sabato 29 dicembre 2018

CAMBI DI PALINSESTO IN VISTA A MEDIASET DOPO IL FLOP DELLA NUOVA RETEQUATTRO

Il nuovo logo di Retequattro, che da settembre ha avviato un restyling.
Come è vero che non tutte le ciambelle riescono col buco, figurarsi i cambi di rotta delle reti televisive.
Su Libero Francesco Specchia analizza la débâcle della tanto reclamizzata «nuova Retequattro» che cavalca l'infotainment, sulla quale come ascolti regge a malapena Roberto Giacobbo con le sue ricostruzioni storiche border line. Segnano il passo sia Gerardo Greco che Piero Chiambretti, mentre Nicola Porro sarebbe «al 4%, sotto osservazione»

Non se la passa bene neppure Barbara Palombelli, spesso doppiata da Lilli Gruber su La7, ma se non altro «costa meno di tutti» rivela il giornalista. «Inoltre, inutile girarci attorno: a Mediaset la linea degli approfondimenti» dice Specchia «la decidono Piersilvio Berlusconi e Mauro Crippa (il Direttore centrale della Comunicazione del gruppo Mediaset, Ndr). Punto. Vige una dittatura dei palinsesti. Lo sanno anche i sassi».

Sembra fallito dunque, al momento, il tentativo di trasformare Retequattro (un tempo territorio di pascolo solo per vecchi film, telenovelas sudamericane ed Emilio Fede, Dio l'abbia in gloria) in una sorta di nuova La7. Molto difficile, sia perché La7 ha in squadra volti a mio avviso molto più performanti (da Enrico Mentana a Lilli Gruber, passando per Corrado Formigli, Giovanni Floris e ovviamente Massimo Giletti, in odore di ritorno in Rai), sia perché un'identità di rete non si ricostruisce in un battito di ciglia.

venerdì 28 dicembre 2018

«BLACK MIRROR - BANDERSNATCH» * E LA TRAMA SI SNODA (PASSO PASSO) COME VUOI TU

Il protagonista dell'interattivo episodio «Bandersnatch» della serie tv «Black Mirror».
Due mesi di riprese e sequenze che ti fanno entrare subito in un inquietante loop claustrofobico. L'ultimo gioellino di casa Netflix si chiama «Bandersnatch», ed apre la nuova stagione di «Black Mirror».
La trama. 1984. Un nerd brufoloso che a Sega non di rado aggiunge Master System lavora a un nuovo videogame interattivo dai molteplici finali. Rimasto solo con papà e in cura da una psicologa, si rivolge a una software house per sviluppare il progetto, «Bandersnatch», tratto da un ignoto tomo.

Più di così è meglio che non ti racconti, perché sarai tu (sì, proprio tu) a far procedere gli eventi, dalle azioni più banali agli snodi cruciali della storia decidendo in un tempo molto limitato e con un tocco di vibrante joystick. La classica doppia scelta: dalla colonna sonora, alla decisione se impiegare il protagonista per fargli far fuori papà con un colpo di posacenere di cristallo, oppure risparmiargli la vita.

Il trucco c'è, e si vede (a volte ti costringono a marce indietro forzate, mica si possono girare sequenze alternative per tutta la vita), ma il giochino intrippa quanto basta per dedicargli un paio d'orette, riavvolgendo di tanto in tanto il nastro e cambiando opzione. In ogni caso, il meccanismo è studiato così bene che dopo un'ora circa, forse meno, puoi arrivare a un finale. Ma se non ti basta, clicchi di nuovo e alcune scene e dettagli cambiano e ti vengono riproposti.

