martedì 25 aprile 2017

25 APRILE * QUANDO SEI LIBERO, FACCI CASO

La privazione di libertà.
Questa festa, lo ammetto, l'ho sempre sottovalutata nella sua essenza. Non da qualche anno a questa parte. Non da quando ho capito quanto sia importante la Libertà. Che noi consideriamo qualcosa di “normale", di scontato, ma che diventa bene primario - e ce ne accorgiamo limpidamente, tra una ferita e l'altra -, quando qualcuno cerca di togliercela e di soffocarci per farci del male, per farci morire dentro e/o fuori. Mancanza di libertà non è necessariamente detenzione, prigionia fisica. Può essere prevaricazione, umiliazione, intimidazione. Gratuita. Becera. Folle. Spesso senza alcuna possibilità di reagire. Cosa che fa doppiamente male, al morale e di conseguenza al fisico.
«Quando siete felici, fateci caso», è il titolo di un libro di Kurt Vonnegut ma anche una frase che mi tocca sempre, ogni volta che la leggo. Ecco, anche quando siete liberi, fateci caso.
E. Soprattutto. Non. Date. Mai. Niente. Per. Scontato.


domenica 23 aprile 2017

ADDIO JOANIE CUNNINGHAM, LA FRESCHEZZA SBARAZZINA DEI NOSTRI «HAPPY DAYS»

La scomparsa Erin Moran ed Henry Winkler (The Fonz) ieri e oggi.
Erin Moran e Ron Howard in «Happy Days».
Erin Moran è morta a Corydon, nell'Indiana (Stati Uniti), ad appena 56 anni, per una forma tumorale. La mitica Joanie Cunningham di «Happy Days» aveva da tempo una vita tormentata, tanto che lo stesso Henry Winkler (Fonzie, nella serie) l'aveva aiutata qualche tempo fa dopo che era rimasta senza casa. Da ragazza sbarazzina della porta accanto della serie tv più leggendaria e popolare di sempre a homeless resta difficile anche solo da immaginare, eppure è stato questo il percorso di «Sottiletta», come la chiamavano il fratello Richie (Ron Howard), Potsie, Ralph e compagnia. Coccolata da papà Howard (Tom Bosley) e da mamma Marion (Marion Ross), tra un battibecco, una ramanzina e una visita alla Loggia del Leopardo.

Giuseppe Ganelli (Happy Days Fan Club) con Erin Moran.
«Happy Days», colpo di genio di Garry Marshall, per molti della mia generazione (e non solo) è stato un vero e proprio romanzo di formazione. Anzi, con il suo buonismo familiare portato all'ennesima potenza, direi «il» romanzo di formazione per antonomasia tra le serie tv mondiali. Joanie era la graziosa e un filo maliziosa ragazzina di casa, da proteggere, un po' discola ma in fondo sempre sotto controllo. 


L'attrice di Burbank (all'anagrafe Erin Marie Moran) aveva conquistato popolarità anche grazie allo spin-off di «Happy Days», «Jonie Loves Chachi», che narrava della storia fra la ragazzina di casa Cunningham e Chachi, ovvero Scott Baio. Appena 17 episodi in due stagioni. Poche, come quelle che ha vissuto la povera Erin Moran.
L'esame del Coroner sul Corpo di Erin Moran: è morta per un tumore stadio 4.


venerdì 21 aprile 2017

CONDUTTORI RAI IN FESTA: IL GOVERNO TOGLIE IL TETTO DI 240.000 EURO AI COMPENSI

Carlo Conti e Fabio Fazio
I conduttori Rai possono fare la ola e ballare metaforicamente «Disco samba» davanti al cavallo di Viale Mazzini. Come riferisce Prima comunicazione, il Governo stamattina ha tolto il tetto da 240 mila euro annui agli stipendi dei volti della Tv di Stato fissato per legge.
Una norma discussa, soprattutto dagli stessi conduttori, ovviamente, che si sarebbero visti tagliare vistosamente i cachet e che avevano fatto prontamente quadrato: da Bruno Vespa («Si rischia di uccidere la Rai»), a Massimo Giletti («Non è conveniente rimanere nella Tv pubblica. Ognuno si farebbe i suoi legittimi conti»), sino alla presidente Monica Maggioni («Un tetto imposto per legge esclude dalle dimamiche di mercato»). 

