mercoledì 31 dicembre 2014

AMORE & AMICIZIA * BUON ANNO ALLE PRESENZE SILENZIOSE

Mi prendo cinque minuti di serietà per dedicare l'ultimo post dell'anno alle tante persone silenziose che ci stanno accanto. O meglio, alle persone silenziose che vorrebbero starci accanto e per un motivo o per un altro non possono farlo, perché siamo noi a non volerlo. Persone che quotidianamente, con pazienza, tenacia e quasi impercettibili segni, costruiscono un minuscolo ponte, ci fanno sapere di esistere e lasciano una porta aperta, quando siamo noi a tenerla chiusa. Per comodità, paura, ferite pregresse o anche solo per pigrizia. Non parlo di stalker, o cose simili, ovviamente. Parlo di quelle anime anche degne che vorrebbero avere un posto nella nostra vita, ma noi per tanti motivi non possiamo/vogliamo accontentarle. Perché non corrispondono ai nostri canoni estetici; perché il feeling giusto non c'è; perché sentiamo che non sono «la» (sempre che esista, parliamoci chiaro) persona della nostra vita; perché siamo un po' idealisti e non vogliamo stare con qualcuno soltanto per non vivere da soli; perché col passare degli anni la pazienza cala e si fa prima a notare quel che non ti piace di quel che ti piace, in qualcuno. Perché magari ami scherzare ma non prendere in giro la gente. Perché siamo presi da mille distrazioni e impegni quotidiani stipati in qualche cassetto. E tutti sembrano occupare un posto più degno di tutto il resto.
Le persone silenziose, ne sono convinto, lo sanno. Sanno perfettamente che probabilmente non riusciranno mai a entrare davvero nella nostra vita, eppure accendono una fiaccola lì accanto, non si stancano di tenerla viva, lanciano messaggi dentro le bottiglie. Dimostrano nei nostri confronti un genuino attaccamento che potrebbero forse destinare a migliori e più produttive cause. Eppure, con caparbietà, continuano a esserci, convinte che fare qualcosa, anche se una piccola cosa, sia meglio che sedersi ad aspettare. Non pensiate di non essere notate. Chi ha coscienza e sensibilità vi nota, eccome. A voi, alla vostra pulita e ostinata caparbietà dedico questo 2015. Se non sono così presente, è solo per non alimentare aspettative. Non perché non vi voglia bene. Sono reazioni di difesa un po' puerili e a volte immotivate, vecchie come il mondo. Ma sono certo che saprete capire. Buon anno.

lunedì 29 dicembre 2014

IL CAZZARO DI CAPODANNO * COME RICONOSCERLO E COME DIFENDERSI DA LUI

Siamo nel bel mezzo della settimana dedicata al Cazzaro di Capodanno. Il Cazzaro di Capodanno è una specie straordinaria a pelo fulvo che non rischia mai l'estinzione, oggetto di lunghi approfonditi studi. Vediamo le sue abitudini. Mentre tu ti spendi per organizzare qualcosa per il cosiddetto Veglione di San Silvestro (non vorrai mica finire in uno squallido locale con un'ostia di pandoro stantìo e il prosecchino in mano?), il CdC ti avvisa che sarà presente alla festa, e continua
a ripetertelo incessantemente sino all'ultimo, se necessario. Non si fa il minimo scrupolo. Ovviamente, così come l'ha detto a te, ha "prenotato" anche altre sei-otto cene, occupando posti a tavola che potrebbero andare ad altri. Ma il CdC è astuto, li vuole tutti per sé, con l'obiettivo di scegliere solo alla fine la soluzione che considera migliore. E rigorosamente, la mattina del 31, ti pacca. I CdC più professionali, confermando decisi, buttano lì a bassa voce una mezza parola che potrebbe, dopo un'attenta analisi semantica successiva, lasciar pensare a vaghezza decisionale. Che in realtà non c'è. Ma la strategia è utile per salvare le natiche al momento del fattaccio.
Non bisogna essere particolarmente severi con il CdC, perché un po' tutti lo siamo o lo siamo stati, soprattutto durante il periodo dell'adolescenza. E il Capodanno, ammettiamolo, è una brutta bestia. Se però le caratteristiche del CdC continuano a manifestarsi nel soggetto anche in età che si ritiene matura, sarà opportuno tentare un correttivo somministrandogli qualcosa per bocca. Per esempio un pratico flaconcino di Guttalax (ricordiamolo, è inodore e insapore) nel bicchiere di vino alla prima occasione di reincontro. Al terzo-quarto anno di disdetta il 31 mattina seguita da cena riparatoria lassativa, il soggetto probabilmente inizierà a legare il volto dell'organizzatore al travaglio intestinale subito, smettendo le abitudini da CdC o rivolgendo ad altri le proprie attenzioni.

