mercoledì 31 dicembre 2014

AMORE & AMICIZIA * BUON ANNO ALLE PRESENZE SILENZIOSE

Mi prendo cinque minuti di serietà per dedicare l'ultimo post dell'anno alle tante persone silenziose che ci stanno accanto. O meglio, alle persone silenziose che vorrebbero starci accanto e per un motivo o per un altro non possono farlo, perché siamo noi a non volerlo. Persone che quotidianamente, con pazienza, tenacia e quasi impercettibili segni, costruiscono un minuscolo ponte, ci fanno sapere di esistere e lasciano una porta aperta, quando siamo noi a tenerla chiusa. Per comodità, paura, ferite pregresse o anche solo per pigrizia. Non parlo di stalker, o cose simili, ovviamente. Parlo di quelle anime anche degne che vorrebbero avere un posto nella nostra vita, ma noi per tanti motivi non possiamo/vogliamo accontentarle. Perché non corrispondono ai nostri canoni estetici; perché il feeling giusto non c'è; perché sentiamo che non sono «la» (sempre che esista, parliamoci chiaro) persona della nostra vita; perché siamo un po' idealisti e non vogliamo stare con qualcuno soltanto per non vivere da soli; perché col passare degli anni la pazienza cala e si fa prima a notare quel che non ti piace di quel che ti piace, in qualcuno. Perché magari ami scherzare ma non prendere in giro la gente. Perché siamo presi da mille distrazioni e impegni quotidiani stipati in qualche cassetto. E tutti sembrano occupare un posto più degno di tutto il resto.
Le persone silenziose, ne sono convinto, lo sanno. Sanno perfettamente che probabilmente non riusciranno mai a entrare davvero nella nostra vita, eppure accendono una fiaccola lì accanto, non si stancano di tenerla viva, lanciano messaggi dentro le bottiglie. Dimostrano nei nostri confronti un genuino attaccamento che potrebbero forse destinare a migliori e più produttive cause. Eppure, con caparbietà, continuano a esserci, convinte che fare qualcosa, anche se una piccola cosa, sia meglio che sedersi ad aspettare. Non pensiate di non essere notate. Chi ha coscienza e sensibilità vi nota, eccome. A voi, alla vostra pulita e ostinata caparbietà dedico questo 2015. Se non sono così presente, è solo per non alimentare aspettative. Non perché non vi voglia bene. Sono reazioni di difesa un po' puerili e a volte immotivate, vecchie come il mondo. Ma sono certo che saprete capire. Buon anno.

lunedì 29 dicembre 2014

IL CAZZARO DI CAPODANNO * COME RICONOSCERLO E COME DIFENDERSI DA LUI

Siamo nel bel mezzo della settimana dedicata al Cazzaro di Capodanno. Il Cazzaro di Capodanno è una specie straordinaria a pelo fulvo che non rischia mai l'estinzione, oggetto di lunghi approfonditi studi. Vediamo le sue abitudini. Mentre tu ti spendi per organizzare qualcosa per il cosiddetto Veglione di San Silvestro (non vorrai mica finire in uno squallido locale con un'ostia di pandoro stantìo e il prosecchino in mano?), il CdC ti avvisa che sarà presente alla festa, e continua
a ripetertelo incessantemente sino all'ultimo, se necessario. Non si fa il minimo scrupolo. Ovviamente, così come l'ha detto a te, ha "prenotato" anche altre sei-otto cene, occupando posti a tavola che potrebbero andare ad altri. Ma il CdC è astuto, li vuole tutti per sé, con l'obiettivo di scegliere solo alla fine la soluzione che considera migliore. E rigorosamente, la mattina del 31, ti pacca. I CdC più professionali, confermando decisi, buttano lì a bassa voce una mezza parola che potrebbe, dopo un'attenta analisi semantica successiva, lasciar pensare a vaghezza decisionale. Che in realtà non c'è. Ma la strategia è utile per salvare le natiche al momento del fattaccio.
Non bisogna essere particolarmente severi con il CdC, perché un po' tutti lo siamo o lo siamo stati, soprattutto durante il periodo dell'adolescenza. E il Capodanno, ammettiamolo, è una brutta bestia. Se però le caratteristiche del CdC continuano a manifestarsi nel soggetto anche in età che si ritiene matura, sarà opportuno tentare un correttivo somministrandogli qualcosa per bocca. Per esempio un pratico flaconcino di Guttalax (ricordiamolo, è inodore e insapore) nel bicchiere di vino alla prima occasione di reincontro. Al terzo-quarto anno di disdetta il 31 mattina seguita da cena riparatoria lassativa, il soggetto probabilmente inizierà a legare il volto dell'organizzatore al travaglio intestinale subito, smettendo le abitudini da CdC o rivolgendo ad altri le proprie attenzioni.

martedì 23 dicembre 2014

«LOMBARDIA LOMBARDIA» * IL BRUTTO INNO CHE MOGOL SI PORTA VIA

Mario Lavezzi ha sempre cantato un po' di tutto, con indiscutibili qualità autorali e una certa tigna (a mio avviso immotivata) nel volersi esporre come cantante. Sempre, comunque e con risultati non particolarmente eclatanti. Insomma, un certo presenzialismo canzonettaro che ai miei occhi lo ha sempre avvicinato più ad Alessandro Cocco che a Freddie Mercury.
Su di lui, però, taccio. Da lui, un po', me l'aspettavo.
Che cosa spinga invece un autore come Giulio Rapetti in arte Mogol (uno che ha scritto le cose più belle di Lucio Battisti, per capirsi, e alcune tra le canzoni più grandi della musica italiana) a firmare in tandem col già citato Lavezzi l'inno «Lombardia Lombardia», realizzato per il Pirellone, resta e resterà per me un mistero gaudioso. Fosse poi un capolavoro, potrei anche chiudere un occhio. Ma cribbio, il testo lo riporto paro paro qui sotto. E il video lo incorporo, perché tutti devono vedere e sentire. Non avendo mai visto le ricevute di Formigoni, almeno qui qualche evidenza c'è.
Giulio, che cosa ti succede? Se non ti senti bene, dillo. Se possiamo fare qualcosa per darti una mano, non fare complimenti. Non credo che tu abbia bisogno di soldi. In Siae penso ti arrivi il Pil del Lussemburgo. Paolo Villaggio diceva del Sordi degli ultimi anni: «Fermatelo, prima che distrugga il suo mito».
Ecco, se c'è un Dio dei parolieri, fermi Mogol prima che decida di andare anche all'Isola dei famosi.

Ecco il testo di «Lombardia Lombardia» e, sotto, il video realizzato per la regione:

«Questa storia è quella di un bambino che diceva sempre sì entusiasta di ogni cosa: era un mondo che poi finì. Mi ricordo la città, la mia Milano, senza odio per nessuno, e la gente silenziosa nella chiesa a pregare tutti uniti come uno. Io da qui non vado via. Lombardia, Lombardia grande terra mia. Terra piana e montana. Gente forte che e' operosa, generosa senza una bugia. Ti dà il cuore, parla poco, ma dice quel che è. Tutto il mondo chiuso in una via. Il suo nome: 'buona volontà''. Una strada di periferia di chi accetta e ti rida'. Di chi ha poco e resta fiducioso che poi in meglio cambiera'. Di chi lavora e vive con poesia. E se anche vado via. Lombardia, Lombardia grande terra mia. Orgogliosa, laboriosa, piena di energia, gente onesta la lombarda. Fidati perché ha un gran cuore, pensa in grande ma resta quel che è Lombardia, Lombardia grande terra mia. Terra piana e montana. Gente forte che è operosa, generosa, senza una bugia. Ha un gran cuore, pensa a tutti e stringe tutti a sé».


domenica 21 dicembre 2014

ROCCO E NICOLE MINETTI SULL'ISOLA DEI FAMOSI: DALLE CENE ELEGANTI AI SEXY DIGIUNI

Alessia Marcuzzi passa dal «Grande Fratello» al «Grande Fardello». E ogni allusione agli attributi di parte del cast dell'«Isola dei famosi», che si appresta a condurre su Canale 5, è puramente voluta.
Come anticipato sarà dunque Rocco Siffredi, l'uomo che non ha bisogno di sassi per rompere i cocchi di Cayo Cochinos, il personaggio di spicco (verrebbe da dire il perno) della prossima edizione del reality, pronta a traslocare sull'ammiraglia Mediaset dal 26 gennaio 2015 dopo nove edizioni targate Rai e tre anni di stop.

