lunedì 29 agosto 2016

ENRICO MENTANA CREA "WEBETE", E LA RETE IMPAZZISCE DI GIOIA

Enrico "Chicco" Mentana è il migliore, almeno in tv, e questo già si sapeva. Ma stavolta si è superato. Rispondendo a quelli che riteneva i deliri di un hater della rete, oggi ha rintuzzato dandogli del "webete". Un neologismo azzeccatissimo che sta già facendo il giro di internet. In attesa di entrare, sono fiducioso, nella Treccani.
Di ebeti è pieno il mondo, ma essendo il mondo di oggi squisitamente virtuale, i cazzari che popolano il World Wide Web propalando bufale e altre scempiaggini possono a ogni buon diritto essere definiti WEBETI. Con buona pace del politicamente corretto e con uno spunto degno del miglior Marcello Marchesi, il direttore del TgLa7 ha piazzato la sua zampata felina. Del resto, chi di noi sui social non ha almeno un Webete di riferimento? A volte forse persino noi stessi lo siamo, magari senza accorgercene. E webete è infinitamente meglio di petaloso.
Chicco, ci hai fatto ridere e sei tutti noi. Perché Fecebook e Twitter saranno anche divertenti, ma senza i pataccari di professione, i polemici a senso unico e col paraocchi (aggiungerei anche i retorici che speculano sulle disgrazie), sarebbero molto meglio.

giovedì 25 agosto 2016

TERREMOTO * ECCO CHE COSA PROVAI A L'AQUILA NEL 2009

Subito dopo il terremoto a L'Aquila, nell'aprile del 2009, il mio giornale mi spedì là, a raccontare la tragedia e la macchina dei soccorsi, coordinata dal poco loquace Bertolaso. Il quartier generale della Protezione civile era in una grande caserma non lontana dal centro, che aveva resistito alla prima, fortissima scossa del 6 aprile, oltre 6 di magnitudo. Ero in una palazzina disadorna al piano terra, con alcuni colleghi, in attesa di una veloce conferenza stampa per gli aggiornamenti sul disastro. All'improvviso, se non ricordo male era il primo pomeriggio del 9 aprile, partì la terza, grande scossa, attorno a 5.5 di magnitudo. Non avevo mai provato qualcosa del genere, a parte lievi vibrazioni domestiche di terremoti lontanissimi. La prima sensazione, a pelle, fu di non sentirmi bene. C'era un po' d'ansia, di tensione, credetti a una sorta di capogiro, o di mancamento. Cosa di un istante, ovviamente. Tutto attorno e soprattutto sotto di me stava tremando, come una vecchia lavatrice in centrifuga, senza lasciarmi il tempo di pensare. Lì è paura. Netta. Sudore freddo. Sul muro, vicino al soffitto, si staccò un listone di legno, e croste di calcinacci bianchi del vetusto edificio volavano a terra. Devo uscire al volo. Dov'è la porta? Pensai. Dov'è quella cazzo di porta? Era nella stanza accanto, che si affacciava sulla guardiola all'ingresso della caserma. Corsi fuori in un istante, e mi portai istintivamente con gli altri al centro del cortile, lontano dagli edifici. La terra continuò a tremare per altri 30 secondi, non di più. Ma lì mi sentivo ormai relativamente al sicuro.
Il pensiero successivo, inevitabile, fu alla povera gente sorpresa tre giorni prima da quel mostro a letto, in piena notte. Disarmata, mentre dormiva, magari ai piani alti di una vecchia casa un po' marcia, che non aspettava altro di poter cadere. Io in fondo ero lì di giorno, preparato, in un luogo fortemente sismico. E il minimo che potessi aspettarmi era un'altra scossa di terremoto. Che comunque non auguro a nessuno.
Dopo aver letto questo post, se non prendi il cellulare e non doni almeno 2 euro al 45500 per ciascun sms inviato, secondo me un po' in colpa ti devi sentire.

martedì 23 agosto 2016

I PRIMI SQUALLOR, UNA FOTO IMPERDIBILE PER I FAN

Questa, pur nella sua ruspante qualità (Alfredo Cerruti avrebbe trovato di certo parole meno eleganti, che in questo momento cerco di immaginare) è una foto che farà sbrodolare noi fans irriducibili degli Squallor, la leggendaria formazione trash canzonettara formatasi nel 1969 e attiva discograficamente sino al '94, con titoli uno più evocativo dell'altro. Soprattutto quelli degli album.
Da sinistra, a una festa, ecco Giancarlo Bigazzi, il maestro Totò Savio, Elio Gariboldi, che lasciò il gruppo nel 1974, e il già citato Cerruti, già compagno di Mina e noto anche come voce delle volanti 1 e 2 dell'«Indietro tutta» di Renzo Arbore.

