giovedì 28 novembre 2013

DIRE STRAITS LEGENDS * IL VECCHIO ROCK E' VIVO E LOTTA INSIEME A NOI

Toccando i miti a volte si fa danno, anche senza volerlo. Ma se sono i miti stessi a rileggere le pagine della propria leggenda, a volte torna la magia. E' successo l'altra sera al Live Forum di Milano per lo showcase (che poi è diventato un intero, fibrillante concerto) dei Dire Straits Legends, stasera sul palco del Teatro della luna, e poi in tour. Il 30 novembre a Mantova (Gran Teatro Palabam), il 2 dicembre a Torino (Teatro Colosseo), il 3 a Genova (Teatro Politeama Genovese), il 5 a Roma al Teatro Olimpico e il 6 sempre nella Capitale al Vortex Live Club. Quasi tutte le date registrano l'esaurito, ma si parla già di un ritorno in primavera, per questa super-band composta quasi interamente da membri della formazione originale. Si va dalla chitarra di Phil Palmer, che è anche direttore artistico dell'operazione, alla solida batteria dell'eccentrico Pick Withers, passando per le percussioni di Danny Cummings, il ruffiano sax di Mel Collins, la voce e le chitarre di Jack Sonni. Il tutto amalgamato dal lavoro fluidificante dell'italiano Marco Caviglia, voce e chitarre, con la vita segnata dal suo mentore, Mark Knopfler (che ovviamente manca all'appello) e leader della più nota e premiata tribute band italiana dei Dire Straits. Con lui Primiano Di Biase alle tastiere e Maurizio Di Meo al basso.
Organizzato da We4show, il live è un'altalena della memoria. Si sale si scende fra Sultan of Swing, Money For Nothing, Tunnel of Love, Romeo and Juliet e Walk of Life, ma non mancano le chicche, come Down to the Waterline e Six Blade Knife.
E pazienza se alcuni leggendari testimoni hanno messo un po' di pancetta. Sul palco non ci sono fantasmi, ma gente che suona sul serio. Il vecchio rock è vivo più che mai, e lotta insieme a noi.





lunedì 25 novembre 2013

PIERO PELU' * PRIMA ATTACCA JOVANOTTI PER RENZI, MA POI FA DIETROFRONT

Ha sparato a palle incatenate su Lorenzo Cherubini in arte Jovanotti, ma ora fa marcia indietro.
Piero Pelù non aveva gradito l'endorsement del cantautore per Matteo Renzi, e in radio l'ha toscanamente sbertucciato. Ora però non sopporta il peso delle sue dichiarazioni, e a mente fredda fa dietrofront. Affidando le sue scuse a un comunicato pubblicato su Facebook e diffuso oggi dal suo ufficio stampa, Parole e dintorni:

«Ho offeso Lorenzo Jovanotti in una intervista radiofonica e mi scuso ufficialmente con lui. Ognuno è giusto che abbia le proprie idee nella vita, nella musica e in politica quindi non deve essere giudicato da nessun altro per il solo fatto di essersi espresso o schierato col bianco piuttosto che col nero o col rosso.
Giudicare le scelte degli altri è sterile e inutile come entrare in una discussione sulla soggettività della bellezza; a me interessa solo la purezza e ritengo che se Lorenzo ha fatto certe scelte lo ha fatto con grande onestà.
Purtroppo la critica a Renzi come sindaco di Firenze mi ha portato ad allargare "il tiro" anche su chi lo sostiene da artista; secondo la mia scelta di vita la posizione di un artista deve essere sempre scomoda e critica nei confronti di qualsiasi sistema che si impone sull'individuo e che lo illude ma ripeto, ognuno è libero e responsabile di esprimersi e rapportarsi come meglio crede con la realtà che lo circonda. Viva la musica! Piero Pelù»

sabato 23 novembre 2013

RENZI, CIVATI, CUPERLO * NARCISISMI, DIETROFRONT E VECCHI TRUCCHI DEI NUOVI DEL PD

In questi giorni (a Parte D'Alema che va in giro lanciando anatemi, e un po' lo capisco perché i dinosauri della nomenklatura stavolta rischiano davvero un'augurabilissima estinzione), ho visto:

1) Matteo #Renzi vestito da Giorgio Gori che si fa fotografare come un Raz Degan qualsiasi sulla copertina di Vanity Fair. All'interno, il sindaco di #Firenze noto per la sua somiglianza con Mr. Bean in pose da figo. Ebbene sì, avete letto bene, da fi-go!

