venerdì 30 marzo 2018

ANTONIO ALBANESE VIAGGIA «CONTROMANO» NELL'ITALIA DEL RAZZISMO

Antonio Albanese a Milano sul set di «Contromano».
«Contromano» è il nuovo film di Antonio Albanese (al centro nella foto in una pausa sul set al Bar dei Cherubini, a Milano), uscito ieri in 300 sale italiane.
Una cavalcata antirazzista che porta l'attore, nei panni del commerciante Mario, a rapire un ambulante di colore concorrente (vende calze sottocosto proprio all'ingresso del suo negozio) con l'intenzione di riportarlo in Senegal.

Gli altri due protagonisti sono Alex Fondja (Oba) e la bella Aude Legastelois, che da noi sono pressoché sconosciuti ma che hanno un ottimo successo di pubblico in Francia. L'immigrazione, che tanto spazio ha avuto anche in occasione della campagna elettorale per le ultime elezioni politiche, guadagna la scena con ironia. Tanto che, a quanto sembra, originariamente il film avrebbe dovuto intitolarsi in modo più netto: «A casa!», o «Tutti a casa!», ma poi - vista forse anche la maiuscola vittoria della Lega - si è optato per qualcosa di più sfumato, di più suggerito.


martedì 27 marzo 2018

FABRIZIO FRIZZI * UNO CHE NON HA MAI VENDUTO AL PUBBLICO MERCE AVARIATA

L'addio a Fabrizio Frizzi. Domani a Roma i funerali, alle 12, nella Chiesa degli Artisti in Piazza del Popolo.
Mia madre che ieri mi telefonava piangente parlando della sua morte. Ovunque sui social, Facebook prima di tutto, testimonianze di affetto vero, sincero. Perché questo di lui passava, in pienezza, dallo schermo. Era nella vita come lo vedevi là dentro, in 16:9. 
E il pubblico lo capiva perfettamente. Altri manichini pubblici o della tv bluffano e a telecamere spente diventano mezzi mostri («Striscia la notizia» ne ha mostrati alcuni) ma spesso riescono a farsi percepire come brave persone.

Fabrizio era così e quel Fabrizio arrivava. È stato il suo maggior successo personale e professionale, a mio avviso. Da una vita la gente che incontro mi chiede: «Ma com'è davvero tizio? Com'è veramente quell'altra?». Di lui ho sempre parlato bene, perché non poteva essere altrimenti.
Riflettevo sul fatto di lasciare un segno nella vita. Ecco, lui ci è riuscito. Ed è riuscito a farsi amare senza vendere al pubblico merce avariata.

lunedì 26 marzo 2018

ADDIO A FABRIZIO FRIZZI, IL BUONO DELLA TV COL "COMPLESSO" DELLA BONTA'

La morte di Fabrizio Frizzi.
Fabrizio Frizzi si è spento nella notte, all'ospedale Sant'Andrea di Roma, per un'emorragia cerebrale. Aveva 60 anni, e nell'ottobre scorso, negli studi Rai dove registrava «L'Eredità», fu colpito da un grave malore. Da allora combatteva, in silenzio, e sempre sorridendo (com'era nel suo stile) una battaglia difficile.
Lascia la moglie Carlotta Mantovan e la figlia Stella. La camera ardente sarà aperta al pubblico domani, martedì 27 marzo, nella sede Rai di Viale Mazzini 14 dalle ore 10 alle ore 18. I funerali del conduttore si terranno mercoledì 28 marzo alle ore 12 nella Chiesa degli Artisti a Piazza del Popolo.
Sono tantissimi i ricordi personali che mi legano a Fabrizio: tante interviste, la sua privacy difesa sempre in modo strenuo, senza la smania di finire sui giornali, e un certo caratterino (un puntiglio) di fondo che non traspariva dall'aria bonacciona - comunque assolutamente reale anche nella vita - che portava in video. Eravamo amici, ma abbiamo anche "scazzato" un paio di volte. Come succede a tutti gli amici.
La prima tanti anni fa, quando scrivevo per «Il Giornale» e lui faceva coppia con Rita Dalla Chiesa. In una rubrica feci una battutina su di loro (manco me la ricordo), e lui ogni tanto ancora mi rinfacciava quel momento. Poi di recente, per un testo da includere nel mio libretto, «Il peggio della diretta». Rispettai, ovviamente e com'è giusto, la sua tignosa volontà.
Con gli anni mi sono fatto l'idea che questo assoluto professionista dello spettacolo, con un legame orgoglioso e inscindibile con la Rai, capace di passare indenne con alti e bassi stagioni e stagioni di Viale Mazzini stando sempre lontano dalla politica, avesse un po' il complesso della sua bontà mediatica. Di quest'immagine da «Frizzolone», come l'avevano battezzato, da eterno buono della tv. Ogni tanto sentiva la necessità di tirare fuori gli artigli, per compensare. Per dimostrare di non essere soltanto quella cosa là, ma anche un uomo di polso. E in quei momenti non lo riconoscevi. Invece ridemmo come scemi quando gli segnalai un conduttore di seconda mano che stava provando a fargli le scarpe, nascostamente, nei meandri della Rai. E così pure a una cena a Forte dei Marmi, deve fu prodigo di aneddoti e battute.
Una volta, non molto tempo fa, mi disse: «Sai che vorrei fare uno spettacolo teatrale con le tue battute e le riflessioni che metti su Facebook? Una specie di lungo monologo con canzoni. Tienimi via un po' di cose. Alcune me le sono già segnate io»
Ciao Fabrizio, sarebbe stato bello: purtroppo non abbiamo fatto in tempo.

