sabato 13 dicembre 2025

STAMPA E REPUBBLICA * GEDI ALL'EDITORE GRECO? UNA POLEMICA INUTILE

L'imprenditore John Elkann in una caricatura.

In questo scenario editoriale nel quale i giornali (i quotidiani soprattutto) sono diventati ormai da anni prevalentemente megafono battagliero di parti politiche avverse, mi fa sorridere tutta questa indignata preoccupazione da parte di alcuni colleghi per la vendita di Gedi all'editore greco, che magari porterà anche buoni yogurt in redazione. Mi fa sorridere soprattutto perché:

1) Se John Elkann con Exor non ti vuole più te ne devi fare una ragione: è un imprenditore, e gli editori puri sono purtroppo un retaggio del passato. Lui non lo è mai stato, a mio avviso, fra parentesi. Ormai poco gli importa dell'editoria e delle sue perdite.

2) Se stravolgi la decennale linea politica di un giornale lo paghi in termini di copie perse. Puoi decidere di farlo, naturalmente, ma ti conviene? Pensaci bene. Soprattutto ragionando su quanto dicevo sopra: la gente non ti compra più per informarsi, ma per leggere quello che vuole sentirsi dire politicamente. E tu glielo dai. Ci sono testate che campano solo di quello. La vellicazione del lettore e dei suoi istinti più o meno belluini. È, come tutto in questo Paese, sempre e solo tifo da stadio.

3) Si perdono già talmente tante copie con la crisi della carta che fai lo schizzinoso e ti stai a preoccupare di questi dettagli? Ringrazia di avere trovato ancora uno interessato. Dice: ma questo vuole fare speculazioni? Ha dei secondi fini? Ha alle spalle anche i sauditi? È l'economia, bellezza. Staremo a vedere. E di santi in giro non ne vedo. Del resto vivi di copie vendute (o abbonamenti), residua pubblicità. E sovvenzioni all'editoria, naturalmente. Tranne alcune rare eccezioni. Ringrazia dell'interessamento, pigliati il greco senza fare troppe lagne, mangia 'sto yogurt, prendi questa mano zingara, e poi chi vivrà vedrà.

venerdì 12 dicembre 2025

SU AMAZON C'È «LA CASA DELLE MELE»: RICORDI, GOLIARDATE E 40 ANNI DI SPETTACOLO

La copertina del libro di Franco Bagnasco «La casa delle mele - Famiglia, amici (miei), star e giornali di carta». È disponibile su Amazon.

È uscito su Amazon “La casa delle mele”, il nuovo libro del giornalista Franco Bagnasco, che trasforma mezzo secolo di ricordi familiari, scherzi alla “Amici miei” e retroscena dello showbiz italiano in un racconto ironico e appassionato. Il volume è disponibile in esclusiva su Amazon KDP in versione Kindle e cartacea.​

“LA CASA DELLE MELE – Famiglia, amici (miei), star e giornali di carta” è un viaggio che parte dall’Oltrepò Pavese viticolo e arriva alle redazioni dei grandi quotidiani e settimanali nazionali, passando per una banda di amici decisi a rinverdire il mito delle burle di “Amici miei”. Nel libro, Bagnasco intreccia la memoria familiare, gli scherzi della sua band, “i Beagles”, e l’epopea della carta stampata, raccontata dall’interno dopo anni di cronaca di spettacolo.​

Giornalista pavese, 57 anni, Bagnasco, che è anche autore, ha mosso i primi passi a “La Provincia Pavese” per poi firmare servizi, interviste e critiche per testate come il Giornale, Tutto Musica, Tv Sorrisi e Canzoni, Oggi, Gente e molte altre. Nel volume ripercorre incontri ravvicinati con Al Bano, Paolo Villaggio, Max Pezzali, Drupi, Antonio Ricci, Moana Pozzi, Emilio Fede, Anna Oxa, Elisabetta Canalis, Gianfranco Funari e molti altri protagonisti della tv e della musica italiana, sempre filtrati da una forte cifra autoironica e aneddotica.​