2) #Civati che prima sostiene (giustamente) che la #Cancellieri debba andarsene a casa perché al telefono con i Ligresti disse cose incompatibili con il suo ruolo, e poi, alla prima riunione con Letta, dopo una strizzatina agli zebedei, rientra buono buono nei ranghi agli ordini del Partito.

3) Il tenero #Cuperlo che va in tv ogni giorno a dire: "Non crediate che i giochi per le Primarie del Pd siano già fatti. E' ancora tutto aperto, è ancora tutto aperto...". Come i vecchietti sulle panchine ai giardinetti. Non ci crede neppure lui, ovviamente, ma ripete ad libitum, sperando che qualcuno abbocchi. Metodo Silvio.

A questo punto, il candidato ha 60 minuti per rispondere: c'è su piazza qualcuno fra i nuovi del Pd, che non sia un allegro cazzaro?

giovedì 21 novembre 2013

POST «MASTERPIECE» * NELL'ITALIA CHE NON LEGGE, C'È BISOGNO DI ALTRI SCRITTORI?

Ogni tanto qualcuno che legge le mie cosette, qui o altrove, colto da inspiegabile entusiasmo, mi dice: «Dai, perché non scrivi un libro?». E lo dice con affetto, a volte con insistenza, o con ammirazione. Io ringrazio, ovviamente, sempre. E poi declino, ma mi fermo lì, non spiego; perché dovrei mettermi ad argomentare le mie tante perplessità. Lo faccio ora.
Non è escluso che prima o poi (siamo onesti, facciamo poi) raccolga qualche scemata o riflessione in un volumetto, ma la mia idea di libro, di vero libro, è un'altra. Per scriverne uno come Cristo comanda ci vogliono una bella idea, e un grande lavoro. Tempo e fatica. Tanto, dell'uno e dell'altra. Il primo, mi manca ma volendo si potrebbe anche trovare. La seconda, essendo pigrissimo, non ho granché voglia di sobbarcarmela. Soprattutto a fronte di un'incerta vendita. Perché non dimentichiamo che in questo Paese gli scrittori (vedi il bestiario di «Masterpiece») li trovi in offerta 3x2 anche nei cestoni degli Autogrill. I lettori invece sono specie prossima all'estinzione. Senza scomodare la crisi. Quindi, se l'offerta è largamente superiore alla domanda, ci insegnano gli economisti, non si delinea un grande affare. Dice: male, stolto: dovresti scriverlo solo per il piacere di farlo. Ma anche no, dico io. Perché buttare via carta ed energie? Solo per l'ego? Solo per poter aggiungere la parolina «scrittore» al mio curriculum? «Ma mi faccia il piacere...», diceva Totò. Al limite per saziare quegli appetiti da piccola pasticceria imbratto Facebook, Twitter o il mio blog.
In Italia vendono libri (non troppi, sia chiaro, pochini) solo le firme consolidate, quelli cioè che li piazzano a scatola chiusa solo in virtù della loro estrema notorietà, che a volte prescinde persino dalla scrittura. E nel 70% dei casi dalla qualità del prodotto. Oppure i bestselleristi internazionali ultra-pompati dalla promozione. Il resto sono briciole. Sabbia vulcanica nelle mutande. Ogni giorno transito davanti alla scrivania di una collega che al giornale si occupa della rubrica delle recensioni librarie, e mi viene un groppo in gola per gli autori. Soffro per loro. Le arrivano quintali - quintali - di robaccia che nessuno mai leggerà. Se non parenti seviziati e lobotomizzati e qualche editor di buona volontà che lo fa per lavoro. Forse li stampano facendo affidamento sulle copie omaggio per gli amici, come gli editori che ti pubblicano (a pagamento) se ne compri anticipatamente almeno 500-1000 copie da regalare. Una tristezza rara, che nella vita secondo me è bellissimo risparmiarsi.
Quindi, carissimi/e: accontentatevi di uno «scrittore» in meno, e di un cazzaro in più. 