Fabio Fazio (che pare sia il meglio pagato) aveva annunciato su Twitter la volontà di iniziare ad autoprodursi, vale a dire vendere il prodotto finito al committente. Un modo per aggirare l'ostacolo, e nei giorni scorsi sono state annunciate dai media sue varie peregrinazioni fra Sky e La7 vagheggiando di possibili contatti per un trasloco. Secondo me improbabile.
Possono dormire sonni tranquilli, per esempio, anche Carlo Conti (il re del varietà), Fabrizio Frizzi, Milly Carlucci, Antonella Clerici, Flavio Insinna, Piero e Alberto Angela, che si occupano da sempre della divulgazione scientifica. L'unica dimostratasi remissiva rispetto al tetto-compensi era Lucia Annunziata: «Non c'è problema, è una legge dello Stato, una decisione del Cda Rai, io obbedisco». Ma ora che il tetto è saltato, tutto torna come prima.

Calmierare i compensi, a mio avviso, non è un'idea peregrina perché se un grosso competitor abbassa decisamente la soglia, soprattutto in tempi di crisi, anche gli altri finiscono con l'adeguarsi. L'unico problema è rappresentato dal tetto limite, che non dà margini a una contrattazione. Ma in Italia, si sa, fatte le leggi si trovano anche gli inganni.


giovedì 20 aprile 2017

CARO FACEBOOK, CHIUDI SUBITO LE INSERZIONI-BUFALA SUI MORTI DELLO SPETTACOLO

Al Bano, Milly Carlucci, Adriano Pappalardo e Rita Pavone
La fake inserzione con la morte di Al Bano.
C'è una pratica a mio avviso davvero poco degna (per limitarsi a questa espressione) che va «in scena» ogni giorno sulle pagine Facebook, il social-network più amato e impattante sul pubblico. Una cosa che mina seriamente la credibilità della stessa piattaforma e che purtroppo non fa onore a Mark Zuckerberg e compagnia.


La bufala spot con la morte della Carlucci.
Si tratta delle inserzioni fake (le cosiddette bufale di cui è pieno il web, ma stavolta a fini promozional-pubblicitari) che speculano su finti morti celebri dello spettacolo. Posto qui alcuni inequivocabili screenshot nei quali mi sono imbattuto solo nell'ultima settimana di navigazione, ma il principio è semplice: si prende la foto di un vip più o meno stagionato dello showbiz nostrano, abbinandola al titolo di un advertising (compaiono nella timeline sul lato destro dello schermo con la dicitura «Sponsorizzata») che inequivocabilmente ne annuncia la morte o la lascia presagire. Non è vero niente, ma la tentazione di cliccare per
Un altro falso: la morte di Pappalardo
saperne di più è forte. Sotto, il link di qualcosa che potrebbe sembrare un sito di news o non si comprende bene cosa. Una volta cliccato, si viene reindirizzati su una pagina pubblicitaria con inserzioni e informazioni di prodotti in vendita che ovviamente nulla hanno a che vedere con l'annunciata morte della celebrity in questione, usata come specchietto per le allodole. Ma ormai il gioco è fatto, e il click viene portato a casa dall'inserzionista.



Si ammicca alla scomparsa di Rita Pavone.
Con questo discutibilissimo metodo, negli ultimi tempi ho visto «morire» Al Bano Carrisi (che di recente ha avuto, com'è noto, diversi problemi di salute ma non è affatto passato a miglior vita), Adriano Pappalardo (da un po' di tempo lontano dai clamori della tv ma in salute), la non più giovanissima ma gagliarda Rita Pavone (per lei la fake inserzione sta un po' più sul vago, si fa per dire) e persino Milly Carlucci, che si conserva assai bene e che ogni sabato sera su Raiuno conduce «Ballando con le stelle».
Un altro addio per Al Bano Carrisi.
Personaggi la cui immagine e la cui finta, presunta morte, viene utilizzata (immagino a loro totale insaputa) di fatto a fini pubblicitari. In un contesto sgradevole.