L'altro colpaccio della produzione è Nicole Minetti, l'igienista dentale di Silvio, ex assessore regionale, comparsona del Ruby-gate, con tutto il suo carico silico-trash. Un personaggio moralmente discutibile ma televisivamente straordinario, perfetto per questo tipo di programma che non gioca certo sul buon gusto; una vera calamita per l'audience, tanto che pur di averla sono stati sborsati - sotto Natale, in tempo di crisi - ben 200 mila euro. Ovvero il record per lo show, almeno in questa edizione. Passerà dalle cene eleganti ai sexy digiuni.

La bombastica Nicole dovrà vedersela con Cecilia Rodriguez, sorella di Belen, da tempo a caccia di una personale visibilità difficile da trovare all'ombra di tanta consanguinea, e con l'esplosiva modella Fanny Neguesha, ex fidanzata di Balotelli. Cosa che nel gossip-mondo non fa mai male. Ne sa qualcosa Alfonso Signorini, reclutato come opinionista insieme con la sempre battagliera Mara Venier. Alla conduzione, Alessia Marcuzzi. Che passa dal «Grande Fratello» al «Grande Fardello». E ogni allusione al re del porno è puramente casuale. L'inviato è l'incolore Alvin, sempre a fianco di Silvia Toffanin in quel di «Verissimo».
È auspicabile (anche per mettersi al sicuro dai creditori) la presenza del bravo Marco Baldini, partner di Fiorello, e si parla anche di Elenoire Casalegno, in cerca di un rilancio. Secondo Davide Maggio sarà in squadra anche il cantante Valerio Scanu, reduce da «Tale e quale show» e a quanto sembra sempre più proiettato verso la tv. In Honduras non avrà bisogno di travestirsi perché, si sa, lì vanno in giro sempre mezzi nudi.

giovedì 18 dicembre 2014

ADDIO VIRNA LISI * BELLA DA MORIRE («MA NON DITEMI CHE SONO FREDDA»)

Di recente l'ho contattata per un libro che sto scrivendo. Con la massima gentilezza, ha declinato l'invito. Da qualche tempo era malata, non stava bene, ma preferiva che non si sapesse. Per pudore e totale assenza di vittimismo.
Virna Lisi, 78 anni, la bellezza fatta persona, aveva un che di distaccato dal mondo dello spettacolo, che la rendeva unica. Fuori dalle beghe del gossip, che odiava. Fuori dalle logiche da set, che sopportava a fatica. Lontana dalla tentazione del ritocchino, al quale tante colleghe meno fortunate (questo va detto) non hanno voluto o saputo sottrarsi. Del resto, «Con quella bocca può dire ciò che vuole», diceva lo slogan di un leggendario spot al quale ha partecipato.
Di recente, l'aveva sequestrata la fiction. «Interpreto sempre mamme e a volte anche nonne: non mi riesce particolarmente difficile, perché è quello che sono nella vita», era il commento.
Epperò lavorava dall’età di 14 anni. «Le confesso di aver sofferto un po’ per l’immagine di bellezza algida che i media tendono da sempre ad appiccicarmi addosso», mi disse un giorno al telefono, durante la promozione di una fiction con Sabrina Ferilli. Nella sua carriera ha vinto 7 David di Donatello, 6 Nastri d’argento, una Palma d’oro nel ‘94 a Cannes, e un César. Ma il piccolo ruolo per il quale (anche per ragioni anagrafiche) mezza Italia la ricorda ancora, è quello della sensuale Adriana Balestra, mamma irresistibile e tentatrice in «Sapore di mare», estate 1983. Più di trent’anni. E sembra ieri.

martedì 16 dicembre 2014

AGON CHANNEL * CARO BECCHETTI, DOPO CAPRARICA PRENDI JIMMY IL FENOMENO

Antonio Caprarica, che si è appena dimesso - a sorpresa - dalla carica di direttore responsabile del Tg dell'albanese Agon Channel, è uno che mi fa impazzire.

Sentite qui la dichiarazione ufficiale appena fatta all'AdnKronos: «Mi sono dimesso per giusta causa, per la mancanza assoluta delle strutture e del personale minimi per mandare in onda e confezionare un tg. Se questa è la tv del futuro, io non intendo starci. Mi hanno promesso sul contratto una struttura rispondente agli standard internazionali e mi sono ritrovato a montare i servizi nei container, con una redazione di nove persone che doveva realizzare tutti i tg, due ore di programma del mattino e un'ora di approfondimento serale. Più che la tv del futuro è la tv delle repliche ... Ho fatto l'impossibile per assicurare la messa in onda del telegiornale Agon News - ben 10 edizioni al giorno -, del programma mattutino I Primi (8,00-10,25 ogni giorno) e degli approfondimenti quotidiani di Times Square (cinque appuntamenti settimanali in seconda serata, tre condotti da me): il tutto con nove redattori. E basta. Non un producer, un autore, nemmeno una segretaria di redazione. E un solo apparecchio telefonico per tutti ma non una stampante ... Tanta fatica risulta comunque sprecata in mezzo a una programmazione di canale che, in mancanza di magazzino, offre solo repliche dopo repliche - perfino della festa di lancio del 25 novembre... - come i rari spettatori di Agon Channel Italia hanno potuto tristemente verificare».

Al di là dell'uscita di scena da gran signore (e prendendo per buone le tue affermazioni), sant'uomo d'un Caprarica, la domanda nasce spontanea: non ti sei sincerato prima di dove stavi andando a lavorare? Un giornalista d'esperienza come te, prima di accettare un incarico così prestigioso (peraltro appena rifiutato da Alessio Vinci), non ha verificato che ci fosse la struttura adeguata per supportare la messa in onda di un Tg? 
A me risultava che solo pochi giorni prima della partenza ci fossero problemi (forse un contratto discusso e non ancora in essere) con un'agenzia che doveva fornire i contenuti giornalistici più datati, il cosiddetto materiale d'archivio. Questo tu lo sapevi, Antonio santo. Non potevi non saperlo. Perché di quel tg eri il direttore.
La verità, forse, è che sei andato allo sbaraglio sperando che ti andasse bene, e ora sbatti la porta facendo la scena madre.
Fonzie ti avrebbe dato quantomeno del pivello. A Milano si chiama in un altro modo.
Ora lasci Simona Ventura al suo calcistico destino albanese e Sabrina Ferilli a intervistare, dopo Veltroni («Frost Vs. Nixon», ha detto qualcuno) la figlia di Wanna Marchi e Ali Agca. A modo suo artigggiano della qualità. Fossi nei panni di Becchetti, per sostituirti prenderei Jimmy il Fenomeno.

lunedì 15 dicembre 2014

GRIGNANI, PLATINETTE, NEK, LARA FABIAN * SARA' IL SANREMO DELLA SECONDA CHANCE

È un Sanremo da aspettare al varco. Con qualche certezza, e alcune perplessità.
C'è Lorenzo Fragola, che ha appena (meritatamente) vinto «X-Factor», e c'è pure la veneta Chiara Galiazzo, trionfatrice due anni fa sul palco del talent di SkyUno. Tanto per ribadire (qualora fosse necessario) che quel mondo di matrice televisiva ormai spadroneggia. Chiara ha disperatamente bisogno di un pezzo non forte, ma fortissimo. Perché la sua bella voce al momento si è imbattuta in canzoncine incolori, ed è un vero peccato. Il capitolo Amici di Maria De Filippi prosegue con il reclutamento del rapper Moreno, di Annalisa Scarrone (che con la classe di «Scintille» diede una grande lezione a molti) e dei Dear Jack, che fanno scoppiettare l'ormone inferocito delle adolescenti.
Conti ripesca Raf, per dimostrare a lui e a noi che qualcosa degli Anni 80 in fondo è davvero rimasto, ma anche, a sorpresa, Grazia Di Michele, che sale sul palco in coppia con Mauro Coruzzi-Platinette. Definirla una strana coppia, è poco.