Con il consueto affetto. 
Franco

mercoledì 20 novembre 2013

883, IL RITORNO: PEZZALI, REPETTO (E NOI DELLA MAFIA PAVESE)

883 is back. Tutto esaurito al Forum di Assago per l'ottimo Max Pezzali, che si è occasionalmente riunito al vecchio amico Mauro Repetto. Le ferite a volte si rimarginano, anche se per qualche sera, e i sogni su pentagramma restano lì, in fondo. Non credo siano possibili ulteriori sviluppi per il lavoro dello strano duo pavese (tante cose nel frattempo sono cambiate), ma l'importante è che migliaia di persone abbiano riascoltato "Gli anni", quella che ritengo l'assoluto capolavoro di Max, e lui quando glielo dico abbozza, un filo imbarazzato, ma concorda, lo ammette. E' lei la regina. Certo, c'è "Come mai", una struggente ballad strappacore, ma "Gli anni" è e resta un affresco generazionale indimenticabile. E non è indulgenza della memoria, la mia. Proprio ammirazione sincera.
Max e Mauro li ho seguiti maniacalmente sin dagli inizi, quando lavoravo per La provincia pavese. E loro da lì, da Piazza della Vittoria e dintorni, spiccavano il volo. Papà di Max fiorista, e lui volontario sulle ambulanze con un mare di nastrini e musica da lavorare in cantina. Ho seguito ovviamente anche il travaglio che ha portato all'addio di Mauro, che si sentiva goffo e inadeguato a ballare sul palco "Hanno ucciso l'Uomo Ragno", mentre l'amico cantava e si prendeva la scena. Avrebbe potuto resistere per soldi, ma l'orgoglio gliel'impediva, e ha fatto le valigie. Seguendo anche un amore di "Zucchero filato nero". Così almeno vuole la romantica leggenda. Oggi che si è riappacificato (soprattutto con se stesso) ed è passato da animatore a Event Manager in quel di Disneyland Paris (sempre con l'arte e la passione per il teatro in testa), è tornato a fare capolino. In omaggio ai vecchi tempi. E l'amico gli ha riaperto le braccia. In questa foto Mauro è con Luca Serpenti, prestato all'attuale band di Max e soprattutto l'altra metà dei "Serpenti" appunto, una tra le più interessanti formazioni della nuova scena musicale italiana. Perché a volte il cerchio si chiude, e si chiude bene.
Max "Con un deca" Pezzali, intanto, occhieggia dall'alto delle sue diecimila lire. Lo stesso Max che una volta s'incazzò con me "abbèstia", come credo si dica oggi, perché pubblicai il cachet di una loro vecchia serata. La fonte era ottima, non buona, caro Max, eppure lui ancora sostiene che avessi toppato. Mah...
La verità è che noi della celeberrima mafia pavese la sappiamo lunga. E abbiamo la testa dura.

