lunedì 30 settembre 2013

CHER * AVERE 67 ANNI E DIMOSTRARNE (A STENTO) 30

Cher, all'anagrafe Sarkisian Cherilyn. Ovvero, avere 67 anni e dimostrarne (a stento) 30.  Anzi, ringiovanire clamorosamente a ogni cd, con l'apparente assistenza di un dr. Frankenstein che cerca non di ridare vita alla creatura, ma di ringiovanirla. Fra suoni di violini.
Il nuovo disco di questo capolavoro bio-genetico che ha vinto Oscar, Emmy e Grammy Awards esce domani e si intitola «Closer To The Truth», ovvero Più vicina alla verità. Frase che quest'immagine di copertina - piallata più di un credenzone di un mobilificio di Cantù - parrebbe contraddire.
Mr. Photoshop, il parente più stretto della star californiana, è entrato in azione. Ma presto la vedremo dal vivo anche in Italia, a Verona, ospite di «Gianni Morandi Live in Arena», il 7 e 8 ottobre su Canale 5. E potremo fare un raffronto. Magari un controllo del volto stile Diabolik.

giovedì 26 settembre 2013

«LA GABBIA» * UN PARAGONE CHE NON STA IN PIEDI

Di Lorenzo Sulmona

Sarà il raffreddore stagionale che non mi permette di essere abbastanza lucido e attento, ma «La Gabbia» di Gianluigi Paragone comprime talmente tanto i miei polmoni che non riesco a capire neanche la scaletta della trasmissione (e gli spot pubblicitari in definitiva diventano una meravigliosa via d’uscita dal varietà politico).
Mi sembra che anche Aldo Grasso si sia scomodato per dare un giudizio sulla prima serata di Paragone, quindi suppongo che abbia inutilmente trascorso oltre 2 ore davanti alla tv.
Che dire poi della riabilitazione di Oscar Giannino, ospite che ha lasciato il segno della sua giacca rossa su fondo blu sfocato dello studio?
Certo, avrei potuto cambiare canale, ovvio, ma l’intontimento causato dall’ascolto di interventi demagogici e confusi mi ha per fortuna agevolato il sonno.
Alla fine, stamattina, non mi è rimasto nulla di quanto visto ieri e questo è un gran risultato raggiunto dalla trasmissione: rischierò la prossima settimana di soffermarmi nuovamente su La7 ricadendo nello stesso errore!
Se mi è consentito un “paragone”, caro Gianluigi, direi che la tua “prigione” in prima serata è come la gabbia per l’uccellino Titti. Molto stretta. È un concetto che non sta in piedi.
Consiglio sincero: riprendi la chitarra, riapre la stagione dei pub a Milano. Se ci dovessimo incontrare ti chiederò chi è il tuo fornitore di braccialetti. Io li allenterei un po’ per favorire il flusso di nuove idee, più lucide e originali.                                           

martedì 24 settembre 2013

ANGELA MERKEL * IL TIMIDO TRIONFO DELLA «CULONA INCHIAVABILE»

Sarà anche una «culona inchiavabile» (mirabile sintesi berlusconiana che la marchierà a vita sulle natiche come bestiame d'allevamento), ma l'avete vista Angela Merkel mentre festeggiava il suo trionfo elettorale? Sul palco era stranita, imbarazzata, spaurita come un'imbucata al party della conoscente ricca e appena tollerata. Come quelle che ai matrimoni afferrano il bouquet ma per la vergogna vorrebbero scomparire. Attorno, festa. E intanto lei in disparte batteva a stento le mani fuori tempo. Come se quel clamore non le appartenesse. Con un risultato del genere, provate a pensare che teatrino avrebbe imbastito un politico italiano, di qualsiasi schieramento. Compresa Rosi Bindi, che in quanto a culonica inchiavabilità non ha niente da imparare. «A me le telecamere, please!», una pioggia di frasi a effetto per fare titolo sui giornali (la lezioncina ormai l'hanno imparata tutti), qualche battuta per screditare gli avversari, champagne, ricchi premi e cotillons. Protervi protagonisti assoluti a monopolizzare la scena. È la politica, bellezza, dirà qualcuno. Sì, ma la "culona" ci insegna che forse si può anche fare diversamente.