Chiedo - ma dovremmo essere in tanti a farlo - a Facebook di far cessare quanto prima questa pratica, vagliando con estrema attenzione le campagne di
La pag. che si apre cliccando sulla morte della Carlucci

advertising create da questi sprovveduti inserzionisti. Avallandole, il social network, che pure di riflesso guadagna sui click, si rende di fatto complice di questa pratica. Che non può continuare, per etica, legge, e per l'immagine stessa dell'azienda. Qui ci sono le prove di quel che dico: attendo (attendiamo) spiegazioni e la rimozione delle ADV incriminate. Sarebbe comunque bene che anche programmi come «Le iene» o «Report» andassero più a fondo nella questione.

mercoledì 19 aprile 2017

BACKUP DI IPHONE7 * QUANDO ANCHE L'ASSISTENZA TECNICA DI APPLE TI DELUDE

La mela di Apple.
Apple. Grande delusione dal servizio @AppleSupport @Apple_it per il recupero del backup di un iPhone 7 che mi era stato rubato. La tizia al telefono non solo non ha risolto il mio problema, ma dopo un paio di tentatativi (con schermo condiviso, facendo le stesse cose che ho fatto io, bella forza) ha dato per spacciati i dati dello smartphone che mi era stato rubato e mi ha salutato dicendomi di inizializzare come «nuovo» l'iPhone che avevo appena ricomprato. Per fortuna, dopo aver riagganciato, non ho desistito e da solo, con un minimo di buonsenso (non serviva altro, ma la signora dell'assistenza tecnica non l'ha dimostrato) sono riuscito a recuperare il backup dal Mac fisso di casa. Completamente. Con quel che costano questi aggeggi, quando chiamo il Customer Care di un'azienda come Apple, anche per il prestigioso nome che ha, mi aspetto meraviglie, conigli che escono dai cilindri, tecnici che fanno miracoli come neanche alle nozze di Cana. Non mi aspetto una che ripete a macchinetta ciò che già so fare io, e poi mi dice, anche un po' perentoria: «Eh signore, se le dà un errore vuol dire che il backup è perso. Mi spiace ora la devo saputare». Ripeto, stavo per perdere tutti i dati e ho risolto da solo. A che cosa serve la vostra assistenza tecnica?

martedì 18 aprile 2017

RAZ DEGAN (UN PO' PIRATA, UN PO' SIGNORE) VA AD «AMICI» A SALVARE MARIA DA «BALLANDO»

Raz Degan, Paola Barale e Maria De Filippi
Ma quale vacanza in barca con Paola Barale (per la gioia dei patiti del gossip) all'inseguimento di un amore diventato amicizia? Raz Degan, dopo la vittoria all'«Isola dei famosi», deve capitalizzare; anzi, monetizzare. Un trionfo così non andava sciupato, deve essersi detta anche Maria De Filippi, che di ingredienti da audience se ne intende. Soprattutto ora che il suo trono del sabato sera è insidiato dal concorrente «Ballando con le stelle», dove dominano i colpi di testa di Giuliana De Sio e le liti tra Alba Parietti e Selvaggia Lucarelli.

Ecco allora che il naufrago misterioso, figo e po' scorbutico entra come giudice (un po' pirata un po' signore) nel cast di «Amici 16», a rimpiazzare mister Morgan, allontanatosi (o messo alla porta, lo stabiliranno gli avvocati) con inusitato clamore mediatico. Qualcuno ha ipotizzato che anche questa fosse una trovata per dragare share in un momento d'impasse. Non lo sapremo mai.
Sappiamo invece che mister «Fatti miei» entra in squadra da Maria. Forse i suoi silenzi prevarranno sulle competenze. Forse porterà un po' di zen e una quota di verità. Quel che è certo è che il pubblico femminile a casa metterà il nastro adesivo sul tasto del telecomando che corrisponde a Canale 5.