Tra le pagine scorrono episodi che vanno dall’anno di naja ad Aviano alle estati a Moneglia trasformate in palcoscenico permanente di scherzi, fino ai backstage esclusivi dello spettacolo: dalla leggendaria citofonata a Mina a Lugano al racconto dell’inizio della storia tra Maurizio Costanzo e Maria De Filippi. L’obiettivo dichiarato dell’autore non è costruire un’agiografica autobiografia, ma divertire il lettore accompagnandolo dentro un mondo che conosce molto bene: quello delle famiglie di provincia, dei bar di paese e delle redazioni dove si facevano – appunto - i giornali di carta.​

“LA CASA DELLE MELE – Famiglia, amici (miei), star e giornali di carta” è pubblicato su Amazon ed è disponibile esclusivamente sulla piattaforma in doppio formato: eBook Kindle e libro cartaceo.

martedì 9 dicembre 2025

FUGA DA SANDOKAN * 1.400.000 SPETTATORI IN MENO RISPETTO AL DEBUTTO

Ananah Bloor e Can Yaman in Sandokan.

Fuga da Sandokan. Anche piuttosto precipitosa, stando ai numeri. La curiosità per il debutto della mega-produzione remake caratterizzata dalla noia e dallo scarso spessore interpretativo e di scrittura aveva fatto registrare la scorsa settimana 5,8 milioni di spettatori con il 33,9% di share. Ieri sera, in occasione degli altri due episodi, si sono perse per strada in un botto 1.400.000 persone e il 6,3% di share.
Ecco il dato completo: 4.424.000 teste pari al 27.6% di share, con ulteriore calo sul secondo episodio di serata. Numeri comunque molto alti, ma si può decisamente parlare di un corposo fuggi fuggi.
Dal momento che restano da smaltire altri quattro episodi da giocarsi in due serate, Raiuno, che aveva evidentemente già fiutato l'aria, he deciso di mandarli in onda in modo ravvicinato lunedì e martedì prossimi (quindi senza l'attesa di un'altra settimana) per non prolungare troppo l'agonia.



venerdì 5 dicembre 2025

TOUR D'ADDIO * UN GRAZIE A UMBERTO TOZZI, L'ULTIMO RE DEL POP

Umberto Tozzi sul palco dell'Arena di Verona per l'epilogo del suo tour d'addio alle scene.

Questo signore, 50 anni di carriera, 80 milioni di dischi venduti (ora in onda su Canale 5 con L’ultima notte rosa, epilogo televisivo del tour d’addio) ha regalato alla musica italiana alcuni tra i brani più ispirati ed evocativi di sempre. Amatissimo eppure in parte (a mio avviso, sembra paradossale ma pensateci) sottovalutato, è stato cantato in tutto il mondo. Semplice ma mai banale, musicalmente alto senza farlo pesare. Distrattamente grande. Ha scritto pezzi che parevano scesi dal cielo in terra a miracol mostrare, come diceva il poeta. Insegnandoci che il pop può essere magistrale. Un grazie è il minimo.


giovedì 4 dicembre 2025

CHECCO ZALONE * A NATALE TORNA CON "BUEN CAMINO" (E SARA' UN BOTTO)

Checco Zalone nei panni dell'erede di un impero di divani in "Buen camino".

