martedì 25 novembre 2014

SI SCRIVE «CURVY», MA SI PRONUNCIA «NON HO TALENTO»

Una nuova, singolare figura ha da poco arricchito il circo mediatico, già popolato da schiere di mangiatori di fuoco, trapezisti, domatori, nani e ballerine alla disperata ricerca di un briciolo di visibilità. È la moderna, astuta variante della donna cannone. Che oggi si fa chiamare «curvy». Con buona pace di Francesco De Gregori, che le aveva dedicato una straordinaria poesia. Qui invece siamo all'entry level del prosaico.

La curvy, nella stragrande maggioranza dei casi, non ha altre apparenti qualità se non la grassezza. O comunque un volume superiore a quello che di norma rientra nello standard (peraltro soggettivo o imposto da decenni dai media) di bellezza, ma spesso si propone come modella. E giocando su questo banale contrasto (forme morbide applicate a un lavoro apparentemente inadatto) stuzzica i media per guadagnare qualche titolo facile. Tanto i giornali, soprattutto femminili, si sa, abboccano facile. Siamo un po' tutti sovrappeso, e non si vede l'ora di puntare sul consolatorio effetto immedesimazione. Una gran furbata, in tutta evidenza, ma così va il mondo. E la curvy ne trae giovamento.

Che profonda tristezza... Fra l'altro, se vogliamo analizzare la cosa, tutto questo accresce la discriminazione, anziché attenuarla. Perché le punta un riflettore addosso. È come se si parlasse di me non per quel che so fare, ma perché la natura mi ha dato una gamba blu. Non lo vorrei mai. Capirai che soddisfazione... È esattamente come quelli che, per dimostrare di non essere omofobi, dicono: «Ho tanti amici gay». Ecco, io ho tante amiche «curvy» (che è come dire operatore ecologico anziché spazzino, ma questa è un'altra storia) che vorrebbero finire su un giornale per quello che sanno fare, non per la ciccia in più. Non di rado alcune si improvvisano poi profetesse (non ci sono ancora i profeti: occhio, è una grave discriminazione!) del curvy. Quelle che con la scusa di sdoganare le forme morbide scrivono libri e vanno in tv con l'unico scopo effettivo - a mio avviso - di ottenere avanzi di notorietà. Furby, più che curvy.
A questo punto, viva Luciana Turina, che almeno sa cantare. Il sospetto è che lo sfruttamento a fini promozionali di questa moda del ciccia pride nasconda spesso una mancanza di effettive qualità.
Mettiamola così: se curvy è bello, chi ci marcia su un po' meno.

domenica 23 novembre 2014

LEOPARDI, «IL GIOVANE FAVOLOSO» * LA RECENSIONE COME L'AVREBBE SCRITTA LUI

Nel borgo selvaggio nomato Recanati alberga il talento inquieto del giovine Giacomo Leopardi (Elio Germano), che ha per genitori il severo padre, il Conte Monaldo (Massimo Popolizio), e l'austera madre Adelaide (Raffella Giordano), sempre di nero vestita e dalla voce in tutto similare a quella di Maria De Filippi in «Hominibus et Mulieribus». Nel villaggio che poco offre se non campi arati, desolazione e amara derisione, non bastano a Giacomo il sincero affetto dei due fratelli, né la stupefacente biblioteca della di lui famiglia. Ei non s'appaga leggendo migliaia di tomi e producendo versi apprezzati anche dal letterato Pietro Giordani (Valerio Binasco), col quale intrattiene sapido e confortante dialogo epistolare. No. Il giovine avrebbe la disattesa pretesa di conoscere il mondo. Ostacolato in questo dall'arcigno Monaldo.
Di lì a poco, le di lui gonadi principiano financo a roteare; vieppiù quando egli - di gracile costituzione e affetto peraltro da apparente rachitismo - apprende della prematura morte della graziosa vicina di casa, della quale si era inopinatamente e segretamente invaghito. Tanto che un dì, mirando gli interminati spazi di là dalla siepe del giardino, e gli infiniti silenzi di là da quella (ove per poco il cor non si spaura), anziché naufragar come gli era dolce in quel mare, decide di partire per Firenze con l'amico Ranieri (Michele Riondino). Là, nel bel mondo, ha modo di conoscere la soave quanto misteriosa Fanny Targioni-Tozzetti (Anna Mouglalis), dama che non esita a farla più volte usmare allo sfortunato Giacomo, salvo poi donarsi e indulgere ai piaceri della carne col di lui sodale Ranieri, senza meno più piacente.
Sempre chino sui libri, fra un componimento e l'altro, Giacomo s'ingobbisce a vista di bulbo oculare. Ranieri lo accompagna prima a Roma, poi nell'allegra e financo dissoluta Napoli, fra bicchieri di vin rosso e meretrici che lo canzonano. Ma arriva il colera. Conviene rifugiarsi in campagna, alle pendici del Vesuvio, a curar corpo e spirto assai provati da contante mestizie capaci di costellare una vita intera.

