alto e basso. Solo Arbore sapeva fare meglio. Un Sanremo "sinistramente" alto (canzoni in gara, ospiti di gran pregio), con un podio al 66% commerciale, più vicino all'idea di destra canzonettara. La giuria di qualità non ha voluto/potuto prevaricare sul voto fanciullesco (non dico dei bimbiminkia per utilizzare un termine caro agli elii) e tra Mengoni e i Modà ha fatto emergere solo le virtuosistiche Storie Obese, lasciando indietro pezzi che avrebbero strameritato: dall'eccentrico Daniele Silvestri al romanticismo di Annalisa Scarrone, un'altra figlia dei talent che sta crescendo molto bene. Ma anche Max Gazzè e Malika Ayane, l'Ornella Vanoni 2.0, meritavano di più.
Ben diretti da Duccio Forzano, con la sua regia pulita e tecnicamente ricercata, Fabio Fazio e Luciana Littizzetto hanno vinto, dati alla mano, tutte le sere. Sui buoni ascolti non ho mai dubitato, anche perché - in particolare nei momenti di forte crisi e smarrimento - il Paese si è sempre stretto attorno ai propri rassicuranti totem televisivi. E Sanremo è uno di questi. Forse il più kitsch e rappresentativo. La Littizzetto, tra cadute di stile (la sua cifra) e momenti nobili, ha tenuto botta dignitosamente, coniando la migliore definizione di Fazio di sempre: "Una sfumatura di grigio". Un altro colore che, evidentemente, si porta con tutto.


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