mercoledì 30 settembre 2015

MORANDI NEGA UN SELFIE A MAGALLI, E LUI: «I LIKE NON DANNO LA FELICITA'»

La querelle Giancarlo Magalli contro Gianni Morandi per un selfie negato è una tra le chicche delle ultime ore nel catino dello spettacolo italiano, spia del mal di web che ha ormai colpito i personaggi nostrani. Anche quelli più stagionati, che non hanno il tweet facile come Fedez (o Gasparri). Per chi se lo fosse perso, ecco il post che il conduttore romano ha affidato ieri a Facebook, Instagram e i propri spazi social, ripreso da diverse testate on-line:
«Stasera ho incontrato Gianni Morandi in un ristorante. Io tornavo da uno spettacolo teatrale a cui avevo assistito, lui dal concerto con Baglioni. L'ho salutato, ci conosciamo da anni, e poi gli ho detto: "Visto che tutti e due abbiamo tanti amici su Facebook, facciamoci un selfie insieme e pubblichiamolo, sarebbe divertente!". Mi ha risposto: "Ci devo pensare". Me ne sono andato ed ho capito che i like non danno la felicità».

Che dire? Conosco Gianni Morandi - l'uomo da due milioni di «Mi piace» - da diversi anni, e so (anche perché me lo confermano molti che hanno lavorato con lui) che è un coltivatore diretto di dubbi di ogni genere. Prima di ogni minima decisione, fa penare come nessuno. Che avesse preso così seriamente anche la gestione della propria celebre pagina Facebook, nella quale tutto sembra nascere con contadina spontaneità e semplicità emiliana, però, mi mancava. Eppure è un atteggiamento molto morandiano, anche se lui - nello specifico - nega l'addebito. Resta il fatto che soppesare l'opportunità di fare un selfie con Magalli, temporeggiare e quindi (di fatto) negarlo è una pensata che va oltre i confini del Paranormale.


Solidarietà a Magalli, quindi. E tu Gianni, dai, stai sciallo. Una volta andavi a cento all'ora e adesso che sei addirittura uno dei «Capitani coraggiosi» tiri il freno a mano e hai paura che un innocente selfie (mica con Totò Riina, eh, si parla di Magalli) ti rovini l'immagine? Questa cosa proprio non si può sentire...


venerdì 11 settembre 2015

«X-FACTOR» RIPARTE BENE (MA UN PO' MORGAN MANCHERA')

Nonostante Morgan, con tutta la sua teatralità ridondante, cialtrona e farlocca, rappresenti quanto più ho detestato di «X-Factor», ripartito ieri sera con la nona edizione su SkyUno, bisogna riconoscere che quest'anno un po' mancherà mr. Castoldi. Non tanto per la sua competenza musicale, ostentata quasi quanto le permanenti grigio topo e spesso usata a detrimento dei suoi stessi concorrenti, ma per quei memorabili scazzi trash dentro e fuori contesto che ogni tanto regalava. Un misto fra istinto e paraculaggine. Più la seconda, per dirla tutta. Gli stessi scazzi che gli sono costati il posto dopo anni di delirio di tele-onnipotenza mal gestita.

Uscito di scena l'uomo che si credeva Mozart, Elio ha riportato in squadra i suoi baffi, il suo sorriso impostato nelle foto e la voglia di fare il giudice serio, senza Storie Tese; Fedez prosegue il suo percorso un po' più conscio del proprio accresciuto successo (quello che ti cambia, l'ha detto di Lorenzo Fragola, ma un po' vale anche per lui, si nota chiaramente) e Mika si sente sempre più padrone della scena, anche grazie alla maggiore padronanza dell'italiano. Lo skill che per ora manca a Skin, la nuova arrivata. Che ieri si è accasciata sul tavolo disperata dopo che gli altri hanno promosso una concorrente che lei riteneva improponibile. Tutti bravi ragazzi, ma questi non ci regaleranno un litigio. Dovrà impegnarsi per bene Mara Maionchi a tirare fuori qualche vaffanculo gran riserva dalla cantinetta di casa.