La toccante opra del direttore di scena Mario Martone coglie appieno ed esalta la sensibilità smisurata dell'autore de «L'infinito». Non si può peraltro fare a meno di lodare anche il garbo interpretativo del protagonista, che offre mirabil prova della propria arte, calandosi con proprietà e garbo nelle infinite mestizie del gibboso poeta. Si notino anche i costumi e l'impiego sapiente (ancorché talvolta discutibile) di un tappeto sonoro assai differente da quello dell'epoca, con componimenti a noi oggi ancora sconosciuti. A sottolineare forse la modernità di una figura senza tempo, e uno struggimento che non conosce confini né paragoni. Strappato alla terra come la ginestra dalla lava.
Ciò detto, non giova al lavoro un'eccessiva dilatazione temporale, che fa sì che spesso il pur motivato e partecipe spettatore venga colto da agevol sonno.

venerdì 21 novembre 2014

FRANCESCO DE GREGORI * «MI È PIACIUTO X-FACTOR, E IN TV VEDO TRUE DETECTIVE»

Questa mattina Francesco De Gregori è intervenuto nel programma "105 Friends" di Tony Severo e Rosario Pellecchia in onda su Radio 105 per presentare il suo nuovo lavoro "Viva voce". Ecco alcuni passaggi chiave dell'incontro:
 
IL TRIBUTO A LUCIO DALLA Nell'album c'è un piccolo ricordo di Lucio, il finale di "Santa Lucia". "Santa Lucia" era una delle canzoni che lui più amava delle mie. E' una delle canzoni del 76, eravamo bambini quando l'ho scritta e quando lui l'ha sentita, e quindi poi ho cominciato a mettere questo finale che cita il riff di "Come è profondo il mare".
Mi è piaciuta e l'ho messa anche nel disco come omaggio. A Lucio sono stati giustamente tributati molti omaggi dopo la morte, e questo è doveroso. Alcuni sono stati anche troppo spettacolari. Io trovo che in Italia abbiamo dei modi di spettacolarizzare la morte di personaggi pubblici. Mi ricordo per esempio Lady D ... Io su queste cose mi sono tirato indietro. Poi ognuno vive come crede e come sente la scomparsa delle persone che ama, però mi sembrava giusto che sul piano musicale potesse essere ricordato in modo così semplice. Tra due musicisti che hanno scritto due canzoni, forse la cosa migliore è dire "C'è questo ponte che ci lega al di là del fatto incidentale che tu sei morto e io sono vivo.
Le canzoni sono vive tutte e due e stanno insieme" 

«RIMMEL»? NON LA SOPPORTO PIU'
Nell'album ho scelto di inserire canzoni storiche e canzoni che non sono state premiate molto dagli ascolti, canzoni indifese, che non sono passate mai troppo alla radio. Con questa idea sono andato in studio con i musicisti. "Rimmel" non c'è perché non veniva bene. La musica è viva, a volte è talmente viva che scappa. "Rimmel" era noiosa: dopo 12 battute mi annoiavo io. Magari ci riproviamo tra un anno.... Io ho il dovere di non annoiare gli ascoltatori. 

GUARDO LE SERIE AMERICANE IN TV, COME «TRUE DETECTIVE» 
Ho scoperto di recente le serie televisive, ero molto diffidente. Guardo un po' di tutto, poi rimango agganciato e mi sparo anche cinque puntate in un pomeriggio. Io faccio un mestiere che mi permette di stare tutto un pomeriggio a casa. E lo chiamo cultura, ho l'alibi che tutto quello che sento e guardo, anche una partita di calcio, può diventare combustibile per una canzone. La colonna sonora della serie "True Detective" che parte dalla musica country, ma è virata con sapienza musicale contemporanea con suoni incredibili di oggi, è un tipo di musica che mi affascina molto perché c'è dietro un'invenzione sonora difficilissima da realizzare e che colpisce nel segno. 