martedì 23 dicembre 2014

«LOMBARDIA LOMBARDIA» * IL BRUTTO INNO CHE MOGOL SI PORTA VIA

Mario Lavezzi ha sempre cantato un po' di tutto, con indiscutibili qualità autorali e una certa tigna (a mio avviso immotivata) nel volersi esporre come cantante. Sempre, comunque e con risultati non particolarmente eclatanti. Insomma, un certo presenzialismo canzonettaro che ai miei occhi lo ha sempre avvicinato più ad Alessandro Cocco che a Freddie Mercury.
Su di lui, però, taccio. Da lui, un po', me l'aspettavo.
Che cosa spinga invece un autore come Giulio Rapetti in arte Mogol (uno che ha scritto le cose più belle di Lucio Battisti, per capirsi, e alcune tra le canzoni più grandi della musica italiana) a firmare in tandem col già citato Lavezzi l'inno «Lombardia Lombardia», realizzato per il Pirellone, resta e resterà per me un mistero gaudioso. Fosse poi un capolavoro, potrei anche chiudere un occhio. Ma cribbio, il testo lo riporto paro paro qui sotto. E il video lo incorporo, perché tutti devono vedere e sentire. Non avendo mai visto le ricevute di Formigoni, almeno qui qualche evidenza c'è.
Giulio, che cosa ti succede? Se non ti senti bene, dillo. Se possiamo fare qualcosa per darti una mano, non fare complimenti. Non credo che tu abbia bisogno di soldi. In Siae penso ti arrivi il Pil del Lussemburgo. Paolo Villaggio diceva del Sordi degli ultimi anni: «Fermatelo, prima che distrugga il suo mito».
Ecco, se c'è un Dio dei parolieri, fermi Mogol prima che decida di andare anche all'Isola dei famosi.

Ecco il testo di «Lombardia Lombardia» e, sotto, il video realizzato per la regione:

«Questa storia è quella di un bambino che diceva sempre sì entusiasta di ogni cosa: era un mondo che poi finì. Mi ricordo la città, la mia Milano, senza odio per nessuno, e la gente silenziosa nella chiesa a pregare tutti uniti come uno. Io da qui non vado via. Lombardia, Lombardia grande terra mia. Terra piana e montana. Gente forte che e' operosa, generosa senza una bugia. Ti dà il cuore, parla poco, ma dice quel che è. Tutto il mondo chiuso in una via. Il suo nome: 'buona volontà''. Una strada di periferia di chi accetta e ti rida'. Di chi ha poco e resta fiducioso che poi in meglio cambiera'. Di chi lavora e vive con poesia. E se anche vado via. Lombardia, Lombardia grande terra mia. Orgogliosa, laboriosa, piena di energia, gente onesta la lombarda. Fidati perché ha un gran cuore, pensa in grande ma resta quel che è Lombardia, Lombardia grande terra mia. Terra piana e montana. Gente forte che è operosa, generosa, senza una bugia. Ha un gran cuore, pensa a tutti e stringe tutti a sé».


domenica 21 dicembre 2014

ROCCO E NICOLE MINETTI SULL'ISOLA DEI FAMOSI: DALLE CENE ELEGANTI AI SEXY DIGIUNI

Alessia Marcuzzi passa dal «Grande Fratello» al «Grande Fardello». E ogni allusione agli attributi di parte del cast dell'«Isola dei famosi», che si appresta a condurre su Canale 5, è puramente voluta.
Come anticipato sarà dunque Rocco Siffredi, l'uomo che non ha bisogno di sassi per rompere i cocchi di Cayo Cochinos, il personaggio di spicco (verrebbe da dire il perno) della prossima edizione del reality, pronta a traslocare sull'ammiraglia Mediaset dal 26 gennaio 2015 dopo nove edizioni targate Rai e tre anni di stop.

