venerdì 22 febbraio 2013

JUTTY RANX * A MILANO IN TERRAZZA DUOMO IL DUO DI «I SEE YOU»


Il biondo eccentrico con la testa mezza rasata e metà no, e il cantante giamaicano figo con uso di dreadlocks.
I Jutty Ranx hanno spopolato ieri sera alla terrazza Aperol di Milano davanti a una platea di pochi eletti. Il duo californiano (sono basati a Los Angeles) composto da Justin Taylor e dal dj finlandese Jaakko Manninen ha proposto, nel corso di un breve showcase, il singolo «I See You», coccolatissimo dalle emittenti (in testa Radio Montecarlo e Kiss, ma anche Deejay Tv) e svettante negli airplay europei, e altri brani che entreranno a far parte di un primo album, ancora in lavorazione. 
Justin era letteralmente mangiato vivo dalle ragazze presenti, fra una tartina e l'altra, e Jaakko si concedeva un po' di pr sulla terrazza con affaccio sulla splendida Piazza Duomo.
Insieme, con un batterista a scandire il ritmo, hanno un sound robusto e convincente, in sospeso fra soul, dance e musica caraibica. Li presentava Dr. Felix, già presenza fissa al Chiambretti Night, su Italia 1. I ragazzi sono svegli e può darsi che non siano destinati a ballare una sola stagione.

giovedì 21 febbraio 2013

ELENA SOFIA RICCI («CHE DIO CI AIUTI 2) * «ORA SUOR ANGELA, UNA BOMBA, POI ROMEO E GIULIETTA»

Un po’ meno «Don Matteo», un po’ più «Beautiful». Elena Sofia Ricci scalda preghiere, breviari e il suo indomabile caratterino, in vista del ritorno in video di suor Angela, la religiosa ex galeotta («Finì in carcere per concorso in omicidio e rapina a mano armata» dice) protagonista di «Che Dio ci aiuti 2». 16 episodi da 50 minuti ciascuno, per la regia di Francesco Vicario, che Raiuno manderà in onda in coppia, in prima serata, dal 21 febbraio, per otto settimane.
«C’è poco da fare, questa suora è una bomba atomica» commenta la Ricci «un meccanismo a orologeria ben congegnato. Migliora col tempo. 
È un personaggio che crea empatia e che ha un grande pubblico femminile. Dopo aver verificato, negli ultimi due episodi della prima stagione, che gli spettatori gradivano vederla alle prese con casi dalle problematiche  sociali, quest’anno abbiamo sterzato decisamente in quella direzione. Il filone giallo-poliziesco sparisce per lasciare spazio al sentimento e a storie ad alta problematicità o intensità. Ma senza rinunciare a un tocco di commedia, anche perché io suor Angela senza un po’ di commedia, non la so fare».  Le fa eco la sceneggiatrice Elena Bucaccio: «Abbiamo cambiato il format di una serie di successo, ma non è stato un atto di autolesionismo» spiega. «Passiamo dal legal all’ethical drama. Il modello di prima ci sembrava riduttivo per la nostra protagonista». 
Suor Angela stavolta incontra Guido (Lino Guanciale), avvocato in crisi, tutor del suo nuovo convitto. Lei pensa che nell’animo di ognuno alberghi qualcosa di buono; lui non può fare a meno di credere il contrario. Lei si fida delle sensazioni; lui si attiene strettamente ai fatti. Ma insieme funzionano. Angela ha l’intuito umano che manca all’uomo di Legge. E insieme lavorano ai casi più difficili. Nel cast restano due ragazze della prima serie: Azzurra (Francesca Chillemi), diseredata dal padre, che si deve rimboccare le maniche in convento coltivando il sogno di sposare un milionario, e Margherita (Miriam Dalmazio), studentessa di medicina in sospeso fra pazienti e amori. Un modo per scoprire che un cuore scheggiato a volte è più difficile da curare di una malattia. 
«Lasciando cadere il filone poliziesco, abbiamo dovuto rinunciare a due ottimi attori come Massimo Poggio e Serena Rossi» prosegue Elena Sofia Ricci «per acquistarne tre-quattro formidabili: da Rosa Diletta Rossi, che fa un ruolo molto intenso, una ragazza di buona famiglia che affronta alcune criticità, a Laura Glavan: un peperino, capricciosa, espansiva, che invece dentro è una statua di ghiaccio. Poi  c’è Cesare Kristian Favoino, un bambino di otto anni che farà impazzire il pubblico e che ci ha lasciato a bocca aperta sul set: è buffissimo e recita meglio di tutti noi. Eravamo quasi  in imbarazzo. Infine Lino Guanciale, attore che chi segue il teatro conosce già, e che ha sicuramente un radioso futuro: bello e preparato, lo considero un po’ il nostro Tom Cruise. Per quanto mi riguarda, invece, suor Angela conserverà e accrescerà la propria umanità. Trovandosi alle prese in un episodio con un’ex compagna di cella e la sua storia difficile». 
Elena Sofia Ricci, intanto, è in Trentino, al gelo, tra vecchie dimore e castelli, sul set di una nuova produzione («Sono fortunata: ho i prossimi due anni già impegnati») targata Lux Vide, come «Che Dio ci aiuti 2» e «I Cesaroni». Si tratta di «Romeo e Giulietta», una coproduzione italo-ispanico-tedesca che andrà in onda su Canale 5. «I protagonisti, belli e appassionati» racconta Elena Sofia «sono Alessandra Mastronardi e un ragazzo spagnolo: Martiño Rivas López. Io vesto i panni della nutrice di Giulietta, che è forse il più bel ruolo del teatro shakespeariano per un’attrice - mettiamola così - non più giovanissima. È un modo alternativo di calcare ancora le tavole del palcoscenico, per me che ho fatto una scelta di vita diversa. Ovvero  matrimonio, figli e famiglia. Se pensiamo a grandi colleghe come Mariangela Melato, o la Valeria Moriconi, sono sempre state sposate invece solo col teatro. La loro vita era interamente dedicata a quello. Oddìo, mi accorgo di essermi in qualche modo paragonata a due mostri sacri veri... No, non va bene, per carità: come non detto...».