«X-FACTOR» MI È PIACIUTO E IL LA RICERCA DEL SUCCESSO NON È UN MALE 
Mi è piaciuto molto andare a X Factor. Io non ho mai avuto alcuna prevenzione verso i talent. Ho visto come funziona questa cosa. Ho visto i ragazzi, li ho incrociati velocemente, ho visto delle belle facce e ho pensato che nei panni loro farei la stessa cosa perché tutti quelli che hanno talento desiderano il successo, non c'è nulla di male a desiderarlo.

martedì 18 novembre 2014

LE 10 COSE CHE MORGAN DIRA' PER GIUSTIFICARE IL SUO RITORNO A «X-FACTOR»

Il Paese, è evidente, non ha problemi più gravi. E il 98% della popolazione, puntando tutto sulla ben nota coerenza di Marco Castoldi (il nome all'anagrafe del nostro), è convinto che Morgan giovedì rientrerà a «X-Factor» dopo essersene andato «per sempre» (parole sue) la scorsa settimana.
Sono riuscito a scoprire le 10 giustificazioni che l'artista userà per motivare il suo ritorno nel cast del talent, al tavolo dei giudici. Eccole, in anteprima:

10)  Beethoven ha fatto nove sinfonie ma io ai miei ragazzi finora ne avevo fatte fischiettare solo cinque. Però su brani di Fabrizio De Andrè, Maroon 5 e Ricchi e Poveri.

9) Il giovedì sera non c'è niente su Sky Atlantic e se sto fermo devo provare a fare un disco che venda qualche copia.

8) Restando a casa spaventavo Dario Argento, che ogni tanto passa ancora a trovarmi.

7) Mika sono scemo: non potevo sopportare l'idea che al mio posto prendessero Mara Maionchi o Costantino Della Gherardesca. Se va avanti così, finisce che si accorgono del bluff.

6) Ho preso il nuovo Samsung e volevo farmi un selfie con Fedez nudo per vedere la resa del colore sfruttando il pavè di tatuaggi. So fare anche il bilanciamento del bianco in aramaico.

5) Avevo dimenticato in camerino la compilation di Natale di Cristina D'Avena.

4) Victoria Cabello doveva ancora spiegarmi che cos'è l'accordo di settima.

3) Sul contratto c'era una penale che mi avrebbe procurato una ciocca di altri 78 capelli bianchi. E col look che mi ritrovo, signora mia, non posso permettermelo.

2) Dovevo portare il chiwawa di Luca Tommassini a fare pipì. Un bell'applauso al nostro Luca Tommassini!

1) A casa, giovedì, gnocchi. E pur essendo lo gnocco un cibo nobile, che sta in una dimensione spazio-temporale mai del tutto percepita, in bilico tra un gusto raffinato e quel popolare che non sfigura; pur essendo lo gnocco un balsamo per le papille gustative, e se vogliamo anche la disincantata panacea dei mali di quest'Occidente che vive schiacciato fra il consumismo e la massificazione da social network, a me gli gnocchi fanno cagare.

lunedì 17 novembre 2014

RAFFAELLA PARVOLO, "SOSIA" DELLA FICO * «ADESSO VORREI FARE LA VELINA»