L'altro colpaccio della produzione è Nicole Minetti, l'igienista dentale di Silvio, ex assessore regionale, comparsona del Ruby-gate, con tutto il suo carico silico-trash. Un personaggio moralmente discutibile ma televisivamente straordinario, perfetto per questo tipo di programma che non gioca certo sul buon gusto; una vera calamita per l'audience, tanto che pur di averla sono stati sborsati - sotto Natale, in tempo di crisi - ben 200 mila euro. Ovvero il record per lo show, almeno in questa edizione. Passerà dalle cene eleganti ai sexy digiuni.

La bombastica Nicole dovrà vedersela con Cecilia Rodriguez, sorella di Belen, da tempo a caccia di una personale visibilità difficile da trovare all'ombra di tanta consanguinea, e con l'esplosiva modella Fanny Neguesha, ex fidanzata di Balotelli. Cosa che nel gossip-mondo non fa mai male. Ne sa qualcosa Alfonso Signorini, reclutato come opinionista insieme con la sempre battagliera Mara Venier. Alla conduzione, Alessia Marcuzzi. Che passa dal «Grande Fratello» al «Grande Fardello». E ogni allusione al re del porno è puramente casuale. L'inviato è l'incolore Alvin, sempre a fianco di Silvia Toffanin in quel di «Verissimo».
È auspicabile (anche per mettersi al sicuro dai creditori) la presenza del bravo Marco Baldini, partner di Fiorello, e si parla anche di Elenoire Casalegno, in cerca di un rilancio. Secondo Davide Maggio sarà in squadra anche il cantante Valerio Scanu, reduce da «Tale e quale show» e a quanto sembra sempre più proiettato verso la tv. In Honduras non avrà bisogno di travestirsi perché, si sa, lì vanno in giro sempre mezzi nudi.

giovedì 18 dicembre 2014

ADDIO VIRNA LISI * BELLA DA MORIRE («MA NON DITEMI CHE SONO FREDDA»)

Di recente l'ho contattata per un libro che sto scrivendo. Con la massima gentilezza, ha declinato l'invito. Da qualche tempo era malata, non stava bene, ma preferiva che non si sapesse. Per pudore e totale assenza di vittimismo.
Virna Lisi, 78 anni, la bellezza fatta persona, aveva un che di distaccato dal mondo dello spettacolo, che la rendeva unica. Fuori dalle beghe del gossip, che odiava. Fuori dalle logiche da set, che sopportava a fatica. Lontana dalla tentazione del ritocchino, al quale tante colleghe meno fortunate (questo va detto) non hanno voluto o saputo sottrarsi. Del resto, «Con quella bocca può dire ciò che vuole», diceva lo slogan di un leggendario spot al quale ha partecipato.
Di recente, l'aveva sequestrata la fiction. «Interpreto sempre mamme e a volte anche nonne: non mi riesce particolarmente difficile, perché è quello che sono nella vita», era il commento.
Epperò lavorava dall’età di 14 anni. «Le confesso di aver sofferto un po’ per l’immagine di bellezza algida che i media tendono da sempre ad appiccicarmi addosso», mi disse un giorno al telefono, durante la promozione di una fiction con Sabrina Ferilli. Nella sua carriera ha vinto 7 David di Donatello, 6 Nastri d’argento, una Palma d’oro nel ‘94 a Cannes, e un César. Ma il piccolo ruolo per il quale (anche per ragioni anagrafiche) mezza Italia la ricorda ancora, è quello della sensuale Adriana Balestra, mamma irresistibile e tentatrice in «Sapore di mare», estate 1983. Più di trent’anni. E sembra ieri.

martedì 16 dicembre 2014

AGON CHANNEL * CARO BECCHETTI, DOPO CAPRARICA PRENDI JIMMY IL FENOMENO

Antonio Caprarica, che si è appena dimesso - a sorpresa - dalla carica di direttore responsabile del Tg dell'albanese Agon Channel, è uno che mi fa impazzire.