La foto, mostrata nello speciale di Retequattro dedicato a Bigazzi e pescata dall'archivio della vedova Gianna Albini, è rappresentativa sia perché in rete ne circola già soltanto un esemplare troncato, sia perché mostra il ben poco esposto Gariboldi, sparito subito di scena. Al suo posto, nell'immaginario comune, dovrebbe trovarsi un altro grande, Daniele Pace, rimasto sino alla sua morte, nell'85.

Squallor sempre e per sempre (lo dico in modo sfacciatamente partigiano), perché quando sei un po' giù ti chiudi in auto e metti sul cd «'O tiempo se ne va», «Cornutone», «Chi cazz' mo' fa fa», «O ricuttaro 'nnammurato» e un bel po' di altre perle da cantare a squarciagola, il mondo cambia subito faccia. E prospettiva. E colori.

venerdì 19 agosto 2016

DONALD TRUMP NON È ALLA FRUTTA, MA AL LIMONCELLO

Donald Trump è decisamente sotto nei sondaggi e sta iniziando a giocarsi gli ultimi spiccioli: prima ha promesso la riduzione delle tasse per tutti (che è un po' l'entry level della dialettica di qualsiasi cialtrone in politica: prefigurare una corposa riduzione di imposte che non verranno mai ridotte), poi ha invitato i possessori d'armi a usarle contro l'avversaria Hillary Clinton (l'equivalente dei «forconi» evocati da noi, ma in modo più esplicito: roba da arresto); infine, ha cambiato staff per la campagna elettorale (nota: è sempre colpa dello staff, non delle belinate che fai tu), e ora chiede scusa. Donald, non sei alla frutta. Sei come minimo al terzo bicchierino di limoncello. Goditi i tuoi soldi e torna a occuparti dei tuoi capelli, che da soli devono richiedere un grande impegno quotidiano.

martedì 9 agosto 2016

LE «CICCIOTTELLE» D'ITALIA NON SI SCANDALIZZARONO PER LA GOGGI E CONCATO

A me cicciottello lo dicono da una vita, non è un delitto, e purtroppo è anche la verità. Cerco di farmene una ragione.
Visto scritto su un titolo di giornale, in effetti, non sta granché bene, è inelegante, al netto degli umori di un Paese molto facile a scandalizzarsi, a volte anche in modo ipocrita. Non va bene perché le atlete olimpiche di tiro con l'arco a Rio 2016 non avranno portato a casa il titolo ma non meritivano neppure questo appellativo con annesso gratuito riferimento estetico. Visto che oltretutto non erano in Brasile a fare le modelle. Ma sdrammatizzo.
L'italia nel 1979 non si scandalizzò per «Cicciottella», un brano cantato da Loretta Goggi e sigla di «Bis», il programma «Portafortuna della Lotteria Italia».
«Cicciottella è una bambina fatta a forma di bigné», una che «Beve solo malvasia», cantava la showgirl interprete de «L'aria del sabato sera» e «Il mio prossimo amore». Anche Fabio Concato ha dedicato un'ode alle fuori forma, quando nel 1984 intonava il testo di «Rosalina». «Rosalina Rosalina, tu mi piaci grassottina... Ma quando è sera, sera... Ti abbuffi con i bigné».
Era un'Italia diversa, meno politicamente corretta. I bambini che ieri cantavano queste canzoni sono i cicciottelli di oggi. Per non parlare delle transaminasi.



lunedì 8 agosto 2016

PERCHE' IL VECCHIO COMUNISTA NON RICONOSCE LA GRANDEZZA DI MONTANELLI?

Il vecchio comunista standard ha un problema irrisolto: riconoscere la grandezza di Indro Montanelli‬
Se ti fa un elenco di grandi giornalisti ci mette Enzo Biagi‪‬, ci mette Giorgio Bocca, ‪giustamente, magari ci mette anche Eugenio Scalfari (che è un po' il lexotan della carta stampata). Ma guarda caso dimentica Montanelli. Che è stato indiscutibilmente il più grande. Per lucidità, stile, ironia sferzante, forza, schiena dritta. Ma il vecchio comunista standard non ce la fa. Non lo può accettare. Perché Montanelli era fondamentalmente di destra. Ma si riservava di pensare in proprio. I vecchi comunisti si stanno estinguendo, così come le ideologie, rimpiazzate dal marketing politico. Ma è un peccato, ancora oggi, non riconoscere la grandezza di qualcuno.

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