
L'architetto Antoni Gaudì, il barcellonese più apprezzato, morì sotto il tram cittadino numero 1. Se guardiamo le cose in prospettiva, aveva capito tutto anche lì.
9) La Sagrada Familia. Che è un po' il Ponte sullo Stretto di Messina per noi italiani, con la differenza che questa esiste davvero. Iniziata nel 1882, la finiranno nel 2026, è perennemente circondata da gru, operai e lavori in corso (se c'è vento non ti fanno manco salire tra le guglie), ma ti sorprende fuori con la sua bizzarra imponenza, e dentro per via di quelle immense vetrate multicolori che sono un marchio a fuoco. È un «tempio espiatorio». Nel senso che si espia durante le code all'ingresso.


Le trovi più innovative e un po' meno digeribili, invece, al «Solid». In un ristorante che si chiama «Gaudim» ho mangiato un solomillo (filetto, in pratica) in crosta di noci su letto di purea di porcini con contorno di asparagi e patate che avrebbe resuscitato persino Osvaldo Bevilacqua. La paella (meglio se con mariscos e bogavante) invece va mangiata al «7 portes» oppure al «Botafumeiro». Quest'ultimo decisamente caro, ma con tutti i soldi che già butti in scemate...
7) Il Parc Güell. Park per gli stranieri. Una tra le creazioni di Gaudì. Maestoso, incastonato in una collina, ti affascina soprattutto quando arrivi al piazzale del mirador, dove le sedute ondulate realizzate con nobili frammenti di ceramiche e materiali di recupero, secondo lo stile dell'architetto catalano genio del modernismo, prendono vita con i raggi del sole. E si aprono al panorama della città. Ah, uscendo devi farti la foto sulla scala, con la strana scultura a forma di salamandra, altrimenti non sei nessuno. Per farlo però devi avere la meglio sui giapponesi. Coraggio.

Barcellona ha una rete metropolitana così efficiente e capillare (se penso a quella di Roma, mi viene da piangere) che levati, e l'aeroporto è collegato in un quarto d'ora al centro grazie ai treni e soprattutto agli Aerobus che a 5,90 euro a tratta fanno continuamente la spola.

4) La Rambla, che conduce sino al Porto e alla spiaggia della Barcelloneta.
A mio avviso sopravvalutata, ammazzata da inutili bancarellari e ristoranti per gonzi (di notte diventa anche poco sicura, con truffatori che si prodigano per farti fesso sapendo che spesso ti sei già portato avanti di tuo), dà comunque il meglio quando si apre alle stradine e ai localini del Barrio gotico, al tipico mercato de La Boqueria, oppure alla Plaza Reial. Se finisci davanti al MACBA, il Museo di Arte Moderna di Barcellona, dà retta a un pirla: risparmiati il biglietto d'ingresso. La cosa più sorprendente da vedere sono le centinaia di ragazzini che vanno sugli skateboard nella piazza di fronte. Fatti piuttosto due squisite tapas al jamon nel vicino, semplice e caratteristico bar «Casa Almirall».
3) Il garbo antico col quale la lingua catalana definisce alcune cose. Per esempio, una tra le vie principali del centro di Barcellona si chiama Passeig de Gracia. Ovvero «Passaggio di grazia». Avete mai sentito un modo più elegante per dire che c'è gnocca in giro? Io, in vita mia, mai. Solo in Spagna potevano inventare il flamenco.

1) La gente. Città cosmopolita, ricca, con una buona presenza di italiani, Barcellona a volte riesce a stupirti per l'approccio che ti riservano gli indigeni, in genere piuttosto cortesi. L'altro giorno un mendicante mi ha chiesto qualche moneta chiamandomi «Ehi, Papi». Non so se per via dell'età, o della somiglianza con Silvio o Enrico. In ogni caso, ho passato un brutto quarto d'ora.