Il nuovo fenomeno del web di chiama Raffaella Giordano, in arte Parvolo, e vive a Sant'Antonio Abate, nel Napoletano. Dove tra non molto forse la porteranno in processione come e più della Madonna pellegrina.
Con i suoi 43 mila (ma la cifra è in costante crescita) like su Facebook la nostra riesce far parlare di sé come sosia della sensuale Raffaella Fico. Sulla reale somiglianza tra le due molti hanno da dire (è come se io mi alzassi una mattina dicendo di somigliare a Brad Pitt), ma l'operazione funziona. Eccome. Tanto che Raffaella è già stata ospite di Barbara D'Urso a «Domenica 5», e di recente è stata intervistata anche dal surreale Andrea Diprè, altro catturatore di consensi e rabdomante del trash che alberga on-line.
Ma come funziona il «Metodo Parvolo»? Lo spiega il fidanzato Simone Masola, che vive lontano, a Padova e fa l'autista. Ma da lì coordina le operazioni. «Raffaella di lavoro fa le pulizie in alcune famiglie» spiega «ma le piace lo spettacolo. Notata questa sua somiglianza con la Fico, ho iniziato a seguirle la pagina web, l'ho creata, e visto che i consensi, ma anche le critiche, aumentavano, la cosa ha preso sempre più piede. Ed eccoci qui. L'ho sempre incitata a coltivare la sua passione, a muoversi anche per fare pubblicità, promuovere locali... A volte ho la sensazione che tutto questo stia diventando troppo grande per noi, anche perché su Internet ti scrivono veramente di tutto, a volte c'è anche maleducazione. Ma le soddisfazioni ci sono».

PARLA RAFFAELLA
Che cosa ne pensa l'interessata di tutto questo bailamme che ha saputo creare, dividendo gli animi ma creando anche un ricco fan club?
«C'è chi dice che le somiglio, chi pensa che no... Infatti come dico sono la sosia più amata e discussa del momento» mi racconta dal suo rifugio domestico. «Fatto sta che come metto un po' di foto il pubblico si scatena. La stessa Fico ha detto che per i capelli le rassomiglio, anche se forse non siamo proprio due gocce d'acqua. Comunque la pagina è scherzosa, cerco sempre di mettere qualcosa di simpatico, che piace alla gente. Io un po' so ballare, e ora ho iniziato a prendere anche un po' di lezioni di canto. Vado da un maestro che a casa ha il pianoforte, e lì mi faccio anche fotografare o riprendere quando viene qualcuno della televisione. Mi piacerebbe lavorare nello spettacolo, anche in programmi di barzellette, come “Made in Sud”, oppure fare la Velina a “Striscia la notizia”». 

venerdì 14 novembre 2014

LORELLA CUCCARINI: «RAFFAELLA CARRA', SEI STATA UN'AMARA DELUSIONE»

Lorella Cuccarini contro Raffaella Carrà. Il testa a testa fra primedonne (o ex primedonne) della tv va in scena sul sito internet di Lorella Cuccarini, che attacca Miss Pelloni per averla improvvisamente estromessa, dopo contatti e trattative già avviati da tempo, dal nuovo talent-show che l'ex giurata di «The Voice of Italy» sta per varare su Raiuno, e all'interno del quale la Cuccarini avrebbe dovuto sedersi al tavolo dei giurati. Nel solco della tradizione di questi programmi. L'amaro sfogo della Cuccarini parte dal suo profilo Twitter («Raffa, sei stata un'amara delusione»), e si espande sul suo sito internet, con il comunicato, piuttosto sincero ed esaustivo, che pubblico qui sotto:

«Nel rilasciare certe dichiarazioni si rischia sempre di fare la parte del perdente. E io so di avere tutto da perdere, ma ho deciso di parlare perché credo sia arrivato il momento di segnalare, pubblicamente, l’imbarbarimento a cui siamo arrivati.
Ormai da tempo non ci sono più regole. Non ci si può fidare di nessuno.
Parlo ora e poi… volto pagina.
All’inizio di settembre, sono stata chiamata da Raffaella Carrà. Non mi sono trovata ad un incontro formale come tanti ma di fronte ad una vera e propria dichiarazione d’amore. Raffaella ha avuto per me parole splendide.  Insomma, un appuntamento dal quale sono uscita con l’idea di iniziare un’entusiasmante avventura insieme, nel suo nuovo programma.
La trattativa con la Rai si chiude in tempi brevissimi e, sulla base degli impegni presi, programmo il lavoro a teatro con Rapunzel solo al Brancaccio.
Nelle scorse settimane, sono stata ripetutamente citata e confermata come giudice, su molte testate cartacee e on line. Per serietà, non ho mai rilasciato dichiarazioni in merito perché ritenevo opportuno fosse Raffaella la prima a dare la comunicazione ufficiale. Che non è arrivata. Anzi.
Qualche giorno fa, Bibi Ballandi ha riferito al mio manager Lucio Presta che ci sono stati dei ripensamenti. Ballandi. Non una parola da parte di Raffaella. Non una spiegazione.
Provo una profonda amarezza. Soprattutto perché la responsabile di tutto questo è uno dei personaggi che ho più amato nella mia infanzia e nella mia vita professionale. Il personaggio, appunto. La persona non la conoscevo affatto.
In trent’anni di carriera non l’avevo mai incontrata. Ne starò molto lontana anche per i prossimi trenta».