A Natale torna Checco con "Buen camino" e sarà un botto. Forte. Prevedibile, certo, ma con un effetto collaterale virtuoso: riporterà al cinema tanta gente che ha smesso di andarci. Magari invertendo un po' la tendenza.
Sono passati ben cinque anni da Tolo Tolo (Zalone sa bene come centellinare la sua presenza per creare l'attesa, e non esce se non ha qualcosa di forte in mano), che incassò 65 milioni di euro al botteghino. Torna anche la collaborazione preziosa con Gennaro Nunziante, dal quale si era allontanato.
Stavolta lo vedremo ne
i panni dell'erede di un impero di divani abituato a una vita agiatissima e molto instagrammabile. La figlia sparisce e lui inizia un percorso virtuoso lungo il Cammino di Santiago.
"Attenzione perché la promo termina domenica".
Ah no, quella è un'altra storia. Ma lo scopriremo.

mercoledì 3 dicembre 2025

TV * NON FACCIAMO L'ERRORE DI CONFONDERE GLI ASCOLTI CON LA QUALITA'

I buoni ascolti di un prodotto televisivo (soprattutto al debutto) non vanno mai confusi con la qualità del medesimo. Un errore che qualcuno fa, forse in malafede.

Mi diverte molto leggere alcune tenere, disperate lenzuolate di colleghi (mi auguro in buona fede ma temo per interessi di bottega) che si affrettano a dire che il nuovo Sandokan al debutto ha fatto ottimi ascolti, DUNQUE è un buon prodotto. Che è come dire che se do una festa e il mio cane fa la cacca in soggiorno e se ne accorgono tutti restando un po' schifati, bisogna compiacersi e incentivarlo a ripetere la performance.
Ridimensioniamo, perché qualcuno poi legge e cade nel trappolone.
Sandokan è una serie tv che al debutto ha fatto ottimi ascolti sia per la curiosità legata al confronto col passato, sia perché (soprattutto) il protagonista è Can Yaman (più Can che Yaman) e ha un seguito assai rilevante di signore assatanate che, seguendolo nelle soap turche, si sono appassionate al figaccione monoespressivo.
Qui finisce il discorso legato al richiamo di pubblico. Mi diverte ancora di più vedere che sotto le tenere e disperate lenzuolate di questi colleghi (i social sono spietati) avare di like non compaiono commenti, oppure piovono gragnuole di critiche da parte di chi Sandokan l'ha visto e l'ha stroncato. Come è quasi inevitabile che sia. Smettiamola di prendere in giro la gente sbandierando dati che hanno un valore molto relativo. Soprattutto in occasione di un debutto. Riguardano la pubblicità, non la qualità.

martedì 2 dicembre 2025

UN REMAKE DI "SANDOKAN" COSI' BRUTTO ERA DIFFICILE DA IMMAGINARE

La locandina di Sandokan nel remake datato 2025.

Che profonda delusione questo Sandokan noioso, abborracciato, bidimensionale. Talmente inutile, precario e fuori fuoco da dare una nuova dimensione all'idea di inutilità. Mi ero ripromesso di non fare paragoni con il passato, ma purtroppo non è possibile. Credetemi. Non lo è. Se la sono andata a cercare, e non me lo spiego.

1) Can Yaman. Monoespressivo, recita come un termosifone in ghisa, ma con meno calore. Kabir Bedi aveva un'agilità e soprattutto quel formidabile lampo negli occhi che lo rendeva irresistibile. Questo sembra sempre un elettrodomestico in stand by. A voler essere generosi. L'avessero fatto tondo, ci si poteva pulire il soggiorno. Peccato non passi sotto i mobili.

2) Alessandro Preziosi. Più che in zona Yanez, si muove dalle parti di Roberto Da Crema, il baffo delle televendite, ma sotto gli effetti di un rosso sincero. Non gli si chiede di avere la profondità, lo spessore e il carisma di Philippe Leroy, per carità. Ma nelle recite serali dei villaggi turistici si trova di meglio.

3) Alanah Bloor. Marianna, la Perla di Labuan, è talmente inconsistente che sembra generata con l'AI. Bella, per carità, è il minimo sindacale. Ma Carole Andrè, con quei fremiti, quegli sguardi a quadruplo strato e lettura, era magia e sensualità allo stato puro. Anche da muta regalava più emozioni di questa quando va al massimo dei giri. Andrebbe bene come influencer per promuovere prodotti dell'agricoltura biologica.
4) Ed Westwick. L'interprete di Lord James Brooke è l'unico che si salvi di tutta la combriccola. Un attore vero. Un cattivo coi fiocchi. E anche sfortunato. Perché nella memoria dei più vintage deve scontrarsi con Adolfo Celi, che era un paio di gradini sotto Dio.

