martedì 31 ottobre 2017

MAX PEZZALI FAN DI «HAPPY DAYS» * PAOLI, CAMMARIERE E REA LIVE PER TELETHON

Max Pezzali, Giuseppe Ganelli (Happy Days F.C.) e Debora.
Anche Max Pezzali entra a far parte della grande famiglia del fan club di «Happy Days», il leggendario telefilm (allora si chiamavano così) Usa ideato da Garry Marshall. In questa foto l'ex 883, che nel suo pezzo forse più evocativo, «Gli anni», ha omaggiato la serie cult («Gli anni di Happy Days e di Ralph Malph...») è a Pavia con Giuseppe Ganelli, radiologo lodigiano e presidente dell'International Happy Days Fan Club, e con la bella Debora, compagna di Pezzali.

Da sinistra, Sergio Cammariere, Gino Paoli e Danilo Rea.

PAOLI, CAMMARIERE E REA IL 20 NOVEMBRE
A MILANO PER TELETHON

Sergio Cammariere, Gino Paoli e Danilo Rea saranno i protagonisti del grande concerto organizzato da BNL e dal Gruppo BNP Paribas Italia il 20 novembre alle ore 21 all’Auditorium di Milano, con l’obiettivo di raccogliere fondi a favore della Fondazione Telethon, per la cura delle malattie genetiche rare.
Un grande evento, con una format che riunisce in un unico set il repertorio di tre artisti molto amati, in bilico tra jazz, musica d’autore e ritmi coinvolgenti. C’è stato un tempo in cui Sergio Cammariere si definiva “cantautore piccolino confrontato a Paoli Gino”. Oggi, grazie a questo concerto, per la prima volta i due artisti si incontrano e a rendere ancora più prezioso l’evento, si aggiunge la presenza di Danilo Rea, terzo tassello di un mosaico accattivante. Cammariere e Paoli, distanti anagraficamente ma uniti dal comune amore per la parola in musica e da uno stile sempre raffinato, viaggeranno sull’onda dell’emozione legata ai grandi successi che hanno scandito e continuano a scandire il gusto ed i costumi del nostro Paese; intanto al pianoforte di Danilo Rea, interlocutore privilegiato dell’uno e dell’altro e naturale complemento della voce senza tempo di Paoli, entrambi si apriranno spazi solistici di sorprendente virtuosismo, compresi duetti e il terzetto finale. La band comprende: Amedeo Ariano alla batteria, Luca Bulgarelli al contrabbasso, Bruno Marcozzi alle percussioni e Daniele Tittarelli al sax.



lunedì 30 ottobre 2017

PRESIDENTE BERLUSCONI, FATTI GRAVI MINACCIANO LA LIBERTA' (POSSIAMO PARLARNE?)

Da sinistra, Silvio Berlusconi (Forza Italia) e il giornalista Franco Bagnasco
Presidente Berlusconi,

ricorda l'estate 1996? Fu la "nostra" estate. All'epoca lavoravo per «Il Giornale» ed ero in vacanza in Liguria, nella placida Moneglia (Genova). Una sera in piazza si teneva il concerto di Enzo Jannacci, che seguii non per lavoro ma solo per il piacere di ascoltare un grande cantautore. Durante quello show, Jannacci, di diversa fede politica rispetto alla sua, dal palco, le augurò la morte. Così, freddamente, a brutto muso: «Muoia Berlusconi!». Rimasi molto colpito da una cosa così sgradevole, e (un po' perché fiutai la notizia), un po' perché non riuscivo ad accettarlo, mollai tutto e dopo il live andai dietro le quinte a intervistarlo. Jannacci si scusò, fece subito marcia indietro e ritrattò completamente, come può ascoltare nell'audio dell'intervista (un piccolo reperto) che riporto integralmente anche qui sotto. Inutile dire che l'articolo che derivò da quella sparata del cantante e dal mio successivo incontro con lui fece parecchio scalpore.
La difesi, Presidente. Ma non perché lei avesse bisogno di essere difeso da me, ci mancherebbe. E neppure perché lavoravo per il quotidiano della sua famiglia. Lo feci soprattutto per principio, perché ritenevo (e ritengo) inaccettabile che la lotta politica dovesse passare dall'augurare la morte all'avversario. Che squallore!

