lunedì 27 giugno 2016

ADDIO CANEVARI, QUANDO LE DISCOTECHE SI GESTIVANO IN DOPPIOPETTO BLU

Uno tra gli incontri edificanti di quasi trent'anni (li festeggio l'anno prossimo) di questo mestieraccio, è stato senza dubbio quello con Giampiero Canevari, che ci ha lasciati ieri a 69 anni dopo un infarto. 
Io giovane collaboratore de La provincia Pavese, appassionato di spettacolo, lui gestore del Docking, piccola e ben frequentata discoteca nel cuore di Pavia, a due passi dal Ponte coperto. Negli anni in cui le discoteche spopolavano sul serio.
Canevari era un signore d'altri tempi. Un imprenditore vecchio stile che gestiva locali (fu anche per qualche tempo tra i titolari in quota minoritaria delle mitiche Rotonde di Garlasco, se non ricordo male) con una serietà raramente riscontrabile altrove.

Chiuso nel suo ufficio di direzione, fasciato in un doppiopetto blu d'ordinanza, intavolava sorrisi mai troppo larghi e ironie mai troppo pronunciate, anche se a volte affilatissime. Era un cauto per indole e Dna. Fuori, nel «casino», sfilavano tanti nomi che erano o che sono diventati pilastri del nostro spettacolo. Da un Teo Teocoli dalla carriera già affermata, a un Gene Gnocchi al debutto (lo incontrai per la prima volta proprio lì, dietro le quinte) che se la stava plasmando. Le dimensioni del locale costringevano Giampiero a scegliere soprattutto cabarettisti, non cantanti. Che avrebbero richiamato folle non contenibili. E il costo senza dubbio minore dell'ingaggio era commisurato all'offerta. Una volta ci ritrovammo al Docking con l'amico Gigi Brega (già compagno d'avventure nei Beagles) piegati in due dalle trovate trash dell'ormai sparito Mago Gabriel, all'anagrafe Salvatore Gulisano. Con i suoi «esperimenti di pinotismo». Molto adatti per chi come noi veniva dall'Oltrepò Pavese. Nell'ufficio di Canevari vidi piangere, mentre la intervistavo, un'appassionata Alba Parietti, in un momento difficile della sua carriera, e lì Marco Predolin mi mostrò il certificato di sieronegatività con il quale era costretto a muoversi nel periodo in cui circolò la voce che avesse l'Aids. Tutti gli chiudevano le porte, e per poter lavorare si era messo a girare col certificato medico.

Mi ha passato tante dritte utili al mio lavoro, Canevari. Te le buttava lì con indifferenza, ma aveva quasi sempre la notizia ed era ottimamente informato. In quanto persona straordinariamente affidabile. Altri tempi. Adesso purtroppo domina ovunque l'approssimazione, e disattendere promesse non è l'eccezione, ma la regola. Giampiero è stato tra i re (veri) delle notti pavesi quando Albert One spopolava e Max Pezzali frequentava il mondo piccolo e variegato delle disco di provincia che avrebbe poi cantato con gli 883. Quindi, a modo suo, è entrato nella storia.
Ciao Giampiero, mi piace ricordarti in quell'ufficio, alla tua plancia di comando, quando chiudevi la porta, l'artista era lì davanti e il casino là fuori si faceva attutito e lontano.

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