lunedì 18 novembre 2013

«MASTERPIECE» * SCRITTORE, IL TUO ROMANZO FINISCE QUI

Belle immagini, patinate, «leccate» (come direbbe Antonio Ricci) ma troppi tagli e flash in post-produzione. Un'eccessiva foga di velocizzare che toglieva spazio allo sviluppo del racconto, alla parola. Perché comunque quella resta l'argomento base di un talent-show sui libri e il mondo degli scrittori. Per quanta spettacolarizzazione si possa ricercare. Inoltre, l'insistenza della voce fuori campo rendeva tutto troppo freddo.
«Masterpiece» è partito su Raitre con un ascolto più che discreto (689.000 spettatori, share 5,14%) per un programma tutto sommato di nicchia, ma è un prodotto vistosamente migliorabile. Tra «X-Factor» e «Masterchef», ma col retrogusto di un lavoro non totalmente finito.
Gli scrittori erano la fiera del caso umano, al limite de «I fatti vostri» di magalliana memoria: dall'anoressica al disadattato, sino al masturbatore seriale.  Quello che più che al Premio Strega, ambisce al Premio Sega. C'era persino un tizio dall'italiano incerto che elaborava temini dell'asilo e che a un certo punto ha parlato di un «Ragazzo affigàno» (afghano, Nda).
Tra i giudici, per misura e competenza spiccava Giancarlo De Cataldo (quello di «Romanzo criminale»), un po' troppo austero Andrea De Carlo e Taiye Selasi, con la parlantina americaneggiante alla Bastianich, pare già pronta per l'imitazione di Maurizio Crozza. Sfumato, invece, forse troppo, il ruolo del rigido coach Massimo Coppola, editore di Isbn. Uno zombie di The Walking Dead parla in media più di lui, in ogni episodio. E quando arriva il momento della silente Elisabetta Sgarbi, che blinda lo scrittore in ascensore e si fa raccontare il suo romanzo, ti aspetti sempre che da un momento all'altro gli urli: «La Capria! La Capria! La Capria!».
Alla redazione sono arrivati 5.000 manoscritti, speriamo non tutti lavorati dalla stessa mano del già citato onanista.

sabato 16 novembre 2013

«CASTA AWAY» * IL NAUFRAGO BERTOLINO FA A PEZZI L'ITALIA

Il comico da crociera Enrico Bertolino fa naufragio su un'isoletta sperduta nella quale già vent'anni prima stava per lasciarci le penne un pianista di piano bar che nella sua vita ha votato per chiunque, come quasi tutti, in questo Paese ostinatamente fiducioso. E gli racconta, con spietatezza, come (non) sia cambiata l'Italia di oggi. La base pizza di "Casta Away - La tempesta imperfetta", sino al 24 novembre al Teatro Nuovo di Milano, è semplice ma efficace. Grazie ai testi scritti con Luca Bottura, uno tra i migliori autori satirici su piazza (c'è anche un piccolo contributo di Curzio Maltese dedicato a Romano Prodi), e all'incalzante Bertolino style, che si sente a proprio agio nella sua città, si ride parecchio. E amaramente. I bersagli del resto sono tutti lì, pronti a farsi colpire: dall'immancabile Berlusconi, che spunta dopo una manciata di minuti ma che non è più la presenza dominante, alla strana coppia Grillo-Casaleggio, quella dei "Vaffanculo" un tanto al chilo. Il distratto Enrico dimentica che già da tempi non sospetti il nome che aveva scelto per la sua casella di posta elettronica era VDVC, ovvero "VaDaVialCü!", che però era servito in salsa ambrosiana. Ovvero meno invettiva e più sfottò. E soprattutto non serviva ancora a fini elettorali.
Visto l'orientamento politico della squadra, non si pensi che il Pd sia risparmiato: anzi. Il nostro gli leva la prima e la seconda pelle con un'analisi marketing-orientend sull'evoluzione del simbolo e del nome del partito. La ghignante ferocia bertoliniana (una gioiosa macchina da guerra) non risparmia praticamente nessuno. Canta "Stabilità" come Alfano e Romina e si scopre che cosa sia la vera macchina del fango (Sallusti permettendo), sino a piangere dal ridere dinanzi alla storiella milanese del vecchietto con problemi di cervicale andato a farsi manipolare in uno dei tanti centri orientali che popolano la città, dove ti fanno il “massaggio karaoke”. Naufragare a Milano val bene il biglietto.