giovedì 13 aprile 2017

LA SÒLA DEI FAMOSI: L'UNICA COSA NOTA DI QUEST'ANNO ERA CHE VINCESSE RAZ DEGAN

Raz Degan, vincitore dell'Isola dei Famosi 2017.
La finale è stata straziante come il resto dell'edizione: quattro ore di nulla, di noia cosmica, neppure contrappuntata dai tweet in genere ironico-puntuti di giornalisti di spettacolo e addetti ai lavori davanti al televisore. La resa totale. Persino la maggior parte di loro ha sventolato bandiera bianca. Neppure l'impatto sexy della brava Alessia Marcuzzi (impegnata a riempire vuoti e persa nel vuoto di studio come la particella di sodio dell'acqua Lete) è riuscita a fare molto per lenire la piaga di quest'«Isola dei famosi» 2017 vinta, come noto, da Raz Degan.
In effetti la vittoria del Raz era l'unica cosa nota, a pelle (bastava chiederlo a un bimbo di cinque anni dopo la prima puntata), di quest'edizione. Popolata più che mai da sconosciuti e mezze figure. Tali da far rimpiangere (si fa per dire) Wanna Marchi e Stefania Nobile, giustamente fatte fuori dal cast a furor di popolo prima dell'inizio ma ambitissime dagli autori.

Degan e Paola Barale sono gente piuttosto vera, quindi al loro reincontro non si sono baciati; l'illusione del romantico ritorno di fiamma tra i due storici ex era stata cavalcata abbastanza. Meglio lasciar lavorare ora la fantasia di siti e settimanali rosa e chiamarsi fuori.
In compenso, trovatona: sotto gli occhi compiaciuti di Stefano Bettarini hanno fatto tuffare i concorrenti dall'elicottero all'Idroscalo di Milano, che essendo (a occhio) pulito come il Gange potrebbe regalare a qualcuno nei prossimi giorni fastidiose complicazioni batteriche. 

La verità è che è ormai molto difficile trovare un cast valido (con gente parlante un italiano passabile e senza marcate inflessioni dialettali) per un reality un tempo glorioso ma oggi ridotto all'ombra di se stesso, e il dilatarsi dei tempi per ragioni di share e inserti pubblicitari, rende tutto molto più complicato.
Se poi (all'una di notte, complimenti agli autori) si trova il tempo per imbastire con tale Simone Susinna (il macho giovane siculo, piazzatosi secondo) un giochino nel quale deve indovinare, bendato, alcuni piatti che gli vengono cucinati (pretesto per fare entrare la madre) è evidente che dopo tutte le altre portate siamo davvero alla frutta. È la sòla dei famosi, e non ci si può fare niente, bellezza.

MORGAN COL BADILE CONTRO «AMICI»: «UN LAGER HORROR, SCHIAVITU', TRATTA DI SCHIAVI»