La qualità pressoché garantita, col bollino blu, ha il nome di Nina Zilli e Malika Ayane, con un occhio di riguardo al rispolverato Marco Masini (sempre meglio di come tanti l'hanno dipinto) e a Nesli. Ma nel Festival della seconda possibilità, del riscatto, un po' alla Frank Capra, il direttore artistico decide di dare una chance anche a Gianluca Grignani, Nek e soprattutto alla dimenticata Lara Fabian. C'è poi il sempre onesto Alex Britti, che dovrà vedersela anche con Irene Grandi. Alla sempre emergente Bianca Atzei a febbraio si aggiungerà l'ottima trovata di dare spazio ai ragazzi de Il Volo, certezza internazionale in cerca di un'affermazione italiana. Devono solo scrollarsi di dosso l'etichetta da biglietto da visita del Made in Italy canoro. Almeno qui da noi.
E pazienza se nell'elenco finisce anche Anna Tatangelo. Niente, in teoria, è peggio dei Soliti idioti Biggio e Mandelli. Il prezzo da pagare alla regola baudiana di mettere nel menu almeno un po' di chanson-cabaret. A meno che i due non ci stupiscano. Ma a pensarci bene: l'hanno fatto sinora?

venerdì 12 dicembre 2014

«X-FACTOR 8» * TRIONFA LORENZO FRAGOLA (E BYE BYE MORGAN)

Lorenzo Fragola, con la complicità di una funzionale Gianna Nannini, ha vinto l'ottava (un po' noiosa) edizione di «X-Factor», che come ho detto sin dal primo giorno era «il posto del Fragola». Preciso, intonato, gradevole, sempre sul pezzo, meglio da ascoltare che da sentir parlare, il diciannovenne siciliano nella squadra di Fedez ha meritatamente sfondato. Felpa blu, talento e naturalezza.
Meglio dell'incolore Ilaria (supportata da Tiziano Ferro e passata alla finale nonostante la bravura e lo spessore di Emma), più del cannonau inesploso Mario (abbinato ad Arisa), e senz'altro meglio del piccolo bluff Madh (in duetto con la sofisticata Malika Ayane). Un prodotto giovanilistico, pretestuosamente innovativo, soprattutto per il look e certi ammiccamenti stilistici, che non mi ha mai convinto del tutto. Lacca a parte. E che a quanto pare non è riuscito a turlupinare neppure il popolo del Televoto. E questa è stata (per me) una grande sorpresa.

Lorenzo ha fatto la sua parte, in una puntata che si è aperta dal Forum di Assago, a Milano, con l'omaggio alla fresca Chiara Galiazzo (ma il vincitore del 2013 non fu il già dimenticato Michele Bravi?). Bella voce che fatica a trovare grandi pezzi. Ma questo della carenza di autori è un problema comune.
Morgan, ormai certo dell'esclusione dai giochi della prossima edizione del talent, ha dato (come la scorsa puntata), il peggio del peggio di sé. Del resto da lui non ci si può aspettare che quello: tanto fumo, e poco arrosto. Fischiato dal pubblico (che ha offeso in tutta risposta), inutilmente provocatorio, ha trovato il peggiore modo di uscire di scena. Sbroccando. E inducendo il bravo Alessandro Cattelan a pronunciare la leggendaria frase: «Almeno qualcuno tra il pubblico si assuma la responsabilità di essere adulto».
Fra un David Guetta e un altro ospite internazionale, la serata è scivolata via nell'usuale imponenza. Con una Victoria Cabello da mettere ancora un po' a fuoco, Mika stranamente incolore, frenato dai deliri di Morgan, e Fedez, felice di constatare il tracollo del rivale di scrivania.

lunedì 8 dicembre 2014

IN RICORDO DI MANGO, CON QUEL FALSETTO CHE DIVIDEVA LA CRITICA

Nel mondo della musica italiana, se chiedevi un Lucano, ti portavano Mango.
Amato alla follia oppure detestato. Tutta colpa (o merito) di quella voce melodiosa, molto incline agli acuti e ai falsetti. Non sempre graditi. Ero tra quelli che - senza farne mistero - non gradivano, ma gli riconoscevo un certo carisma, sul palco. E, sicuramente, tecnica vocale. Conobbi Giuseppe «Pino» Mango sul finire degli Anni 80, in occasione di una tra le conferenze stampa più sfarzose alle quali abbia partecipato. Lavoravo ancora per «La provincia Pavese», ed era il periodo in cui i soldi per le presentazioni giravano a fiumi, nella discografia. E lui era sotto contratto con la Fonit Cetra, ovvero l'etichetta statale. Quella che con il denaro del contribuente si permetteva in genere ogni lusso e sfarzo. Tant'è che per il lancio del suo album avevano scelto come location non Milano ma l'imponente Castello di San Gaudenzio di Cervesina, in provincia di Pavia. Una lussuosa villa-ristorante teatro spesso di cene aziendali e banchetti nuziali. Mangiammo da gran signori con super gadget alla fine. Bei tempi.
Mango all'epoca era tra i Re delle classifiche, la sua musica si piazzava alle vette fra le tendenze dello spettacolo. Era di gran moda. Stava seduto a capotavola, come un sovrano ne «Il trono di spade». mancavano solo gli abiti dell'epoca. Tutt'attorno un gran dispiego di Luzzatti Fegiz e Venegoni che avrei poi conosciuto molto bene.
Mango fu così popolare da finire in una magica lista stilata da Elio e le storie tese nella loro parodia di «Vattene amore»:

«Io sono Minghi e vado da Mango,
là incontro Mengoli, Mingardi e Menghistu,
guardiamo il cielo e vediamo lassù,
Mangano, Mingus, Mengele e Manzù».

A 60 anni, per un infarto, se ne è andato ieri sera sul palco, che si dice sia la morte preferita da un artista. Chissà se è vero? Mi permetto di dubitarlo. Stava cantando «Oro», che insieme con «Lei verrà» è stata il suo pezzo più noto. Pochi mesi fa, quando il successo vero non l'accarezzava più ormai da tanto tempo, l'avevo incontrato a Milano, sui Navigli. Un po' imbolsito e pallido. Con quella malinconia stampata in faccia che solo quelli che hanno conosciuto i trionfi possono avere.

sabato 6 dicembre 2014

OGGI CHI SE LA PASSA MEGLIO IN ITALIA È ANTONIO BANDERAS

Solo nell'ultima settimana: Standard & Poor's ci ha declassato per l'ennesima volta, un gradino sopra il livello spazzatura (ormai sembra la barzelletta del vecchietto che cade incidentalmente dal palazzo ma non muore mai, e per finirlo hanno dovuto abbatterlo); il Governo ha deciso un altro, sciagurato aumento dell'Iva in tre anni al 25.5% (ormai anche i greci vengono a ballare il sirtaki sulla nostra tomba), e - dulcis in fundo - a Roma è stato scoperchiato un Cupolone di connivenze mafiose che darà un'altra botta alla nostra già fulgida immagine planetaria. Perché non dimentichiamolo: Roma è la Capitale, la nostra città più famosa al mondo, se si eccettua Venezia, la capitale morale. Una Capitale che chiude per mafia non fa un gran bel vedere all'estero. E non è un toccasana neppure per il turismo. Ecco, se consideriamo tutto questo, il tipo che in Italia al momento se la passa meglio di tutti, secondo me, è Antonio Banderas rinchiuso nel Mulino Bianco.

lunedì 1 dicembre 2014

MI È ESPLOSO IL SANITRIT (50 SFUMATURE DI MARRONE)

Vorrei dirvi che ieri ho passato una bella domenica di fine novembre. Vorrei tanto, di cuore, ma non posso.
Non posso perché nel weekend, in bagno, mi si è rotto il Sanitrit. Chi non sapesse di che cosa sto parlando, se lo faccia spiegare, lo cerchi sul web, o lo intuisca. Ho gli entusiasmi un po' appannati, in questo momento...
Il Sanitrit è quella cosa della quale non ti accorgi, finché non si guasta. E il mio, che ha uno straordinario senso dello spettacolo, si è rotto esattamente come avrebbe fatto il proprietario: in modo spettacolare. Esplodendo. Stappandosi come una bottiglia di Champagne millesimato dopo qualche avvisaglia di malore data il giorno prima. Solo che poi la materia che ti schizza ovunque, sul pavimento, non è Champagne. Fra l'altro ho il bagno cieco. E ieri, nei momenti più difficili, mi ha confidato che avrebbe voluto essere anche privo di olfatto. O forse era una mia allucinazione? Non so.
So che quando ti metti nell'impresa di pulire una cosa del genere, in quello che si può tranquillamente definire uno tra i peggiori disastri domestici del dopoguerra, ti passa davanti tutta la tua vita. E anche una parte non trascurabile della tua carriera. Devi mettere in salvo disperatamente le cose. Tutto ti sembra (o è) contaminato. Il fluido malefico s'insinua in ogni pertugio. Ti aggrappi alla flebile speranza di un paio di vecchie scarpe da ginnastica per guadare il fiume. E butti fogli di giornale ovunque, per tamponare. A proposito, chi ha detto che la carta stampata è in crisi? Messa così, come la mettevo io ieri, la carta aveva un roseo, radioso, splendente futuro. Il perché salvifico che forse non ha mai avuto. C'era etica e mestiere in quel mio agire estenuato.