Sarebbe un po' come se si scoprisse che un personaggio pubblico, che cerca di contrabbandare a ogni piè sospinto la propria bontà e nobiltà d'animo in tutte quelle sedi plateali dove essa è richiesta, nella realtà minacciasse, umiliasse, intimidisse, insultasse i propri collaboratori, sino ad arrivare persino ad augurare loro il cancro. Una totale presa in giro per quel pubblico che ingenuamente crede a una rispettabilità che di norma si ritiene doverosa e compresa nel pacchetto, non trova? Già, ma chi potrebbe mai arrivare a simili abissi di squallore e meschinità?

Fatta questa premessa che indulge al ricordo, Presidente Berlusconi, arrivo al motivo per il quale le scrivo, nella sua veste di primario esponente politico: volevo chiederle un incontro per sottoporle di persona un documento in mio possesso. Un documento di preoccupante gravità che va contro i principi e i fondamenti stessi della libertà d'espressione sanciti dalla Costituzione. Un precedente grave. Qualcosa di incredibile, talmente illiberale e antistorico da risultare assurdo. Non fosse qui, palpabile, tra le mie mani.
Ritengo opportuno mostrare questo foglio anzitutto a lei, che è a capo di una forza che sin qui si è sempre distinta per la difesa dei diritti fondamentali dei cittadini. Vorrei sapere che cosa ne pensa, ma sono sicuro che anche a lei monterà la mia stessa, esterrefatta indignazione. È davvero importante parlarne, e le garantisco che, se vorrà ricevermi, avremo molto, molto da dirci. Per questo insisto e insisterò in futuro chiedendole un appuntamento (non appena le sarà possibile) in una delle sue residenze. Ci sono valori e principi condivisi troppo importanti per non essere salvaguardati in ogni modo. Sono certo che, vista l'importanza della cosa, non si sottrarrà a questo mio invito. 
Grazie mille e buon lavoro.


(ex giornalista di «Tv Sorrisi e Canzoni»)
 

giovedì 26 ottobre 2017

IL CASO FRIZZI * LA RISERVATEZZA DELL'UOMO E L'ISTERIA DEI MEDIA

La malattia di Fabrizio Frizzi e l'isteria dei media.
Conosco il buon Fabrizio Frizzi da troppo tempo per non sapere quanto abbia a cuore (quasi a livello maniacale) la propria riservatezza. Fabrizio detesta ogni sorta di gossip che riguardi la vita privata propria e quella della sua famiglia. Protegge tutto, si chiude a riccio, non concede nulla, da sempre. Già in condizioni normali, figurarsi dopo un'ischemia che potrebbe minargli non soltanto la salute, ma il futuro professionale. Ho sempre trovato persino nobile questo suo atteggiamento, che gli ha fatto rifiutare spesso buone o ottime occasioni di visibilità. 


Lenozze Frizzi-Mantovan.
Per questo non mi stupisce affatto l'atteggiamento protettivo che stanno tenendo il suo entourage e la moglie Carlotta Mantovan
A tempo debito sapremo meglio. Un po' meno comprensibile invece è la ridda di notizie contraddittorie che sono trapelate negli ultimi giorni su di lui: la rassicurante Rai di Mario Orfeo che ha intanto sospeso «L'Eredità»; l'ostinato allarmismo di alcuni siti, forse dettato dalla volontà malata di speculare sulla disgrazia per portare a casa qualche click; il tentativo dei giornali cartacei di piazzarsi a metà strada con quel po' di informazioni a disposizione; le contraddittorie twittate di addetti ai lavori e gente dell'ambiente che finiscono spesso in scia, come rumore di fondo. Un'incertezza che ha consentito a quasi tutti di dare il peggio. Mi spiace dirlo, ma non non è stato e non è uno spettacolo edificante.