Morgan e Maria De Filippi
Ancora un round tostissimo, quasi letale. Con una diretta video di tre quarti d'ora (che ha raggiunto nel picco d'ascolto live quasi 10 mila visualizzazioni) in onda ieri notte dopo le 23 sul suo profilo Facebook, Morgan ha letteralmente massacrato «Amici» di Maria De Filippi, la tele-scuola di talenti che ha lasciato (o dalla quale è stato allontanato) per forti divergenze con la produzione.
Uno sfogo irrefrenabile, pesantissimo, nel quale il cantante ha ribadito di essere stato vittima di «mobbing», e ha rincarato la dose parlando del programma come di «Un lager horror, schiavitù, tratta di schiavi come nei galeoni». Non basta: ha invocato la visita di «assistenti sociali per ragazzi che vivono in stanze senza finestre», continuando a definire la controparte i «Cattivoni».
Sberle a Mediaset, responsabile, a suo dire, «dell'abbassamento del livello culturale dell'Italia negli ultimi 20 anni». Dipingendo alcuni concorrenti come spaventati «burattini disanimati e inconsapevoli» agli ordini di chi tiene i fili. «Perché siamo in Tv» ha detto «ed è tutto preparato».
Morgan si sarebbe sentito toccato o danneggiato soprattutto dall'accusa di avere contro i ragazzi, di «aver fatto credere che li avrei consigliati male». E giù una sfilza di aggettivi per descrivere l'ambiente romano degli studi: «C'è aggressività, ira, indisponenza, superbia, caos», per riportarne solo alcuni, in un crescendo rossiniano o, se preferite, da consumato animale da palcoscenico. «Tutto estremamente violento, tutti contro di me, sempre col sorriso agghiacciante del padrone di casa; anzi, dovrei dirlo al femminile». Non fa mai il nome di Maria De Filippi, Morgan ma la ricorda così. E nella lunga tirata, che si chiude con due canzoni al pianoforte, se la prende anche col pubblico televisivo, ormai affetto da: «ADD - Attention Deficit Disorder», cioè con una soglia di attenzione bassissima.
«Mi hanno impedito di fare il mio lavoro; mi hanno tappato la bocca, impedito di suonare, impedito di parlare con i ragazzi. Che cosa rimane ormai di me: una carcassa», ha chiosato il cantautore.
Faccio notare che il sempre incoerente Morgan aveva già parlato molto male di «Amici» prima di essere ingaggiato da Maria De Filippi (quando lavorava a «X-Factor»), ne aveva parlato bene in sede di interviste per il lancio del programma al quale partecipava, ed essersi concesso ora l'ennesimo ripensamento. In uno strano loop di vampate d'odio e d'amore che caratterizza la sua personalità. L'unico spazio defilippiano dove potrà presentarsi dopo questa filippica è «C'è posta per te». Ma immagino che la sciura Maria non aprirà la busta.
Oggi, 13 aprile, Mediaset ha dato mandato ai suoi legali di querelare Marco Castoldi in arte Morgan per le sue affermazioni.


mercoledì 12 aprile 2017

SORPRESA: IN TV CHIAMANO MORGAN PER GLI STESSI MOTIVI PER CUI POI LO MANDANO VIA

Il cantante Morgan.
Ops, novità. Si fa per dire, chiaro. Marco Castoldi in arte Morgan si alza e se ne va (o viene accompagnato alla porta, di fatto) da «Amici 16» di Maria De Filippi. La first sciura dell'etere si è accorta che il nostro è una primadonna ingestibile, che viene contestato dagli allievi (e non solo) per le assegnazioni dei pezzi troppo autoreferenziali, che è preparato ma lo fa pesare di continuo e ogni tanto «sclera» facendo spettacolo e regalando audience ma destabilizzando tutto e tutti. Che mangia nel piatto dorato e ci sputa. Insomma fa (è) Morgan. Nel bene e nel male. Fa share e porta guai. È la quintessenza di un narcisismo senza confini che poi di fatto a mio avviso è spia di profonda insicurezza interiore.

Un copione già ampiamente visto a «X-Factor», su Sky, dove è finita come sappiamo. E dove l'hanno tenuto (sopportato?) per anni, perché fra un litigio e l'altro regala comunque emozioni e badilate di share. O comunque può essere sgradevole a volte ma porta sorprese (ingrediente sempre fondamentale) allo show.
Maria, ingenuamente, credeva di poterlo gestire. Ma Morgan non si doma. Te lo pigli com'è: ti prendi «tutto il blocco», per dirla con «Amici miei». Oppure lo lasci a casa. Non c'è altra via, persino se sei la De Filippi in persona. Oppure te lo tieni e poi tamponi «accaventiquattro».


lunedì 10 aprile 2017

IL MIO BLITZ DA GIGI MARZULLO PER RACCONTARE «IL PEGGIO DELLA DIRETTA»

Un selfie estremo con «Il peggio della diretta» (Mondadori Electa)
Purtroppo si trattava di una clip praticamente autogestita, quindi non ho potuto rispondere alla leggendaria domanda di Gigi Marzullo: «Ma la vita è sogno, oppure i sogni aiutano a vivere meglio?». D'altra parte anche il programma non era lo storico «Sottovoce» ma il suo «Milleeunlibro - Scrittori in Tv», in onda nella notte di Raiuno.
Quello che trovate nel video qui sotto è un assaggio, il breve racconto che ho fatto del mio tascabile «Il peggio della diretta», libro pubblicato per Mondadori Electa e disponibile sia in versione cartacea che in eBook, Kobo e Kindle, peraltro più economica.
«Il peggio della diretta - I dietro le quinte dello spettacolo raccontati dai protagonisti» racconta più di 100 storie vere, lontane dall'ombra del gossip, di momenti difficili o imbarazzanti vissuti da molti big del nostro spettacolo. Nella maggior parte dei casi aneddoti esilaranti. Ma a volte anche toccanti o persino drammatici.