Sentite qui la dichiarazione ufficiale appena fatta all'AdnKronos: «Mi sono dimesso per giusta causa, per la mancanza assoluta delle strutture e del personale minimi per mandare in onda e confezionare un tg. Se questa è la tv del futuro, io non intendo starci. Mi hanno promesso sul contratto una struttura rispondente agli standard internazionali e mi sono ritrovato a montare i servizi nei container, con una redazione di nove persone che doveva realizzare tutti i tg, due ore di programma del mattino e un'ora di approfondimento serale. Più che la tv del futuro è la tv delle repliche ... Ho fatto l'impossibile per assicurare la messa in onda del telegiornale Agon News - ben 10 edizioni al giorno -, del programma mattutino I Primi (8,00-10,25 ogni giorno) e degli approfondimenti quotidiani di Times Square (cinque appuntamenti settimanali in seconda serata, tre condotti da me): il tutto con nove redattori. E basta. Non un producer, un autore, nemmeno una segretaria di redazione. E un solo apparecchio telefonico per tutti ma non una stampante ... Tanta fatica risulta comunque sprecata in mezzo a una programmazione di canale che, in mancanza di magazzino, offre solo repliche dopo repliche - perfino della festa di lancio del 25 novembre... - come i rari spettatori di Agon Channel Italia hanno potuto tristemente verificare».

Al di là dell'uscita di scena da gran signore (e prendendo per buone le tue affermazioni), sant'uomo d'un Caprarica, la domanda nasce spontanea: non ti sei sincerato prima di dove stavi andando a lavorare? Un giornalista d'esperienza come te, prima di accettare un incarico così prestigioso (peraltro appena rifiutato da Alessio Vinci), non ha verificato che ci fosse la struttura adeguata per supportare la messa in onda di un Tg? 
A me risultava che solo pochi giorni prima della partenza ci fossero problemi (forse un contratto discusso e non ancora in essere) con un'agenzia che doveva fornire i contenuti giornalistici più datati, il cosiddetto materiale d'archivio. Questo tu lo sapevi, Antonio santo. Non potevi non saperlo. Perché di quel tg eri il direttore.
La verità, forse, è che sei andato allo sbaraglio sperando che ti andasse bene, e ora sbatti la porta facendo la scena madre.
Fonzie ti avrebbe dato quantomeno del pivello. A Milano si chiama in un altro modo.
Ora lasci Simona Ventura al suo calcistico destino albanese e Sabrina Ferilli a intervistare, dopo Veltroni («Frost Vs. Nixon», ha detto qualcuno) la figlia di Wanna Marchi e Ali Agca. A modo suo artigggiano della qualità. Fossi nei panni di Becchetti, per sostituirti prenderei Jimmy il Fenomeno.