(TV SORRISI E CANZONI - FEBBRAIO 2013)

mercoledì 20 febbraio 2013

SANREMO 2013, IL RETROSCENA * FAZIO HA CAMBIATO LE MUTANDE A BAR REFAELI

Sanremo 2013 è ormai archiviato, ma c'è una chicca imperdibile della quale non potevo non farvi partecipi. E stavolta mi muovo con molta circospezione perché devo mettere le mani nientemeno che nell'intimo di Bar Refaeli. Intimo in senso stretto, mica si parla di cose private o personalissime. Tu chiamali, se vuoi, mutandoni.
Essì, perché nessuno sa che la top model israeliana - la sera in cui ha messo piede come guest-star sul palcoscenico dell'Ariston - è stata oggetto di una terribile censura preventiva da parte di Fabio Fazio.
Un'ora prima di andare in onda, quando il conduttore ligure ha visto l'abito di pizzo nero traforato ultra sexy di Roberto Cavalli che la supermodella stava per indossare (e che ha poi effettivamente indossato), è inorridito.
Dal momento che sotto quel vestito la ragazza - ingenua - portava un perizoma color carne, il «Camerlengo» (cit. Littizzetto) Fazio, che temeva un altro caso Belen Rodriguez-Farfallina nel suo Festival pulito e degossippizzato, ha preteso con classe che una Bar non propriamente al settimo cielo cambiasse le mutande. L'importante era che «nessuno del pubblico a casa potesse anche solo sospettare che lei sotto panni fosse nuda» come mammà l'aveva fatta. È così scattata l'emergenza per trovare in mezz'ora un paio di sgraditi mutandoni a slippone neri da piazzare sotto il pizzo. Bar ha abbozzato dicendo obbedisco. Anche le top model, nel loro piccolo, si rivestono.
Ciò detto, per gli amanti delle dietrologie (ma anche delle didietrologie festivalere), bisogna aggiungere che la Rafaeli non ha brillato per simpatia durante tutto il suo soggiorno in riviera. Scortese e un po' scostante con tutti (compreso un pacifico inviato de «Le Iene» dall'approccio un po' goliardico, ma questo si è già visto in tv), ha dovuto sopportare anche un altro problema rimasto segreto che ha avuto almeno il pregio umanizzata un po'.