5) La produzione. E qui chiudo. Non c'è una sola scena che regali pathos. Sono riusciti a banalizzare tutto il banalizzabile, tirando via alla svelta e semplicisticamente qualsiasi situazione. Come se avessero altro da fare. E' persino post prodotto male sul piano musicale e nella scelta dei temi e degli effetti d'ambiente. Peccato, perché si tratta di un lavoro a grosso budget. Pompato con una promozione strepitosa per poi partorire la Tigre della Magnesia, visti gli effetti collaterali alla visione.

E per favore non si dica: dimenticati il passato e guarda solo il presente. Dai, mi sforzo. Mi metto lì e guardo solo il presente. La prima riflessione che mi viene è: spero che gli inquirenti di Garlasco stiano già torchiando coloro che hanno fatto i casting.

giovedì 30 ottobre 2025

ADDIO AD ALVARO VITALI, L'INNOCENTE PIERINO TRASH DEGLI ANNI 70

Il romano Alvaro Vitali, a destra nei panni dell'indimenticabile Pierino.

Erano anni di tenere spiate da improbabili buchi della serratura. Di un’Edwige Fenech monumentale che ha versato valanghe di contributi come soldatessa, dottoressa, insegnante di pianoforte e qualsivoglia mestiere noto. Sempre amante, quasi mai amica, intrigava i ragazzotti di turno che sbavavano per lei. In particolare il dimenticato Alfredo Pea. C’era Michele Gammino nei panni del ginnasta, Gianfranco D’Angelo sempre sopra le righe, Gloria Guida e Nadia Cassini in tutto il loro splendore, Bombolo che bofonchiava: “Tse tse” sputacchiando in giro, e Jimmy il Fenomeno che pigliava schiaffi in tutta serenità. Il Pierino di Alvaro Vitali, quintessenza di un Roma ruspante, venne un po’ prima, col cappelletto buffo da studente impreparato, la pernacchia in canna, e una parata di barzellette sconce funzionali a esili trame. 

Ho intervistato Vitali circa un anno fa, già provato. Rimproverava a Lino Banfi di averlo fatto fuori dal giro delle commedie scollacciate. Di avere messo ai tempi clausole contrattuali che prevedevano la sua esclusione dal set. L’interessato nega ma senza troppa decisione.
Non mi ha mai fatto molto ridere il Pierino cinematografico, col suo campionario di rutti ed emissioni gassose corporali. Ma rivederlo in azione oggi, in questo mondo di stronzi che non fanno rumore, sarebbe il minore dei mali.

PIPPO BAUDO * VITA, MORTE E MIRACOLI DEL RE DELLA TV

L'ultima diretta di Pippo Baudo (Vignetta di Franco Bagnasco)