Perché lasciare a casa la Cuccarini dopo averla contattata? Forse che improvvisamente Raffaella ha ottenuto l'ok da parte di un nome televisivamente oggi più spendibile di Lorella, e ha deciso di metterla da parte? Comunque sia, non pare un bel gesto. La Cuccarini ha come manager Lucio Presta, che deve averla invitata (o convinta) a portare tutto all'attenzione dell'opinione pubblica.

giovedì 13 novembre 2014

FACEBOOK, TWITTER E INSTAGRAM * LE DIFFERENZE CHE SPIEGANO CHI SEI

Facebook è per chi ha qualcosa da dire. Twitter per chi ha qualcosa da comunicare. Sottile differenza, ma non trascurabile. Instagram‬ per chi ha qualcosa da mostrare. E anche se una foto a volte dice più di mille parole (Cit. Baci Perugina), continuo a preferire Facebook. Al netto dell'egogentrismo di chi ci mette del suo nel postare, dei commenti di qualche frustrato, e dei tanti difetti di una piazza senza regole. Ma bella proprio perché non ne ha. 
I 140 caratteri di Twitter sono troppo pochi per esprimere qualcosa di compiuto. E Instagram per troppa gente è solo esibizionismo insistito, filtri che modificano la realtà. Che la piegano al proprio volere. Che trasformano in bello ciò che bello non è. Il coniglio che esce dal cappello. E la bellezza è un valore. Se lo tarocchi, prendi in giro prima di tutto te stesso.

TEATRO * «ALL OUT: LA FAME DI SOLDI PORTA ALL'IDIOZIA DEI GAME-SHOW»

Di Lorenzo Sulmona
Dal 19 al 30 novembre, al Caboto di Milano, va in scena «All Out». Lo spettacolo, imprevedibile, che ha incantato gli Stati Uniti per oltre trent’anni, ora viene rappresentato dalla compagnia milanese Lyra Teatro. Si tratta di una storia agrodolce, diretta da Demetrio Triglia e Laura Tanzi, che inizia come un tipico game-show televisivo per poi trasformarsi in un vero e proprio incubo. Ne abbiamo parlato con l'autore, il drammaturgo statunitense John Rester Zodrow (nella foto).
Mr Zodrow, quando è nata l’idea di “All Out”?
Nel 1976. Ero agli inizi della mia carriera di scrittore. Vidi un programma in televisione che mi colpì molto. “Insight”, un game-show duro, feroce, lungo mezz’ora, capace di mettere in discussione l'etica della vita. Ho pensato di farne subito uno script.
Cosa l’ha colpita del programma?
Una sera vidi i concorrenti del gioco televisivo comportarsi come idioti, erano eccessivamente servili, al limite dell’umiliazione. Credo cercassero soprattutto fama, perché erano in onda in prima serata su un’importante emittente nazionale, ma anche di aggiudicarsi il premio finale: frigoriferi, forni e auto nuove. Mi colpì il fatto che fossero disposti a tutto pur di vincere.
In che senso?
Indossavano costumi imbarazzanti, saltavano come indiavolati, battendo le mani con il volto sudato e gli occhi sbarrati. Abbracciavano e baciavano il conduttore del programma ogni volta che vincevano un tristissimo tostapane. Tutto ciò mi irritava. Mi faceva arrabbiare il fatto che la televisione era riuscita a ridurre in questo stato gli esseri umani, a trasformarli in consumatori rabbiosi per la gioia degli inserzionisti. Considerando tutto questo, mi sono seduto e ho scritto “All Out”.
E’ stato difficile scrivere il testo?
“All Out” è stato scritto nel giro di poche ore. Ero così arrabbiato per quello che avevo visto in televisione che le parole mi uscivano come un fiume in piena! Di solito scrivo molte bozze prima di trovare la giusta sceneggiatura. Per “All Out” è stato più semplice e naturale. Perfetto già alla prima stesura. Ho mostrato il testo ai produttori di “Insight”, i quali hanno immediatamente accettato di produrre lo spettacolo. I risultati sono stati sorprendenti.