UNA TAGLIA IN PIU'
Avendo guadagnato ben due centimetri sui fianchi - in pratica, una taglia - tra la prima prova degli abiti (avvenuta qualche settimana prima) al momento di indossarli la sera del Festival, Bar ha costretto un manipolo di ardite sarte a partire da Milano lavorando l'intera notte prima del Festival per allargarle tutti gli abiti di scena, nei quali alla data di martedì non entrava più. La classica, drammatica corsa contro il tempo. Sono arrivate a Sanremo alle 13 di mercoledì, molto provate.
Durante la serata la costumista Rai, Ester, ha rilevato un crash con un vestito azzurrino della Littizzetto, molto simile al suo, ma Lucianina ha avuto la meglio e la Rafaeli ha dovuto cambiare l'uscita. Un problema non da poco l'ha avuto anche Bianca Balti, costretta a eliminare un maxi abito a ruota stile cortigiana: non passava dall'apertura sulla scala e dal retro quinta. Peccato: sono convito che sarebbe servito a farla notare un po' di più. Quindi a farla notare.
Quando si è proposta come «virtuosa» alla batteria, la Rafaeli ha trovato scomode le scarpe di Paciotti che indossava, e se le è tolte. Non le ha rimesse neppure per uscire di scena, facendo scalza tutto il tragitto, lunghissimo, fra il palcoscenico e il camerino.
Anche lì, problemi: all'Ariston cadeva tutto. I camerini del piccolo teatro sono stanzoni, divisi in tre stanze da pareti mobili. Attorno alle 20, un pannello divisorio ha deciso di crollare. E ci sono voluti quattro addetti della sicurezza per tenerlo in piedi, sino all'arrivo degli addetti Rai. Che l'hanno riparato citando scompostamente davanti a Bar non solo Sanremo ma anche tuttigli altri santi del calendario gregoriano.

100 ROSE ROSSE IN CAMERINO
L'unica soddisfazione la modella israeliana l'ha avuta il giorno di San Valentino, quando in stanza si è trovata un mazzo di 100, splendide rose rosse. Sul biglietto c'era solo una sigla: M. B.
Escludendo (per mancanza di prove) Milvio Berlusconi, in ambienti gossipari si sussurra possa trattarsi di un calciatore non italiano. Sai che fantasia. In ogni caso l'algida Refaeli le ha lasciate serenamente lì, nel vaso dove le ha rinvenute. Mancava solo il cellophan. Come una prova sulla scena del crimine.

martedì 19 febbraio 2013

VERO TV * MUOIONO LE DIRETTE, TEDESCHI SE NE VA E C'È ARIA DI CHIUSURA

Il tam tam degli addetti lavori rimanda indiscrezioni sulla pessima aria che tira a Vero Tv, l’emittente a vocazione commerciale di proprietà della Guido Veneziani Editore diventata negli ultimi mesi un piccolo fenomeno trash cult.
Durante una riunione con i contorni da psicodramma tenutasi venerdì scorso, Corrado Tedeschi, a corto di pagamenti, avrebbe già ufficializzato il suo addio alla nave che affonda, mentre Margherita Zanatta si avvia a farsi carico da sola di quattro ore di diretta. Il tutto in un palinsesto pieno di cloni, che non ha mai brillato per originalità.
Pare che l’obiettivo dell’editore sia quello di abbandonare via via tutto ciò che è live, in studio, per potenziare telenovelas e tutti i contenuti preconfezionati che garantiscono maggiore resa e costo inferiore. Sino a marzo dovrebbe essere registrato il più possibile, per poi smantellare lo studio. Nell’occhio del ciclone il capoprogetto, Riccardo Pasini, che deve gestire il disastro. E anche se maestranze e artisti vengono rassicurati a proposito di una ripartenza a settembre con nuove credenziali, sono in molti a credere che questa sia l’anticamera della chiusura della rete.
Resta da sistemare Alba Parietti, e pare che Marisa Laurito cerchi da giorni (invano) di contattare telefonicamente Guido Veneziani.