venerdì 15 novembre 2013

LE RAGAZZE AI PARTY DI MILANO, FRA TIMING E COMMUNITY

Premessa. A Milano in molti ambienti fighetto-modaiol-para-lavorativi, com'è noto, l'uso e l'abuso dell'inglese sono considerati premianti. La stessa cosa detta in italiano, pare sia sconveniente. Allora, con gli anni, se non ti adegui, almeno impari a comprendere le tattiche del nemico. Per chiederti le tempistiche di un progetto o di una consegna, giusto per capirsi, ti dicono: «Hai il timing?». Tu vorresti rispondere: sì, ce l'ho, è di mio nonno, non perde un secondo, un caro oggetto di famiglia e non lo venderei per niente al mondo. Ma poi lasci perdere.
Ieri ero a una presentazione in un hotel molto chic. Quelle del genere a me tanto caro: "Segue buffet". Fra l'altro onestissimo, e provato per voi. Avvicino una tipa che avevo già visto di sfuggita in un'altra occasione, e scambiamo due parole. La classica conversazione da buffet, col piatto sul palmo della sinistra, e forchetta e bicchiere inclinato (impossibili da reggere contemporaneamente, se non dopo anni di studi) incastrati nella destra. Le chiedo, ovviamente: "E tu che lavoro fai?".
Lei, che qui si fa seria e molto compunta: "Io? Io lavoro in community". E io lì a pensare: beh, dai, guarda questa... E' proprio vero che l'abito non fa il monaco. Lavora in una comunità di recupero, magari confeziona borse con gli avanzi di stoffa, oppure collanine, eppure non è di quelle classiche un po' alternative che vedi in giro. Ne abbiamo conosciute tante, con l'aria vagamente tossica e fumata. Questa è elegante, carina, stilosa, apparentemente avvertita, e si dedica a lavori socialmente utili. È bello e giusto che qualcuno lo faccia ed è bello e giusto che comunque si conservi una certa eleganza. D'altra parte l'ambiente un po' lo richiede.
Ovviamente Community, scopro subito dopo, è una «società di consulenza nella comunicazione economico-finanziaria». Allora, primo - al limite - dovevi dirmi: "Lavoro A Community" non «IN community». Secondo, perché la gente dà per scontato che tu debba conoscere il posto dove lavori? Non hai detto Coca-Cola, Apple, Buitoni. Hai detto Community. E te le meriteresti, le collanine.

mercoledì 13 novembre 2013

MARCO PREDOLIN * «TUTTI MI RICONOSCONO, MA NESSUNO MI FA PIU' LAVORARE»

L'appello, decisamente accorato, che su «Lo spettacolo deve continuare» mi sento di raccogliere, viene da Marco Predolin, un decano della tv commerciale italiana: «Mi chiedono perché non mi si vede più in tv. Questo è il mio pensiero fisso: non riesco più a fare il lavoro che ancora oggi saprei certo fare. Forse ho troppi amici altolocati, che quando mi incontrano mi abbracciano e mi salutano come se fossi un extraterrestre che deve ritornare nella sua galassia... Ma io c... sono qui, sono un contemporaneo che non è ancora passato a miglior vita!».
62 anni, originario di Borgo Val Di Taro, nel parmense, Marco Predolin è stato il conduttore di programmi cult come «M'ama non m'ama» (1983, riproposto nel '94), «Il gioco delle coppie» ('85), classici di Retequattro e Canale 5, e rispolverato da Raidue per «La talpa» nel 2004. Guascone, fascinoso, noto al gossip per una vecchia storia con Michelle Hunziker nell'era pre Eros Ramazzotti, per qualche anno dovette subire – a suo dire - una sorta di ostracismo per sospetta sieropositività. Una maldicenza tanto diffusa nell'ambiente dello spettacolo, che fu costretto a girare per mesi con in tasca un certificato di “sieronegatività”, che un giorno mostrò anche a me, nel camerino di un teatro.

Oggi Predolin è titolare di un ristorante a Milano, «L'osteria dei Pirati», ma il mondo dello spettacolo gli manca parecchio. Tanto che rincara la dose: «Vi prego, non mi chiedete più perché non sono più in televisione: vi assicuro è veramente faticoso essere ancora riconosciuto per strada e ovunque io vada, senza poter tornare a fare il lavoro che so fare. Ho provato tutto, ho bussato a tutte le porte, anche quelle della radio. Niente. A volte non mi ricevono neppure. E pensare che sono miei amici. Amici un cazzo! Occhio agli amici... Non esistono più».