Le prime reazioni?
Inizialmente qualcuno ha cercato di fermare la nostra taping alla CBS; poi, quando “All Out” è stato trasmesso in tutta la nazione, molti spettatori, indignati e scandalizzati, hanno chiamato la redazione pensando che fosse un gioco a premi vero e proprio. Il Washington Post, il Los Angeles Times, Herald, Examiner, Variety e altri giornali hanno pubblicato, invece, ottime recensioni. Il gioco ha vinto anche diversi premi e riconoscimenti.
Qual è il messaggio lanciato da “All Out”?
I soldi possono condurre alla pazzia. Il denaro è diventato un dio, una religione che ti annulla, senza la quale pensi di essere inutile. Basta guardarsi intorno. Oggi l'1% della popolazione possiede il 50% di tutte le ricchezze e dei beni. Fortunatamente l’aria non costa nulla, altrimenti i ricchi si approprierebbero anche di questo! Un altro esempio è rappresentato dalle grandi banche: commettono indisturbate attività illegali, ormai anche i criminali più spietati non vengono assicurati alla giustizia. Continuano a fare enormi affari perché il massimo della pena ricevuta è una multa, una goccia nel mare delle loro trasgressioni.
Come è avvenuto il passaggio di “All Out” dal piccolo schermo al palco di un teatro?
La scrittura di un copione è, solitamente, ri-scrittura con più bozze. Alcuni script sono passati attraverso una dozzina o più di revisioni prima che di essere pronti. Ricordo, però, che la prima versione di All Out per il teatro è come se si fosse scritta da sola. Dunque è stato piuttosto semplice.
Ha dovuto apportare modifiche al testo nel corso degli anni?
Inizialmente una compagnia teatrale mi ha contattato per portare in scena la mezz'ora originale della pièce. Una versione corta di “All Out” che è arrivata in alcune Università e nei college americani. Per 30 anni lo spettacolo è andato in scena nei principali teatri degli Stati Uniti, sempre nella versione originale e completa. Nel 2013 ho “aggiornato” il testo rendendolo più attuale: ho aggiunto un nuovo concorrente e sviluppato qualche scena drammatica nel backstage (durante la pubblicità) con l’ospite, il presentatore, il direttore di scena e i produttori. Un modo per colpire più duramente, per rendere più divertente e appassionato il dialogo.
Da Broadway a Milano, città che ha ospitato la prima europea dello spettacolo e che tra poco Lyra Teatro riproporrà al Caboto. Cosa dovremo aspettarci?
A Milano ha debuttato lo scorso giugno. Un grandissimo successo. Io ero presente in platea: quando ho visto in scena gli attori di Lyra Teatro, è stato un colpo di fulmine. Questi attori sono semplicemente… qualcosa da vedere! Preparatevi a essere travolti dalla loro eccellente recitazione. E’ una messa in scena degna di un Tony Award!
Come ha conosciuto i registi Laura Tanzi e Demetrio Triglia?
Nel 2013, dopo aver completato la nuova versione di All Out per Broadway, sono stato contattato da Laura Tanzi e dalla compagnia milanese. Inizialmente ero un po’ scettico. Ma vedendo le performance del gruppo, sono rimasto colpito dal talento e dalla raffinatezza di questi attori. Il testo è stato così tradotto in italiano: una fantastica esperienza di lavoro con Lyra Teatro, grandi professionisti in grado di offrire prove al cardiopalma.
Tre motivi per i quali andare a vedere All Out al Caboto di Milano.
Primo: il gioco è così penetrante che non sarà facile dimenticare tale esperienza. Alcune persone del pubblico e gli attori stessi mi hanno detto che All Out ha cambiato la loro vita. Secondo: lo spettacolo ricorda alcune grandi opere teatrali (Our Town, Morte di un commesso viaggiatore, Casa di bambola) perché tratta importanti questioni di etica, ma anche per il modo di rappresentare la morale e le scelte di vita. E’ un gioco monumentale. Ed è divertente. Terzo motivo, All Out è uno dei pochi giochi nei quali il pubblico diventa membro del cast, l’undicesimo concorrente. Un modo per vivere un'esperienza interattiva, come se si salisse sul palco.