Molto più serio di altri, embrionali esperimenti simili, «Bandersnatch» di «Black Mirror» piace anche perché ammicca continuamente al grande potere decisionale dato allo spettatore, che diventa l'entità oscura che muove le pedine.
Tocco di classe per chi è datato: la sigla di coda in midi rimasterizzato, come i vecchi videogames.

giovedì 27 dicembre 2018

ETTORE ANDENNA A RUOTA LIBERA SU «OGGI»: DALLA STORIA CON LA CARLUCCI AL NO ALL'«ISOLA»

Ettore Andenna.
Sul numero del settimanale «Oggi» in edicola intervisto uno fra i decani della televisione italiana: Ettore Andenna, il leggendario conduttore de «La bustarella» (agli albori delle tv commerciali in Italia, su Antenna 3 Lombardia) e «Giochi senza frontiere», di marca Rai.
Andenna parla senza peli sulla lingua della sua carriera, del no all'«Isola dei famosi», e di una vecchia storia d'amore con Milly Carlucci che oggi a suo dire potrebbe condizionare una sua eventuale partecipazione a «Ballando con le stelle». 
Ma anche di Enzo Tortora, Carmen Russo, Piersilvio Berlusconi, dei lauti compensi di Fabio Fazio, di uno strano incontro con Papa Wojtyla, e dei flop della tv attuale. Inoltre  presenta la sua famiglia, a Grazzano Badoglio, nel Monferrato. Dove insieme con la moglie Diana Scapolan e uno dei figli oggi alleva polli in batteria. Come documentano le foto esclusive che corredano il servizio. Dal febbraio prossimo il conduttore sarà nella fascia del mattino di Tele Pavia con un nuovo programma.
Sullo stesso numero del settimanale diretto da Umberto Brindani, che va al cuore dell'attualità e dell'attualità dello spettacolo, intervisto anche Bianca Atzei, protagonista insieme con Iva Zanicchi del musical «Men in Italy». 

venerdì 21 dicembre 2018

BUON NATALE E BUONE FESTE DA ME (IN ATTESA DEL NUOVO ALBUM DEI BEAGLES)

Franco Bagnasco intervistato da Bruno Gandini per «il Settimanale pavese».
Il «Canto di Natale» di Charles Dickens non c'entra. 
Stavolta fanno premio soprattutto le origini, la terra dalla quale provieni. Che bene o male ti segna in modo indelebile, anche quando te ne allontani.
Questa sopra è l'intervista di Natale che mi ha voluto dedicare il «Settimanale Pavese» per mano di Bruno Gandini. Che ringrazio per l'interesse alla mia indegna persona. Si parla di editoria, di ironia, di opportunità, di anteprime musicali (con i miei Beagles usciremo a fine gennaio con un album da non perdere) de «Il peggio della diretta» e di spazi di libertà da difendere.
Auguri a tutti voi per un sereno Natale, in famiglia o, per chi può, alle Maldive (ve lo auguro) e per un 2019 che possa regalarvi tutto ciò che desiderate.

giovedì 20 dicembre 2018

ANDREA G. PINKETTS E QUEL SERVIZIO CHE NON GLI MANDARONO MAI IN ONDA

È morto lo scrittore Andrea G. Pinketts
Ho due ricordi di Andrea G. Pinketts, il beffardo, ironico giallista milanese che un cancro si è portato via oggi ad appena 57 anni.
Il primo fu un blitz in un locale notturno della Milano già non più tanto da bere (ma lui beveva, eccome se beveva, gli spiriti erano il suo carburante), e me lo ritrovai seduto a un tavolo già vistosamente brillo insieme con Franco Califano. Vi rendete conto? L'accoppiata delle accoppiate: satana e il demonio. Il tempo di una foto con loro (impossibile da non fare, l'occasione era troppo ghiotta), e me ne andai.

L'altro è un momento amaro, legato a un programma di Canale 5 al quale collaborai parecchi anni fa: «Sali e tabacchi». Pochi se ne rammentano: andava il sabato notte, dopo «Ciao Darwin». Confezionavo servizi con personaggi di costume e spettacolo coprendo, come si dice in gergo, la metropoli. Il tema della puntata mi parve congeniale, così proposi alla redazione un'intervista a quell'istrione di Pinketts. Poteva sembrare scorbutico, sulle prime, ma in fondo era un pezzo di pane. Quando lo incontravi ti prendeva al volo le misure, ti fiutava, e se intuiva di potersi fidare, ci andavi d'amore e d'accordo.