domenica 17 febbraio 2013

SANREMO 2013, LA FINALE * MENGONI, ELIO E MODA': IL COMPROMESSO FAZIESCO SBANCA IL FESTIVAL

La vittoria di Marco Mengoni, seguito da Elio e dai Modà, è il perfetto compromesso che sta alla base del Festival faziesco e - se vogliamo - dell'opera omnia del conduttore e della sua squadra, da sempre molto abile (pensiamo ad Anima mia) nel mescolare alto e basso. Solo Arbore sapeva fare meglio. Un Sanremo "sinistramente" alto (canzoni in gara, ospiti di gran pregio), con un podio al 66% commerciale, più vicino all'idea di destra canzonettara. La giuria di qualità non ha voluto/potuto prevaricare sul voto fanciullesco (non dico dei bimbiminkia per utilizzare un termine caro agli elii) e tra Mengoni e i Modà ha fatto emergere solo le virtuosistiche Storie Obese, lasciando indietro pezzi che avrebbero strameritato: dall'eccentrico Daniele Silvestri al romanticismo di Annalisa Scarrone, un'altra figlia dei talent che sta crescendo molto bene. Ma anche Max Gazzè e Malika Ayane, l'Ornella Vanoni 2.0, meritavano di più.
Ben diretti da Duccio Forzano, con la sua regia pulita e tecnicamente ricercata, Fabio Fazio e Luciana Littizzetto hanno vinto, dati alla mano, tutte le sere. Sui buoni ascolti non ho mai dubitato, anche perché - in particolare nei momenti di forte crisi e smarrimento - il Paese si è sempre stretto attorno ai propri rassicuranti totem televisivi. E Sanremo è uno di questi. Forse il più kitsch e rappresentativo. La Littizzetto, tra cadute di stile (la sua cifra) e momenti nobili, ha tenuto botta dignitosamente, coniando la migliore definizione di Fazio di sempre: "Una sfumatura di grigio". Un altro colore che, evidentemente, si porta con tutto.


sabato 16 febbraio 2013

SANREMO STORY 2013, QUARTA SERATA * ROCCO SIFFREDI ROMANTICO E CAETANO (VENOSO)

Sanremo story, quarta serata. Un Rocco Siffredi in versione Piccolo Lord irrompe a Sanremo grazie al genio di Elio e le storie tese. Solo lui poteva pensare di arruolare il re del porno per proporre "Un bacio piccolissimo"; tra le migliori reinterpretazioni di questa lungo Festival pride del venerdì. Ti aspetti che vada di gang-bang girando con qualche carampana in platea l'inedito "Rocco prende l'Ariston", con la complicità del Maestro Beppe Vessicchio nei panni di Nacho Vidal, e invece fa il romanticone. Momenti sublimi. Godibile anche Malika Ayane, che con il solito garbo si avventura (con tanto di mini-coreografia) in "Che cosa hai messo nel caffè" di Riccardo Del Turco; e soprattutto Marco Mengoni, che convince in un classico di Tenco: "Ciao amore ciao". Meno a fuoco Daniele Silvestri, in una versione un po' ordinaria di "Piazza grande" di Dalla.
 La celebrazione continua con una statua dedicata Mike Bongiorno (speriamo che ora non trafughino anche quella), e con il premio intitolato a Pippo Baudo. Purtroppo mai trafugato. Baudo, non il premio.
E se non si può far altro che inchinarsi di fronte alla maestria di Stefano Bollani, che improvvisa un medley al pianoforte che avrebbe meritato il cachet più alto nella storia sanremese, ecco che dal Brasile arriva il leggendario Caetano Veloso. Ribattezzato Venoso dopo 10 minuti di performance in quanto molti telespettatori a casa pare abbiano richiesto trasfusioni per riuscire a superare il delicato momento. Dopo 15 minuti, anche il Cristo del Corcovado, a Rio, non aveva più le braccia aperte, ma era lì che si toccava gli zebedei.

venerdì 15 febbraio 2013

SANREMO 2013, TERZA SERATA * DILAGA LA NOIA (PER FORTUNA ARRIVA AL BANO)

Sanremo, terza serata. La più noiosa. Miss Littizzetto, come una Wanna Marchi qualsiasi, prima intorta il pubblico con un monologo che inanella luoghi comuni sui difetti maschili, poi non riesce a trattenersi, e riprende il suo stantìo rosario di dirty words piazzate a casaccio durante lo show. E l'arrivo di un redivivo Roberto Baggio nei panni di buon predicatore, non aiuta a tenere il ritmo. In compenso, si riesce a mettere sempre più a fuoco la qualità di alcuni pezzi. Dalle migliori (Annalisa Scarrone con "Scintille" e il Daniele Silvestri di "A bocca chiusa"), passando per Malika Ayane ("Niente") e Max Gazzè ("Sotto casa").
Dopo un paio d'ore di show, attendevo l'arrivo dell'ospite Al Bano come un bimbo aspetta i regali sotto l'albero illuminato la mattina di Natale. Stranamente un po' giù di voce ma sempre in palla, la leggenda di Cellino arriva in scena - come sempre - con l'inconfondibile piglio: e adesso scansatevi, coglionazzi, che vi faccio vedere io come si canta. Sembra quasi di sentire in sottofondo il "uacciuani" di Fantozzi quando vince a biliardo contro il megadirettore. Al stranamente dimentica "Nel sole", ma in compenso confeziona con Laura Chiatti e la Littizzetto un medley di pezzi - prima fra tutte "Felicità" - che cantava negli anni del sodalizio con Romina Power. La quale intanto immaginavo fosse a casa, col coltello in mano, intenta ad allargare gli squarci in alcune tele di Fontana. Che è poi una sorta di macumba della cantante-pittrice.