giovedì 19 settembre 2013

È AUTUNNO, E LA NUOVA STAGIONE TV MI HA GIA' STANCATO

RICEVO E VOLENTIERI DIFFONDO:

L'offerta televisiva di quest'autunno,
mi sta già logorando. Tra fiction tristissime, D'Urso impettite che speculano sulle tragedie altrui per fare audience, e spettacoli di pacchi vuoti, non ce la faccio già più...
È pur vero che stiamo diventando un popolo di anziani e di disoccupati, ed è facile colpire la sensibilità di chi è più vulnerabile, ma siamo alle solite: come per la politica, il repertorio non cambia. Ma forse ce lo meritiamo.                   Daniela Castelluzzo

martedì 17 settembre 2013

VECCHI & NUOVI COMICI E BRUTTI SPOT (COME POZZETTO CHE COMPRA ORO CASH)

Da tempo sostengo che una mano divina dovrebbe proteggere i (vecchi e nuovi) comici dai brutti spot che ogni tanto si concedono il lusso di girare. Dovrebbe vegliare su di loro, e fermarli prima dell'irreparabile. La piaga, se ci si fa caso, è trasversale. Un po' perché è molto difficile restituire sane risate in 30-40 secondi di pubblicità seriali. Sempre ammesso che lo siano. Un po' perché il rapporto davvero speciale fra comico e spettatore, che gli è grato in quanto sul palco o in tv gli "regala" un sorriso senza avere apparentemente nulla in cambio, si involgarisce se diventa commerciale. Se sai che dietro quel tentativo di farti ridere - malamente - ci sono solo tanti bei soldoni. Non siamo più bambini, ma è materia delicata.
D'altra parte, non facciamo i moralisti: le bollette le devono pagare anche loro. E pazienza se l'attività di qualcuno (vedi Aldo, Giovanni e Giacomo) si è ridotta quasi soltanto a impegno promozionale. Pazienza se serve una mano che ti faccia il solletico sotto i piedi per ridere agli spot di Giorgio Panariello che gioca con la Incontrada. Il comico in formato spot in genere non fa ridere. Soprattutto quando si sbizzarriscono i creativi al soldo delle compagnie telefoniche, che girano cose più imbarazzanti dei film di Neri Parenti.
L'ultimo a cascarci è stato il grande Renato Pozzetto, che insieme con il figlio Giacomo si è concesso - spero per un mucchio di soldi - a OroCash. In un paio di brutte réclame, come le avrebbe chiamate lui nei suoi tempi migliori, l'uomo de "La canzone intelligente" invita il popolo che si presume alla canna del gas, data la crisi, a portare vassoi d'argento e oggettini d'oro a questa società che magicamente li trasforma in euro sonanti. Buoni per pagarsi una crociera, per esempio, come fanno il poco convinto Renato e il suo cresciuto pargolo. Li vedi e sembra quasi che si sentano in colpa di svendere e far svendere i gioielli di famiglia.
Triste spettacolo. Primo, per la bruttezza dei commercial. Secondo, perché non mi piace vedere una tra le più grandi maschere della comicità italiana, uno tra gli artisti che (col più saggio Cochi Ponzoni) ha saputo innovare il nostro modo di far ridere, impelagato con questa roba.
Serve una mano che li fermi, ripeto. Vecchi e nuovi comici: perché non si facciano male. Perché non si danneggino da soli. Perché non sono Giorgio Mastrota, che ha sempre campato di televendite. Paolo Villaggio (che pure ha fatto pessimi film ma che alla pubblicità non cede) invocava l'intervento di qualcuno per salvare l'ultimo Alberto Sordi, "prima che distrugga il suo mito", diceva.
Io mi auguro più semplicemente che Pozzetto si fermi qui. E che guardando il mare mi ripeta solo, all'infinito, come faceva una volta, che è "una massa d'acqua semovibile". Non gli chiediamo altro.