lunedì 11 novembre 2013

LA VOLTA IN CUI GABRIELE PAOLINI DISTRIBUI' PRESERVATIVI IN REDAZIONE

Era l'estate del 2001 quando incontrai Gabriele Paolini, «Il profeta del condom», all'epoca del suo massimo splendore. Sempre che si possa definire tale. Aveva già preso la leggendaria pedata in culo da Paolo Frajese, tutto il mondo catodico lo odiava - Mentana e Fede in testa -, e il suo ruolo di disturbatore televisivo, di scheggia impazzita del video, se non convinceva, almeno rappresentava un modello vincente di invadente, fastidioso presenzialismo.
E proprio in veste di tele-presenzialista lo invitai a Milano in redazione a Tv sorrisi e canzoni, dopo aver convinto l'allora direttore, Ronchetti, a passare un servizio trash sui prezzemolini del video: c'era Gigi Nardini, il sosia di Luciano Pavarotti; avevo reclutato Alessandro Cocco, nel Guinness dei primati con milioni di ore seduto in platea in qualsiasi programma televisivo di reti nazionali, regionali, provinciali e condominiali; c'erano l'immancabile Leone Di Lernia, serial-killer del pentagramma, e Gianluca Roncato, che aveva partecipato a più quiz tv che pranzi in famiglia. E poi lui, il pezzo ultra-pregiato della collezione: Gabriele Paolini, 39 anni oggi, di origine milanese ma trapiantato nella Capitale. Era lui il motore della mia curiosità, il vero motivo per il quale avevo riunito quell'armata Brancaleone. Li avrei intervistati uno a uno, e il ruvido fotografo Baroni era pronto in uno studio in periferia per un epico scatto collettivo.
In redazione era palpabile quel misto di attesa e diffidenza per l'arrivo del «profeta» Paolini, che (va detto con onestà) non deluse le aspettative. Si presentò elegantissimo, in doppiopetto blu, con una cravatta improbabile, e al collo una collana hawaiana di preservativi. Nelle tasche ne aveva a decine, e iniziò a distruibuirli a tutti, camminando nei corridoi come Gesù sulle acque: anziane colleghe, austeri caporedattori, fattorini, personale di segreteria. «Ecco, tenga: e non dimentichi di usare il condom», era la sua benedizione. Non so se avesse studiato formulette, ma l'eloquio del Paolini era fluente, alto, delirante ma ponderoso. Col sesso come unico e preciso riferimento mentale di sottofondo. Non certo uno stupido. Ovvero quello che mi appariva (faceva «capoccella», come dicono a Roma) in modo conclamato nei suoi offensivi blitz da disturbatore nei notiziari. Quelli che ti facevano esclamare: «Ma guarda 'sta faccia di c...».
Un impegno costante, il suo, apparentemente non redditizio, e anche piuttosto costoso, lavorando con impegno sulle trasferte. Cercai di capire come si guadagnasse il pane, e mi raccontò di decine di ospitate in giro per le discoteche d'Italia (gliela dubitai un po'), e se non ricordo male qualcuno dell'ambiente mi raccontò che un'anziana zia lo foraggiasse (questa mi pareva più credibile, ma forse è solo gossip). Poi sono venuti il finto annuncio del ritiro, l'ovvio ritorno sulle «scene», qualche liaison con Sara Tommasi (chi non ne ha avute?), e altri baratri. Ora che l'hanno arrestato con l'accusa di «Induzione alla prostitusione minorile e produzione di materiale pedopornografico», forse si trova qualche risposta in più alle mie vecchie domande. Ma il forse è d'obbligo. Finché sentenza definitiva non ci separi.

sabato 9 novembre 2013

«CI PENSA ROCCO» * OH, CIELO: SIFFREDI NON TIRA PIU'