sabato 8 aprile 2017

«IL PEGGIO DELLA DIRETTA STANOTTE DA MARZULLO A «MILLEEUNLIBRO - SCRITTORI IN TV»

Franco Bagnasco
Girata nel dicembre scorso (ma come il buon vino spero invecchiata onestamente), va in onda questa notte, all'1.35 circa, nel contenitore «Mille e un libro - Scrittori in Tv» di Gigi Marzullo, una mia breve clip in cui racconto «Il peggio della diretta», volumetto che ho pubblicato per Mondadori Electa e che sta avendo (bontà vostra) un buon successo in libreria e in versione eBoook, dove è da poco uscito per Kobo e Kindle.

Ho girato la clip alla sede Rai di Milano, in Corso Sempione. Raccontando per qualche minuto la genesi del tascabile e il lavoro che ha portato alla sua realizzazione. Pagine infarcite di aneddoti imbarazzanti, esilaranti, e a volte addirittura drammatici, vissuti e raccontati in prima persona da 50 personaggi dello spettacolo italiano. 100 storie da dietro le quinte, da backstage, che fanno conoscere anche il lato umano di sta su un palcoscenico. Nel video qui sotto una breve presentazione del libro e di alcune delle storie.

venerdì 7 aprile 2017

LA VERITA', VI PREGO, SULL'IMEI (IL CODICE CHE PARE NON BLOCCHI NIENTE)

L'iPhone 7 di Apple.
Farsi rubare scioccamente lo smartphone (nel mio caso un iPhone 7 che ancora piango) fa entrare in un drammatico loop di denunce alla Polizia, pellegrinaggi con lo sguardo perso nel vuoto fra negozi, centri di assistenza, pacche sulle spalle e pareri vari di amici e congiunti dalle dubbie competenze tecniche. Quasi tutti in genere si chiudono con la classica frase: «Ora però mi raccomando blocca subito l'IMEI, così i ladri non lo potranno più usare e il cellulare sarà inservibile, diventerà un costoso sottobicchiere». Suona molto consolatorio. Un «Tiè» lanciato al mariuolo come una vendetta postuma. Ma è davvero così?
Per capirci di più ho iniziato a chiederlo a ogni tappa del mio calvario. La domanda standard era: «Ma il blocco del codice IMEI rende veramente inservibile il telefono?». Ecco le risposte:

- CENTRO VODAFONE (il mio operatore telefonico): lo sguardo disincantato e vagamente beffardo del ragazzo che mi passa la nuova Nano Sim per il prossimo device punta a terra e la sua testa si scuote ritmicamente in un «No» virtuale ma molto eloquente. «Non serve a niente», aggiunge. «Comunque per bloccarlo vada dove ha comprato il telefono. Le daranno probabilmente un modulo da compilare».
Mi dirigo dove ho comprato lo smartphone a fare la stessa domanda.

- MONDADORI STORE: «Guardi, è inutile: l'IMEI lo flashano, lo cambiano, e volendo fanno tutto. È come per i ladri in casa: puoi mettere l'antifurto, puoi mettere le sbarre, ma se vogliono entrano comunque dappertutto. Per bloccarlo però non deve rivolgersi a noi, ma alla casa produttrice, la Apple».

- APPLE STORE FIORDALISO ROZZANO: «L'IMEI blocca soltanto le telefonate, non il resto dell'apparecchio, e per giunta in Italia. Se il cellulare arriva all'estero no. E comunque se si usa un wi-fi teoricamente uno può chiamare lo stesso con i dati. Noi non lo blocchiamo, comunque. Deve andare dalla Polizia Postale, oppure farsi dare il modulo dal suo operatore telefonico e spedirlo alla loro centrale frodi».

