Quando torna Corrado Guzzanti, prima di tutto rispetto. Poi, tutte le eventuali considerazioni del caso. Rispetto per quel che ha dato e dà, per la sua faccia di gomma prestata alla satira penetrante veicolata da uno sfottò garbato o greve, ma mediato con maestria; per essere un unicum nella nostra scena attoriale. Uno che lavora quando gli pare, non per soldi (al limite quando li ha finiti, mi piace pensare) ma per mandare (anche) messaggi nella bottiglia. In caso di necessità, rompere il vetro. E Corrado arriva, a prenderti teneramente per il culo. Perché, ciccio, non ti senti bene. Perché diciamolo: tutti, che ci prendiamo troppo spesso dannatamente sul serio, ne abbiamo bisogno. Ci servirebbe un Guzzanti da passeggio, per ridimensionarci. Per rimettere in riga il nostro ego. Ma veniamo a «Dov'è Mario?», quattro episodi di simil-serie in onda da ieri su Sky Atlantic. Mi è piaciuto? Sì. Mi sono “divelto” dal ridere, come in altre occasioni guzzantiane? No. Ma giocare sul sollazzo facile stavolta non era lo scopo del Profeta. Portando in scena lo straniante, devastante sdoppiamento fra Mario Bambea, intellettuale da talk-show rimasto a lungo in coma dopo un grave incidente, e il suo alter ego notturno, uno sguaiato cabarettista da teatrino off che può permettersi di dire «le peggio cose», mai e poi mai concesse al radical chic Bambea, Corrado ci mostra come siamo. Un popolo di cialtroni in cerca di visibilità, sia che si vesta un gessato grigio parlando con la erre moscia, sia che si imbocchi umilmente la strada dei talent in periferia o su una rete tv.
Guzzanti indica la luna, e stavolta non si può far finta di niente e guardare il dito. Bisogna osservare proprio là, quel teatrino che si consuma sui due piani vicini e contrapposti. Il teatrino che ci mette a nudo, come satira vuole.
Ieri mi ha annoiato parecchio il coretto di quelli che: «Oh, oggi tutti pannelliani...», «Toh, è morto e ora tutti a osannarlo». A parte il fatto che è cosa nota, sgradevolmente nota ormai, che Facebook è la versione 2.0 delle necrologie dei giornali. E anche a me è capitato a volte di ironizzare su quest'abitudine al #RIP facile, anzi facilissimo. All'esaltazione dei morticini freschi di cantanti e attori che sino a ieri il commosso esaltatore forse manco conosceva (o forse no), trasformati improvvisamente in monumenti da celebrare. E magari nella realtà erano inarrivabili stronzi. Il mezzo è questo, l'emotività di massa funziona così, facciamocene una ragione. Per Pannella mi ha annoiato invece l'ironia dei soliti sagaci del socialino perché Pannella (che avrà fatto anche alcune spettacolari cazzate, non sono qui a negarlo) è uno che ha dedicato davvero la vita alla politica e agli ideali in modo pulito e onesto. È uno che ha cambiato la storia di questo Paese raggiungendo traguardi impensabili per il bene di tutti. Ha stretto alleanze a destra e manca ma non è stato né un servo né un voltagabbana. Ha visto gente e fatto cose. Utili. Concretamente. Siamo sommersi da una vita da politici mezze calzette che tirano a campare raccontando due balle e pensando soltanto alla poltrona e al bonifico. Quindi se muore Giacinto Marco Pannella io prima m'inchino, poi rispetto tutti quelli che lo onorano (al di là del credo politico), e guardo con una certa noia quelli che fanno dell'ironia sul dilagare dei post in morte di Pannella. Per una volta che uno li merita davvero...
Ricevo da un'amica (e volentieri condivido con voi, perché può avere anche un'utilità sociale) il resoconto dell'esperienza che ha avuto sottoponendosi a un ciclo di trattamenti con un noto dietologo visto in tv.