venerdì 7 novembre 2014

IL SOGNO DI SAMMY * AFFETTO DA PROGERIA, IN VIAGGIO SULLA ROUTE 66

Sammy ha diciotto anni, si è diplomato da pochi mesi, e il suo sogno è sempre stato attraversare gli Stati Uniti percorrendo la leggendaria Route 66, che va da Chicago a Los Angeles. In pratica il classico coast-to-coast ma lasciando fuori New York e la rutilante Manhattan.

Sammy ha già visto l’America ma sempre e solo dalle finestre dell’ospedale dove spesso è stato ricoverato per sottoporsi a cure mediche, essendo infatti affetto da progeria, una rara malattia genetica meglio conosciuta come «sindrome da invecchiamento precoce», un invecchiamento che colpisce il fisico ma non la mente. Come lui solo pochissime altre persone al mondo soffrono di questa malattia che interessa un individuo su otto milioni.



Dal 16 dicembre, ogni martedì alle 21:00, Nat Geo People (canale 411 di Sky) propone «Il viaggio di Sammy»: l’emozionante racconto di un’esperienza unica tra luoghi e incontri eccezionali vissuta attraverso gli occhi del protagonista. Con Sammy, i suoi genitori Laura e Amerigo e il compagno di classe Riccardo, attraverseremo gli Stati Uniti, da Chicago a Los Angels, passando per i paesaggi della Monument Valley, del Gran Canyon e le luci di Las Vegas. Incontreremo la vera America, capi indiani, predicatori, amish e personaggi “inarrivabili” come Matt Groening e James Cameron in un viaggio che prende le forme di un sogno che diventa realtà.



martedì 4 novembre 2014

RENATO POZZETTO E NINO FRASSICA DI NUOVO INSIEME IN UNA FICTION PER RAIUNO

Dopo «Casa e bottega», Renato Pozzetto e Nino Frassica, due volti popolarissimi della comicità italiana, torneranno a recitare insieme in una nuova fiction per Raiuno.
Il titolo provvisorio (ma dovrebbe essere confermato) è «Il padre della figlia del sindaco». «Lui sarà il primo cittadino di un paese» dice Frassica «e io il padre di questa ragazza. In pratica, a causa degli eventi, ci ritroveremo a essere padri della stessa persona. Ovviamente non posso dire altro, al momento, per non svelare la trama. È un lavoro che resterà in sospeso fra la commedia e il giallo, sono due ingredienti che vanno sempre molto calibrati in percentuale, in prodotti di questo tipo. Alla scrittura sta pensando lo stesso Pozzetto. L'inizio delle riprese è previsto nei primi mesi del 2015».

lunedì 3 novembre 2014

MAI PIU' SENZA * CONTRO LA CRISI SKY BREVETTA L'ASCENSORE A PIANI ALTERNI

«Ascensore per il patibolo», «Ascensore per l'inferno»... Ai tanti titoli cinematografici del genere, da oggi Sky aggiunge (non per gli abbonati all'on-demand ma - attenzione - con un servizio esclusivo riservato ai dipendenti, vedi foto) il nuovissimo «Ascensore a piani alterni». Magari sbaglio, ma è la prima volta che vedo qualcosa del genere a livello mondiale, quindi sono certo che diventerà in breve un cult, scaricatissimo.
Lo so, se ve la raccontano non vi sembra vera: dovete sedervi, darvi un pizzicotto e riprendere fiato, ma da oggi nella sede Sky di via Monte Penice 7 (zona Rogoredo), a Milano, gli ascensori interni non consentono più fermate a tutti i piani, ma ogni due. Con una zona buia di un piano. Per capirsi: dal livello terra si può andare al secondo, ma non al primo. Dal terzo si può salire al quinto e scendere al primo, ma non passare al quarto o al secondo. La regola vale per tutti, eccetto fattorini e dipendenti del bar, che usufruiscono di un montacarichi speciale. Un «Diabolico piano», insomma. Un «Piano proibito». Una piccola tortura medioevale messa in atto, pare, per disincentivare l'uso dell'ascensore per brevi tragitti, e quindi ridurre le spese. Non è la supercazzora di un redivivo Ugo Tognazzi. C'è tanto di cartello sopra il pulsante di chiamata che lo dice a brutto muso: «Non sale e non scende di un piano». 
Fra le trovate per combattere l'austerity si vocifera anche dell'imminente eliminazione dei buoni pasto, a favore dell'ospitale mensa interna. I bar della zona verrebbero disertati e sarebbe disincentivata anche l'uscita del personale durante la pausa pranzo.