La proposta fu approvata (non dico da chi, preferisco lasciarlo nell'oblio), e io mi presentai con una troupe al seguito al Trottoir, ancora in zona Garibaldi, il locale che il reuccio del noir aveva eletto a sua "sede" naturale, il suo guscio protettivo. 
Mi accolse festante nel primo pomeriggio, già adeguatamente imbenzinato, per garantire la prestazione, e cercò di capire: «Ma sei sicuro che proprio lui, quello là, ti abbia approvato il servizio con l'intervista a me?», fece lui diffidente. «Te lo garantisco, lui», gli risposi. 
«Mah, mi pare molto strano: gli sto parecchio sul cazzo, però se lo dici tu...». 
Registrammo per almeno due ore (era un programma strano), Pinketts si prestò a fare, rifare, inventare. Con generosità. 
Alla fine si scoprì che aveva ragione lui, perché quel sudatissimo servizio non andò mai in onda. Colui che aveva accettato la mia proposta, aveva sadicamente deciso di mandare me (e una troupe) a fare il pezzo, impegnare Pinketts nella registrazione, illuderlo, e imporgli poi l'umiliazione dell'oblio, del servizio cassato. Credo una tra le più grosse carognate che si possano fare a una persona. Ma se ti imbatti in uno stronzo caramellato, c'è poco da fare.

«OPEN» DI MENTANA: UNA DELUSIONE, MA C'È AMPIO MARGINE PER MIGLIORARE

Enrico Mentana, fondatore del sito di news Open.
Ritengo Enrico Mentana il migliore tra i televisivi (del resto il web nulla c'entra con un Tg), e mi costa dire che il suo OPEN secondo me è partito debole. Graficamente debole (è ottimizzato per smartphone e su desktop rende pochissimo, giusto per dirne soltanto una) contenutisticamente debole (poche le notizie originali), e persino posizionato male sui motori di ricerca. Insomma, non ci siamo. E mi spiace, davvero. 
La consolazione è che i margini di miglioramento sono ampi. Mi auguro non ceda prima o poi alla tentazione delle notiziole da click facile, perché è un attimo. E anche questa è una scommessa. Basterebbe, intanto, migliorare vistosamente grafica e contenuti.

lunedì 17 dicembre 2018

CARRA' DA FAZIO A 70.000 EURO * D'URSO, RITIRATA STRATEGICA * FEDEZ CONTRO LA "LEAN"

«Polvere di stelle» - Raffaella Carrà da Fazio con un
Da informazioni in mio possesso, provenienti da Viale Mazzini, Raffaella Carrà avrebbe percepito 70 mila euro per la recente ospitata da Fabio Fazio a «Che tempo che fa». Stessa cifra la showgirl avrebbe intascato per la partecipazione alla serata dello Zecchino d'oro, sempre su Raiuno. Considerato che in questo periodo Raffa si sta muovendo soprattutto per promuovere il suo disco strenna, «Ogni volta che è Natale», e che di norma oggi quando sei in promozione in tv faticano a offrirti anche il caffè alle macchinette, ciò significa due cose: anzitutto che Raffa come ospite ha ancora parecchio valore di mercato; poi che lo stesso Fazio (appena finito nel mirino di Luigi Di Maio per i suoi compensi) quando lo ritiene necessario è disposto a erodere non poco il suo budget di produzione. Comunque sia, chapeau: casco d'oro di nome e di fatto.

Barbara D'Urso.
La ritirata di Barbara D'Urso dalle prime ore domenicali è stata giustamente venduta dalla nostra come «una promozione», per via del pacchetto riparatore (comprendente anche una prima serata) messo sul piatto da Canale 5. E non poteva essere altrimenti, nell'eterno gioco delle tre carte. Dai rumors Mediaset sembra che Carmelita stessa (ancor più che la rete) patisse molto la sfida, spesso perdente, con Mara Venier e «Domenica in», con relativi titoli di giornale e commenti sul web. Lei è una donna vincente e così vuole e deve apparire. Quindi, taglio netto alla parte più debole di «Domenica Live» per far finire lo stillicidio.

Christian de Sica e Massimo Boldi.
Entrate in una sala cinematografica quando trasmettono il promo di «Amici come prima», il post-cinepanettone della ritrovata coppia Massimo Boldi-Christian De Sica. Teoricamente si dovrebbe ridere a crepapelle, invece c'è lo stesso silenzio di quando programmavano i film di Truffaut.