Poi, in tuta, esci di casa, vai al Carrefour all'angolo e compri quattro litri di candeggina, stracci, guanti usa e getta, il set completo di Mocio lavapavimenti e anche un sacchetto di rucola, perché l'hai finita. Alla cassa, il ragazzo indiano ti guarda con mezzo sorriso fra il sarcastico e il compassionevole. Nessuno mi toglie dalla testa che fosse per via della rucola. Come quelli che andavano in edicola a comprare il film porno, e lo nascondevano in una copia del Sole 24 ore. Ma per nascondere tutto quel materiale detergente mi sarebbe servito un campo di rucola.
A casa, mentre mogio mogio passi il Mocio, nel pieno delle operazioni (l'ora del disastro è stata attorno alle 10 a.m., con chiusura degli interventi nell'area da bonificare verso le 15.30 p.m., compresa pausa pranzo fatta con animo comprensibilmente disgustato) vuoi che non ti venga voglia di fare pipì? È lì che ti sfili i guanti e guardi l'accogliente bidet con occhi nuovi, diversi. Per poi ricominciare, instancabile quel lento su e giù. Quel frustrante via vai. Che ti fa riflettere sulla nobiltà dei lavori manuali. Che hai sempre cercato di evitare, nella vita. E se c'era un perché, fatica a parte, lo avvertivi con forza inaudita una domenica pomeriggio di fine novembre. Poi - e non può essere diversamente -, rifletti sul fatto che a bocce ferme un pezzo su questa incredibile esperienza lo dovrai pur scrivere (se non altro per liberarti, restando in tema), cercando di non nominare mai la parola tanto cara a Cambronne.
Si stima che ora il mio bagno saprà di candeggina per i prossimi 5 anni. Ci potrebbero registrare una puntata di «Masterchef».
Comunque, in definitiva, avete presente «50 sfumature di grigio»? Ecco, erano di marrone.

martedì 25 novembre 2014

SI SCRIVE «CURVY», MA SI PRONUNCIA «NON HO TALENTO»

Una nuova, singolare figura ha da poco arricchito il circo mediatico, già popolato da schiere di mangiatori di fuoco, trapezisti, domatori, nani e ballerine alla disperata ricerca di un briciolo di visibilità. È la moderna, astuta variante della donna cannone. Che oggi si fa chiamare «curvy». Con buona pace di Francesco De Gregori, che le aveva dedicato una straordinaria poesia. Qui invece siamo all'entry level del prosaico.

La curvy, nella stragrande maggioranza dei casi, non ha altre apparenti qualità se non la grassezza. O comunque un volume superiore a quello che di norma rientra nello standard (peraltro soggettivo o imposto da decenni dai media) di bellezza, ma spesso si propone come modella. E giocando su questo banale contrasto (forme morbide applicate a un lavoro apparentemente inadatto) stuzzica i media per guadagnare qualche titolo facile. Tanto i giornali, soprattutto femminili, si sa, abboccano facile. Siamo un po' tutti sovrappeso, e non si vede l'ora di puntare sul consolatorio effetto immedesimazione. Una gran furbata, in tutta evidenza, ma così va il mondo. E la curvy ne trae giovamento.

Che profonda tristezza... Fra l'altro, se vogliamo analizzare la cosa, tutto questo accresce la discriminazione, anziché attenuarla. Perché le punta un riflettore addosso. È come se si parlasse di me non per quel che so fare, ma perché la natura mi ha dato una gamba blu. Non lo vorrei mai. Capirai che soddisfazione... È esattamente come quelli che, per dimostrare di non essere omofobi, dicono: «Ho tanti amici gay». Ecco, io ho tante amiche «curvy» (che è come dire operatore ecologico anziché spazzino, ma questa è un'altra storia) che vorrebbero finire su un giornale per quello che sanno fare, non per la ciccia in più. Non di rado alcune si improvvisano poi profetesse (non ci sono ancora i profeti: occhio, è una grave discriminazione!) del curvy. Quelle che con la scusa di sdoganare le forme morbide scrivono libri e vanno in tv con l'unico scopo effettivo - a mio avviso - di ottenere avanzi di notorietà. Furby, più che curvy.
A questo punto, viva Luciana Turina, che almeno sa cantare. Il sospetto è che lo sfruttamento a fini promozionali di questa moda del ciccia pride nasconda spesso una mancanza di effettive qualità.
Mettiamola così: se curvy è bello, chi ci marcia su un po' meno.

domenica 23 novembre 2014

LEOPARDI, «IL GIOVANE FAVOLOSO» * LA RECENSIONE COME L'AVREBBE SCRITTA LUI

Nel borgo selvaggio nomato Recanati alberga il talento inquieto del giovine Giacomo Leopardi (Elio Germano), che ha per genitori il severo padre, il Conte Monaldo (Massimo Popolizio), e l'austera madre Adelaide (Raffella Giordano), sempre di nero vestita e dalla voce in tutto similare a quella di Maria De Filippi in «Hominibus et Mulieribus». Nel villaggio che poco offre se non campi arati, desolazione e amara derisione, non bastano a Giacomo il sincero affetto dei due fratelli, né la stupefacente biblioteca della di lui famiglia. Ei non s'appaga leggendo migliaia di tomi e producendo versi apprezzati anche dal letterato Pietro Giordani (Valerio Binasco), col quale intrattiene sapido e confortante dialogo epistolare. No. Il giovine avrebbe la disattesa pretesa di conoscere il mondo. Ostacolato in questo dall'arcigno Monaldo.
Di lì a poco, le di lui gonadi principiano financo a roteare; vieppiù quando egli - di gracile costituzione e affetto peraltro da apparente rachitismo - apprende della prematura morte della graziosa vicina di casa, della quale si era inopinatamente e segretamente invaghito. Tanto che un dì, mirando gli interminati spazi di là dalla siepe del giardino, e gli infiniti silenzi di là da quella (ove per poco il cor non si spaura), anziché naufragar come gli era dolce in quel mare, decide di partire per Firenze con l'amico Ranieri (Michele Riondino). Là, nel bel mondo, ha modo di conoscere la soave quanto misteriosa Fanny Targioni-Tozzetti (Anna Mouglalis), dama che non esita a farla più volte usmare allo sfortunato Giacomo, salvo poi donarsi e indulgere ai piaceri della carne col di lui sodale Ranieri, senza meno più piacente.
Sempre chino sui libri, fra un componimento e l'altro, Giacomo s'ingobbisce a vista di bulbo oculare. Ranieri lo accompagna prima a Roma, poi nell'allegra e financo dissoluta Napoli, fra bicchieri di vin rosso e meretrici che lo canzonano. Ma arriva il colera. Conviene rifugiarsi in campagna, alle pendici del Vesuvio, a curar corpo e spirto assai provati da contante mestizie capaci di costellare una vita intera.

