giovedì 26 luglio 2018

«DELITTI E VECCHI MERLETTI» DI GABRIELE MORONI * LA CRONACA NERA CHE HA FATTO STORIA

La copertina del libro di Gabriele Moroni, edito da Mursia.
Ci sono molti cold case, casi freddi, anzi freddissimi, nel nuovo libro di Gabriele Moroni, «Delitti e vecchi merletti. Casi di cronaca nera che hanno fatto storia» (Mursia, pagg. 236, euro 16,00) da poco in libreria ma già molto venduto. Moroni, a lungo inviato speciale de «Il Giorno» quotidiano per cui ha seguito i principali casi di nera e di giudiziaria degli ultimi decenni, ha applicato le tecniche delle inchieste giornalistiche ai delitti del passato, dalla fine del Settecento fino agli inizi del Novecento.

Il risultato è un libro avvincente che dimostra, al di là di ogni ragionevole dubbio, che omicidi, frodi, serial killer, morti di Stato e relativi insabbiamenti, rapimenti e persino il calcio scommesse non sono una prerogativa dei nostri tempi.

Il libro si apre con il caso del lupo antropofago che alla metà del Settecento fa strage di bambini nella campagne del milanese. Una morte dopo l’altra si alimenta quella che oggi chiameremmo una «leggenda metropolitana» seguita da un’isteria collettiva che trasforma il lupo in un essere demoniaco, tanto che scende in campo anche la Chiesa.

C’è poi la cronaca del caso Anita Garibaldi. Come è morta la
Gabriele Moroni
donna dell’Eroe dei due Mondi? Per il primario dell’ospedale di Ravenna, Luigi Fuschini, che nell’agosto del 1849 eseguì l’autopsia sul cadavere non c’erano dubbi: morta per strangolamento. L’inchiesta - tra misteri, spostamenti del cadavere, testimoni che giurano che è la morte è avvenuta per cause naturali - si arena. Il dubbio resta.

Di decennio in decennio Moroni riapre casi da manuale come quello del «vampiro di Bottanuco» di cui si occupò anche Cesare Lombroso o di Giovanni Cavagnati, magistrato bolognese, sostituto procuratore del Re, scomparso senza lasciare traccia dopo una serata con gli amici. L’inchiesta, come ricostruito nel libro, resta aperta per decenni ma giustizia non è fatta.

Omicidio politico potrebbe essere stato, invece, quello del generale Alberto Pollio, morto a Torino la notte tra il 30 giugno e il 1° luglio 1914, tre giorni dopo l’attentato di Sarajevo che infiammerà l’Europa. C’è un nesso tra i due episodi? Moroni ricostruisce il possibile movente di quello che, a tutt’oggi, è uno dei grandi misteri italiani: Pollio era un sostenitore dell’alleanza con gli Imperi centrali e si sarebbe opposto a eventuali cambiamenti a favore delle forze dell’Intesa.

Tra i venti casi raccontati e ricostruiti nel libro non poteva mancare il calcio scommesse. Il primo scandalo nella storia pedatoria italiana è datato 1927. Il caso si apre con il derby Torino-Juventus finito 2-1. La vittoria però è stata comprata e dopo un’inchiesta che travolgerà il mondo del calcio dell’epoca la decisione della FGCI sarà secca: lo scudetto non viene assegnato. Dice in un intervista l’allora presidente della Federazione, il gerarca Leandro Arpinati: «Il campionato 1926-27 non avrà quest’anno il suo vincitore. L’esempio servirà, ne sono certo, di monito e varrà, mi auguro, a migliorare la situazione calcistica che è in questo momento di una delicatezza e di una gravità senza pari».

Le cronache degli ultimi anni dimostrano che la Storia, invece, si ripete.

Gabriele Moroni, milanese della provincia (Parabiago), come inviato speciale de «Il Giorno» ha seguito molti fra i più importanti avvenimenti di cronaca nera e giudiziaria degli ultimi anni. Con Mursia ha pubblicato Le Bestie di Satana (2006), Per denaro e per amore (2008), Fausto Coppi. Solitudine di un campione (2009), Il Paròn (2012), Il calcio malato (2014), Nonno Ragno e gli altri. Storie di lombardi da Guinness (2015).
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FINALMENTE TORNO LIBERO (ED È UNA BELLA SENSAZIONE)


mercoledì 25 luglio 2018

LA FOTO STORICA * 1975: COCHI E RENATO IN CAMPAGNA CON MISTER JANNACCI

Da destra, Renato Pozzetto, Enzo Jannacci, Cochi Ponzoni e il signor Pirö.
Foto leggendarie ne abbiamo? Certo che sì. Questo è un reperto storico datato 1975 e viene da Stadera (Piacenza), sulle colline che sconfinano sull'Oltrepò Pavese.
Davanti all'osteria di Pirö, dialettalmente parlando, ovvero il signore sulla sinistra, ci sono tre dei più grandi artisti italiani di sempre. Da destra, Renato Pozzetto, Enzo Jannacci e Cochi Ponzoni.