«Faccio diete da quando avevo 10 anni e mi davano amfetamina, e oggi ho perso molti chili. E anche se non ho problemi a farmi definire cicciona, voglio affermare che a tutto c'è un limite.
Ho avuto una breve esperienza con questo personaggio (non è un medico, è un farmacista). Vi racconto come è andata. All'inizio di settembre parlando con una mia amica sulle difficoltà a dimagrire (la scorsa estate per diversi motivi sono arrivata a pesare 95 kg), mi viene suggerito questo nome. Mi dice che è in grado di far perdere anche 10 kg in un mese solo che bisogna essere preparati ad essere maltrattati e mangiare cose strane. Mi faccio dare il nome. Cerco sul sito e compilo il modulo, una sorta di primo test. Così più per gioco che per convinzione. Passa credo forse un'ora che vengo chiamata da lui. Fa lo spiritoso. Mi chiede se sono pronta ad essere maltrattata. Figurati... come se non avessi mai conosciuto presuntuosi o gente maleducata. Mi fissa il primo appuntamento.
Il suo studio, nonchè laboratorio e ristorante si trova nel centro di Desio. Appena entro vedo uno schermo dove passa una sua intervista credo rai...forse da Vespa...e una solerte segretaria, oltre a farmi compilare un modulo, mi offre un caffé e un biscotto... va beh... dopo una decina di minuti arriva lui. Vengo fatta accomodare nel suo studio e mi chiede subito quanto voglio dimagrire... per scherzo dico 30 kg... lui (eravamo a settembre) mi garantisce che per Natale li avrò persi... gli dico se vuole vedere gli esami del sangue che mi ero appena fatta...mi risponde che non gliene importa niente. Poi mi fa salire su una pedana/bilancia per prendermi il peso, ma soprattutto per fotografarmi.
E qui rido un po' dentro di me... mi fa vedere la foto e inizia a dirmi che sono cicciona, che ho le cosce grosse e il doppio mento....che è vero, ma la foto mi è stata scattata con lui seduto ed io in piedi a 30 cm di distanza dal basso all'alto...credo che anche un'anoressica abbia le cosce grosse se ripresa così... ma ci sta... Mi dice che devo pesarmi e misurarmi tutti i giorni (collo, seno, vita, fianchi, coscia, ginocchio, polpaccio e caviglia), riportare tutto in un opuscolo che mi consegna dove ci sono scritti anche i principi fondamentali della dieta, tra cui togliere ovunque sale e zucchero, prendere te e mangiare un limone tra un pasto e l'altro, a colazione e a pranzo bere una tazza di caffé amaro entro i tre minuti dalla fine del pasto.
Poi proibisce qualsiasi forma di allenamento fisico... Mi dice anche che dobbiamo sentirci ogni due giorni per riferire l'andamento della dieta, i progressi o i problemi e mi fissa una fascia orario che a quel punto diventa obbligatoria. Se chiamo quindi in altro momento è libero di chiudermi l telefono in faccia. Poi mi dice cosa devo iniziare a mangiare nei due giorni successivi. Lo fermo e gli dico che preferirei acquistare settimanalmente i suoi menù proprio per non sbagliare (oltre al fatto che a me non piace cucinare...). In pratica lui ti prepara una settimana di pasti completi, colazione pranzo e cena, tutti surgelati, e siglati. Ti consegna poi un foglio sul quale vengono riportate le sigle delle singole confezioni e il giorno e il momento in cui consumarle... 21 pasti per la cifra di 150 euro.
L'incontro finisce qui. vado a pagare... 250 euro e poi l'obbligo di acquistare il suo libro. A quel punto non mi posso tirare indietro. Pago tutto e vado a prendere il primo scatolone (pagando quindi altri 150 euro). Mi viene fissato un incontro per il mese successivo. Sempre a 250 euro (lui lo giustifica perchè dice che mette a mia disposizione il suo tempo...) Inizio questo cammino mangiando cose particolari, ma non cattive, anzi. La storia degli spaghetti a colazione è vera ma credo mi siano capitati un paio di volte. La sua teoria è tutta basata sulla chimica molecolare. Lui dice che di quello che ti impone di mangiare ne puoi mangiare quanto ne vuoi. Tipo...petto di pollo? da 1 fetta a 10 kg basta che mangi solo quello...e il guaio di questa dieta è proprio quello.