lunedì 15 dicembre 2014

GRIGNANI, PLATINETTE, NEK, LARA FABIAN * SARA' IL SANREMO DELLA SECONDA CHANCE

È un Sanremo da aspettare al varco. Con qualche certezza, e alcune perplessità.
C'è Lorenzo Fragola, che ha appena (meritatamente) vinto «X-Factor», e c'è pure la veneta Chiara Galiazzo, trionfatrice due anni fa sul palco del talent di SkyUno. Tanto per ribadire (qualora fosse necessario) che quel mondo di matrice televisiva ormai spadroneggia. Chiara ha disperatamente bisogno di un pezzo non forte, ma fortissimo. Perché la sua bella voce al momento si è imbattuta in canzoncine incolori, ed è un vero peccato. Il capitolo Amici di Maria De Filippi prosegue con il reclutamento del rapper Moreno, di Annalisa Scarrone (che con la classe di «Scintille» diede una grande lezione a molti) e dei Dear Jack, che fanno scoppiettare l'ormone inferocito delle adolescenti.
Conti ripesca Raf, per dimostrare a lui e a noi che qualcosa degli Anni 80 in fondo è davvero rimasto, ma anche, a sorpresa, Grazia Di Michele, che sale sul palco in coppia con Mauro Coruzzi-Platinette. Definirla una strana coppia, è poco.

La qualità pressoché garantita, col bollino blu, ha il nome di Nina Zilli e Malika Ayane, con un occhio di riguardo al rispolverato Marco Masini (sempre meglio di come tanti l'hanno dipinto) e a Nesli. Ma nel Festival della seconda possibilità, del riscatto, un po' alla Frank Capra, il direttore artistico decide di dare una chance anche a Gianluca Grignani, Nek e soprattutto alla dimenticata Lara Fabian. C'è poi il sempre onesto Alex Britti, che dovrà vedersela anche con Irene Grandi. Alla sempre emergente Bianca Atzei a febbraio si aggiungerà l'ottima trovata di dare spazio ai ragazzi de Il Volo, certezza internazionale in cerca di un'affermazione italiana. Devono solo scrollarsi di dosso l'etichetta da biglietto da visita del Made in Italy canoro. Almeno qui da noi.
E pazienza se nell'elenco finisce anche Anna Tatangelo. Niente, in teoria, è peggio dei Soliti idioti Biggio e Mandelli. Il prezzo da pagare alla regola baudiana di mettere nel menu almeno un po' di chanson-cabaret. A meno che i due non ci stupiscano. Ma a pensarci bene: l'hanno fatto sinora?

venerdì 12 dicembre 2014

«X-FACTOR 8» * TRIONFA LORENZO FRAGOLA (E BYE BYE MORGAN)

Lorenzo Fragola, con la complicità di una funzionale Gianna Nannini, ha vinto l'ottava (un po' noiosa) edizione di «X-Factor», che come ho detto sin dal primo giorno era «il posto del Fragola». Preciso, intonato, gradevole, sempre sul pezzo, meglio da ascoltare che da sentir parlare, il diciannovenne siciliano nella squadra di Fedez ha meritatamente sfondato. Felpa blu, talento e naturalezza.
Meglio dell'incolore Ilaria (supportata da Tiziano Ferro e passata alla finale nonostante la bravura e lo spessore di Emma), più del cannonau inesploso Mario (abbinato ad Arisa), e senz'altro meglio del piccolo bluff Madh (in duetto con la sofisticata Malika Ayane). Un prodotto giovanilistico, pretestuosamente innovativo, soprattutto per il look e certi ammiccamenti stilistici, che non mi ha mai convinto del tutto. Lacca a parte. E che a quanto pare non è riuscito a turlupinare neppure il popolo del Televoto. E questa è stata (per me) una grande sorpresa.

Lorenzo ha fatto la sua parte, in una puntata che si è aperta dal Forum di Assago, a Milano, con l'omaggio alla fresca Chiara Galiazzo (ma il vincitore del 2013 non fu il già dimenticato Michele Bravi?). Bella voce che fatica a trovare grandi pezzi. Ma questo della carenza di autori è un problema comune.
Morgan, ormai certo dell'esclusione dai giochi della prossima edizione del talent, ha dato (come la scorsa puntata), il peggio del peggio di sé. Del resto da lui non ci si può aspettare che quello: tanto fumo, e poco arrosto. Fischiato dal pubblico (che ha offeso in tutta risposta), inutilmente provocatorio, ha trovato il peggiore modo di uscire di scena. Sbroccando. E inducendo il bravo Alessandro Cattelan a pronunciare la leggendaria frase: «Almeno qualcuno tra il pubblico si assuma la responsabilità di essere adulto».
Fra un David Guetta e un altro ospite internazionale, la serata è scivolata via nell'usuale imponenza. Con una Victoria Cabello da mettere ancora un po' a fuoco, Mika stranamente incolore, frenato dai deliri di Morgan, e Fedez, felice di constatare il tracollo del rivale di scrivania.