martedì 24 ottobre 2017

CORREGGE LA GIORNALISTA DEL «TG5» E (IN)CLEMENTE MIMUN LICENZIA BIGNAMI

Clemente Mimun e Luigi Bignami, il giornalista messo alla porta.
Clemente Mimun o Inclemente Minum? Lo diranno i posteri. Fatto sta che il giornalista scientifico Luigi Bignami, da anni collaboratore del Tg5, è stato messo alla porta dal direttorissimo della testata per essersi permesso di correggere in diretta una giornalista che la scorsa settimana aveva sbagliato il suo nome. Sì, avete letto bene.


Sulla sua pagina Facebook l'incredulo Bignami ha dato la notizia del siluramento raccontando i fatti e il messaggio ricevuto da Mimun, con uno sfogo molto, molto amaro. Il video con la clamorosa gaffe della giornalista, che l'aveva presentato come un defunto, aveva fatto il giro del web e lo si può vedere qui sotto. Non so se la bella collega, Cristina Bianchino, abbia avuto un «cazziatone» dal suo direttore. Ma intanto, nel dubbio, il collaboratore esterno che non aveva fatto altro che correggere educatamente un errore è stato mandato a casa senza pensarci troppo. Così è la vita, oggi come oggi.



TUTTI I GIORNALI HANNO UN'ANIMA, MA I MANAGER NON LO CAPISCONO

La barca fragile sulla quale navigano i giornali.
Quello che i manager - per loro stessa natura - non capiscono è che i giornali sono fatti da persone. Da gente che ci scrive e di gente che li legge. Persone, esseri umani, punti di riferimento. Hanno (dovrebbero avere, anche se da anni provano a togliergliela) un'anima. Si rivolgono a un pubblico preciso con un patto di fiducia che non può essere violato. Il tentativo di renderli solo e soltanto un arido prodotto commerciale, o lo sfogo delle personali frustrazioni di qualche hitlerino, può funzionare ma sino a un certo punto. Perché il castello (di carta) prima o poi cade. Chi fa giornali non produce lavatrici. Le lavatrici, per quanto sofisticate possano essere, non hanno un'anima. I giornali, chi li legge e chi ci scrive, sì. Il manager non lo capisce finché non si scontra con la realtà. Che oggi vuol dire anche perdita di copie.

mercoledì 18 ottobre 2017

19 DICEMBRE: LO SHOW D'ADDIO DI ELIO E LE STORIE TESE? LO VOGLIO COME IL FUNERALE DEL PEROZZI

Elio e le Sorie tese pronti per l'addio.
Il 19 dicembre sarà un giorno mesto per tutti noi. Elio e le Storie Tese, i leggendari Elii, ci lasciano per sempre, con un concerto d'addio al Forum di Assago. E dovremo per forza trasformare questa jattura nella più grande festa mai raccontata. Dovremo esorcizzare il lutto con qualche scherzo come nel funerale del Perozzi in «Amici miei». Sennò non ne usciamo.

La locandina del concerto d'addio di Elio
Da anni si parlava (con frequenti smentite) della volontà dei nostri di chiudere bottega, e dopo l'abbandono del palco da parte di Sergio Conforti (Rocco Tanica), la vera anima musicale della band milanese, sarebbe stato difficile continuare a tenere insieme una compagine troppo scollata. A cominciare dallo stesso Stefano Belisari, l'ineffabile Elio, che ormai si dedica a tutto («X-Factor», «Xtra-Factor», saggi minimali, musical) da solo fuorché con gli storici compagni d'avventura.

La cover di «Licantropo vegano»
Ecco arrivato allora, dopo ben 37 anni magici, con coerenza, il momento dell'addio, preparato in sordina, senza quell'annetto per scaldare la promozione (e un altro di concerti) che ha caratterizzato l'uscita di scena dei Pooh. «Ci teniamo a salutare il nostro pubblico con una cerimonia di un certo livello. Inoltre vogliamo lasciare un bel ricordo, di persone ancora giovani e scattanti», dicono i nostri, che venerdì 20 ottobre escono con il loro ultimo singolo, «Licantropo vegano». E non si può dargli torto.