Se sgarri anche di una caramella l'equilibrio di spezza e non perdi una cippa. Vado avanti così per un mese...ma a malapena perdo 5 kg. Mi sento molto ingabbiata tra il pesarmi tutti i giorni (era diventato un incubo) ed essere costretta a consumare solo i suoi pasti anche fuori casa (non è agevole e non hai alternativa..anzi lui dice in malo modo che devi portarti dietro la vaschetta congelata anhe al ristorante altrimenti sono cazzi tuoi...) Dopo un mese e mezzo (ovviamente anche di telefonate per far sapere i progressi...) di suoi menù decido di cambiare e alla visita di controllo glielo dico. Mi dice quindi frettolosamente cosa mangiare i due giorni successivi (i suoi menù vanno di due giorni in due giorni...praticamente per due giorni mangi le stesse cose a colazione, pranzo e cena).
E' quasi tutto proteico e verdure...carne pesce e verdure..., ma sempre tutto piuttosto vario. E sempre senza sale e senza zucchero...effettivamente più che il peso perdo cm...soprattutto collo e giro coscia quasi immediatamente. Dopo due giorni ...il disastro....dal momento che non amo molto chiamare e non mi entusiasmava doverlo sentire ogni due giorni (anche perchè spesso parla talmente a bassa voce al telefono quando ti indica le pietanze che fai fatica a sentire e a capire...e non hai tempo di chiedere di nuovo perchè interrompe la comunicazione), gli domando se non può darmi uno schema settimanale. Lui si incazza come una iena e davvero in malo modo, furente, di dice LEI NON HA CAPITO UN CAZZO DI QUESTO PERCORSO! e cosette del genere. A quel punto ho urlato più di lui e gli ho gridato IO NON AVRO' CAPITO UN CAZZO MA LEI E' UN GRAN MALEDUCATO CAFONE. VADA A FARE...E SI DIMENTICHI CHE ESISTO!" e gli ho chiuso il telefono in faccia.
Avevo capito che lui gioca molto sulla dipendenza mentale, vuole soggiogare le persone. Da quel momento non l'ho più sentito. (ma nel frattempo avro speso in tutto più di mille euro tra le due visite e i pacchi settimanali). Avevo però capito che non poteva funzionare quella dieta. O meglio, che nel momento in cui smetti e mangi che so, un piatto di pasta, li rimetti quasi tutti. Diventa quindi una dipendenza, non un'educazione alimentare. Non ti educa a nulla...Ho cambiato metodo. O meglio, sono andata da una dietologa vera... a metà novembre. con lei ho perso fino ad ora quasi 11 kg (16 quindi in totale). con un metodo diverso, ma soprattutto molto libero (e molto molto meno costoso)... Del suo metodo ho solo mantenuto l'assenza di sale, zucchero e la questione del caffé... Il mio giro coscia è diminuito di quasi 10 cm...
Lui? In definitiva credo si sia incazzato perché ho deciso di non comprare più i suoi prodotti. Perché in definitiva il business è quello. Credo li venda in tutta Italia».
È vero, c'è un continuo autocompiacimento. È vero, molti personaggi sono caricaturali. È vero, il «quanto siamo bravi» (e anche piuttosto lenti, nei primi due episodi della seconda stagione, che non a caso andranno in onda sempre in coppia), aleggia. Ma voglio dare tempo a «Gomorra 2» perché, se tanto mi dà tanto, presto usciranno cose pregevoli da quelle atmosfere cupe meridional-camorristiche. Con tanto di sottotitoli all'apposita pagina, la novità di quest'anno, perché il napoletano si è fatto ancora più stretto. Tra i Savastano che da lontano cercano di ricostruire l'impero, con Genny un po' confuso e irritato per il ritorno del padre al comando, e Ciro che dopo il tradimento si trova a gestire il difficile ruolo di chi comanda, ne vedremo ancora delle belle. È un prodotto girato molto bene. E con le fiction che mediamente vanno in onda in Italia, per cortesia non lamentiamoci di «Gomorra».
