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lunedì 18 luglio 2022

ALESSANDRO SALLUSTI * EROE DEL WEB PER UNA NOTTE DA LEONE CHEZ GILETTI

Alessandro Sallusti, passato da il Giornale a Libero.

C'è chi ha fatto (giustamente) la ola ad Alessandro Sallusti (65), direttore responsabile di Libero, che potrebbe diventare ora il simbolo della rivolta degli opinionisti tv. Ospite di una puntata troppo filo russa di "Non è l'Arena", con Massimo Giletti in onda su La7 dalla Piazza Rossa a Mosca con lo sfondo del Cremlino, ha contestato aspramente tutto il contesto e le scelte editoriali fatte: "Quello che hai dietro di te è un palazzo di m... Hai accanto due cog... (giornalisti sovietici, Ndr) Io non faccio la foglia di fico, quindi mi alzo, rinuncio al compenso pattuito e lascio lo studio". Così ha fatto, trasformandosi per una notte in un eroe del web. 

VOTO: 9

(TRATTO DAL PAGELLONE DELLO SPETTACOLO DI FRANCO BAGNASCO PER I SETTIMANALI VERO E VERO TV)

sabato 15 maggio 2021

SALLUSTI E FELTRI INSIEME PER DARE VITA AL QUOTIDIANO FORTE DEL CENTRODESTRA

Da sinistra, Alessandro Sallusti e Vittorio Feltri, dal 1 giugno di nuovo insieme al timone di Libero.

Passata la buriana, possiamo dirlo. Sono state dimissioni rassegnate dopo un’offerta allettante, che ridisegna ambiziosi traguardi (in tempi grami) per l’editoria di Centrodestra.

Come ha anticipato Dagospia, Alessandro Sallusti ha lasciato improvvisamente l’altroieri, dopo 12 anni, la guida del Giornale, il quotidiano di casa Berlusconi. Sui reali motivi di questa uscita di scena si è aperto in giornata un giallo che manco Agatha Christie. Vediamo di approfondirlo.

Anche se, a quanto mi risulta, il direttore del foglio che fu di Indro Montanelli aveva in programma lunedì scorso una visita (poi annullata) ad Arcore, è parso subito da escludere uno scenario che contemplasse la sua traumatica messa alla porta dopo un’ospitata televisiva poco gradita con Michele Santoro alla corte di Nicola Porro. Sallusti è sempre stato “Fedele nei secoli”, più dei militi dell’Arma, e una partaccia di questo tipo per un’ipotetica bagattella, non risultava credibile. Restava da capire se fosse una decisione subita oppure voluta.

Il nostro, che col suo ultimo libro (“Il Sistema. Potere, politica, affari: storia segreta della Magistratura italiana”), scritto insieme con Luca Palamara, pare abbia sfondato il tetto record delle 400 mila copie vendute, pur essendo il re del low profile televisivo, viaggia editorialmente col vento in poppa. E quando l’altra mattina si è presentato in via Negri per rassegnare, apparentemente sereno, le sue dimissioni, lo stupore è stato grande. In redazione non si spiegano il suo addio, mai motivato ufficialmente, se non facendo qualche congettura sulla situazione del Giornale, che da tempo arranca in edicola e dove (come in tanta parte dell’editoria) si fa ricorso a incentivi per ridurre il personale e al meccanismo della Solidarietà. Restando avrebbe dovuto avallare probabilmente altri tagli di personale. Tanto che c’è chi (preferendo non rivelare il proprio nome) ipotizza: “Avrà avuto una buona offerta e se ne sarà andato prima che tutto qui andasse a carte e quarantotto”. 

Di certo l’allontanamento dalla politica attiva di Silvio Berlusconi, che in questo periodo all’ospedale San Raffaele di Milano pensa soprattutto alla salute, è parso a qualcuno una sorta di liberazione dallo stretto obbligo di fedeltà alla Corona per gli uomini più vicini al Cavaliere. Tra questi c’è sempre stato il giornalista comasco che non disdegna gli interventi tv (se necessari) ma che è sempre stato soprattutto un uomo di macchina. 

C’è chi lo immaginava pronto a candidarsi come sindaco di Milano per il Centrodestra alla prossima tornata, ma giornali e rotative sono sempre stati la vita dell’uomo che sorrideva poco. E sempre Dagospia in serata ha ufficializzato la notizia diffusa in forma dubitativa dall’Adnkronos in mattinata. Sallusti ha ricevuto un’offertona degli Angelucci per tornare in pista occupandosi del Tempo e in veste di direttore responsabile di Libero accanto all’eminenza griglia Vittorio Feltri (che col consueto garbo antico ha commentato: “Lo stimo. Magari se ne è andato soltanto perché si è rotto i cogl...”), per plasmare il quotidiano forte del Centrodestra. Della serie: ne resterà uno solo, vista anche la grigia situazione di mercato che pare non dare spazio ormai a troppe voci che cantino la stessa canzone. 