Elii, grazie di cuore. Vi dobbiamo molto, anzi moltissimo. Siete stati l'ironia in confezione deluxe della musica italiana, la brillantezza fatta testo e spartito. Raramente avete sbagliato un pezzo importante, e in mezzo a poca fuffa avete piazzato alcuni capolavori assoluti. Un po' come gli «Squallor», ma con un diverso stile e con un rigore compositivo-esecutivo che non ha eguali. Vi abbiamo voluto un bene dell'anima, e sempre ve ne vorremo. Adesso basta, sennò mi commuovo sul serio.

lunedì 16 ottobre 2017

«CELEBRATION»: LA DIFFICILE ARTE DI RIABITUARE IL PUBBLICO ALLA TV DI QUALITA'

«La Tv abbassa» - Serena Rossi e Neri Marcorè in «Celebration»
Per parlare di «Celebration», il nuovo sabato sera di Raiuno con Serena Rossi e Neri Marcorè, bisogna per forza aprire un discorso più ampio sulla tv di oggi.
Che cos'è, in sintesi, «Celebration»? È un programma di cover in confezione patinata. Un varietà classico (e di classe) quasi totalmente imperniato sulla musica e qualche chiacchiera (forse qualcuna di troppo) a fare da contorno. La musica in video, Sanremo e grandi eventi a parte, non ha mai fatto sfracelli sul piano dell'audience. Funziona molto meglio, invece, quando la rendi guitta, la trasformi in performance en travesti, come nelle imitazioni (sempre cover sono) di Carlo Conti nella gara di «Tale e quale show». Oppure la fai diventare strutturato perno condiviso della memoria collettiva («I migliori anni», ancora Conti). Il resto, fa sempre più fatica a emergere.

«Celebration» è un buon programma, poco strutturato ma da vero servizio pubblico, perché recupera la qualità. Merce rara e nobile. A partire dal talento commovente e indiscutibile di Serena Rossi e di molti ospiti. Sulla presenza di Ernesto Assante e sul pur simpatichino e brillantino Marcorè, avrei più da dire. Soprattutto, non fatelo cantare, perché non è il suo mestiere. 
La qualità nel varietà, con gli standard al ribasso lungamente imposti dalla tv di oggi, necessità di più tempo per tornare a decollare. E il gusto non s'è mai formato in un giorno.
E poi, se «Celebration» ha racimolato solo l'11% e rotti al debutto è soprattutto perché andava a scontrarsi con la post corrida di «Tù sì que vales» di Canale 5 (guarda caso anche qui c'è beffarda guitteria, anche qui trovi il bel pezzo commovente e il caso umano che strappa la risata), che è la quintessenza del pop fatto televisione.
Da Rossi e Marcorè i cantanti (gente con la quale spesso non è semplice trattare) non vanno a travestirsi, ma a proporre cover di pregio. A fare performance di spessore. Non a caso ci trovi anche nomi maiuscoli, da classifica, non vecchie guardie in cerca di qualche euro e di un ritorno in auge.