Intanto, mentre «Il trono di spade» («Game of Thrones», sempre su Sky con la sesta stagione) passa da un episodio fiacco a uno bomba, segnalo la crescita dell'intreccio di «The Night Manager», con l'ex Dr. House Hugh Laurie. La serie di Sky Atlantic, che conclude domani la prima stagione col quinto e il sesto episodio, narra la storia di Jonathan Pine (il bel Tom Hiddleston), che si infiltra sotto copertura nella villa e nella vita di un pericoloso trafficante d'armi, tra stangone seminude da salvare dalla perdizione (Elizabeth Debiki) e agenti un po' passatelle che lavorano nell'ombra (Olivia Colman). Chi ama lo splatter troverà invece pane per i suoi occhi grazie al nuovo «Ash VS Evil Dead», con Bruce Campbell, che (con buona pace degli scaricatori di porto torrenziali o dal mulo) si trova per esempio su Infinity a pochi euro. Prodotta e diretta da Sam Raimi, che cita il proprio passato filmico, la serie regala fiotti di sangue e teste mozzate a ogni inquadratura, a ritmo frenetico. Una specie di Quentin Tarantino sotto scodellate di acidi. Molto al passo con i tempi. Non c'è da aspettarsi troppa coerenza, ma spavento, ritmo e truculenza sono assicurati.
La giuria di «X-Factor», il più accreditato talent-show musicale italiano, ormai è un porto di mare. Gli acquisti dell'edizione 2016, in onda dall'autunno su Sky, saranno com'è noto la rientrante Arisa, il confermato Fedez, e le new entry Manuel Agnelli e il teen idol Alvaro Soler. Escono di scena Skin (una sola stagione a parlare in «skinitalianese» dev'esserle bastata), il sempre più annoiato Elio delle Storie Tese, e persino Mika, che aveva acquisito maggiore sicurezza ma nell'ultima edizione è passato mediaticamente (e inevitabilmente) molto in secondo piano. Ora la novità straniera è il bell'Alvaro, che dovrà piacere e compiacere le ragazzine. Scoppiato con il tormentone estivo «El mismo sol», è pressoché sconosciuto a chi abbia più di 25 anni. Ma sono le logiche di visibilità di un programma che riesce a essere mainstream pur andando in onda su una piattaforma a pagamento. Ha fatto scalpore l'endosement di Manuel Agnelli, che viene dal rock alternativo degli Afterhours e dopo una carriera trentennale nessuno se lo sarebbe mai immaginato fare il giudice in un talent pop. D'altra parte anche lui evidentemente tiene famiglia, SkyUno paga molto bene, e la lezione di Morgan dev'essere servita se non a qualcosa, almeno a qualcuno. A patto che non si metta anche lui a comportarsi come il signor Marco Castoldi, che ha sputato su «X-Factor» per anni guardandosi bene dal lasciarlo (o facendolo solo quando Freemantle l'ha messo alla porta), attaccando contemporaneamente un milione di volte Maria De Filippi, per finire poi (oggi) nella banda di «Amici». Non c'è che dire: uno straordinario esempio di coerenza da consegnare ai posteri. Ma Agnelli, che pare Severus Piton di Harry Potter, sarà senz'altro più accorto. Ne sono certo. Anche Fedez torna a fare la sua parte, a patto che non litighi col vicino di casa, sennò la luna gli gira male. E infine, l'inquieta (anche tricologicamente) Arisa. Morsa dal demone della tv (basti dire che è passata dalle vette di Sanremo in veste di valletta al precipizio di «Montebianco»), torna dietro quella scrivania dopo la famosa esternazione sulla Ventura («Simona sei falsa, cazzo!») che le costò il posto, insieme con altre uscite che infastidirono la produzione. Ma siccome a volte indietro si torna, eccola ancora sotto contratto. Di certo farà meglio di Victoria Cabello, che non ha lasciato un buon ricordo. L'importante è che conduca con i giusti tempi il bravo Alessandro Cattelan e che nell'«X-trafactor» di chiusura ci sia sempre quel bel grappino digestivo della ruspante Mara Maionchi. Colei che riporta tutti con i piedi per terra grazie al suo «vaffa» ristoratore accompagnato, se occorre, da gesto dell'ombrello. Tanto, si sa, lo spettacolo deve continuare.