Il duo Cochi e Renato nacque nel 1964, fra il Cab 64 e il Derby di Milano, dove crebbe anche l'amicizia con il chirurgo cantautore Jannacci. Nel 1975 erano già venuti «Quelli della domenica», «Il buono e il cattivo», «Il poeta e il contadino» e un grande numero di canzoni popolarissime. E i nostri, in piena estate, reclutati per un concerto di piazza (anzi, nell'aia, vicino al palo della cuccagna) si godono i frutti della loro popolarità squisitamente campagnola.
Una stampa gigante di questa foto si trova ancora nel bar-osteria di Stadera, che ha mantenuto il nome del signor Pirö.

sabato 21 luglio 2018

ORNELLA VANONI: «AMO NEGRAMARO E TIROMANCINO, MA I GIOVANI URLANO TROPPO»

Ornella Vanoni.
Ornella Vanoni, 83 anni, intervistata da La Provincia Pavese: 
«Ho dei grossi problemi di carattere tecnico: se potessi scaricherei le canzoni da YouTube e da Internet, ma non sono capace. Allora mi faccio aiutare. A parte i grandi, che tutti conoscono, mi piacciono tanto i Negramaro e i Tiromancino. Sa qual è il problema con i giovani? Urlano troppo, ho l’impressione che a volte il troppo urlare faccia perdere di vista le qualità della buona canzone, come la melodia. Dimenticavo, apprezzo il lavoro di Fiorella Mannoia, che giovane comunque non è, anche se più di me».

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martedì 17 luglio 2018

SELVAGGIA LUCARELLI: «I MIEI 'CASI UMANI' SONO NATI DALL'INCAPACITA' DI STARE DA SOLA»

Selvaggia Lucarelli.
Mentre il suo libro, «Casi umani» (Rizzoli), scala le classifiche, quel sacripante di Selvaggia Lucarelli perfeziona il piano ferie estive presentandolo su e giù per l'Italia (è stata di recente anche a Favignana, nelle Egadi), nel segno dell'ottimizzazione. 
Oggi alle 19 sarà alla libreria Feltrinelli di Milano, in Piazza Piemonte, insieme con Luca Bottura e il fidanzato Lorenzo Biagiarelli. Domani a Roma, alla Feltrinelli di via Tomacelli, con il direttore del Fatto quotidiano Marco Travaglio
Ho  chiesto a Selvaggia di spiegare chi fossero i suoi casi umani, ovvero gli uomini sbagliati finiti sul suo cammino.

«I “miei” casi umani» dice Lucarelli «sono uomini incontrati in un lungo periodo di incapacità di stare da sola che mi ha portata ad aggrapparmi alla speranza che ogni volta fosse quello giusto. Cercavo sempre “il buono” in personaggi indecenti, non vedevo limiti macroscopici, talvolta perfino tragicomici. Per dire, prima di capire che il tizio si presentava ogni sera da me con scatoloni di roba nuova e senza senso (da friggitrici a Xbox) probabilmente mi portava in casa merce rubata ho impiegato mesi... Io lo credevo generoso».

venerdì 13 luglio 2018

MILANO * ARRIVA «FUD», LA BOTTEGA SICULA DEI SAPORI CHE CONQUISTANO IL PALATO

Il porcello nero dei Nebrodi.
Lo spettacolo del cibo, in questo caso. Il disarmante spettacolo di profumi e sapori che mi si è parato davanti ieri sera all'inaugurazione di «Fud - Bottega sicula», che apre oggi a Milano in Via Casale 8, sui congestionati ma sempre ospitali Navigli, in una traversa di quello Grande.

I formaggi di «Fud».
Il palato si perde fra sgombri e acciughe superbe (il segreto del titolare, Andrea Graziano, è quello di puntare tutto sulla qualità della materia prima), tra formaggi rigorosamente autoctoni, prosciutti e salumi che inducono in tentazione, come il porcello nero dei Nebrodi. Per non parlare del cioccolato di Modica, leggermente speziato, e delle mandorle allo zenzero; dei provoloni al limone e arancia e del pane all'olio d'oliva, sul quale si incastonano come diamanti acciughe e pomodorini secchi sul letto di una burratina. Se vuoi l'hamburger, ecco che arriva, con la parmigiana alle melanzane o come ti pare, arricchito dagli ingredienti di cui sopra.
Tre selezioni (curate) di birre alla spina artigianali, e qualche punto che si perde in tabella sulla strada dei vini, ma può essere che io sia un po' prevenuto nei confronti della loro atavica asprezza.

Pare che il ragazzo faccia grandi affari in Sicilia, con altri presidi gastronomici analoghi, e lo merita. Così ora si tratta di conquistare Milano, fra residenti più avveduti e turisti stranieri un po' distratti. Le premesse per lavorare bene ci sono tutte. Al debutto, più videocamere che a Sanremo.

domenica 8 luglio 2018

ADDIO A CARLO VANZINA * HA RACCONTATO PER IMMAGINI 40 ANNI DI ITALIA TRASH

Carlo Vanzina.
Insieme con il fratello Enrico, sceneggiava. Lui, Carlo, più schivo e concreto, dirigeva soltanto. Sullo sfondo i geni di papà Steno, pseudonimo di Stefano Vanzina, uno dei grandi del cinema italiano.
Noto per i cinepanettoni (diresse il capostipite, «Vacanze di Natale», nel 1983) ma poche volte cedette alla vena sempre più insopportabilmente trash che il filone stava prendendo, per mano di altri. 
Carlo Vanzina ha saputo raccontare, vestendola di cinema di scarso spessore, l'Italia più leggera e disimpegnata degli ultimi 40 anni. Non era certo un Mario Monicelli e manco un Dino Risi, ma va detto che anche il copione fornito dal Paese reale era quello che era.

Ora che se n'è andato, non ricordiamolo soltanto per le pagine minori. Nel 1980, piccola chicca per cinefili, fece debuttare al cinema il talento dei veronesi Gatti di Vicolo Miracoli, nel cameratesco «Arrivano i gatti». Mise le mani sulle prime pellicole cult del terrunciello Diego Abatantuono («Eccezzziunale veramente» e «Viuuuletemente mia»), e soprattutto si fece lieve nel 1983 raccontando con autentica grazia gli Anni 60 vacanzieri di «Sapore di mare»Gli amori, i tradimenti, i fremiti adolescenziali in una Versilia, ingenua, quasi da cartolina. Qui Carlo Vanzina fu autenticamente grande.

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