Se n’è andato l’ultimo che credeva davvero nella televisione. Il penultimo fu Mike Bongiorno, con i suoi quiz. Corrado, Raimondo Vianello, Enzo Tortora, Maurizio Costanzo, Renzo Arbore, e (a suo modo) Raffaella Carrà, pur essendo tutte macchine da guerra, coltivavano o coltivano invece più (auto)ironici anticorpi. Lui no. Pippo sentiva di incarnarla davvero, la tv. Era il suo Trono di spade. Tanto che in un teatro di Livorno una sera anni fa lo vidi mentre portava in scena orgoglioso lo spettacolo “L’uomo che inventò la televisione”, che ovviamente aveva scritto, dirigeva, interpretava… Avrebbe fatto anche il pubblico, potendo.
Da sinistra, Franco Bagnasco, Checco Zalone e Pippo Baudo.
Non aveva un carattere facile, Pippo. Per niente. Ma se non altro viaggiava a due velocità. C’era il Baudo autoritario, severo e pigliatutto dei periodi di successo (e quanti ne ha avuti) e l’agnellino affettuoso delle fasi di stanca di una carriera unica. Sapeva trasformarsi e invertire la rotta implacabilmente a seconda del vento che gli soffiava addosso. Ma era sempre generoso di pareri, commenti, giudizi taglienti, frasi che un pezzo o un titolo te lo regalavano sempre.
Già il grande Giorgio Calabrese mi raccontava delle loro sfuriate a Domenica in, che finivano sempre a tarallucci perché un autore bravo (anche se magari un po’ impuntuale, ogni tanto) dietro le quinte ti fa sempre comodo. Scazzavano, mai poi amici come prima. A me creò qualche problema quando si imbarcò nell’avventura di Festival
Pippo Baudo post mortem (Vignetta di Franco Bagnasco)
Voleva tenere il progetto dello show super segreto ma ebbi ottime informazioni da buone fonti e inevitabilmente raccontai tutto sul Giornale prima del debutto. Mi avrebbe fulminato, e in qualche modo si diede un po’ da fare con una certa lena. Mi presi una piccola rivincita anni dopo quando lo intervistai nel camerino di un suo programma: feci tutto l’attacco del pezzo descrivendo minuziosamente il phon della parrucchiera che faceva garrire al vento a mo’ di bandiera il suo leggendario riporto. Quella volta per fortuna la prese a ridere.

GIORNALISTI DEL CARTACEO POSTANO SUI SOCIAL ARTICOLI CHE SI BRUCIANO DA SOLI

Giornalisti autolesionisti del cartaceo che si buttano da soli la zappa sui piedi condividendo sui social network il loro articolo del giorno. E i giornali spariscono. 

I colleghi del cartaceo che si affrettano a postare sui social il loro pezzo del giorno, l'articolo per intero, leggibile con poco o senza sforzo e senza neppure pixelare il testo, io proprio non li capisco. Comprendo l’ego, la soddisfazione per il buon (?) prodotto, mettici quel che ti pare, ma la carta è conciata così male, che togliersi lo sfizio anche di regalarli, gli articoli… boh. Altrimenti fai direttamente un post per i social, e amen. Non riesci ad aspettare un paio di giorni o una settimana prima di spammarlo gratis? Oppure metti un teaser oggi col titolo e poi lo condividerai con calma. Personalmente, non l’ho mai fatto neanche quando i giornali vendevano milioni di copie, figurati oggi che fatichi persino a trovare le edicole. Mi viene in mente solo una parola: tafazzismo.

SERIE TV * JASON MOMOA INGUARDABILE, "MURDERBOT" MOLTO PIACEVOLE

Per Jason Momoa pollice verso, mentre per Murderbot parte un like. Foto AI.

Un paio di cose, entrambe su AppleTv+

La prima è l’inspiegabile The Chief of War con Jason Momoa. Arrivato in Italia volutamente senza doppiaggio (solo con sottotitoli carenti o un parlato asincrono tipo documentario, che devi andare a stanare nel menu), è un concentrato di suoni primordiali e gutturali dei componenti della tribù primitiva del figaccione. Più che una serie tv, è il pretesto per mostrare le grazie di Jason, che non nega mai inquadrature alla muscolatura e al posteriore dotato di funzionale perizoma. Peccato perché sarebbe girato bene.
 
La seconda è il piacevole Murderbot. Sci-fi satirico che racconta la storia di un avveniristico robot utilizzato come guardia di sicurezza di una squadra di umani in perlustrazione su nuovi e pericolosi mondi. La macchina prende lentamente coscienza prima violando il proprio stesso sistema, per poi elaborare emozioni e sentimenti propri. Incurante degli ordini, inizia a pensare e vivere di vita propria. Ammazzare questi ometti o continuare ad aiutarli? Belli i dialoghi, molto piacevole l’idea e la sua realizzazione. L’unico difetto è l’eccessiva brevità degli episodi.

