Visualizzazione post con etichetta simone cristicchi. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta simone cristicchi. Mostra tutti i post

giovedì 11 giugno 2020

SIMONE CRISTICCHI CERCA LA FELICITA' (E NUOVI PERCORSI MUSICALI)

Simone Cristicchi.
Festa della Liberazione speciale al Teatro Verdi di Firenze, dove la sera del 25 aprile andrà in scena un adattamento inedito di «Mio nonno è morto in guerra», di e con Simone Cristicchi. Il cantautore romano proporrà i suoi aneddoti sui piccoli-grandi eroi della Seconda Guerra Mondiale, accompagnato dall’Orchestra della Toscana.

Cristicchi, uno show minimale restituito con l’imponenza orchestrale. Come l’ha modificato?
«Scegliendo per esempio i brani più adatti, come “Signore delle cime” e “Il testamento del capitano”; i canti alpini con orchestra li definirei quantomeno un esperimento».

A Sanremo ha portato «Abbi cura di me», un brano che si occupa della manutenzione dell’amore. Quanti ne ha persi per scarsa manutenzione?
«Di solito mi lasciano… No, dai: diciamo che si era esaurito il sentimento, che è effimero, incoercibile, varia di intensità. I veri amori duraturi sono fatti di umiltà, accettazione, sapersi mettere di fianco».

Lavora a un nuovo album?
«Per ora no: porto avanti il progetto del mio documentario, “Happy-Next – Alla ricerca della felicità”, e vorrei portare a teatro qualcosa che prenda singole parole e le svisceri: amore, dolore, cultura…». 

Qual è la musica che non sopporta?
«Non vedo tv e ascolto le radio che scelgo. Difficile che mi imbatta in cose sgradite. Sono nel periodo colonne sonore e musiche orchestrali. Troppe parole mi confondono». 

Il cantautorato di spessore è alla frutta?
«No, non morirà mai. E Brunori Sas, Le luci della centrale elettrica e gli stessi Baustelle lo dimostrano».


(DAL SETTIMANALE OGGI - APRILE 2019) 

domenica 21 febbraio 2010

SANREMO * SCANU, PUPO, MENGONI: PERDE LA MUSICA, VINCONO I REALITY

Dite la verità. Siete abituati a far l'amore "in tutti i modi, in tutti i luoghi, in tutti i laghi", isole comprese, persino a Lugo, più snodati di un Lego (l'importante è che il tutto sia rigorosamente senza sugo)? Bene, questo articolo fa per voi.

La vittoria di una fragile canzoncina dell'amico di Maria De Filippi Valerio Scanu alla sessantesima edizione del Festival di Sanremo, col corollario del resto del podio (la micidiale "Italia amore mio" dei "Raccomandati" Pupo, Emanuele Filiberto e Luca Canonici al secondo posto, e il bravo Marco Mengoni di X-Factor in terza posizione) insieme con l'uscita di scena delle canzoni più belle, da quella di Irene Grandi e Simone Cristicchi, sino all'interpretazione di Malika Ayane, dimostrano per l'ennesima volta che il Festival è solo carne da macello per la tv. Si scrive: gara canora (teoricamente) regolare, e si legge: tanto vincono quelli dei talent show. Quelli del "Grande Fratello" non li hanno ancora chiamati perché lì di talent non c'è nulla, ma forse ci siamo vicini.

Così i televoti fioccano, e qualcuno ci guadagna. Poco importa se il gusto macabro degli italiani al telefono butta via il meglio a 0.75 centesimi di euro a botta. Male che vada la misurata Antonella Clerici potrà appellarsi al "popolo sovrano". Che è come dire che il cliente ha sempre ragione anche se ti dà una coltellata.

Solo una cosa lascia ben sperare per il futuro: la rivolta della platea dell'Ariston. Fischi, urla, insulti, strepiti di fronte a tanta palese ingiustizia. Persino gli orchestrali hanno dato di matto. Mai visto nulla di simile a memoria di Festival.
Forse un pernacchio ci salverà.

P.S.
Scanu, visto che fai l'amore in tutti i laghi, una cortesia: comincia da LochNess, così ci togliamo il pensiero. 

venerdì 19 febbraio 2010

SANREMO * MA COME SI FA SENZA «DOPOFESTIVAL»?

Sarà autolesionismo, sarà che al Pippone ormai ci avevamo fatto il callo, ma come si fa a cucinare un Sanremo senza Dopofestival? E come lo cucinava lui, Baudo da Militello, con i suoi anatemi, con le polemichette montate ad arte, non l’ha mai cucinato nessuno. Non c’è Clerici (e neppure Bonolis, perché in fondo non ci crede) che tenga. Con un po’ di sangue e una spruzzata di democristianissimo volemose bene, altrimenti i discografici – lo sai - vanno in paranoia. Un Sanremo senza Dopofestival è come un Santoro senza Travaglio: manca la manciata di pepe. E pazienza se va in onda all’una di notte e finisce alle tre e mezza di mattina. Una volta l’anno, si può fare.
 
Ora che mettiamo in archivio gli amabili resti del Sanremo dell’austerity (la depressione che regna nel Paese si combatte a colpi di canzonette), pensate che cosa avrebbe potuto combinare Pippo al Dopofestival con l’eliminazione e il ripescaggio del terrificante pezzo di Pupo, Emanuele Filiberto e Luca Canonici, «Italia amore mio», fischiato dal pubblico più di Jennifer Lopez e Michelle Rodriguez nude davanti al Casinò. Peccato. Peccato persino per l’assenza dei pur inflazionati Gialappi. Quest’anno a Sanremo è mancato il controcanto.
In compenso Simone Cristicchi ha firmato lo sferzante, stordente controcanto a tutto il sistema Italia, regalandoci con «Meno male» la perla rara di questa edizione. Tanto di cappello.

Post più popolari

Lettori