Chi prenderà il suo posto al Giornale? Anche qui le voci si rincorrono. Le prime sono una meno credibile dell’altra: Nicola Porro e Mario Giordano (ormai troppo affezionati alla tv per prendersi in carico un cavallo, tra l’altro, zoppicante), o Pietro Senaldi, a questo punto transfuga da Libero, si immagina. Ma paiono più sensati i nomi dei meno esposti (e per certi versi più malleabili, soprattutto il primo) Paolo Liguori o Augusto Minzolini.

mercoledì 21 novembre 2018

EDITORIA * CHE COSA SARA' DE «IL GIORNALE» DOPO SILVIO BERLUSCONI?

Alessandro Sallusti (direttore de «il Giornale») e Silvio Berlusconi.
La recente vendita di «Panorama» a «La Verità» di Maurizio Belpietro da parte di Mondadori ha ulteriormente increspato l'acqua nel catino dell'editoria italiana. È di ieri la dura reprimenda per comportamento antisindacale (si può leggere cliccando qui) dell'Associazione Lombarda dei Giornalisti per come è stata gestita la vicenda. Ai colleghi, in ultima analisi (e forse per la prima volta nella storia di Segrate), è stato anche negato uno spazio interno dove riunirsi in assemblea. Tanto che la riunione è stata tenuta nella sala bar-ristorante del contiguo Sporting Club. Ci sarebbe da ridere se non fosse una faccenda seria. La casa editrice guidata da Marina Berlusconi non fa mistero di volersi sbarazzare dei settimanali per dedicarsi in futuro soltanto ai libri. Quindi non si fanno cortesie agli ospiti. 

Intanto sale la preoccupazione fra gli addetti ai lavori del quotidiano «il Giornale» per le sorti dell'altro gioiello di famiglia, diretto da Alessandro Sallusti, immaginando il futuro (prossimo?), quando Silvio Berlusconi chiuderà con la politica (Forza Italia è ormai tra il 7-8% di consensi, stando agli ultimi sondaggi del TgLa7 di Enrico Mentana, la metà di quelli dell'agonizzante Pd) o peggio. 
Lunga vita al Cavaliere, ma serpeggia fra i redattori un'ansiosa voce interna che vorrebbe la testata un domani ridotta drasticamente di foliazione (sul modello del Foglio), e dunque anche di organico. Appoggiandola alla propaggine web, ilgiornale.it, che però è realizzata, come spesso accade in questi casi, da un'altra redazione rispetto al cartaceo. Insomma, le trame si infittiscono.

lunedì 9 gennaio 2012

L'IMPERDIBILE ALBERONI (DEL LUNEDI'), CHE RINGIOVANISCE A VISTA D'OCCHIO

Gli imperdibili, illuminanti articoli del sociologo Francesco Alberoni nella storica rubrica «Pubblico & privato», erano diventati un appuntamento fisso per i lettori del Corriere della sera. Ogni lunedì, per anni, il marito di Rosa Giannetta ha gettato fondamentali squarci di luce sulle coscienze degli italiani, spiegando il come e il perché delle cose. Chiarendo finalmente meccanismi psicologici volontari e involontari del singolo e delle masse. Facendoci capire tutto su innamoramento e amore, gelosia e possesso, competitività e carriera. Indagando su costume e società. Secondo qualcuno, quei pezzi avevano il difetto di essere troppo prevedibili; del resto, non si può piacere a tutti. Chiusa la lunga (interminabile, secondo alcuni colleghi del Corriere) collaborazione con la testata di Via Solferino, l'ambita firma di Alberoni è passata immediatamente al quotidiano il Giornale di Alessandro Sallusti, con identica collocazione. Il flusso di coscienza è lo stesso, gli argomenti gli stessi, ma la rubrica - con increbille sfoggio di fantasia - si chiama «L'articolo del lunedì». Sforzarsi un pochino di più, no? Non oso pensare che cosa avrebbero partorito quelle sagome, se avessero deciso di piazzarlo, chessò, il mercoledì. Il tutto è corredato da una foto del noto sociologo scattata non dico all'epoca della prima comunione, ma quasi. Non sarà per caso che l'uomo che ti spiega come invecchiare bene, ha qualche problema di vanità? Mah... Com'è, come non è, alla fine più lo leggi e più ti viene voglia di dare ragione ai suoi detrattori.

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