lunedì 16 settembre 2013

«UNA NUOVA LACRIMA»: BOBBY SOLO E IL SUO INDIFESO MINI ME

Ricevo da un solerte ufficio stampa: «Proprio in occasione della nascita del piccolo Ryan, BOBBY SOLO ha deciso di mettersi in gioco ed interpretare, a 50 anni di distanza dal suo esordio, il brano rap/soul "Una nuova lacrima" dedicata al figlio. "Una nuova lacrima" è un brano inedito e sincero e richiama in chiave moderna il suo più grande successo, “Una lacrima sul viso”».

Ora, a prescindere dalle battute (vedendo la foto qui sopra, c'è chi ha ironizzato su Han Solo e «Guerre stellari», ma il paragone forse più calzante è con il Mini Me di «Austin Powers», quello di quest'altra immagine),
a prescindere dal fatto che il nuovo singolo di Bobby lo devo ancora ascoltare, era proprio il caso di ficcarsi nella giacca l'indifeso Ryan, che a quell'età non può certo obiettare sul suo ruolo in commedia?

«I DOLCI DI BENEDETTA» SONO UN'ARMA IMPROPRIA?

Sarà che guardo sempre le Parodi con una certa diffidenza, sarà che sono prevenuto, non so, ma a me questo logo de «I dolci di Benedetta», con tanto di mattarello spianato, sa di minaccioso. Mi evoca manganelli e purghe non necessariamente provocate dalla qualità dei cibi della signora. Mi richiama alla mente camicie nere e pestaggi all'alba. Sono prevenuto, lo so, ma secondo me se vai a casa di Benedetta non ti fa la torta. Ti fa un mazzo così.

martedì 3 settembre 2013

LORENZO JOVANOTTI NEGLI STADI E QUEI "RAGAZZI FORTUNATI" (MA NEANCHE TANTO)

Ricevo da un bancario illuminato e volentieri diffondo.

La prima serata televisiva di ieri ci ha fornito una formidabile e non scontata carica di verità, che è la seguente: da un errore si deve generare attenzione e reazione.
Da un lato, su Raiuno, la mia amica “princess”, Daniela, ascoltava (o forse guardava?!) Jovanotti, Lorenzo Cherubini, animale da concerto, in una sua celebre canzone, e cantava il ritornello "Sono un ragazzo fortunato, perché mi hanno regalato un sogno, sono fortunato perché non c’è niente che ho bisogno…" (memorabile errore grammaticale, ma denso di vita e positività!).
Dall’altro, su Raitre, il mio indomabile ma riflessivo collega Giorgio, preparatosi già dal pomeriggio a pubblicizzare l'offerta giornalistica sempreverde di Riccardo Iacona, osservava in silenzio, in “Presadiretta”, un errore più grande di una semplice regola grammaticale: l’errore o per meglio dire il fallimento di un'intera generazione di politiche sociali e del lavoro, che hanno portato quegli stessi ragazzi fortunati e sognatori a perdere anche la dignità di cittadini.
E se allora, dietro a un semplice (ed errato) inciso di una canzone, si nasconde una moltitudine di ragazzi e ragazze che ringrazia per quello che ha e balla come se la musica di Lorenzo fosse un rito propiziatorio (scaccia guai e brutti pensieri), dall’altra parte, è manifesto che un gruppo ristretto di non illuminati o poveri di idee (non solo i rappresentanti della nostra democrazia) ha affossato fino all’estrema povertà, materiale e non, quegli stessi sogni e speranze di chi non ha potuto e non potrà essere presente sotto a quel palco (per gioire di quella musica propositiva, “ombelico del mondo”). Se tanti non sono "ragazzi fortunati", insomma, nonostante Jovanotti, dovrebbero sapere che c'è qualcuno che di tutto questo è moralmente e concretamente responsabile.  
Lorenzo Sulmona 

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