Simona Ventura.
La pur professionale Simona Ventura tornerà su Raiudue per condurre «The Voice», ovvero la brutta copia di «X-Factor». Ho appena brindato al ritorno del geniale Carlo Freccero alla direzione della rete che fu sua, ma come botta d'inizio siamo sotto il livello di guardia. Il vero Freccero «The Voice» lo avrebbe cancellato dal palinsesto.

Chiara Ferragni e Fedez.
In una story pubblicata su Instagram dopo la tragedia di Ancona e le polemiche che hanno coinvolto anche il rapper Sfera Ebbasta, Fedez ha voluto mettere a fuoco un altro aspetto del problema che riguarda l'uso di una nuova droga, la Lean, che si ottiene mescolando sciroppo per la tosse contenente codeina a bevande alcoliche o analcoliche, come la Sprite. C’è chi la chiama Purple Drank e chi Lean. Una tendenza che si è diffusa da pochi anni grazie anche ad alcuni musicisti. «È un'usanza importata dall'America. Ho visto artisti della scena trap» denuncia Fedez «dire che la Lean non fa poi così male. La moda della Lean e della codeina è un altro disastro annunciato da cui dovremmo prendere tutti le distanze».

venerdì 14 dicembre 2018

MARA MAIONCHI CHE DICE «MINCHIA» NON SALVA «X-FACTOR» DALLA NOIA

Il rapper Anastasio e Mara Maionchi.
Suvvia, può bastare Mara Maionchi che ogni tanto, in modalità random, proclama «minchia!» o «cazzo!» (qualsiasi cosa a seguire o a precedere) per salvare «X-Factor» dalla noia in cui è piombato il format? No, non può bastare. 
Mara è simpatica, molto più scafata di quel che lascia intendere la sua ruspante presenza scenica, ma «X-Factor» sembra bollito. E non basta la finta trasgressione della parolaccia, dello sfogo puramente estetico, a rianimare il paziente.
La sua edizione più dimenticabile, funestata peraltro da vagonate di neri pubblicitari, si è conclusa ieri con la vittoria annunciata del rapper Anastasio. Che non si capisce se abbia simpatie per Casa Pound o per il Mulino Bianco. Furbescamente non scioglie le riserve. Penalizzati i Bowland, che meritavano certo di più.

Il problema in questo caso (purtroppo) non è più la musica. Che bene o male replica e consuma facce, canzoni e talenti con una velocità devastante. È il format che avrebbe bisogno di prendersi almeno due anni di pausa. Ma non credo che Sky se lo possa permettere, avendoci innervato tanta parte del palinsesto e contando anche su «X-Factor» per dare un senso agli abbonamenti.
La barca fa acqua e i marinai prendono il largo: Fedez e Manuel Agnelli hanno già detto addio, e Lodo Guenzi si è rivelato una sòla come gli occhiali a raggi X che vendevano illo tempore sui giornaletti. Nella finale gli altri giudici gli hanno dato un po' di lustro, ma si intuisce che anche lui non sia destinato a restare.
Alessandro Cattelan è molto bravo e Mara «minchia!» Maionchi porta il suo coté adolescenzial-triviale che strappa il sorriso.
Ma è tutto già visto, è tutto risaputo.

giovedì 13 dicembre 2018

EDITORIA * 22 ESUBERI: AL «GIORNALE» CRESCE LA PREOCCUPAZIONE

Il comunicato dei giornalisti de «il Gionale», denso di preoccupazione.
Come segnalavo ieri in questo articolo, che riprendeva un comunicato del Cdr (il comitato di redazione) dei colleghi de «il Giornale», il quotidiano di Via Negri, a Milano, è in stato di agitazione per il piano di «solidarietà» che prevederebbe un taglio del 30% agli stipendi.

Alessandro Sallusti.
Oggi la componente sindacale, nella quale nel frattempo è aumentata la preoccupazione, segnala ai lettori (lo si può leggere nel frame qui sopra) di aver ricevuto dall'editore un documento nel quale si annuncia un «piano di risanamento» che «prevede l'esubero di 22 giornalisti, equivalente alla riduzione del 30% della forza lavoro».
Il testo del piano viene giudicato «inaccettabile», anche perché, stando alla redazione «non dedica neppure una riga al rilancio della testata» e «induce a ipotizzare gli scenari più preoccupanti».