EMILIO FEDE, IL GIORNALISTA CHE SEPPE FARSI CLOWN

Emilio Fede in Paradiso va a bussare a Silvio Berlusconi.

Da “Sciupone l’Africano”, quand’era in Rai, per via delle sue note spese faraoniche come inviato all’estero, a “Emilio Fido”, negli anni più arrembanti e schierati della sua carriera.
In questi due soprannomi c’è tutta la parabola di un giornalista capace che all’occorrenza sapeva paraculeggiare come nessuno. Il cuore di Emilio Fede ha retto faticosamente sino a 94 primavere, tra la serietà dei grandi scoop in Viale Mazzini, e la faziosità del Tg4, quando trafelato e gaudente piantava ovunque bandierine di Forza Italia sulla mappa che aveva in studio. Il tutto all’ombra di una moglie, Diana De Feo, dalla quale viveva separato e che pare non gradisse molte sue intemperanze. Ma la coppia reggeva, complice la distanza.
Professionista scrupoloso e all’occorrenza incazzoso, se qualcosa in diretta non andava per il verso giusto, partiva con furibondi cazziatoni che divennero poi pane e companatico di Antonio Ricci e dei fuori onda di “Striscia la notizia”. Il suo celebre “Che figura di merda!” si fece col tempo funzionale dileggio rivolto a chiunque capitasse a tiro della banda del satir(ic)o ligure.

L’attaccamento di Emilio a Silvio Berlusconi (almeno all’apparenza) andava oltre l’umano. E Fede si faceva volentieri megafono, si immolava come “La voce del padrone”, altro appellativo che gli fu affibbiato. Inevitabili fioccavano le prese in giro dall’universo mondo. E le critiche, delle quali bellamente non si curava.
Fu a questo punto che Fede capì che per sopravvivere e continuare a cavalcare l’onda occorreva stare al gioco. Occorreva farsi sbeffeggiare; passare da mezzobusto a marionetta. Lasciarsi sfottere per diventare ancora più personaggio. E così fu, per tanto e tanto tempo. A un certo punto però la magia del rapporto col Cavaliere, per tanti motivi, finì. Qualcosa si ruppe per sempre. Lasciò il Tg4, e da lì iniziò il suo declino. Quello del giornalista che seppe farsi clown.



mercoledì 29 ottobre 2025

GIORGIO ARMANI: HO PASSATO LA VITA A INSEGUIRLO, E UN GIORNO A FORMENTERA...

Giorgio Armani in versione sovrano della moda riletto dall'Intelligenza artificiale.

Di Re Giorgio, piacentino svezzato a (e da) Milano, ho due piccoli ricordi personali.
Era il 1990, suppergiù, e all’epoca scrivevo per La Provincia Pavese. Armani, che in Oltrepò, a Cigognola, possiede Villa Rosa, dimora stupenda di 26 stanze, 1.400 metri quadrati, con grande tenuta annessa e un maneggio (era affezionatissimo a quella casa) organizzò un lussuoso party ultra vip con le più grandi star hollywoodiane dell’epoca. C’era chiunque. Tutti i nomi ancora oggi più ambiti da chi organizzi eventi a livello mondiale. E un’autentica goduria per chi amasse lo spettacolo. Cercai di imbucarmi in ogni modo canonicamente, ma fui respinto con perdite da inflessibili addette stampa. Essendo tignoso, arrivai a pensare di riuscire a penetrare nel bunker e realizzare un servizio fingendomi un tizio qualsiasi del catering, come succede spesso nei film. Ma il buon senso (e il motivato timore di essere cacciato a calci nel sedere dall’imponente security) mi fece desistere. Dovetti accettare la sconfitta.