giovedì 14 febbraio 2013

SANREMO 2013, SECONDA SERATA * SPICCANO ELIO, GAZZE', ANNALISA (E LE TETTE DI LUCIANA)

Sanremo, seconda serata. Persa la curiosità per il debutto, il Festival si aggrappa alla musica (strano) e alle presenze femminili. I migliori in scena sono Max Gazze, la sublime follia di Elio e le storie tese (anche se "La canzone mononota" è tecnicamente alta ma come piacevolezza sta parecchi gradini sotto alcuni passati capolavori eliani) e soprattutto Annalisa Scarrone, che a sorpresa arriva in scena con "Scintille", piccolo gioiello di scrittura e interpretazione. Fra le nuove proposte, spicca Renzo Rubino, con "Il postino (amami uomo)". Pezzo interessante e un po' inquietante.
Viste le critiche, Luciana Littizzetto - intelligentemente - riduce non poco il tasso di volgarità messo in circolo nella prima serata, e piazza un godibile duetto con Carla Bruni ("Lei è la première dame, io la première nane") che le restituisce credibilità. Nella prima parte indossa una specie di premaman, ma sotto finale si lancia anche in un ardito decolleté puntellato per il quale pare sia stata allertata anche la protezione civile ligure. Nulla può contro Bar Refaeli, bella presenza un po' incolore, ma almeno ci ha provato. E se la Refaeli suona la batteria (o almeno ci prova) solo perché la Bruni suona il basso (Sarkozy), dietro le quinte pare ci sia stato un incontro fra le tette di Bar, Carlà e Luciana. Hanno parlato a lungo di Spending Review.

mercoledì 13 febbraio 2013

SANREMO 2013, PRIMA SERATA * BUONE ALCUNE CANZONI, COMICI SFUOCATI

Sanremo, prima serata. Qualche buona canzone (su tutte, Daniele Silvestri e Simona Molinari-Peter Cincotti, menzione per Marco Mengoni, mentre Chiara Galiazzo, voce splendida, poteva essere servita meglio come pezzi), un'impagabile pagina alto-kistch di Toto Cutugno con l'Armata rossa, Crozza troppo lungo, con molte battute già sentite a Ballarò e su La7, e con un monologo in parte improprio per Sanremo (ma riprendersi dopo la contestazione dei due della clacque era una tra le cose più difficili che possano capitare a chi fa spettacolo, su quel palco in particolare). Fabio Fazio ha fatto il compitino con dignità, e Luciana Littizzetto, come al solito ormai, ha abusato della sua volgarità gratuita che è sì un marchio di fabbrica, ma che oggi suona più che altro come una sottomarca. Proprio perché rappresenta un modello femminile differente dai soliti chiché sanremesi, avrebbe dovuto fare lo sforzo - in quel contesto - di staccarsi dai luoghi comuni scatologici che le appartengono. E volare un po' più alto, come testi, classe, repertorio. 
Altrimenti, ridateci le gnocche di Baudo.

martedì 12 febbraio 2013

MIRIAM LEONE * «SONO LA RAGAZZA CON LA VALIGIA»

Scandalosamente carina e molto sveglia («Anche se mi sta chiamando dall’auto col vivavoce e non può scrivere, l’intervista potremmo farla comunque subito, in teoria: basta che registri, no?»), Miriam Leone, a bordo di un treno Roma-Milano, cerca di sopperire con buona volontà ai troppi problemi di comunicazione. La co-conduttrice di «Unomattina in famiglia», appostata all’alba di ogni weekend di Raiuno, è un volto giovane ormai consolidato nel palinsesto di Viale Mazzini.