Il pugile Giacobbe Fragomeni, 46 anni, non più di tre parole pronunciate a puntata ma con in corpo quella forza sincera in grado di catturare il pubblico del Televoto, ha vinto l'undicesima edizione de «L'isola dei famosi». Un format che ormai a mio avviso, vista la scarsa notorietà dei concorrenti messi in campo dalla produzione (quelli buoni o sono finiti o costano troppo), potrebbe essere convertito in «Ignoti senza frontiere». Come suggerivano fra l'altro le atmosfere di ieri sera delle prove nel laghetto di Milano 2.
Ma tant'è. Anche se i veri appassionati dell'isola, come me, rimpiangono le leggendarie edizioni con i Pappalardo, gli Al Bano, le Carmen Russo e le Antonella Elia, gli ascolti anche quest'anno non sono mancati. Per la finale, che pure era infarcita di pubblicità, 4.760.000 spettatori con il 24,71% di share.
Quindi onore all'isola, alla coppia pettegola Signorini-Venier, la Signora Spoiler, e alla conduzione garbata e appropriata di Alessia Marcuzzi. Come dimenticare Alvin? C'è, anche se non si nota mai, ma credo sia perché in fondo un Alvin non si nega a nessuno.
Il rude Giacobbe ha avuto la meglio sullo spagnolo Jonas Berami, il furbetto del realityno, già visto ne «Il segreto» e «Uomini e donne». Uno che non riesce mai a convincerti sino in fondo. La determinata Mercedesz Henger, che a me non dispiace affatto, e la burinissima Paola, La Bonas di «Avanti un altro», invece, hanno dovuto soccombere.
E mentre Maria De Filippi, la Madonna (nel senso religioso, non musicale, del termine) del video ha telefonato in diretta per consolare e benedire lo sconfitto Marco Carta, in platea con gli altri sconosciuti la figura muta e penitente di Simona Ventura, con lo sguardo truce che si accendeva fintamente (come molti hanno notato) solo all'accendersi della telecamera, dava lo spessore della grande toppata fatta dalla conduttrice nell'imbarcarsi come concorrente in questa avventura. Lei del resto si autodefinisce #PazzaColBotto, quindi come darle torto?
Durante la puntata, sul mio profilo Twitter, mi sono divertito a lanciare un giocoso sondaggio: «Chi dei quattro finalisti dell'Isola vorresti ai lavori forzati?». Per la cronaca, ha vinto Paola, con un robusto 40% delle preferenze del campione. Seguita da Jonas Berami, con il 36% e da Mercedesz e Giacobbe a pari merito con il 12%. E in effetti una che ride come lei, due pietre potrebbe anche spaccarle.