mercoledì 11 ottobre 2017

LUCIO BATTISTI * NUOVA PUNTATA NELLA GUERRA INFINITA SUL SUO REPERTORIO

Lucio Battisti
Luca Battisti, figlio di Lucio Battisti, è determinato a difendere con le unghie e con i denti le opere musicali di suo padre. Dopo la sentenza del Tribunale di Milano del luglio 2016 che ha condannato la Edizioni Musicali Acqua Azzurra S.r.l. a pagare a Mogol la somma di 2,8 milioni di euro a titolo di risarcimento del danno, per essersi resa inadempiente ai contratti di edizione musicale sottoscritti dal noto paroliere insieme a Lucio Battisti, la società è stata messa in liquidazione e adesso le opere musicali di Lucio Battisti – da “Emozioni” a “Mi ritorni in mente”; da “Acqua azzurra, acqua chiara” a “I giardini di marzo”; da “Dieci ragazze” a “Il mio canto libero” - sono state messe all’asta dai liquidatori. Il catalogo editoriale della Edizioni Musicali Acqua Azzurra S.r.l. fa gola a molti. In questi mesi, le principali publishing operanti sul mercato italiano – a partire dalla Sugarmusic S.r.l. di Caterina Caselli, passando per la Universal Music Publishing Ricordi S.r.l., la Emi Music Publishing Italia S.r.l., la Sony Publishing Italy S.r.l. e la Edizioni Curci S.r.l. - si sono già fatte avanti nel tentativo di accaparrarsi uno dei cataloghi editoriali più preziosi in circolazione, facendo pervenire ai liquidatori delle manifestazioni di interesse all’acquisto delle opere musicali di Lucio Battisti. 

«La legge sul diritto d’autore - spiega l’avvocato Simone Veneziano, legale di Luca Battisti - prevede che nelle composizioni musicali con parole l’esercizio dei diritti di utilizzazione economica spetta all’autore della parte musicale. Nelle opere musicali frutto del sodalizio artistico tra Mogol e Lucio Battisti l’esercizio dei diritti di utilizzazione economica spetta dunque a Lucio Battisti e, dopo la sua morte, ai suoi eredi. Ne discende che, in caso di accoglimento della domanda giudiziale di Luca Battisti di risoluzione dei contratti di edizione musicale sottoscritti da Mogol e Lucio Battisti perinadempimento della Edizioni Musicali Acqua Azzurra S.r.l. - accoglimento da ritenersi altamente probabile, essendo l’inadempimento di quei contratti già stato accertato dal Tribunale di Milano - la gestione delle opere musicali di Lucio Battisti tornerebbe saldamente nelle mani dei suoi eredi». Intanto, in attesa che il giudice si pronunci, Luca Battisti ha diffidato i liquidatori ad astenersi dal disporre in favore di chiunque del catalogo editoriale della Edizioni Musicali Acqua Azzurra S.r.l. Il sipario sulle opere musicali di Lucio Battisti non è ancora calato.

martedì 10 ottobre 2017

I POOH ORA RICICCIANO DA SOLI: PRONTI AL VIA DODI BATTAGLIA E IL DUO FACCHINETTI-FOGLI

«Insieme» la cover dell'album di Robi Facchinetti e Riccardo Fogli.
Adoro i Pooh, perché sono deliziosamente, commercialmente, sfacciatamente senza freni. Dopo aver spremuto come un limone di Sorrento per più di un anno il tour «L'ultima notte insieme», che avrebbe dovuto segnare il ritiro definitivo della band dalle scene, eccoli che ora puntualmente ricicciano da soli. Manco a dirlo.


La copertina del cd di Dodi Battaglia
Il primo sarà Dodi Battaglia, che dopo un'estate di concerti il 20 ottobre pubblica un doppio album intitolato «...E la storia continua», giusto per far capire chiaramente che non sarà facile liberarsi di lui. Tra l'altro è un chitarrista dal talento davvero maiuscolo e riconosciuto a livello internazionale e da parecchio tempo coltiva la voglia di muoversi da solo. Il disco contiene 26 successi degli orsacchiotti bolognesi cantati da lui, e quattro pezzi che ha inciso come solista.


Dodi Battaglia
Più furbetto il duo composto da Roby Facchinetti e Riccardo Fogli, quest'ultimo riunitosi ai Pooh per il tour del cinquantennale. Anche loro ricicciano, ma in coppia, e il 3 novembre pubblicano «Insieme». Anche qui la retorica inevitabile è quella del discorso che continua, della storia che non può finire, ecc. 
C'è «Strade», un inedito di Facchinetti composto con lo storico autore Valerio Negrini (in radio dal 13 ottobre) e il programma prevede anche due concertoni nell'aprile 2018 a Milano e Roma.