Miriam, non sono poi tante le ex Miss Italia che riescono a sfondare davvero. Lei ce l’ha fatta...
«E chi può dirlo? Questo è un mestiere in salita. Avrò anche camminato bene in quattro anni, ma devo ancora camminare parecchio».
Facciamo cinque, visto che ha vinto nel 2008. E da allora non si è fermata un attimo.
«Vero, quattro e mezzo dal settembre 2008: baro sempre un po’. Ricordo ancora la visita in redazione a “Sorrisi”. Il giornale sul quale imparai l’inglese con i testi delle canzoni».
Viene da studi umanistici, che con lo spettacolo hanno poco a che fare...
«Lettere, Storia dell’Arte, Latino, Greco... Quanto di meno concreto. Ma non me ne pento, sono le mie passioni. E lo spettacolo si impara facendolo. La mia vita è una valigia nella quale continuo a piazzare esperienze nuove. Sono la tipica ragazza con la valigia».
Anche perché ha un fidanzato a Torino (Boosta dei Subsonica, Ndr) e passa la vita in treno.
«Sì, sono di Catania, lavoro a Roma, ho interessi e affetti a Milano e Torino. Non male, ma ci sono ragazze della mia età che girano il mondo».
Per funzionare in tv contano di più: freschezza, bellezza, o un buon agente?
«Dipende da quel che devi fare. Ma secondo me oggi si esagera mitizzando gli agenti. I divi veri li creavano negli Anni 20-30-50».
Lavora nella squadra di Michele Guardì. Bravo ma severo. Che cosa ha dovuto imparare subito?
«Che la tv non è soltanto luci e inquadrature, ma ritmo, musicalità. Ci sono grandi monologanti, come Crozza e Bertolino (con lui ho visto nascere monologhi in redazione, sotto i miei occhi), e chi deve mettersi un po’ da parte, per dare ritmo allo show».
Ha nel cassetto l’idea di un programma suo?
«È presto, ora, ma forse un giorno sarò protagonista da sola. Non faccio programmi a lungo termine: non so se domani condurrò uno show, farò una fiction o aprirò un agriturismo slow food nella mia Sicilia».
Veramente intendevo un format scritto da lei...
«Un format no, ma ho un paio d’idee: una che miscela cinema e varietà, e l’altra che parla di libri. Intanto giro come guest l’episodio, ispirato a “Rosemary’s Baby”, di una nuova fiction».
E l’11 febbraio debutta su Rai Movie con «Movie Drugstore».
«Sì, ogni settimana avremo un ospite accolto alla reception, e uno spazio diviso per reparti, dal western, al thriller, alla commedia. Da lì getteremo un occhio a 360° sul mondo del cinema».
L’ultimo film che ha visto?
«Django Unchained di Tarantino, e l’ho amato tanto. Per trovate, citazioni e ironia».

(TV SORRISI E CANZONI - GENNAIO 2013)

venerdì 8 febbraio 2013

DECALOGO DEL POLITICO DA TALK SHOW IN CAMPAGNA ELETTORALE

Decalogo del buon politico che si autopromuove nei talk show in campagna elettorale. Stilato a uso dei candidati.

1) Ricorda: non importa tanto ciò che dici, ma l’enfasi con la quale lo dici. Qualora, per errore, ti scappasse un sincero: «Manderemo in vacca il Paese, come sempre», se l’hai detto con stile e voce impostata, alla Gassman, puoi ancora uscirne vivo. Al limite, dì che sei stato frainteso.
2) Nel dubbio, buttala in caciara. Se alzi il volume, tutto si impasta e il filo già sottile del tuo inconsistente discorso, si spezzerà nel tumulto generale. Il tuo faro devono essere guittone stagionate come Mussolini (Alessandrà) e Santanché (Daniela), che in materia sono insuperabili.
3) Non guardare mai negli occhi l’avversario, per non legittimarlo: solo la telecamera o, al limite, il conduttore.
4) Anche se l’interlocutore non ti interrompe, inizia subito il discorso ripetendo a nastro: «Per favore, mi lasci parlare, io prima non l’ho interrotta!». La frase va riproposta ogni due minuti circa. Se l’interlocutore non ti interrompe mai, dopo 10 minuti dì la più incredibile minchiata che ti passa per la testa. Sarà costretto a interromperti, e potrai dirgli finalmente: «Per favore, mi lasci parlare, io prima non l’ho interrotta!». Ricorda che sei lì per questo.
5) Alla disperata, quando non sai come uscire da una situazione di forte impasse, lascia lo studio teatralmente dicendo parole come (a seconda del tuo orientamento politico): «Questa è una vergogna, una macchinazione!» (va con tutto), «Fascisti!» (se sei di centrosinistra), «Comunisti!» (se sei Berlusconi), «Questa è una trappola mediatica, una strumentalizzazione inaccettabile!».
6) Elenca in modo pedissequo tutto ciò che non va nel Paese. Poco importa se sei stato al Governo nei precedenti vent’anni e nulla hai fatto per risolvere i problemi che stai ancora elencando. Tu elencali, fingendo di scandalizzarti. È sufficiente enumerare con sdegno le criticità nazionali per far credere al povero, potenziale elettore, che tu – oltre a elencarle – stia facendo qualcosa. Sappiamo bene tutti che non è così, ma le vittime di un disastro nazionale vanno sempre rassicurate.
7) Quando parla il tuo interlocutore, indossa sempre un sorrisino beffardo di presa in giro. Se attacca la tua parte politica, scrolla anche la testa con aria di sincera compassione. Non occorre parlare.
8) Se non sei il leader del tuo partito, non fare lo spaccone. In genere conti meno di niente, e potresti essere lì solo come riempitivo, perché un tuo collega quella sera non poteva, o per un gioco di veti incrociati. Non atteggiarti a capopopolo ma fingi sempre di sapere di che cosa stai parlando.
9) Non lasciar terminare la puntata senza fare/dire qualcosa che si noti. Come per esempio imbastire un litigio pretestuoso. In assenza di un segno di vita, non sarai invitato una seconda volta.
10)              Uscito dallo studio, va a cena da Fortunato al Pantheon con quelli con i quali hai appena finto di litigare furiosamente in tv. Se possibile, fa in modo che sia un altro a pagare il conto.