Come raccontavo in questo post di una decina di giorni fa, serpeggia in redazione la paura per il futuro della testata diretta da Alessandro Sallusti e di proprietà della famiglia di Silvio Berlusconi. Qualora il Cavaliere dovesse, per qualche ragione, lasciare la politica, verrebbe forse meno l'utilità di un giornale molto schierato che è sempre stato la stampella politica di «Forza Italia».

mercoledì 12 dicembre 2018

I GIORNALISTI DE «IL GIORNALE»: NO AI TAGLI DEL 30% AGLI STIPENDI

Il comunicato del Cdr del il Giornale. 
Con un comunicato (si può leggere interamente qui sopra) che esprime molta preoccupazione, i colleghi de il Giornale diretto da Alessandro Sallusti prendono posizione contro il proposito dell'azienda di tagliare del 30% gli stipendi ai giornalisti della testata di proprietà della famiglia Berlusconi nell'ambito della procedura di solidarietà in atto. 
Il comitato di redazione ha deciso all'unanimità di portare da due a cinque giorni il pacchetto di scioperi da proclamare prossimamente e stigmatizza l'impatto negativo che tale decisione potrebbe avere sulla qualità del prodotto che i lettori troveranno in edicola.
In questo post della scorsa settimana raccontavo invece quali sono le preoccupazioni dei lavoratori de il Giornale per le prospettive del quotidiano in un ipotetico futuro senza Silvio Berlusconi.

DISCOTECHE IN CRISI * A MILANO IL «LIMELIGHT» (GIA' «PROPAGANDA») DIVENTA UN AUCHAN

L'insegna «My Auchan» appena issata su quella del defunto «Limelight».
Se la grande distribuzione soffre e la media non se la passa granché bene, le campane a martello suonano per le discoteche.
A Milano sull'insegna dello storico «Limelight» di via Castelbarco stanno issando proprio in queste ore quella di un mini-market «My Auchan».
Te lo aspetteresti dall'Italia di provincia del «due discoteche centosei farmacie» cantanta da Max Pezzali/883 in «Con un deca», ma non dalla metropoli lombarda.


Il «Limelight» prima della chiusura.
Il locale, che negli anni ha provocato non poche proteste del vicinato per i branchi di ubriachi all'ingresso nelle ore notturne, era un classicone della movida milanese e negli anni ha ospitato anche parecchi concerti e showcase. 
Nato come cinema Cristallo, divenne prima «City Square», poi trionfò cambiando nome in «Propaganda», per passare già in una fase più declinante a «Limelight».
Adesso ci si andrà solo per la spesa, per la gioia del vicinato e confidando nel reparto farmaci omeopatici. Come il mojito.

lunedì 10 dicembre 2018

IL FLOP DI «PORTOBELLO» * «JOVA BEACH PARTY», IDEA LUMINOSA * LE PATTINE DI BUFFON

«Polvere di stelle» - Il mezzo flop di «Portobello».
Come scrissi qui ancora prima del debutto del programma, il ritorno di «Portobello», finito sabato scorso su Raiuno, era tutt'altro che un successo scontato, come credevano in molti a Viale Mazzini. Ora spiace notare che venga ritenuto un mezzo flop, con la sua share attorno al 15%, schiacciata delle performance di Maria De Filippi su Canale 5. Certe trasmissioni andrebbero lasciate nelle teche della memoria. E spiace doppiamente che la pur brava Antonella Clerici abbia dovuto abbandonare «La prova del cuoco» (programma a sua volta finito in sofferenza in mano a Elisa Isoardi) per un progetto che aveva troppi margini di aleatorietà.

Il pupazzo Uan di «Bim Bum Bam».
L'editoria è sempre un terno al lotto, ma sembra che nella primavera prossima il titolare del marchio dello storico pupazzo Uan di «Bim Bum Bam» pubblicherà un libro sulla storia della televisione. Poi non dite che non ve l'avevo detto.

Paolo Brosio.

Come rileva Alessandra Menzani su Libero, il gatto morente di Paolo Brosio ha ridato smalto alla visibilità mediatica del giornalista. Il nostro ultimamente vedeva apparire la Madonna di Medjugorje più spesso del vecchio sodale Emilio Fede.