La toccante opra del direttore di scena Mario Martone coglie appieno ed esalta la sensibilità smisurata dell'autore de «L'infinito». Non si può peraltro fare a meno di lodare anche il garbo interpretativo del protagonista, che offre mirabil prova della propria arte, calandosi con proprietà e garbo nelle infinite mestizie del gibboso poeta. Si notino anche i costumi e l'impiego sapiente (ancorché talvolta discutibile) di un tappeto sonoro assai differente da quello dell'epoca, con componimenti a noi oggi ancora sconosciuti. A sottolineare forse la modernità di una figura senza tempo, e uno struggimento che non conosce confini né paragoni. Strappato alla terra come la ginestra dalla lava.
Ciò detto, non giova al lavoro un'eccessiva dilatazione temporale, che fa sì che spesso il pur motivato e partecipe spettatore venga colto da agevol sonno.

venerdì 21 novembre 2014

FRANCESCO DE GREGORI * «MI È PIACIUTO X-FACTOR, E IN TV VEDO TRUE DETECTIVE»

Questa mattina Francesco De Gregori è intervenuto nel programma "105 Friends" di Tony Severo e Rosario Pellecchia in onda su Radio 105 per presentare il suo nuovo lavoro "Viva voce". Ecco alcuni passaggi chiave dell'incontro:
 
IL TRIBUTO A LUCIO DALLA Nell'album c'è un piccolo ricordo di Lucio, il finale di "Santa Lucia". "Santa Lucia" era una delle canzoni che lui più amava delle mie. E' una delle canzoni del 76, eravamo bambini quando l'ho scritta e quando lui l'ha sentita, e quindi poi ho cominciato a mettere questo finale che cita il riff di "Come è profondo il mare".
Mi è piaciuta e l'ho messa anche nel disco come omaggio. A Lucio sono stati giustamente tributati molti omaggi dopo la morte, e questo è doveroso. Alcuni sono stati anche troppo spettacolari. Io trovo che in Italia abbiamo dei modi di spettacolarizzare la morte di personaggi pubblici. Mi ricordo per esempio Lady D ... Io su queste cose mi sono tirato indietro. Poi ognuno vive come crede e come sente la scomparsa delle persone che ama, però mi sembrava giusto che sul piano musicale potesse essere ricordato in modo così semplice. Tra due musicisti che hanno scritto due canzoni, forse la cosa migliore è dire "C'è questo ponte che ci lega al di là del fatto incidentale che tu sei morto e io sono vivo.
Le canzoni sono vive tutte e due e stanno insieme" 

«RIMMEL»? NON LA SOPPORTO PIU'
Nell'album ho scelto di inserire canzoni storiche e canzoni che non sono state premiate molto dagli ascolti, canzoni indifese, che non sono passate mai troppo alla radio. Con questa idea sono andato in studio con i musicisti. "Rimmel" non c'è perché non veniva bene. La musica è viva, a volte è talmente viva che scappa. "Rimmel" era noiosa: dopo 12 battute mi annoiavo io. Magari ci riproviamo tra un anno.... Io ho il dovere di non annoiare gli ascoltatori. 

GUARDO LE SERIE AMERICANE IN TV, COME «TRUE DETECTIVE» 
Ho scoperto di recente le serie televisive, ero molto diffidente. Guardo un po' di tutto, poi rimango agganciato e mi sparo anche cinque puntate in un pomeriggio. Io faccio un mestiere che mi permette di stare tutto un pomeriggio a casa. E lo chiamo cultura, ho l'alibi che tutto quello che sento e guardo, anche una partita di calcio, può diventare combustibile per una canzone. La colonna sonora della serie "True Detective" che parte dalla musica country, ma è virata con sapienza musicale contemporanea con suoni incredibili di oggi, è un tipo di musica che mi affascina molto perché c'è dietro un'invenzione sonora difficilissima da realizzare e che colpisce nel segno. 

«X-FACTOR» MI È PIACIUTO E IL LA RICERCA DEL SUCCESSO NON È UN MALE 
Mi è piaciuto molto andare a X Factor. Io non ho mai avuto alcuna prevenzione verso i talent. Ho visto come funziona questa cosa. Ho visto i ragazzi, li ho incrociati velocemente, ho visto delle belle facce e ho pensato che nei panni loro farei la stessa cosa perché tutti quelli che hanno talento desiderano il successo, non c'è nulla di male a desiderarlo.

martedì 18 novembre 2014

LE 10 COSE CHE MORGAN DIRA' PER GIUSTIFICARE IL SUO RITORNO A «X-FACTOR»

Il Paese, è evidente, non ha problemi più gravi. E il 98% della popolazione, puntando tutto sulla ben nota coerenza di Marco Castoldi (il nome all'anagrafe del nostro), è convinto che Morgan giovedì rientrerà a «X-Factor» dopo essersene andato «per sempre» (parole sue) la scorsa settimana.
Sono riuscito a scoprire le 10 giustificazioni che l'artista userà per motivare il suo ritorno nel cast del talent, al tavolo dei giudici. Eccole, in anteprima:

10)  Beethoven ha fatto nove sinfonie ma io ai miei ragazzi finora ne avevo fatte fischiettare solo cinque. Però su brani di Fabrizio De Andrè, Maroon 5 e Ricchi e Poveri.

9) Il giovedì sera non c'è niente su Sky Atlantic e se sto fermo devo provare a fare un disco che venda qualche copia.

8) Restando a casa spaventavo Dario Argento, che ogni tanto passa ancora a trovarmi.

7) Mika sono scemo: non potevo sopportare l'idea che al mio posto prendessero Mara Maionchi o Costantino Della Gherardesca. Se va avanti così, finisce che si accorgono del bluff.

6) Ho preso il nuovo Samsung e volevo farmi un selfie con Fedez nudo per vedere la resa del colore sfruttando il pavè di tatuaggi. So fare anche il bilanciamento del bianco in aramaico.

5) Avevo dimenticato in camerino la compilation di Natale di Cristina D'Avena.

4) Victoria Cabello doveva ancora spiegarmi che cos'è l'accordo di settima.

3) Sul contratto c'era una penale che mi avrebbe procurato una ciocca di altri 78 capelli bianchi. E col look che mi ritrovo, signora mia, non posso permettermelo.

2) Dovevo portare il chiwawa di Luca Tommassini a fare pipì. Un bell'applauso al nostro Luca Tommassini!

1) A casa, giovedì, gnocchi. E pur essendo lo gnocco un cibo nobile, che sta in una dimensione spazio-temporale mai del tutto percepita, in bilico tra un gusto raffinato e quel popolare che non sfigura; pur essendo lo gnocco un balsamo per le papille gustative, e se vogliamo anche la disincantata panacea dei mali di quest'Occidente che vive schiacciato fra il consumismo e la massificazione da social network, a me gli gnocchi fanno cagare.

lunedì 17 novembre 2014

RAFFAELLA PARVOLO, "SOSIA" DELLA FICO * «ADESSO VORREI FARE LA VELINA»

Il nuovo fenomeno del web di chiama Raffaella Giordano, in arte Parvolo, e vive a Sant'Antonio Abate, nel Napoletano. Dove tra non molto forse la porteranno in processione come e più della Madonna pellegrina.
Con i suoi 43 mila (ma la cifra è in costante crescita) like su Facebook la nostra riesce far parlare di sé come sosia della sensuale Raffaella Fico. Sulla reale somiglianza tra le due molti hanno da dire (è come se io mi alzassi una mattina dicendo di somigliare a Brad Pitt), ma l'operazione funziona. Eccome. Tanto che Raffaella è già stata ospite di Barbara D'Urso a «Domenica 5», e di recente è stata intervistata anche dal surreale Andrea Diprè, altro catturatore di consensi e rabdomante del trash che alberga on-line.
Ma come funziona il «Metodo Parvolo»? Lo spiega il fidanzato Simone Masola, che vive lontano, a Padova e fa l'autista. Ma da lì coordina le operazioni. «Raffaella di lavoro fa le pulizie in alcune famiglie» spiega «ma le piace lo spettacolo. Notata questa sua somiglianza con la Fico, ho iniziato a seguirle la pagina web, l'ho creata, e visto che i consensi, ma anche le critiche, aumentavano, la cosa ha preso sempre più piede. Ed eccoci qui. L'ho sempre incitata a coltivare la sua passione, a muoversi anche per fare pubblicità, promuovere locali... A volte ho la sensazione che tutto questo stia diventando troppo grande per noi, anche perché su Internet ti scrivono veramente di tutto, a volte c'è anche maleducazione. Ma le soddisfazioni ci sono».