In un mondo perfetto, tutti i giurati di «X-Factor» dovrebbero parlare come Stanlio e Ollio. E prima o poi, ne sono certo, ci arriveremo. Nell'attesa, gustiamoci questa stagione, partita furbescamente con un bel po' di talenti buttati sulla scena, e qualche avanzo di Corrida (pardon, Italia's Got Talent). Quelli che fanno sempre simpatia. Il resto è un copione ancora tutto da scrivere.

mercoledì 9 settembre 2015

SKIN A «X-FACTOR» * IMPRESSIONI DI SETTEMBRE

Come si evince dal selfie buio al punto giusto, ho incontrato Skin (colei che ha inventato gli Skunk Anansie) la nuova giurata di «X-Factor». 
È una donna piacevole, non mi ha discriminato per il colore della mia pelle, teme per il suo italiano ancora da perfezionare (lo studia a Imperia, il tipico posto dove da noi si studia italiano), ma non ha paura di sedere a quel tavolo perché di musica dice di sapere molto. Cercherà di divertirsi ed essendo «un po' pazza», per sua stessa ammissione, la cosa dovrebbe riuscirle. A me ha chiesto che cosa ne pensassi del suo arrivo nel talent di SkyUno. Penso sia una scelta scaltra, probabilmente intelligente, da vedere alla prova in onda. Del resto i giudici, soprattutto se stranieri, di solito hanno sempre vita facile. Vedi il caso di Mika, che sulla simpatia e sui suoi svarioni grammaticali ha costruito un impero. Poi ci sono Fedez ed Elio (che ne approfitta per smentire le voci di scioglimento delle Storie Tese, di fatto già piuttosto disunite da tempo) naturalmente. Mister Belisari torna in gioco dopo la (meritata) defenestrazione di Morgan.

lunedì 7 settembre 2015

MEDIASET CONTRO SKY E IL FASTIDIOSO DISPETTO DELLE RETI CRIPTATE

Da martedì 8 settembre coloro che guardano Canale 5, Italia 1 e Retequattro passando attraverso il decoder di Sky (in pratica, guarda caso, tutti quelli che conosco) troveranno un inequivocabile segnale di stop. 
Nella sua lunga e legittima guerra contro Murduch, Mediaset ha deciso di criptare i gioielli della corona, le sue tre reti generaliste, che spariranno così dal cosiddetto bouquet del gigante satellitare.
C'è, ovviamente, il trucchetto (carta che vince, carta che perde): per ritrovarle basta spingersi dove nessuno aveva mai osato, oltre le Colonne d'Ercole del telecomando, sui canali 5004, 5005 e 5006, per coloro che sono in possesso della Sky Digital Key o di decoder con digitale terrestre integrato. Per gli altri c'è il normale DT, e chi usa solo quello non si porrà neppure il problema.

Non so se questa di Mediaset sia una scelta intelligente, e di certo, se ci siamo abituati a Tiberio Timperi, in tv, col tempo, ci si abitua a tutto. Anche ai piccoli disagi. È senza dubbio un messaggio molto forte e chiaro: tu, con i miei contenuti, non lavori più. Troppo comodo «sfruttare», anche se di riflesso, i miei programmi. Farti bello con la mia Barbara D'Urso, che fa piangere gratis i tuoi abbonati. Sacrosanto. Resta il fatto che togliere la comodità di «scarrellare» impunemente sul telecomando da 1 a 7 (e sempre più spesso oltre) rischia di essere un dispetto che si fa più allo spettatore che a Sky. Non sono certo che il pubblico, il comune spettatore, che va tutelato sopra ogni cosa, lo avvertirà come quel segnale inequivocabile che Mediaset vuole dare. Sembra più il classico: adesso porto via il pallone e nessuno gioca più! La minaccia dell'antipatico al campetto dell'oratorio.

LE IMMANI CAZZATE CHE GIRANO SUL WEB


Per far girare un'idiozia in rete a volte basta niente. Mettere in giro bufale è uno sport molto praticato, e in certi casi persino redditizio.