DIFFERENZE UOMO-DONNA NELL'USO DI FACEBOOK A FINI RELAZIONALI: LA PIZZA ALLA CICORIA

DIFFERENZE TRA UOMO E DONNA NELL'UTILIZZO DEI SOCIAL NETWORK A FINI RELAZIONALI E DI COMUNICAZIONE
CASO DI SCUOLA: LA PIZZA ALLA CICORIA
SITUAZIONE A
La donna scrive su Facebook un messaggio privato all'uomo:
«Ciao, mi hanno detto di un posto dove fanno una strana pizza alla cicoria. Andiamo a provarla, stasera?».
Risposta dell'uomo: «Ok, dai! Dov'è il locale e a che ora?».
SITUAZIONE B
L'uomo scrive su Facebook un messaggio privato alla donna:
«Ciao, mi hanno detto di un posto dove fanno una strana pizza alla cicoria. Andiamo a provarla, stasera?».
Risposta della donna:
- Due giorni solari senza nessuna comunicazione.
- Al terzo giorno pubblica in bacheca il seguente post:
«L'altro giorno qualcuno (non faccio il nome perché non voglio dargli troppa importanza) mi ha inviato L'ENNESIMO invito per una cena a base di cicoria. Cicoria, capite? Ma io dico: come si può pensare di associarmi alla cicoria? È offensivo. Forse il messaggio di fondo tra l'altro era: sei grassa, devi dimagrire! Ho dovuto rispondergli un po' seccamente che un no è un no. Che cosa non ti è chiaro in quest'espressione???? NO!!! E non è il primo che fa questi inviti. La gente a volte proprio non vuole capire e bisogna educarla con i dovuti modi» (a seguire due emoticon con simbolo di un cuore e di un braccio che mostra il muscolo).
- Risposta delle amiche al post:
«Bravaaaaaaaaaa!!!! Ma chi è 'sto coglione?».
«Se uno non ti ama, non ti merita!».
«???!!!! È successo anche a mia cugina con 'sta cosa della cicoria: basta mandarli a quel paese!!!!!!!!!».
«Tu e la cicoria siete due cose diabetalmente opposte!!! Non farti incantare. P.S. Stai benissimo con quella frangetta!!!!! Non cambiarla mai mai mai». «Grandeeeeeeeeee. Vorrei avere anch'io la tua grinta e il tuo carattere».
- Al quarto giorno la donna pubblica in bacheca un post con un emoticon con faccina triste accompagnato da una foto con un aforisma stampato a caratteri cubitali scritto su sfondo grigio marmorizzato: «Nessuno più di chi ha la cicoria negli occhi, trova il cuore sordo all'amore» (Oscar Wilde).
- Risposta delle amiche al post:
«Cuccioloooooooooo, stai su di morale, hai capito?!?!».
«Piccola, se hai bisogno di parlarne, sono qua! Chiamami!!!!!!!».
«Se uno non ti ama, non ti merita!».
«La vera cicoria dobbiamo cercarla dentro noi stessi: tutto è cicoria, se ci pensi. Basta saperla cercare e trovare. Poi farai pace con lei e sarà il dono più prezioso della tua vita. Dà retta a una che ci è passata».
«Ma con la Vodafone Special hai 400 minuti su tutti o solo sui numeri Vodafone????????? O è meglio la You&Me??!!!???!!!??????».
- Al quinto giorno la donna risponde all'uomo in posta privata su Facebook: «Scusami tanto per il ritardo, ma stavano operando la mia nonnina di cataratta e dovevo starle accanto!!! (emoticon a forma di cuore). Grazie per il graditissimissimo invito: fra l'altro adoro la cicoria ma non sarei comunque venuta perché mercoledì sera ho il corso di zumba!».

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