Che Rocco Siffredi ci sapesse fare, era cosa nota: sia sui set praghesi dei suoi film (in modalità operativa) che in tv (anche se quasi sempre comparsa e non primo attore, se si eccettua un leggendario «Milano-Roma» con Luciana Littizzetto); sia in pubblico: sfilando persino sui tappeti rossi, ma mai sfilandosi in privato dai suoi inderogabili impegni sotto le lenzuola… Che però avesse il potere di farci cambiare canale, non se lo aspettava nessuno!
Non so se si sia stancato lui di stupirci (?!) o se si siano inaridite le fantasie televisive (e forse anche sessuali) dei produttori di format, il fatto è che dopo neanche un paio di puntate su Cielo di "Ci pensa Rocco", lo zapping è garantito: un bicchiere di rosso fermo è più sensuale e accattivante delle dritte del re del porno. E già le mie colleghe in banca non parlano più di Lui e delle sue leggendarie imprese nei gonzo movies... Lui, chi? Risultato: non basta parlare di sesso per invogliarci a farlo. E non è neppure sufficiente a tenerci incollati al televisore. Che noia Rocco maturo e al tramonto... Preferisco ricordarmelo da vivo.

Lorenzo Sulmona

venerdì 8 novembre 2013

NOLEGGIO AUTO * ATTENZIONE A «SIXT» E AGLI ADDEBITI IN CARTA DI CREDITO

Qui di seguito, la mail che ho inviato al servizio clienti di SIXT - RENT A CAR per un improvviso, tardivo (e a mio avviso immotivatissimo) addebito di carburante sulla mia carta di credito a seguito del noleggio di un'auto all'aeroporto di Brindisi. Sotto, la risposta di una responsabile dell'assisistenza, che mi ha poi rimborsato appena 21 euro («in ottica commerciale», dice, ma che cosa significa? O mi rimborsi tutto perché ho ragione, oppure non mi rimborsi niente... E giudicate voi chi abbia ragione o meno) per chiudere la questione, che mi era costata anche un altro paio di telefonate.
Quando noleggiate un'automobile, soprattutto con SIXT, fate molta attenzione agli addebiti successivi sulla vostra carta data in garanzia. Queste compagnie possono fare ciò che vogliono, a quanto pare. Senza neppure contestare qualcosa al cliente momento della riconsegna del veicolo. Lo considero un fatto gravissimo.

LA MIA CONTESTAZIONE
Buongiorno, SIXT mi ha ingiustamente applicato oneri per carburante (Vs. fattura di 47,19 euro nr. 01072) a seguito di un noleggio avvenuto all`aeroporto di Brindisi dal 6 al 13 luglio scorso. Come ho già spiegato al vostro operatore telefonico, che mi ha invitato a spedirvi questa mail di reclamo e richiesta rimborso, ho consegnato l`auto con il livello di fuel impercettibilmente sotto il pieno ed ESATTAMENTE come mi è stata consegnata al momento del ritiro. Al momento non ritrovo a casa il documento firmato al momento della riconsegna della Panda (non avrete nessun problema a reperirla in copia tra i vostri documenti), ma NESSUNA CONTESTAZIONE DI ALCUN TIPO mi è stata fatta verbalmente a proposito del livello del carburante, che pure è stato controllato insieme con tutta la vettura. Eppure a distanza di alcune settimane ho ricevuto a casa la sgradita sorpresa di una fattura di 47,19 euro, peraltro ovviamente già addebitate impropriamente utilizzando la mia carta di credito. Senza, ripeto, nessuna contestazione al momento della consegna. E con livelli di carburante, ripeto, ESATTAMENTE uguali a quelli dell`auto al momento del ritiro. L`impressione che si ricava a fronte di un comportamento così scorretto (mi auguro un errore) da parte di qualche operatore è quella di scarsa serietà di un`azienda che dovrebbe avere invece molto a cuore la propria clientela.
Cordiali saluti.

