mercoledì 7 febbraio 2018

SANREMO 2018 * BOOM D'ASCOLTI AL DEBUTTO, HUNZIKER CONDUCE, CANZONI BUONE MA NON MEMORABILI

Claudio Baglioni, Michelle Hunziker e Pierfrancesco Favino sul palco di Sanremo 2018.
11 milioni e 603 mila spettatori, con il 52,1% di share. Un botto d'audience senza precedenti per la prima serata del festivalone. Ma occhio alle prossime, esaurito l'effetto curiosità per la conduzione e senza Fiorello, a meno che non lo facciano diventare presenza randomica di questa edizione.

Michelle Hunziker regge (di fatto quasi da sola) la conduzione; ed è la scelta autorale non solo più saggia, ma obbligata. Il neofita Pierfrancesco Favino è la sorpresa, con un paio di numeri azzeccati. E Claudio Baglioni, che canta come un drago ma non è propriamente un brillantone, si aggira sul palco col piglio più di Lurch degli Addams che del «Dittatore artistico», come gli piace ricordare non appena gli è possibile.
Per fortuna c'è Fiore, che da solo potrebbe condurne 16, di Festival, e che forse tornerà sabato a rallegrare la compagnia, dove il brio (sorriso di Michelle a parte) latita un po'.

Le canzoni viaggiano in una media qualitativa più alta del solito, soprattutto sul piano testuale, ma senza grossi picchi. Senza il vero capolavoro destinato a restare.
Molte non sono da primo ascolto e alcune (decisamente buone) vengono immediatamente strapazzate dalla giuria demoscopica. Che come al solito livella al basso.

Dopo il retorico, indigeribile pistolotto iniziale di zio Claudio sulla musica, che fa allontanare stimo 3 milioni di spettatori, il decolleté della Hunziker riporta altrettante teste davanti al televisore. Si va di compensazioni, in questa prima serata di Festival di Sanremo 2018 che doveva finire, giurin giuretta, «a mezzonotte e mezza», e che invece ha sforato sino all'una e un quarto per garantire una share da primato puntualmente arrivata. Con tanto di sigletta finale baglioniana (il famoso «Popopopò», che pare un «Popopopò» una cazzata) buono per la Siae ma che un Pippo Baudo - giusto per fare un esempio - non avrebbe mai piazzato in coda, per non far tracollare gli ascolti e passare ancora qualche zombie di spettatore al «Dopofestival».

Tolte le eliminazioni (altro grosso errore), resta per ora un Sanremo pulito, elegante, qualitativamente nella media.
Mi è piaciuto il brano di Annalisa Scarrone, che quando azzecca il pezzo è inarrestabile; mi aspettavo molto di più da Ron con il brano di Lucio Dalla (che se fosse stato un capolavoro l'avrebbe cantato personalmente), ma la notizia vera è che Rosalino ha smesso di farsi la tinta. C'è già polemica intanto su Ermal Meta e Fabrizio Moro, che rischiano la squalifica perché cantano un pezzo molto simile a quello (già pubblicato) dell'autore della loro canzone in gara. Red Canzian stupisce con un bel rockettone fuori dalla logica Pooh, mentre Fogli e Facchinetti si impastano un po' ma la canzoncina è gradevole. E se Noemi canta la lagna del Millennio, arriva Lo stato sociale (col balletto dell'anziana snodabile) a collocarsi in zona Gabbani, come ha scritto qualcuno.

I Decibel hanno una poesia raffinata con echi Anni 70, che passerà quasi inosservata a Sanremo ma fuori farà la sua figura, e peccato per «Arrivedorci», la sciapa, malinconica canzoncina d'addio di Elio e le Storie Tese. Sulla cui presenza aleggia un gigantesco: «Perché lo fai?» di masiniana memoria.


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