«Io sono un angelo, sa? Sarò assunto in cielo con tutti i vestiti. Mi dovranno trattenere per le scarpe». Occhi spalancati e sorriso sornione, prima di smaterializzarsi in una nuvola di zolfo (e in attesa di riprendere di fatto il 20 settembre la nuova edizione di «Porta a porta»),
Bruno Vespa fa giusto in tempo a rilasciare quest’intervista.
Vespa, quest’anno fra le novità dell’approfondimento giornalistico in tv c’è «In onda» con Luca Telese su La7, dove Nicola Porro prenderà il posto di Luisella Costamagna. Che però funzionava. Che cosa ne pensa?
«Vero, ma hanno fatto benissimo. La7 ultimamente scivolava un po’ troppo a sinistra, ed essendo una rete in crescita, ha bisogno di ampliare il pubblico, ricollocarsi. Se fa trasmissioni più equilibrate, ha solo da guadagnare».
Alessio Vinci di «Matrix». Quali differenze ci sono tra voi?
«Lo stimo, è un gentiluomo. La differenza però è totale, generazionale e di formazione. Lui viene da un giornalismo anglosassone, io da uno mediterraneo. Lui da news molto strette; io ho avuto la fortuna di partire dall’elenco degli spettacoli al Tempo de L’Aquila, per arrivare a “Porta a porta”. Ho fatto veramente tutto e ho un’esperienza più larga».
Come numeri, nei vostri scontri chi vince?
«Beh, larghissimamente io. Vado a memoria su quest’anno: 62 a 15 o a 13, contando due-tre pareggi».
Milana Gabanelli col suo «Report» e l’infinito problema della tutela legale.
«Credo che abbiano risolto nella formula più corretta: quando c’è dolo o colpa grave paga l’azienda e si rivale sul collaboratore. Vale anche per noi, per tutti».
Santoro che fine farà?
«Sarà sempre in prima linea. Anche se ora inventa questa formula multimediale, non ha mai smesso di essere il trascinatore politico, coluiche serve il popolo. Certi suoi contrasti di fondo con i vecchi Ds, vengono dal fatto che lui faceva loro la lezione da sinistra. Ecco perché D’Alema non lo sopporta: l’ha sempre trattato come il compagno che sbaglia».
Tecnicamente, molto bravo.
«È un signor professionista, anche se l’ho sempre considerato oggettivamente, serenamente, amichevolmente incompatibile con il servizio pubblico».
La attacca spesso…
«Le cose ce le diciamo con franchezza. Lo scorso anno quando Berlusconi fece la sciocchezza di far sospendere i talk show per un mese, e noi fummo ospiti della stampa estera, chiesi: ditemi in quali vostri Paesi, nel servizio pubblico, c’è un programma come “Annozero”. Tutti zitti e muti».
Enrico Mentana a La7 ha fatto il botto.
«Meritato. Gli ho detto, e ha riconosciuto, di avere avuto l’intuizione giusta in un momento straordinariamente favorevole. Ha la fortuna di non dover fare un tg generalista. Al Tg1 non potrebbe mai mansare in onda quel tg, ma uno decisamente più noioso».
«L’infedele» Gad Lerner è anche fazioso?
«Beh, non mi pare che sia l’esempio luminoso da seguire citato in commissione di vigilanza: dovete fare come Lerner! Ha altre virtù, ma uno non spegne il televisore dicendo: oddìo, non ho capito Lerner come la pensava, stasera…».
Lei è accusato invece di essere troppo contiguo al potere, ecumenico…
«Equivicino».
Se preferisce…
«Mannò… E poi che cos’è il potere? La storia insegna: tutti gli intellettuali italiani più compromessi con il fascismo, il 26 luglio hanno cambiato opinione. Qual è il potere? Quello che c’è, o quello che ci sarà? Io sono le stesso da sempre, chiavi in mano. Con tutti i difetti e forse qualche pregio».
Troppo accomodante?
«Nessuno mi ha mai potuto dire: “Perché non hai fatto la domanda che avrebbe fatto il Corriere della sera, La Stampa o Repubblica?”, anche perché poi questi quando vanno a intervistare i potenti, non è che facciano cose stravolgenti... Colloqui di Berlusconi con Repubblica non mi pare abbiano seminato molto sangue. Io fui il primo a domandargli del conflitto d’interessi, nel ’94, dopo le elezioni, nella sua casa a via Dell’Anima».
E se Giuliano Ferrara tornasse in tv?
«Ma come se tornasse? È tornato, fa i suoi cinque minuti. Giuliano è un campione assoluto, l’uomo più colto. L’uomo…»
Se tornasse davvero. Non fa più parlare come prima…
«Probabilmente sì, non c’è dubbio. Però fa una trasmissione quotidiana. Non puoi fare clamore tutti i giorni».
Gianluigi Nuzzi e (pare) Filippo Facci, su La 7 con «Omissis».
«Bravi. Ma bisogna vedere come sarà il programma. Puoi essere una gran firma e non saper fare tv, o viceversa. Né Biagi né Montanelli hanno dato il meglio in video».
Giovanni Floris a «Ballarò». Il primo della classe?
«Fa una trasmissione a mio avviso non equilibratissima, ma importante. Avrà più spazio, giocoforza, grazie all’assenza di Santoro».
L’approfondimento si spegne praticamente per quattro mesi, d’estate. Ma non le notizie. Accetterebbe che qualcuno facesse un «Porta a porta estate» al posto suo?
«Come, col mio stesso marchio?».
Sì.
«Ma che fa, bestemmia? Nessuno vieta che lo facciano, ma chiamandolo con un altro nome. “Porta a porta” mi appartiene».
Antonello Piroso, poverino, era su La7, lavorava bene. Arrivato Mentana, è stato spazzato via...
«Ma hanno triplicato l’ascolto… C’est la vie. Faccia altre cose».
E Antonio Ricci?
«Pensavo parlassimo di colleghi, invece cambiamo campo».
Mica tanto. In fondo Ricci fa una sorta di contro tg…
«Ricci è il dominus della nostra tv. Più di così... Fa quello che vuole, come vuole, quando vuole. Ha il successo che si è guadagnato, che gli puoi dire?».
A «Striscia» spopola Gianpaolo Fabrizio, il suo sosia: «Bruneo» Vespa…
«Mi è simpatico. Un giorno l’ho incontrato, in aereo, e si è presentato. Non l’avevo riconosciuto: senza nei, senza trucco, sembra un signore qualunque. È stato carino, ha voluto farsi la foto ricordo con me».
(TV SORRISI E CANZONI - SETTEMBRE 2011)