E se Stefano D'Orazio, che si era già ritirato per poi tornare in pista giusto per i 50 anni e il tour d'addio, probabilmente è destinato a restare più defilato (anche se di recente fa spesso l'ospite in tv), c'è da aspettarsi che presto anche Red Canzian (tradizionalmente l'addetto stampa della band) voglia dire la sua come solista. E chi si sogna di negarglielo? È chiaro che, come nell'ormai famosa barzelletta riciclata anche da Berlusconi, alla fine dovranno abbatterli.

domenica 8 ottobre 2017

«BLADE RUNNER 2049» * C'È TANTA RAFFINATEZZA, PIU' CHE GRANDEZZA

Ryan Gosling e Harrison Ford in «Blade Runner 2049».
Los Angeles, 2049. Il bel replicante Ryan Gosling, per gli amici Blade Runner, porta a spasso la sua monoespressività fra nebbie e panorami lividi a caccia di vecchi modelli di se stesso da terminare, manco fossero esuberi. Sarebbero ancora ottimi, ma la sua azienda vuole disfarsene, probabilmente per prendere collaboratori ricattabili e sottopagati. Del resto, tutto il mondo è paese.
Tra una seratina e l'altra passata con quello sfizioso ologramma della fidanzata nel suo bilocale in centro, Ryan rende conto alla capa, l'algida Robin Wright, che a sua volta risponde alla vice sciroccata del super capo Jared Leto. Lucido come Jeremias Rodriguez dopo qualche settimana di «Grande Fratello Vip».
Ryan, vammi un po' a scovare a tutti i costi quello strano modello di umano misteriosamente nato da automa che gira per la California andando a scombinare tutte le nostre granitiche certezze. Scava che ti scava, vuoi vedere che?

L'ambiziosa operazione di Denis Villeneuve, che confeziona il sequel di uno tra i film più sacri, visionari e tuttora moderni della storia del cinema, riesce a metà. Ci sono eleganza e fascino a profusione (il ragazzo ha una bella mano), ma è meglio evitare il confronto diretto con la Leggenda. Non a caso Ridley Scott l'ha soltanto prodotto, per mettersi al riparo da ogni critica. 
Due ore e 32 sono troppe, persino per un onestissimo film come questo, ma consentono al regista di dipanare la sua poetica matassa. Harrison Ford ha l'età dei datteri, ma naturalmente ancora gliel'ammolla. Se se ne accorge Gianni Morandi, va in errore di sistema. 
Non riesco a dargli più di 7 e 1/2, ma è comunque un buon voto.

È MORTO ALDO BISCARDI, IL BRUNO VESPA DEL CALCIO IN TV

Aldo Biscardi.
Non ho mai visto una partita di calcio in vita mia (eccetto le finali dei Mondiali), ma persino io conoscevo Aldo Biscardi, quello dello «Sgub», mister «Denghiu», il Cardinale della liturgia televisiva pallonara.
Il Bruno Vespa del fuorigioco, del football che si faceva di volta in volta potere, teatrino, sottomissione, arroganza, inquisizione, blandimento, in un mix avvincente, a detta degli assidui frequentatori. E sempre portatore di notizie, particolare non da poco.
Ora che il molisano Aldo Biscardi, detto «Il Biscardone», se n'è andato, a 86 anni, è impossibile non tornare con la memoria alle sacre e variopinte tavolate frontali (oggi tanto care a Fabio Fazio) della sua creatura più nota, «Il processo del lunedì», capace a suo modo di rivoluzionare profondamente il linguaggio del giornalismo sportivo in tv. Spettacolarizzandolo come mai prima. Si battè a lungo per avere la moviola in campo, che proprio quest'anno debutta in Seria A.
Re delle gaffes e del trash, Aldone tesseva la sua tela in diretta, fra colpi di scena, telefonate a sorpresa e badilate di trash. Era forse un uomo di spettacolo prima ancora che un giornalista. Ma la sua autorevolezza non era discutibile. Anche perché nel suo studio in Rai passavano tutti i potenti dell'Italia (non solo) pallonara, come i politici da Vespa. Lo show, il suo show, veniva prima di tutto.

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