LA RISPOSTA DI SIXT
Facendo seguito alla Sua segnalazione, desideriamo informarLa che a fronte delle verifiche effettuate con lo staff di Brindisi è emerso che la vettura alla riconsegna, effettuata in data 13/07/13, presentava 7/8 di carburante (come si evince anche dal check in da Lei firmato e di cui alleghiamo copia).
Alla luce di quanto sopra esposto e della documentazione allegata,  siamo pertanto spiacenti doverLe confermarLe che l addebito di euro 47,19 risulta essere corretto ed in linea con quanto previsto da Termini e Condizioni Generali di noleggio di cui riportiamo un estratto: 

Servizio carburante:

Il Cliente è obbligato a riconsegnare il veicolo, a fine nolo, con il pieno di carburante e di farlo registrare dall addetto Sixt al momento del check in. In caso di mancato rifornimento il Cliente sarà addebitato del costo Servizio ripristino carburante costituito da un importo fisso e da un importo forfettario.

L'importo fisso del servizio pari ad euro 18,00 verrà addebitato al Cliente in aggiunta ad un importo forfettario applicato da Sixt per i litri mancanti, calcolato ad un prezzo maggiorato rispetto al prezzo di mercato.

Il prezzo del carburante è quello pubblicato al momento della riconsegna del veicolo con riferimento all ultimo aggiornamento disponibile, ossia:

Benzina: Euro 1,86 per litro | Diesel: Euro 1,82 per litro

Tuttavia, in ottica commerciale, siamo lieti di offrirLe un rimborso parziale della fattura  1072 AN  del 13/07/13 per un importo di euro 21,78 totali, corrispondenti al Servizio Carburante di euro 18,00 piu tasse.

La invitiamo a fornirci un riscontro per accettazione della suddetta proposta, al fine di procedere con l'emissione della nota di credito in Suo favore ed effettuare il relativo rimborso.

Cordiali saluti

Serena

giovedì 7 novembre 2013

INSTAGRAM È IL DEMONIO

Instagram è il demonio. È come rifare elettronicamente le tette a una realtà che non ci piace, che preferiamo piegare ai nostri sogni. Così abbiamo la pia illusione di avere vinto noi. A furia di abbellire tutto con luci e colori sparati, ficcanti o intriganti, non si trova più una foto in giro che non sia tarocca. Mi aspetto, a breve, anche lapidi cimiteriali e immagini votive mirabilmente instagrammate. I parenti del defunto a caccia di un bel punto di giallo. Perché d'accordo che il nero è sempre un must ma - perdìo - non sarà mica morto nessuno...
Cornicetta o no, poco importa: basta aumentare la luce e scegliere il filtro giusto, e il gioco è fatto. Il vantaggio è che chiunque può scattare una foto che sembra decente, o persino bella, ma che di fatto non lo è. Le più immonde ciofeche acquistano un'allure magica, e il risultato finale indubbiamente intriga, appaga. Ci caschiamo un po' tutti, nelle lusinghe del demonio. Finirà che entreremo dall'ottico fatti come un tossico, a cercare disperatamente lenti instagrammate, per guardare la quotidianità mettendo un additivo alla routine.

mercoledì 6 novembre 2013

LA CRISI STA UCCIDENDO I LECCACULO

Oggi vorrei spendere una parola per abbracciare la categoria forse più penalizzata dalla crisi: quella dei leccaculo. Il difficile momento che sta attraversando il Paese, rende la vita assai complicata ai piccoli-grandi ruffiani di ogni specie che quotidianamente tentano in qualsiasi modo di conquistare il posteriore delle loro prede. Quand'anche il lento spennellare di quel muscolo, che tengono sempre attivo, riesca ad estrinsecarsi perfettamente, i nostri devono purtroppo fare i conti con uno stato di cose che di fatto lega le mani ai beneficiari del loro vezzoso lavorio più o meno sotterraneo. Anche se gratificato da quest'azione malandrina, l'influente o il capo di turno si ritrova - causa crisi - nell'impossibilità di agevolare la carriera o le mire del soggetto leccante. Che così, spesso, lecca instancabilmente a vuoto, un po' alla 007 ("Mai dire mai"), confidando in una ripresa che difficilmente ci sarà in tempi ragionevolmente brevi. Il consiglio al leccaculo, quindi, a meno che non lo faccia per pura passione (non si può escludere a priori), è quello di dedicarsi ad altre e più proficue attività. Anziché srotolare pantaloni, per esempio, rimboccarsi le maniche.

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