Il telefono della Polizia postale di Milano non risponde praticamente a qualsiasi ora del giorno. Impossibile avere un feedback. Ritorno dal via, come a Monopoli, spedisco la mia richiesta di blocco IMEI a Vodafone scaricando il modulo dal web e accludendo la denuncia di furto e copia della carta d'identità, e rimango con l'aria instupidita e la convinzione di avere fatto qualcosa che in realtà (par di capire) non servirà assolutamente a nulla.

giovedì 6 aprile 2017

MILANO * QUANDO TI SCIPPANO L'IPHONE ED È (QUASI) SOLO COLPA TUA

Milano. Le Colonne di San Lorenzo
L'altra sera ho provato un'esperienza per me assolutamente inedita: il furto dell'iPhone. E non posso neppure prendermela tanto con il prossimo perché è (quasi) solo colpa della mia coglionaggine testata a più latitudini.

Me l'hanno sottratto con destrezza e in scioltezza dalla tasca posteriore dei jeans mentre mi sono fermato a chiacchierare con un'amica nel posto peggiore dove fermarsi a chiacchierare a Milano: una panchina (ovviamente senza schienale) delle Colonne di San Lorenzo. Noto covo di ladri, punkabbestia, discografici, malfattori di ogni specie, ordine e grado. E io, coglione come
nessuno, coglione come manco a Hollywood nei film dove c'è lo scemo e + scemo (e io faccio entrambe le parti), mi ci fermo tranquillo a chiacchierare, distratto, senza neppure blindare il cellulare cucendolo nel giubbotto. 

Azioni repentine. Blocca nella notte la Sim con Vodafone e lo smartphone sul sito Apple, blocca l'IMEI domattina (per renderlo teoricamente inservibile), denuncia ai Carabinieri (che probabilmente mi daranno del pirla in calabrese e non potrò neppure ribattere, pur avendo alcune nozioni di calabrese). Blocca tutto, anche la mia circolazione periferica. Morale: 900 euro di IPhone 7 da 128 giga hanno preso il volo così, in un battere di ciglia. Per favore non parlatemi per due giorni e per altrettanti non cercatemi sul cellulare. Il numero poi non cambierà, ma non sarà più lo stesso. E neppure io.

martedì 4 aprile 2017

BRIATORE APRE IL «TWIGA» A OTRANTO (E MOLTI PUGLIESI SONO PERPLESSI)

L'immagine per il lancio del Twiga di Otranto
E alla fine, Puglia fu. Otranto, per la precisione. Come dimostra la foto scattata da Grazia Rongo all'aeroporto di Bari, l'imprenditore del lusso Flavio Briatore sbarca in una delle perle del Salento con il suo Twiga in versione South Italy, pronto per l'estate 2017.
Il logo del Twiga
L'altra spiaggia di charme che porta lo stesso marchio si trova, com'è noto, a Forte dei Marmi. Ma le spiagge salentine negli ultimi anni hanno visto un'impennata di turismo senza precedenti, e - si sa - denaro chiama denaro. E dove ci sono soldi, c'è Briatore.



In un primo tempo sembrava che mister Gregoraci (che appare duro, puro e un po' photoshoppato nella cartellonistica di lancio) dovesse varare il suo locale nella già congestionata Gallipoli, ma alla fine tutto si è chiuso con un nulla di fatto. Ed ecco spuntare Otranto. Dando un'occhiata sui social, mi accorgo che molti pugliesi restano perplessi per l'arrivo del 66enne cuneese. Le battute si sprecano e resta anche qualche malumore per alcune passate dichiarazioni di Briatore che non sono piaciute a molti. Alcuni sono preoccupati per ragioni etiche, altri estetiche. Ma, di fatto, se l'operazione funzionerà, il nuovo locale dovrebbe portare altro lavoro e altri turisti assai spendenti. 
Il Twiga di Otranto ha già il suo logo con testa di giraffa e una pagina Facebook appena nata con ancora pochissimi iscritti. E un messaggio che campeggia: «Opening Summer 2017». Per qualcuno un allettante invito. Per altri, a quanto pare, un incubo.


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