Perché questo Paese non riesce a liberarsi di Fabrizio Corona? Maurizio Costanzo regala al suo volto botulinizzato e alla sua nuova dentatura bicolor un Uno contro tutti del suo show, Cecchi Paone offeso se ne va, ma l'obsoleto teatrino resta in piedi. Corriere.it linka i video, il web dà corda, gli opinionisti ne parlano. Cioè parlano del niente, mantenendolo in vita. Faccio una personale e modesta proposta per i singoli operatori del mondo dei media: perché ognuno di noi non sottoscrive un accordo da rispettare (come gli embarghi alle conferenze stampa) per ignorare questo signore e farlo così sparire definitivamente dalla scena? Sarebbe un dovere civico voltare pagina dopo tanti anni e non mi sembra un grande sforzo. O sbaglio? Il fatto è che tutti a parole ne parlano male, ma poi... MARSIGLIA VAL BENE UNA FICTION? «Marseille» su Netflix non è granché. Da una serie francese, del resto, non puoi aspettarti tanto per definizione. E non basta l'imponente sindaco Gérard Depardieu, a salvare un prodotto un po' scontato che si regge su un storiella prevedibile che fa da sfondo a una corsa elettorale. Benoit Magimel sembra una caricatura. C'è di buono che qualche graziosa (e generosa) fanciulla di classe bazzica il set mostrando due tette per volta. Che è poi il numero standard. Ma è poco di che. BENE IL TRONO, MA ATTENZIONE A «THE PATH» Dopo un primo episodio decisamente noioso, «Il trono di spade» è partito col botto regalando, nel secondo, emozioni a ogni scena, fra nani, draghi e resurrezioni. «Game of Thrones» resta un gioiello, tra i più alti di sempre nella graduatoria delle serie tv insieme con «Breaking Bad». A proposito, ora Aaron Paul, il giovane coprotagonista di BB, è appena uscito con «The Path», altro prodotto di lunga serialità che racconta i retroscena di una setta stile Scientology. Bisognerà tenerlo d'occhio.
Il guaio quando compi gli anni in questi tempi social è che passi la giornata a mettere like su circa 800 messaggi di auguri che ti arrivano su tutti i device che hai in casa, tra Facebook, Twitter, Blog, Whatsapp, in un costante trillare. Il picco, ieri, è stato fra le 9.30 e le 14.30. Pensavo di farmi aiutare da una badante ucraina ma ho fatto tutto da solo. Poi ci sono le telefonate di amici, colleghi, gente di spettacolo. Tanto affetto e tanta solidarietà.
Allora, prima di tutto grazie a tutti. Davvero. Sia perché, a parte il crampo al mouse, fa sempre piacere. Sia perché questi 48 anni (l'età nella quale tu ti senti ancora un pischello e le venticinquenni ti considerano, se va bene, uno zio) sono stati un compleanno un po' particolare. Non è un periodo facile, per alcuni sgradevoli e inutili motivi indipendenti dalla mia volontà. Non posso e soprattutto non voglio parlarne, anche perché alle lagne preferisco sempre una battuta, se e quando mi viene. Ma magari un giorno ci sarà occasione. Vi abbraccio con grande affetto.
I Ricchi e poveri, è notizia di oggi, perdono Franco Gatti, il baffo del terzetto ligure. Che lascia il gruppo di comune accordo con gli altri due, Angela Brambati e Angelo Sotgiu, con i quali lavorava dal 1968, quando nella formazione militava ancora le defenestrata Marina Occhiena. Nessun dissapore o litigio dietro un addio che sembrava quasi annunciato. «Voglio dedicarmi di più alla famiglia», ha detto l'artista, che pochi anni fa ha dovuto subire la tragica perdita del figlio. Un duro colpo dal quale a quanto pare, comprensibilmente, non si era mai completamente ripreso. I nostri lavorano ormai soprattutto sul mercato estero, Russia in particolare, e le trasferte iniziavano a diventare pesanti. Il nasuto Franco è sempre stato «il brutto simpatico» dei Ricchi e poveri, a volte quasi la buffa macchietta, in contrapposizione al bell'Angelo e alla mitica «Brunetta», Angela, tutta argento vivo e oggi con la passione per i musical, che coltiva in separata sede. Voce bassa e spigliatezza, Franco ha sempre risolto tutto con una battuta più o meno sarcastica, alla ligure. Oggi forse per lui essere brillante su un palco era diventato troppo difficile. L'ultima volta che li incontrai fu a Mosca, nel novembre del 2014, per la storica reunion di Al Bano e Romina Power, dietro le quinte del Crocus City Hall. Franco era già piuttosto in disparte, professionale ma con la testa altrove. E gli altri due gli stavano accanto amorevolmente. Ora continueranno da soli a cantare «Sarà perché ti amo» e «Mamma Maria».