giovedì 7 febbraio 2013

ROUTE 66 * A SANTA FE (NEW MEXICO) NON C'E' PIU' LA MEZZA STAGIONE




Ad Amarillo, in Texas, avevamo prudentemente evitato la riserva indiana di Palo Duro. Nome dagli echi squisitamente squalloriani, se vuoi. Snobbata non tanto per il Palo, che si sa, in questi tempi ingrati, quando arriva arriva (e che nella sua aggettivazione attiva può comunque essere di buon auspicio), quanto piuttosto per la riserva. Capirai, se devi percorre meno di 5.000 chilometri in auto in tre settimane, quella è una parola che non vorresti sentire mai...
Arrivati a Santa Fe, New Mexico, con gli indiani però ci tocca ancora fare ancora i conti. Ce ne sono almeno una quindicina di tribù a conservarsi per bene in un freschetto assai brillante, a nord della città, la più alta d'America sul livello del mare: 2.100 metri. Santa Fe mi piace per almeno due motivi: anzitutto perché la basilica è dedicata al mio santo di riferimento, Francesco d'Assisi, mica un pirla qualsiasi. E poi perché ribalta in un secondo i tradizionali luoghi comuni antropologici del buono/cattivo. Qui infatti non sono gli indiani a dover essere protetti, ma tu e la tua carta di credito da tutto ciò che gli indiani vorrebbero venderti. E non è poco. Se si considera inoltre che la Plaza del centro è piena di negozi per turisti e gallerie d'arte (pare sia il terzo centro degli States dopo New York e Phoenix a ospitare il maggior numero di opere di artisti di tutto il mondo), conviene girare con la guardia del corpo e un dissuasore elettrico per lo shopping. Se non altro ho la fortuna che a me l'artigianato messicano piace come i programmi di Tiberio Timperi.
Un'occhiata la merita anche la vicina Las Vegas. Da non confondersi con quella pacchiana delle slot machines, che è in Nevada. Questo è un paesino delizioso e sobrio del più puro New Mexico. Sulla strada trovi persino le Hot Springs: quattro pozzette d'acqua calda sulfurea nelle quali la gente del posto si ferma di tanto intanto a fare un puccio. Gratis. Un po' come Lourdes, ma senza il miraggio del miracolo. Per quello ci vorrebbe Palo Duro.
Sulla strada per Taos (una Santa Fe in tono minore, ma sempre artisticamente performante) spuntano anche un paio di Casino, per ora Emilio Fede free.
Come sono i new mexicani? Il gusto estetico è suppergiù lo stesso dei messicani, quindi discutibile, ma di norma sono più ricchi. E quindi, par di notare anche dalle auto, un cicinìn più cafoni.

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martedì 5 febbraio 2013

MARIA NAZIONALE * RAGIONE, SENTIMENTO (E UN «SANREMO» CHE MI SPAVENTA)

La più importante partita della Nazionale (anzi, per Maria Nazionale, stella del genere neomelodico partenopeo reclutata da Fazio per il prossimo Festival) quest’anno si giocherà a Sanremo. Nell’attesa, «Sorrisi» ha portato l’interprete di «Ragione e sentimento» a sciacquare metaforicamente i panni sotto la pioggia che bagna le guglie del Duomo di Milano. Accompagnata dal figlio Antonello, avvolta dal gelo di una tra le piazze più famose d’Italia, Maria non può non ricordare che proprio lì Totò e Peppino, due grandi napoletani al Nord, ambientarono un celebre botta e risposta invernale col «ghisa», il vigile milanese. «Perché a Milano, quando c’è la nebbia, non si vede!», cita ridendo da «Totò, Peppino e… la malafemmina». «Ma io questa città» prosegue «la conosco bene: ci ho vissuto 14 anni, per studiare canto, dizione e recitazione».