Biagio Antonacci e Laura Pausini.
Si è notata parecchio fra gli addetti ai lavori, alla sfarzosa presentazione del tour «Stadi 2019» di Laura Pausini e Biagio Antonacci, la totale assenza di rappresentanti di Goigest, l'ufficio stampa che la romagnola verace del pop ha appena lasciato per spostarsi su Parole e dintorni di Riccardo Vitanza, che invece ovviamente schierava tutte le sue girls. Si è notata soprattutto (a meno di qualche svista, ma con i colleghi abbiamo setacciato tutto il capannone come i Nocs) perché Antonacci per le relazioni stampa risulterebbe tuttora legato a Goigest di Dalia Gaberscik. Struttura che i due artisti prima condividevano.

Gerardo Greco.
Come riferisce in modo esaustivo il sito Spot and Web in questo articolo, Mediaset ha perso la causa contro l'emittente radio Rtl 102.5 per l'utilizzo del titolo «W l'Italia!», programma del giornalista Gerardo Greco in onda su Retequattro. Il Tribunale ha disposto la cessazione dell'utilizzo del marchio.

Raffaella Carrà e Nanni Moretti.
A meno di sorprese sul finale, la foto dell'anno nel mondo dello spettacolo italiano è senza dubbio quella di Raffaella Carrà (appena uscita con il suo disco natalizio) insieme con Nanni Moretti negli studi di Radiodue. Nello stesso scatto c'è quanto di più distante in natura. O forse no?



Jovanotti.
È davvero molto carina l'idea del tour «Jova Beach Party» estivo di Jovanotti. Il classico uovo di Colombo, ma nessuno ci aveva ancora pensato. Un progetto forse non semplicissimo da realizzare per questioni logistiche, perché vanno trovate spiagge molto grandi, vanno attrezzate e poi ripulite a dovere, ma in Italia per fortuna gli spazi non mancano. A partire dal gettonatissimo Salento.

Gigi Buffon.
Ci sono fotografi e giornalisti entrati nella casa di Gigi Buffon ai tempi del matrimonio con Alena Seredova che ancora ricordano l'ossessione del proprietario di casa non per le pattine da parquet, ma addirittura per i sacchetti di plastica sterili nei quali avvolgere tutto il piede. Tipo scientifica sulla scena del crimine. La precisa e non negoziabile richiesta, che pare venisse dalla signora, era motivata dalla necessità di tenere pulitissimo un pavimento sul quale scorrazzavano carponi i bambini ancora molto piccoli. Poi dice che uno si butta su Ilaria D'Amico...

domenica 2 dicembre 2018

«SCHERZI A PARTE» A BASSO SHARE * SCOTTI COME ROCCO * BAUDO, IL LIBRO DEGLI ERRORI

«Polvere di Stelle» - Per «Scherzi a parte» c'è poco da ridere.
Mentre tocca rilevare il debutto lungo e sfilacciato di «Mai dire Talk» della Gialappa's, su Italia 1, dalle parti di Canale 5 resta sullo sfondo la rilevante crisi d'ascolti di «Scherzi a parte». Agli albori, quando lo confezionava Fatma Ruffini, «Scherzi» era un must della rete. L'audience scoppiettava, e anche se i dubbi su accordi e taroccature spuntavano come funghi sui giornali e venivano in parte ammessi: («A volte rifacciamo il finale se i Vip si arrabbiano troppo», concedeva monna Fatma), il pubblico dimostrava di gradire. Oggi quell'amore pare finito. Paolo Bonolis e i suoi autori sanno il fatto loro, eppure il programma non si schioda dal 15% circa. Siamo al tramonto di un genere?


Leonardo Pieraccioni.
Puntuale come una cartella esattoriale, sotto Natale arriva il nuovo film di/con Leonardo Pieraccioni. Si intitola «Se son rose...» e nel cast come d'abitudine, c'è un esercito di donne. Non s'è ancora capito se il nostro giri le sue pregevoli opere per portare a casa la pagnotta, o per rimorchiare. Motivi entrambi nobilissimi. E comunque una cosa non esclude l'altra.