lunedì 8 dicembre 2014

IN RICORDO DI MANGO, CON QUEL FALSETTO CHE DIVIDEVA LA CRITICA

Nel mondo della musica italiana, se chiedevi un Lucano, ti portavano Mango.
Amato alla follia oppure detestato. Tutta colpa (o merito) di quella voce melodiosa, molto incline agli acuti e ai falsetti. Non sempre graditi. Ero tra quelli che - senza farne mistero - non gradivano, ma gli riconoscevo un certo carisma, sul palco. E, sicuramente, tecnica vocale. Conobbi Giuseppe «Pino» Mango sul finire degli Anni 80, in occasione di una tra le conferenze stampa più sfarzose alle quali abbia partecipato. Lavoravo ancora per «La provincia Pavese», ed era il periodo in cui i soldi per le presentazioni giravano a fiumi, nella discografia. E lui era sotto contratto con la Fonit Cetra, ovvero l'etichetta statale. Quella che con il denaro del contribuente si permetteva in genere ogni lusso e sfarzo. Tant'è che per il lancio del suo album avevano scelto come location non Milano ma l'imponente Castello di San Gaudenzio di Cervesina, in provincia di Pavia. Una lussuosa villa-ristorante teatro spesso di cene aziendali e banchetti nuziali. Mangiammo da gran signori con super gadget alla fine. Bei tempi.
Mango all'epoca era tra i Re delle classifiche, la sua musica si piazzava alle vette fra le tendenze dello spettacolo. Era di gran moda. Stava seduto a capotavola, come un sovrano ne «Il trono di spade». mancavano solo gli abiti dell'epoca. Tutt'attorno un gran dispiego di Luzzatti Fegiz e Venegoni che avrei poi conosciuto molto bene.
Mango fu così popolare da finire in una magica lista stilata da Elio e le storie tese nella loro parodia di «Vattene amore»:

«Io sono Minghi e vado da Mango,
là incontro Mengoli, Mingardi e Menghistu,
guardiamo il cielo e vediamo lassù,
Mangano, Mingus, Mengele e Manzù».

A 60 anni, per un infarto, se ne è andato ieri sera sul palco, che si dice sia la morte preferita da un artista. Chissà se è vero? Mi permetto di dubitarlo. Stava cantando «Oro», che insieme con «Lei verrà» è stata il suo pezzo più noto. Pochi mesi fa, quando il successo vero non l'accarezzava più ormai da tanto tempo, l'avevo incontrato a Milano, sui Navigli. Un po' imbolsito e pallido. Con quella malinconia stampata in faccia che solo quelli che hanno conosciuto i trionfi possono avere.

sabato 6 dicembre 2014

OGGI CHI SE LA PASSA MEGLIO IN ITALIA È ANTONIO BANDERAS

Solo nell'ultima settimana: Standard & Poor's ci ha declassato per l'ennesima volta, un gradino sopra il livello spazzatura (ormai sembra la barzelletta del vecchietto che cade incidentalmente dal palazzo ma non muore mai, e per finirlo hanno dovuto abbatterlo); il Governo ha deciso un altro, sciagurato aumento dell'Iva in tre anni al 25.5% (ormai anche i greci vengono a ballare il sirtaki sulla nostra tomba), e - dulcis in fundo - a Roma è stato scoperchiato un Cupolone di connivenze mafiose che darà un'altra botta alla nostra già fulgida immagine planetaria. Perché non dimentichiamolo: Roma è la Capitale, la nostra città più famosa al mondo, se si eccettua Venezia, la capitale morale. Una Capitale che chiude per mafia non fa un gran bel vedere all'estero. E non è un toccasana neppure per il turismo. Ecco, se consideriamo tutto questo, il tipo che in Italia al momento se la passa meglio di tutti, secondo me, è Antonio Banderas rinchiuso nel Mulino Bianco.