Per tutti gli italiani, sino a oggi, l’unica Maria nazionale è sempre stata la De Filippi. Vuole soppiantarla?
«Macché, non ci penso proprio. E poi lei lo è di fatto, io all’anagrafe».
Che cosa si aspetta da questo Sanremo tra i Big: il salto che fece Gigi D’Alessio?
«Guardi che comunque sono già piuttosto nota… Certo, Sanremo è una vetrina formidabile. Mi aspetto solo divertimento e serenità».
Anche se non tutta Italia la conosce, lei incide dischi da vent’anni. Ne ha pubblicati 13 dal 1993.
«Per questo Sanremo lo considero un approdo naturale della mia carriera. Andai due anni fa con Nino D’Angelo, ma non sentivo sulle spalle tutto il peso delle responsabilità che sento ora. Sono un po’ tesa, non emozionata».
Quante volte ha provato a entrare nel cast di Sanremo?
«In realtà, mai. Me lo chiesero in passato ma non accettai. Forse non mi sentivo pronta».
Con quali brani si presenta?
«Uno di Servillo-Mesolella degli Avion Travel, “È colpa mia”, cantanto in napoletano. E un altro di Enzo Gragnaniello, “Quando non parlo”, in italiano».
Quest’anno a Sanremo si eliminano le canzoni, non i cantanti. Baudo diceva: «Al Festival ci vuole il sangue». Ne risentirà l’audience?
«Penso e spero di no. Sanremo è un classico per gli italiani».
Se non va per farsi notare, perché lo fa?
«Per la voglia di proporre al pubblico qualcosa di nuovo, in una veste nuova».
Quando cantano i neomelodici napoletani, a volte vengono accolti da qualche sorriso ironico…
«I giovani a Napoli non riescono a vedere oltre il loro naso. Imitano, nel loro piccolo, quel che vedono in tv: “X-Factor” o “Amici”. Spesso non li chiamo neppure neomelodici, ma disperati. Ovvero persone alla ricerca, come tutti, di un modo per emergere».
Quanti concerti fa in un anno?
«Una quindicina. C’è grossa crisi. Anche nomi vecchi e forti della nostra canzone, trovano date solo in Russia, Sudamerica…».
Come attrice ha fatto «Gomorra», nel 2008. Da lì, più nulla?
«Un film d’autore per Sky, due anni fa: “Biondina”. Non è citato neanche nella mia biografia. Avevo il ruolo di una maestra».
Cito romantiche frasi memorabili da un suo pezzo: «Come fosse cioccolato, doce doce t’ha mangiate»; «Ta mette comme fosse nu cappotte».
«È “Ragione e sentimento”. Un successo incredibile. Sa che questa canzone su Youtube ha avuto quattro milioni di visualizzazioni?».
Ancora: «’Na sera tanto po’ ffà, nun te l’avev’a spusà» e «Topolino è addiventate nu ggigante», detto di un amore cresciuto.
«A questo però bisogna concedere qualche ingenuità in più: è un pezzo che ha quasi vent’anni…».

In Galleria Vittorio Emanuele, la pazienza del nostro fotografo viene messa a dura prova dal transito degli ultimi gruppetti di turisti giapponesi, ma anche Maria ha esaurito la tolleranza al gelo: «Jamme ragà, ca fa frìdd, aropp m’ammale, e àggia cantà!». Persino a Milano, non serve traduzione.

(TV SORRISI E CANZONI - GENNAIO 2013)

venerdì 1 febbraio 2013

ELEZIONI 2013 * LA CAMPAGNA CERES FA CENTRO: PRIMA VOTA, POI BEVI

Straordinario ammiccamento creativo per la nuova campagna pubblicitaria Ceres abbinata alle prossime elezioni politiche del 24 e 25 febbraio. I muri delle città iniziano a riempirsi di cartelli che avvertono: «L'Italia ha bisogno di eroi». E una frase (indubbiamente schierata ma geniale) che gioca sulla satira: «Prima si vota, poi si beve. Non come le altre volte». Obiettivo meravigliosamente centrato.

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