PARLA RAFFAELLA
Che cosa ne pensa l'interessata di tutto questo bailamme che ha saputo creare, dividendo gli animi ma creando anche un ricco fan club?
«C'è chi dice che le somiglio, chi pensa che no... Infatti come dico sono la sosia più amata e discussa del momento» mi racconta dal suo rifugio domestico. «Fatto sta che come metto un po' di foto il pubblico si scatena. La stessa Fico ha detto che per i capelli le rassomiglio, anche se forse non siamo proprio due gocce d'acqua. Comunque la pagina è scherzosa, cerco sempre di mettere qualcosa di simpatico, che piace alla gente. Io un po' so ballare, e ora ho iniziato a prendere anche un po' di lezioni di canto. Vado da un maestro che a casa ha il pianoforte, e lì mi faccio anche fotografare o riprendere quando viene qualcuno della televisione. Mi piacerebbe lavorare nello spettacolo, anche in programmi di barzellette, come “Made in Sud”, oppure fare la Velina a “Striscia la notizia”». 

venerdì 14 novembre 2014

LORELLA CUCCARINI: «RAFFAELLA CARRA', SEI STATA UN'AMARA DELUSIONE»

Lorella Cuccarini contro Raffaella Carrà. Il testa a testa fra primedonne (o ex primedonne) della tv va in scena sul sito internet di Lorella Cuccarini, che attacca Miss Pelloni per averla improvvisamente estromessa, dopo contatti e trattative già avviati da tempo, dal nuovo talent-show che l'ex giurata di «The Voice of Italy» sta per varare su Raiuno, e all'interno del quale la Cuccarini avrebbe dovuto sedersi al tavolo dei giurati. Nel solco della tradizione di questi programmi. L'amaro sfogo della Cuccarini parte dal suo profilo Twitter («Raffa, sei stata un'amara delusione»), e si espande sul suo sito internet, con il comunicato, piuttosto sincero ed esaustivo, che pubblico qui sotto:

«Nel rilasciare certe dichiarazioni si rischia sempre di fare la parte del perdente. E io so di avere tutto da perdere, ma ho deciso di parlare perché credo sia arrivato il momento di segnalare, pubblicamente, l’imbarbarimento a cui siamo arrivati.
Ormai da tempo non ci sono più regole. Non ci si può fidare di nessuno.
Parlo ora e poi… volto pagina.
All’inizio di settembre, sono stata chiamata da Raffaella Carrà. Non mi sono trovata ad un incontro formale come tanti ma di fronte ad una vera e propria dichiarazione d’amore. Raffaella ha avuto per me parole splendide.  Insomma, un appuntamento dal quale sono uscita con l’idea di iniziare un’entusiasmante avventura insieme, nel suo nuovo programma.
La trattativa con la Rai si chiude in tempi brevissimi e, sulla base degli impegni presi, programmo il lavoro a teatro con Rapunzel solo al Brancaccio.
Nelle scorse settimane, sono stata ripetutamente citata e confermata come giudice, su molte testate cartacee e on line. Per serietà, non ho mai rilasciato dichiarazioni in merito perché ritenevo opportuno fosse Raffaella la prima a dare la comunicazione ufficiale. Che non è arrivata. Anzi.
Qualche giorno fa, Bibi Ballandi ha riferito al mio manager Lucio Presta che ci sono stati dei ripensamenti. Ballandi. Non una parola da parte di Raffaella. Non una spiegazione.
Provo una profonda amarezza. Soprattutto perché la responsabile di tutto questo è uno dei personaggi che ho più amato nella mia infanzia e nella mia vita professionale. Il personaggio, appunto. La persona non la conoscevo affatto.
In trent’anni di carriera non l’avevo mai incontrata. Ne starò molto lontana anche per i prossimi trenta».

Perché lasciare a casa la Cuccarini dopo averla contattata? Forse che improvvisamente Raffaella ha ottenuto l'ok da parte di un nome televisivamente oggi più spendibile di Lorella, e ha deciso di metterla da parte? Comunque sia, non pare un bel gesto. La Cuccarini ha come manager Lucio Presta, che deve averla invitata (o convinta) a portare tutto all'attenzione dell'opinione pubblica.

giovedì 13 novembre 2014

FACEBOOK, TWITTER E INSTAGRAM * LE DIFFERENZE CHE SPIEGANO CHI SEI

Facebook è per chi ha qualcosa da dire. Twitter per chi ha qualcosa da comunicare. Sottile differenza, ma non trascurabile. Instagram‬ per chi ha qualcosa da mostrare. E anche se una foto a volte dice più di mille parole (Cit. Baci Perugina), continuo a preferire Facebook. Al netto dell'egogentrismo di chi ci mette del suo nel postare, dei commenti di qualche frustrato, e dei tanti difetti di una piazza senza regole. Ma bella proprio perché non ne ha. 
I 140 caratteri di Twitter sono troppo pochi per esprimere qualcosa di compiuto. E Instagram per troppa gente è solo esibizionismo insistito, filtri che modificano la realtà. Che la piegano al proprio volere. Che trasformano in bello ciò che bello non è. Il coniglio che esce dal cappello. E la bellezza è un valore. Se lo tarocchi, prendi in giro prima di tutto te stesso.

TEATRO * «ALL OUT: LA FAME DI SOLDI PORTA ALL'IDIOZIA DEI GAME-SHOW»

Di Lorenzo Sulmona
Dal 19 al 30 novembre, al Caboto di Milano, va in scena «All Out». Lo spettacolo, imprevedibile, che ha incantato gli Stati Uniti per oltre trent’anni, ora viene rappresentato dalla compagnia milanese Lyra Teatro. Si tratta di una storia agrodolce, diretta da Demetrio Triglia e Laura Tanzi, che inizia come un tipico game-show televisivo per poi trasformarsi in un vero e proprio incubo. Ne abbiamo parlato con l'autore, il drammaturgo statunitense John Rester Zodrow (nella foto).
Mr Zodrow, quando è nata l’idea di “All Out”?
Nel 1976. Ero agli inizi della mia carriera di scrittore. Vidi un programma in televisione che mi colpì molto. “Insight”, un game-show duro, feroce, lungo mezz’ora, capace di mettere in discussione l'etica della vita. Ho pensato di farne subito uno script.
Cosa l’ha colpita del programma?
Una sera vidi i concorrenti del gioco televisivo comportarsi come idioti, erano eccessivamente servili, al limite dell’umiliazione. Credo cercassero soprattutto fama, perché erano in onda in prima serata su un’importante emittente nazionale, ma anche di aggiudicarsi il premio finale: frigoriferi, forni e auto nuove. Mi colpì il fatto che fossero disposti a tutto pur di vincere.
In che senso?
Indossavano costumi imbarazzanti, saltavano come indiavolati, battendo le mani con il volto sudato e gli occhi sbarrati. Abbracciavano e baciavano il conduttore del programma ogni volta che vincevano un tristissimo tostapane. Tutto ciò mi irritava. Mi faceva arrabbiare il fatto che la televisione era riuscita a ridurre in questo stato gli esseri umani, a trasformarli in consumatori rabbiosi per la gioia degli inserzionisti. Considerando tutto questo, mi sono seduto e ho scritto “All Out”.
E’ stato difficile scrivere il testo?
“All Out” è stato scritto nel giro di poche ore. Ero così arrabbiato per quello che avevo visto in televisione che le parole mi uscivano come un fiume in piena! Di solito scrivo molte bozze prima di trovare la giusta sceneggiatura. Per “All Out” è stato più semplice e naturale. Perfetto già alla prima stesura. Ho mostrato il testo ai produttori di “Insight”, i quali hanno immediatamente accettato di produrre lo spettacolo. I risultati sono stati sorprendenti.