Per ironia della sorte, moltissimi anni dopo, durante una vacanza a Formentera, in Spagna, incontrai il sovrano della moda e lo vidi nel modo più semplice, inusuale, informale (e meno vestito) possibile. Camminava tranquillo sulla spiaggia di Illetes, zona stupenda che è anche riserva naturale, zeppa di turisti, fra la battiglia e l’acqua che gli arrivava alle caviglie. Fisico perfetto nonostante l’età già avanzata, indossava soltanto un costume da bagno slip (non so se della maison) e si concedeva senza remore a foto e selfie che la gente, la “sua” gente, gli richiedeva. 

Percepii chiaramente la voglia di godersi un po’ di quella popolarità che in una vita si era faticosamente conquistato. Avrebbe potuto restare indisturbato nel suo mega yacht ormeggiato al largo a fare la star inavvicinabile. Invece al bagno di mare preferì quello di folla. In costume, su una spiaggia esclusiva ma molto popolare. I body guard erano sicuramente nei dintorni ma non ne percepii la presenza. Avrei potuto tranquillamente avvicinarlo e parlargli. Magari anche intervistarlo brevemente. E raccontare un domani agli amici: pensate, un giorno intervistai Giorgio Armani. Eravamo entrambi in costume da bagno. Ma King George era in vacanza. E anch’io, nel mio piccolo. Decisi quindi di lasciarlo al piacere del contatto col pubblico. Poi, in tutta onestà, non essere neanche costretto a travestirmi da bagnino per poterlo avvicinare, mi tolse parte del gusto.

PAPA PREVOST FA RIMPIANGERE FRANCESCO: E' MEDIATICAMENTE ASSENTE

Una caricatura di Papa Leone XIV, ovvero Francis Prevost. E' troppo debole alla guida della Chiesa in un momento di guerre e grandi tensioni internazionali?

Avevamo un Papa speciale: Francesco. Bergoglio, con tutta la sua ruspante fragranza, era unico. Anche mediaticamente. Non passava settimana in cui non facesse sentire (con una battuta, una provocazione, un’invettiva) la sua presenza e la voce della Chiesa sulla scena mondiale. Adesso abbiamo un Papa normale. Normalissimo. Sin troppo. Intendiamoci, ogni tanto è anche giusto fare un reset dopo le personalità debordanti. Il problema è che un Papa normale oggi, non funziona. È pressoché invisibile ai media. Fa l’ordinaria amministrazione, e ci sta, ma con i tempi che corrono serve una straordinaria amministrazione. Servono prese di posizione nette. Serve esporsi, molto di più. Il pacato curato di campagna ha poco appeal. Ci aspettavamo tanto dal Papa americano, anche come contraltare all'invadenza, all'estremismo e alle follie di Donald Trump. Spero in un ravvedimento operoso, perché al momento sono davvero deluso. E lo dico con profonda amarezza.

lunedì 27 ottobre 2025

SERIE TV SKY SUGLI 883: NON CI SARA' UNA TERZA STAGIONE

Da sinistra, Elia Nuzzolo e Matteo Oscar Giuggioli, protagonisti della saga televisiva sulla più nota band pavese: gli 883.

Chi ha amato "Hanno ucciso l'Uomo Ragno", il primo capitolo della serie di Sydney Sibilla sulla leggendaria storia degli 883 (dal 7 novembre riproposta in chiaro su Tv8) attenda di godersi il secondo inedito, "Nord Sud Ovest Est", in onda su Sky nel 2026 in data ancora imprecisata. E poi si porti avanti iniziando a soffrire in silenzio sapendo già che non ci sarà una terza stagione.

La narrazione delle vicende di Max Pezzali e Mauro Repetto (interpretati da Elia Nuzzolo e Matteo Oscar Giuggioli, con Ludovica Barbarito come protagonista femminile), dai grandi successi al successivo scioglimento del duo pavese del pop termineranno con la seconda stagione. Visti i riscontri più che lusinghieri di pubblico e di critica, gli sceneggiatori e la produzione stanno confezionando un inevitabile nuovo appuntamento, ma non vogliono spremere troppo il limone allungando uno script che arriverà già alla sua fine naturale senza forzature.



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