Qualcuno s'è inventato il giochino scemo (con relativo sito) della divisione del nome in sillabe (peraltro spesso imprecisa, vedi foto, dove è stato messo alla prova il sistema con tre parole con le quali non tutti battezzerebbero il proprio figlio), che sarebbe foriera di significati, ovviamente tutti stupendi ed esaltanti sulla sua origine, per tratteggiare il carattere e la grandezza del soggetto dividente il proprio nome in sillabe. Il quale poi, felice come un pischello, condivide la panzana sul web. Come si può pensare che una cazzata di tale portata sia vera?

Lo so, ha poca importanza, ma sappiate che vi preferisco quando condividete le cadute in moto, lo zio che prende fuoco con la torta di compleanno o la donna che non sa parcheggiare. Una minchiata vera vince sempre su quelle artificiali.

venerdì 4 settembre 2015

MATTEO RENZI * LA CURA PER IL PD CHE HA PRODOTTO IL RENZISMO

Il Pd sta sperimentando la cura Matteo Renzi. Una sorta di giovanilismo dittatoriale post berlusconiano (che nei modi e nelle tecniche di comunicazione ha tanto dell'originale) schifato da molti della vecchia guardia, messi in castigo, e che era invece purtroppo l'unica ricetta per uscire dalla palude di indecisionismo nella quale la sinistra si trovava da decenni. Se tutto questo sappia produrre risultati, lo vedremo. Per ora ha prodotto il renzismo, figlio persino più rampante del berlusconismo, perché non nasce con la sua stessa sicurezza economica.

E mentre Giorgia Meloni, che non brilla per simpatia ma che la politica la conosce, riceve assurde lettere con inviti all'antirazzismo da parte di organismi di tutela che sono emanazioni del Governo, e giustamente ci marcia su frignando sugli organi di stampa, viene voglia di stringere la mano all'idiota che ha fatto la bella pensata di inoltrare (per giunta a un parlamentare) una pur educatissima missiva che va palesemente contro l'Articolo 21 della Costituzione. Il «Ti dico io che cosa devi dichiarare» è splendido: soltanto un renziano più realista del re(nzi) ci poteva arrivare.

Per quanto riguarda il Centrodestra, se qualcuno - in questa situazione - si illude che possa procedere senza un'alleanza tra Matteo Salvini (oggi fortissimo) e Silvio Berlusconi, continui a vivere nell'illusione. Il leghista ha dalla sua la forza prepotente di una realtà che brucia (e di una demagogia venduta a quintali a un elettorato da sempre molto sensibile al tema), e Silvio, che non ha più, anche per questioni anagrafiche, l'energia di un tempo, deve accettarne le bizze e assecondarlo. A meno che non voglia mettere tutto nelle manine di Brunetta o nel riciclato plastico della Santanché. Gente che respinge, più che attirare. Insomma, il matrimonio s'ha da fare. Anche se dubito che la squadra abbia i numeri per farcela, se non compatteranno tutte le forze in campo. Cosa improbabile. Dipenderà da quanto Renzi riuscirà o meno a combinare. O a convincere l'elettorato, con disperati messaggi post berlusconiani e Cinegiornali-Luce, di avere combinato.

NEL TRAFFICO IL PIU' TEMIBILE È IL PEDONE JOHN WAYNE

E poi c'è il pedone John Wayne, quello che si sente in «Mezzogiorno di fuoco». Che lo vive come un duello. Tu sei in auto, e lui - che ti aspetta ritmando col piede destro vicino alle strisce davanti al bar all'angolo - inizia a guardarti con odio viscerale già centinaia di metri prima che tu arrivi. Ti fissa chiaramente negli occhi come se avesse un conto in sospeso. Potrebbe attraversare tranquillamente, del resto ha tutto il tempo, ma non lo fa. Aspetta. Alla fine attraversa, facendoti inchiodare con i freni, esattamente un secondo prima del tuo passaggio. Poi cammina beffardo guardandoti con la coda dell'occhio, con tutta la lentezza e la frustrazione che ha in corpo. E ti impartisce la tua prima, giusta lezione della giornata. Mai sottovalutare il pedone John Wayne.

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