Le prime reazioni?
Inizialmente qualcuno ha cercato di fermare la nostra taping alla CBS; poi, quando “All Out” è stato trasmesso in tutta la nazione, molti spettatori, indignati e scandalizzati, hanno chiamato la redazione pensando che fosse un gioco a premi vero e proprio. Il Washington Post, il Los Angeles Times, Herald, Examiner, Variety e altri giornali hanno pubblicato, invece, ottime recensioni. Il gioco ha vinto anche diversi premi e riconoscimenti.
Qual è il messaggio lanciato da “All Out”?
I soldi possono condurre alla pazzia. Il denaro è diventato un dio, una religione che ti annulla, senza la quale pensi di essere inutile. Basta guardarsi intorno. Oggi l'1% della popolazione possiede il 50% di tutte le ricchezze e dei beni. Fortunatamente l’aria non costa nulla, altrimenti i ricchi si approprierebbero anche di questo! Un altro esempio è rappresentato dalle grandi banche: commettono indisturbate attività illegali, ormai anche i criminali più spietati non vengono assicurati alla giustizia. Continuano a fare enormi affari perché il massimo della pena ricevuta è una multa, una goccia nel mare delle loro trasgressioni.
Come è avvenuto il passaggio di “All Out” dal piccolo schermo al palco di un teatro?
La scrittura di un copione è, solitamente, ri-scrittura con più bozze. Alcuni script sono passati attraverso una dozzina o più di revisioni prima che di essere pronti. Ricordo, però, che la prima versione di All Out per il teatro è come se si fosse scritta da sola. Dunque è stato piuttosto semplice.
Ha dovuto apportare modifiche al testo nel corso degli anni?
Inizialmente una compagnia teatrale mi ha contattato per portare in scena la mezz'ora originale della pièce. Una versione corta di “All Out” che è arrivata in alcune Università e nei college americani. Per 30 anni lo spettacolo è andato in scena nei principali teatri degli Stati Uniti, sempre nella versione originale e completa. Nel 2013 ho “aggiornato” il testo rendendolo più attuale: ho aggiunto un nuovo concorrente e sviluppato qualche scena drammatica nel backstage (durante la pubblicità) con l’ospite, il presentatore, il direttore di scena e i produttori. Un modo per colpire più duramente, per rendere più divertente e appassionato il dialogo.
Da Broadway a Milano, città che ha ospitato la prima europea dello spettacolo e che tra poco Lyra Teatro riproporrà al Caboto. Cosa dovremo aspettarci?
A Milano ha debuttato lo scorso giugno. Un grandissimo successo. Io ero presente in platea: quando ho visto in scena gli attori di Lyra Teatro, è stato un colpo di fulmine. Questi attori sono semplicemente… qualcosa da vedere! Preparatevi a essere travolti dalla loro eccellente recitazione. E’ una messa in scena degna di un Tony Award!
Come ha conosciuto i registi Laura Tanzi e Demetrio Triglia?
Nel 2013, dopo aver completato la nuova versione di All Out per Broadway, sono stato contattato da Laura Tanzi e dalla compagnia milanese. Inizialmente ero un po’ scettico. Ma vedendo le performance del gruppo, sono rimasto colpito dal talento e dalla raffinatezza di questi attori. Il testo è stato così tradotto in italiano: una fantastica esperienza di lavoro con Lyra Teatro, grandi professionisti in grado di offrire prove al cardiopalma.
Tre motivi per i quali andare a vedere All Out al Caboto di Milano.
Primo: il gioco è così penetrante che non sarà facile dimenticare tale esperienza. Alcune persone del pubblico e gli attori stessi mi hanno detto che All Out ha cambiato la loro vita. Secondo: lo spettacolo ricorda alcune grandi opere teatrali (Our Town, Morte di un commesso viaggiatore, Casa di bambola) perché tratta importanti questioni di etica, ma anche per il modo di rappresentare la morale e le scelte di vita. E’ un gioco monumentale. Ed è divertente. Terzo motivo, All Out è uno dei pochi giochi nei quali il pubblico diventa membro del cast, l’undicesimo concorrente. Un modo per vivere un'esperienza interattiva, come se si salisse sul palco.

venerdì 7 novembre 2014

IL SOGNO DI SAMMY * AFFETTO DA PROGERIA, IN VIAGGIO SULLA ROUTE 66

Sammy ha diciotto anni, si è diplomato da pochi mesi, e il suo sogno è sempre stato attraversare gli Stati Uniti percorrendo la leggendaria Route 66, che va da Chicago a Los Angeles. In pratica il classico coast-to-coast ma lasciando fuori New York e la rutilante Manhattan.

Sammy ha già visto l’America ma sempre e solo dalle finestre dell’ospedale dove spesso è stato ricoverato per sottoporsi a cure mediche, essendo infatti affetto da progeria, una rara malattia genetica meglio conosciuta come «sindrome da invecchiamento precoce», un invecchiamento che colpisce il fisico ma non la mente. Come lui solo pochissime altre persone al mondo soffrono di questa malattia che interessa un individuo su otto milioni.



Dal 16 dicembre, ogni martedì alle 21:00, Nat Geo People (canale 411 di Sky) propone «Il viaggio di Sammy»: l’emozionante racconto di un’esperienza unica tra luoghi e incontri eccezionali vissuta attraverso gli occhi del protagonista. Con Sammy, i suoi genitori Laura e Amerigo e il compagno di classe Riccardo, attraverseremo gli Stati Uniti, da Chicago a Los Angels, passando per i paesaggi della Monument Valley, del Gran Canyon e le luci di Las Vegas. Incontreremo la vera America, capi indiani, predicatori, amish e personaggi “inarrivabili” come Matt Groening e James Cameron in un viaggio che prende le forme di un sogno che diventa realtà.



martedì 4 novembre 2014

RENATO POZZETTO E NINO FRASSICA DI NUOVO INSIEME IN UNA FICTION PER RAIUNO

Dopo «Casa e bottega», Renato Pozzetto e Nino Frassica, due volti popolarissimi della comicità italiana, torneranno a recitare insieme in una nuova fiction per Raiuno.
Il titolo provvisorio (ma dovrebbe essere confermato) è «Il padre della figlia del sindaco». «Lui sarà il primo cittadino di un paese» dice Frassica «e io il padre di questa ragazza. In pratica, a causa degli eventi, ci ritroveremo a essere padri della stessa persona. Ovviamente non posso dire altro, al momento, per non svelare la trama. È un lavoro che resterà in sospeso fra la commedia e il giallo, sono due ingredienti che vanno sempre molto calibrati in percentuale, in prodotti di questo tipo. Alla scrittura sta pensando lo stesso Pozzetto. L'inizio delle riprese è previsto nei primi mesi del 2015».

lunedì 3 novembre 2014

MAI PIU' SENZA * CONTRO LA CRISI SKY BREVETTA L'ASCENSORE A PIANI ALTERNI

«Ascensore per il patibolo», «Ascensore per l'inferno»... Ai tanti titoli cinematografici del genere, da oggi Sky aggiunge (non per gli abbonati all'on-demand ma - attenzione - con un servizio esclusivo riservato ai dipendenti, vedi foto) il nuovissimo «Ascensore a piani alterni». Magari sbaglio, ma è la prima volta che vedo qualcosa del genere a livello mondiale, quindi sono certo che diventerà in breve un cult, scaricatissimo.
Lo so, se ve la raccontano non vi sembra vera: dovete sedervi, darvi un pizzicotto e riprendere fiato, ma da oggi nella sede Sky di via Monte Penice 7 (zona Rogoredo), a Milano, gli ascensori interni non consentono più fermate a tutti i piani, ma ogni due. Con una zona buia di un piano. Per capirsi: dal livello terra si può andare al secondo, ma non al primo. Dal terzo si può salire al quinto e scendere al primo, ma non passare al quarto o al secondo. La regola vale per tutti, eccetto fattorini e dipendenti del bar, che usufruiscono di un montacarichi speciale. Un «Diabolico piano», insomma. Un «Piano proibito». Una piccola tortura medioevale messa in atto, pare, per disincentivare l'uso dell'ascensore per brevi tragitti, e quindi ridurre le spese. Non è la supercazzora di un redivivo Ugo Tognazzi. C'è tanto di cartello sopra il pulsante di chiamata che lo dice a brutto muso: «Non sale e non scende di un piano». 
Fra le trovate per combattere l'austerity si vocifera anche dell'imminente eliminazione dei buoni pasto, a favore dell'ospitale mensa interna. I bar della zona verrebbero disertati e sarebbe disincentivata anche l'uscita del personale durante la pausa pranzo.

