lunedì 4 settembre 2017

ADDIO A GASTONE MOSCHIN (IL MELANDRI), L'ULTIMO DEGLI «AMICI MIEI»

Gastone Moschin e (sullo sfondo) Philippe Noiret.
Se n'è andato Gastone Moschin, il romantico architetto Rambaldo Melandi ma anche l'ultimo degli irripetibili «Amici miei» monicelliani. L'attore si è spento a 88 anni, dopo un breve ricovero, all'ospedale Santa Maria di Terni.
Il primo a partire per paradisiache zingarate fu il sommo Adolfo Celi (il cinico Sassaroli), nel 1986, seguito dal leggendario Ugo Tognazzi (quel cialtrone del Mascetti), nel 1990. Poi Renzo Montagnani (il secondo, ruspante Necchi) e a seguire, beffardamente, Duilio Del prete (il primo Necchi, più pacato e stratega), nel 1998. Infine, Philippe Noiret (l'incorreggibile giornalista Perozzi), nel 2006.
Moschin (a destra) durante una zingarata.
Moschin, veronese di San Giovanni Lupatoto, era un solido attore teatrale capace di calarsi in ogni ruolo. E tra gli amici toscani pronti a confezionare burle per combattere lo spettro della vecchiaia e della morte, vestiva con infinta grazia i panni del candido architetto Melandri, quello che si innamorava per davvero, tra un'endovenosa e l'altra («Sorella, è pronto il braccio!», lanciando in ospedale alla suora un inequivocabile gesto dell'ombrello) e scippava l'asciutta moglie al chirurgo Sassaroli. Per averla dovette prendersi, com'è noto, «Tutto il blocco» (cane, bambine, governante tedesca, e il cane Birillo), senza fare una piega. Pronto però a ricredersi qualche mese dopo in una memorabile cena durante la quale gli altri «zingari» lo portarono via, dopo averlo massacrato di prese per i fondelli. «Vieni, via, via... Zitto, esci, piano piano... Anch'io quando l'ho lasciata ho sofferto come un cane per quasi tre quarti d'ora», sibilò il Sassaroli.
Bernard Blier nei panni del Righi.
Io oggi soffrirò un'oretta buona in memoria di Moschin/Melandri e soci, perché da sempre considero l'immortale «Amici miei» (il film con più malriusciti tentativi di imitazione nella storia del cinema italiano) tra le cose più belle del creato. E un architetto gentile, lassù, diciamolo, ci sta sempre bene. 
Come fosse antani, per due, blindando i fuochi fatui con la supercazzora cimiteriale, naturalmente.

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