Gerry Scotti.
Per «questioni di budget», quattro puntate speciali di «Chi vuol essere milionario?», con Gerry Scotti (che sogna una fiction nei panni di una sorta di Maigret, ma secondo me è più probabile che nel frattempo giri un altro paio di spot pubblicitari), saranno registrate in uno studio già montato a Varsavia, in Polonia. Un po' come tante produzioni di Rocco Siffredi. Speriamo con la stessa soddisfazione di cast e maestranze. L'Est come nuova frontiera televisiva italiana.


Alba Rohrvacher.
È entrato in commercio l'orologio che ci ricorda che dobbiamo morire. E io che pensavo bastassero i film con Alba Rohrvacher.

Gratis o meno che sia, plaudo al ritorno di Carlo Freccero alla direzione di Raidue. È uno tra i pochi in Italia a parlare di televisione (e di comunicazione) e a farla
Carlo Freccero.
con coscienza di causa. Dicono che rivoglia Beppe Grillo in video, e non è detto che non ci riesca. In fondo è stato il nostro più grande comedian, prima di fare l'inversione a U sulla strada della politica.



Il palazzo Mondadori a Segrate.
Pare sia costato 250 euro l'affitto dell'adiacente Sporting Club dove i giornalisti Mondadori, in agitazione per la vicenda della cessione di Panorama (lo raccontavo qui), sono stati costretti a tenere la loro assemblea sindacale dopo il rifiuto dell'editore di mettere a disposizione una sala riunioni a Segrate, come era sempre accaduto in precedenza.


Pippo Baudo.
Leggendo il sempre lucido Francesco Specchia, su Libero, scopro che anche lui, come il sottoscritto, aveva chiesto più volte a Pippo Baudo di raccogliere in un libro (io avevo contattato il Supertelepippone più che altro per fare un favore a qualcuno che se lo voleva accaparrare editorialmente) le memorie di Sua Pippità. Alla fine non l'abbiamo spuntata né Specchia né io ma il collega Paolo Conti del Corriere. E il volumetto («Ecco a voi (una storia italiana») è appena uscito. Peccato che ora un altro scrupoloso collega, Franco Zanetti di Rockol, sia andato a leggerselo tutto scovando un mare di errori per poi raccontarli in quest'articolo documentatissimo. Vuoi vedere che anche Zanetti...


Stefano Accorsi.
Un hacker si intrufola nel profilo Facebook di Stefano Accorsi e chiede soldi abusando del suo nome. 
Fatto grave, ma stando agli inquirenti esisterebbe comunque un'attenuante generica: non li chiedeva per produrre un film con Stefano Accorsi.


«BOHEMIAN RHAPSODY» * LE FRAGILITA' DI FREDDIE MERCURY, IL PIU' GRANDE PERFORMER

Rami Malek in "Bohemian Rhapsody".
Infiocchettato nella sua sontuosa impaginazione, frutto di un bel montaggio, di una maniacale ricostruzione scenografica e di costumi, «Bohemian Rhapsody» è (giustamente) il film del momento.
Una boccata d'ossigeno per le sale sempre più in crisi, sabato a parte, quando un po' di spettatori si riescono ancora a strappare a Netflix, Sky e Amazon Prime Video.

Più che un'opera sui Queen, è un viaggio nell'immane, tormentata, a suo modo straordinaria personalità dominante di Freddie Mercury, interpretato dall'immenso Rami Malek («Mr. Robot»). Dalle liti in famiglia, all'ingresso («Con quei dentoni?») nella band che macina successi in tutto il mondo; dalle bizze nella discografia e ai party orgiastici, alla fidanzata-fan, per arrivare all'omosessualità e alla curiosità morbosa dei media; sino all'AIDS, lasciato però sulla porta. La pellicola si ferma sei anni prima della morte della star, nel 1985, al leggendario Live Aid di Wembley.

La somiglianza non solo di Malek, ma di tutto il cast con la vera band e i comprimari della storia nella realtà è stupefacente. Ma il protagonista è talmente calato nella parte da diventare più vero del vero. Il più grande performer di tutti i tempi raccontato nelle sue fragilità. E oggi che siamo circondati quasi soltanto da lagnosi rapper, lasciatemelo dire, è una benedizione.
VOTO: 8

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