lunedì 1 dicembre 2014

MI È ESPLOSO IL SANITRIT (50 SFUMATURE DI MARRONE)

Vorrei dirvi che ieri ho passato una bella domenica di fine novembre. Vorrei tanto, di cuore, ma non posso.
Non posso perché nel weekend, in bagno, mi si è rotto il Sanitrit. Chi non sapesse di che cosa sto parlando, se lo faccia spiegare, lo cerchi sul web, o lo intuisca. Ho gli entusiasmi un po' appannati, in questo momento...
Il Sanitrit è quella cosa della quale non ti accorgi, finché non si guasta. E il mio, che ha uno straordinario senso dello spettacolo, si è rotto esattamente come avrebbe fatto il proprietario: in modo spettacolare. Esplodendo. Stappandosi come una bottiglia di Champagne millesimato dopo qualche avvisaglia di malore data il giorno prima. Solo che poi la materia che ti schizza ovunque, sul pavimento, non è Champagne. Fra l'altro ho il bagno cieco. E ieri, nei momenti più difficili, mi ha confidato che avrebbe voluto essere anche privo di olfatto. O forse era una mia allucinazione? Non so.
So che quando ti metti nell'impresa di pulire una cosa del genere, in quello che si può tranquillamente definire uno tra i peggiori disastri domestici del dopoguerra, ti passa davanti tutta la tua vita. E anche una parte non trascurabile della tua carriera. Devi mettere in salvo disperatamente le cose. Tutto ti sembra (o è) contaminato. Il fluido malefico s'insinua in ogni pertugio. Ti aggrappi alla flebile speranza di un paio di vecchie scarpe da ginnastica per guadare il fiume. E butti fogli di giornale ovunque, per tamponare. A proposito, chi ha detto che la carta stampata è in crisi? Messa così, come la mettevo io ieri, la carta aveva un roseo, radioso, splendente futuro. Il perché salvifico che forse non ha mai avuto. C'era etica e mestiere in quel mio agire estenuato.

Poi, in tuta, esci di casa, vai al Carrefour all'angolo e compri quattro litri di candeggina, stracci, guanti usa e getta, il set completo di Mocio lavapavimenti e anche un sacchetto di rucola, perché l'hai finita. Alla cassa, il ragazzo indiano ti guarda con mezzo sorriso fra il sarcastico e il compassionevole. Nessuno mi toglie dalla testa che fosse per via della rucola. Come quelli che andavano in edicola a comprare il film porno, e lo nascondevano in una copia del Sole 24 ore. Ma per nascondere tutto quel materiale detergente mi sarebbe servito un campo di rucola.
A casa, mentre mogio mogio passi il Mocio, nel pieno delle operazioni (l'ora del disastro è stata attorno alle 10 a.m., con chiusura degli interventi nell'area da bonificare verso le 15.30 p.m., compresa pausa pranzo fatta con animo comprensibilmente disgustato) vuoi che non ti venga voglia di fare pipì? È lì che ti sfili i guanti e guardi l'accogliente bidet con occhi nuovi, diversi. Per poi ricominciare, instancabile quel lento su e giù. Quel frustrante via vai. Che ti fa riflettere sulla nobiltà dei lavori manuali. Che hai sempre cercato di evitare, nella vita. E se c'era un perché, fatica a parte, lo avvertivi con forza inaudita una domenica pomeriggio di fine novembre. Poi - e non può essere diversamente -, rifletti sul fatto che a bocce ferme un pezzo su questa incredibile esperienza lo dovrai pur scrivere (se non altro per liberarti, restando in tema), cercando di non nominare mai la parola tanto cara a Cambronne.
Si stima che ora il mio bagno saprà di candeggina per i prossimi 5 anni. Ci potrebbero registrare una puntata di «Masterchef».
Comunque, in definitiva, avete presente «50 sfumature di grigio»? Ecco, erano di marrone.

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