DIFFERENZE UOMO-DONNA NELL'USO DI FACEBOOK A FINI RELAZIONALI: LA PIZZA ALLA CICORIA

DIFFERENZE TRA UOMO E DONNA NELL'UTILIZZO DEI SOCIAL NETWORK A FINI RELAZIONALI E DI COMUNICAZIONE
CASO DI SCUOLA: LA PIZZA ALLA CICORIA
SITUAZIONE A
La donna scrive su Facebook un messaggio privato all'uomo:
«Ciao, mi hanno detto di un posto dove fanno una strana pizza alla cicoria. Andiamo a provarla, stasera?».
Risposta dell'uomo: «Ok, dai! Dov'è il locale e a che ora?».
SITUAZIONE B
L'uomo scrive su Facebook un messaggio privato alla donna:
«Ciao, mi hanno detto di un posto dove fanno una strana pizza alla cicoria. Andiamo a provarla, stasera?».
Risposta della donna:
- Due giorni solari senza nessuna comunicazione.
- Al terzo giorno pubblica in bacheca il seguente post:
«L'altro giorno qualcuno (non faccio il nome perché non voglio dargli troppa importanza) mi ha inviato L'ENNESIMO invito per una cena a base di cicoria. Cicoria, capite? Ma io dico: come si può pensare di associarmi alla cicoria? È offensivo. Forse il messaggio di fondo tra l'altro era: sei grassa, devi dimagrire! Ho dovuto rispondergli un po' seccamente che un no è un no. Che cosa non ti è chiaro in quest'espressione???? NO!!! E non è il primo che fa questi inviti. La gente a volte proprio non vuole capire e bisogna educarla con i dovuti modi» (a seguire due emoticon con simbolo di un cuore e di un braccio che mostra il muscolo).
- Risposta delle amiche al post:
«Bravaaaaaaaaaa!!!! Ma chi è 'sto coglione?».
«Se uno non ti ama, non ti merita!».
«???!!!! È successo anche a mia cugina con 'sta cosa della cicoria: basta mandarli a quel paese!!!!!!!!!».
«Tu e la cicoria siete due cose diabetalmente opposte!!! Non farti incantare. P.S. Stai benissimo con quella frangetta!!!!! Non cambiarla mai mai mai». «Grandeeeeeeeeee. Vorrei avere anch'io la tua grinta e il tuo carattere».
- Al quarto giorno la donna pubblica in bacheca un post con un emoticon con faccina triste accompagnato da una foto con un aforisma stampato a caratteri cubitali scritto su sfondo grigio marmorizzato: «Nessuno più di chi ha la cicoria negli occhi, trova il cuore sordo all'amore» (Oscar Wilde).
- Risposta delle amiche al post:
«Cuccioloooooooooo, stai su di morale, hai capito?!?!».
«Piccola, se hai bisogno di parlarne, sono qua! Chiamami!!!!!!!».
«Se uno non ti ama, non ti merita!».
«La vera cicoria dobbiamo cercarla dentro noi stessi: tutto è cicoria, se ci pensi. Basta saperla cercare e trovare. Poi farai pace con lei e sarà il dono più prezioso della tua vita. Dà retta a una che ci è passata».
«Ma con la Vodafone Special hai 400 minuti su tutti o solo sui numeri Vodafone????????? O è meglio la You&Me??!!!???!!!??????».
- Al quinto giorno la donna risponde all'uomo in posta privata su Facebook: «Scusami tanto per il ritardo, ma stavano operando la mia nonnina di cataratta e dovevo starle accanto!!! (emoticon a forma di cuore). Grazie per il graditissimissimo invito: fra l'altro adoro la cicoria ma non sarei comunque venuta perché mercoledì sera ho il corso di zumba!».

giovedì 30 ottobre 2014

«LA FAMIGLIA ADDAMS» * ELIO E CUCCIARI LUGUBRI MA A CACCIA DI VERVE

«La Famiglia Addams» in versione Elio/Geppi Cucciari convince soprattutto sul fronte dei costumi (di Antonio Marras) e dell'allestimento scenografico (by Guido Fiorato). Nel musical c'è il tocco leggero dell'adattamento ai testi firmato da Stefano Benni (e si sente) e la bravura conclamata di Giulia Odetto nei panni di Mercoledì, figlia della lugubre coppia. Nell'insieme però la trama è esile e il lavoro - comunque divertente - fatica un po' a decollare. Anche il pubblico se ne accorge e applaude senza troppa convinzione.
Elio è bravo, gigioneggia per tutto il tempo, non sbaglia una nota, ma forse siamo abituati alla fisicità di un Gomez un po' più dirompente. Geppi, che è come al solito un po' trattenuta (il sospetto è che l'abbiano presa anche per questo motivo, dopo il sorprendente dimagrimento), ha ripulito la pronuncia e per fortuna perde per strada un po' della sua sarditudine, ma paradossalmente in platea funziona di più quando le scappano le cantilene da gnucca isolana.
Sono uscito dal teatro sognando di portarmi a casa la scintillante, indimenticabile giacca di paillettes di Mr. Storie Tese. Non la puoi usare forse manco a Capodanno, ma è pura leggenda.

Le date
dal 17 ottobre 2014 al 23 novembre Milano, Teatro della Luna
dal 13 al 18 gennaio 2015 Bologna, Teatro Europauditorium
Dal 20 al 25 gennaio Genova, Teatro dell'Archivolto - Sala Gustavo Modena
dal 27 gennaio all'1 febbraio Torino, Teatro Colosseo
dal 4 al 22 febbraio Roma, Auditorium Conciliazione
Dal 10 al 15 marzo Ancona, Teatro delle Muse
21 e 22 marzo Firenze, Teatro Verdi
Dal 25 al 28 marzo Lecce, Teatro Politeama Greco

sabato 25 ottobre 2014

«TALE E QUALE SHOW» * IL PASTICCIACCIO BRUTTO DEI VOTI DI SCAMBIO

La cosa più meschina, inutile e controproducente che si possa fare (in tutti i campi) è negare e non valorizzare il talento.
Succede tutte le settimane a «Tale e quale show», condotto su Raiuno dall'ottimo Carlo Conti.
Se la giuria ufficiale (Loretta Goggi, Christian De Sica e Claudio Lippi) si comporta come si deve, con giudizi a volte discutibili ma improntati a una certa serietà, nel serraglio dei concorrenti vige - costante - la pratica del voto di scambio. Nel senso letterale del termine. Il compagno di duetto vota la compagna (e viceversa), l'amico premia l'amica, un sodale appoggia l'altro, e si finisce per dimenticare il talento, la bravura. Che invece dovrebbero essere i punti di riferimento di un programma del genere. Pur essendo in cima alla classifica e molto amati dal pubblico, ne fanno le spese spesso i migliori. Ieri (e anche la settimana scorsa) è toccato a Serena Rossi, che ha proposto una Mariah Carey da leggenda. Ma la stessa sorte tocca spesso anche al favorito: il sorprendente Valerio Scanu.

Ieri sera il pezzo della Rossi era sicuramente il numero migliore della serata, a detta anche dei tre giudici. Ma dal parterre degli (invidiosi?) compagnucci della parrocchietta solo un voto, quello di Michela Andreozzi, è finito a lei. Che poi l'ha ricambiata, adeguandosi dopo qualche puntata all'andazzo amicale. Tutti gli altri a premiarsi tra loro come sempre fra un sorrisetto e un'ammiccatina. Luca Barbareschi ha addirittura detto sfacciatamente che aveva amato molto il pezzo della Rossi, ma che il suo voto andava d'ufficio alla compagna di duetto, Rita Forte. Complimenti. D'accordo che lavorare una settimana su un'imitazione, fra voce, trucco e parrucco è un bell'impegno, e rischiare di finire in ultima posizione (come Matteo Becucci, con un onesto ma non superlativo clone di Umberto Tozzi) può dare noia al punto di convincersi che sia utile forzare la mano, ma non credo che lo spirito della trasmissione sia il voto clientelare. La scorsa settimana la stessa Raffaella Fico, che ha proposto una convincente Gianna Nannini, ci è rimasta (giustamente) malissimo ritrovandosi sotto la metà della classifica. Penalizzata dai soliti giochetti.
Essere bravi scatena l'invidia di tanta gente, si sa, e scatta l'emarginazione. Peccato che questo andazzo faccia male alla credibilità del programma (San Carlo fa qualcosa), al talento dei penalizzati, e ai votatori stessi, che agli occhi del pubblico fanno una figura meschina. Per non parlare di quelli - alla canna del gas - che votano se stessi.

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