giovedì 22 marzo 2018

FERRAGNI, FEDEZ E IL PICCOLO LEONE: L'IRONIA CORRE SUL WEB

Ferragni, Fedez e Leone dal profilo Instagram della fashion blogger.
Per qualcuno sarà «Il Re Leone». Altri invece hanno sfornato copiosi quanto fantasiosi riferimenti a Leone Di Lernia, il re della disco trash recentemente scomparso. 
Su Twitter e Facebook la nascita del primogenito della coppia Fedez-Chiara Ferragni ha scatenato (non poteva essere altrimenti) l'ironia collettiva. Il mio piccolo contributo lo leggete nei due post feisbucchiani qui sotto. 
Ma c'è chi ha scritto, parafrasando la nota novella del Leone e della gazzella africani, che il baby influencer ogni mattina dovrà correre più forte di Instagram e di mamma per non farsi fotografare. E la maggior parte degli umoristi più o meno improvvisati l'ha buttata sui followers che il neonato (il quale parte sicuramente avvantaggiato rispetto agli altri) può già contare a neanche una settimana dalla nascita.


lunedì 19 marzo 2018

D'URSO PRONTA PER IL «GRANDE FRATELLO» DEI NON FAMOSI (IL PROBLEMA È DISTINGUERLI)

«La Tv abbassa». Barbara D'Urso si accaparra il GF11.
Barbara D'Urso, dunque, condurrà il GF15, quello dei non famosi, il cosiddetto GFNip, delle Not Important Person. Quello tariconiano delle origini, insomma.
Oddio oggi è un po' difficile distinguerlo, il «Grande Fratello» dei personaggi popolari da quello degli sconosciuti, perché in genere tutti i cast si sono omologati a un livello di marginale notorietà degli inquilini della Casa che fa tanto Festa degli sconosciuti di Ariccia.
Si va di sfumature da occhio esperto, come in certe tele a pastello. Il GF dei famosi è pieno di palestrati e pischelle a fama men che condominiale, piazzati fra qualche folkloristico avanzo dello star-system nostrano. Ne restano pochissimi, sono tutelati come i panda, e a volte te li ripropongono perché non sanno più chi prendere.
In quello degli sconosciuti si pesca tra vecchi e nuovi casting, retrobotteghe d'agenzia, provini on the road. Ma è sempre più dura portare a casa la pagnotta.

Alla conduzione, finalmente un volto nuovo: lady Barbara D'Urso, la highlander di Cologno Monzese. Che alla riposante doppietta «Pomeriggio 5» e «Domenica Live» aggiunge ora il defatigante Big Brother. Non ci riuscirebbe neanche Thor. 
Se gli attori di teatro sognano di morire sul palco, immagino che Barbarella (il più tardi possibile) si auguri di finire i suoi giorni tra le braccia di un assistente di studio mentre le passa il bicchierino d'acqua. Si spera non durante un nero di pubblicità, perché sarebbe una sfortuna micidiale.
Si scherza, naturalmente: per il Grande Fratello la D'Urso è tagliata, resta una numero uno della diretta, e manovra con sapienza i suoi burattini. Non a caso Canale 5 le affida metà dei palinsesti della rete. Ormai c'è gente che se mette sul 5 e non trova la D'Urso pensa ci sia un guasto e chiama l'antennista.


venerdì 16 marzo 2018

BINI FA SCHERZI AI VIP * «PRONTO, LELE MORA? QUI È LA PIZZERIA DA RUBY...»

Lele Mora.
«Pronto, parlo con Lele Mora? Qui è la pizzeria “Da Ruby" di Viale Monza... Ci risulta che lei abbia ordinato quasi 200 euro di pizze e fritti che non sono stati ancora pagati. Ci siamo rivolti alla Polizia, però se passa a trovarci lasciamo perdere se ci facciamo insieme una foto promozionale con lo sfondo di Arcore».

La vittima, gentile, tergiversa, respinge ogni accusa, e rifiuta il cambio merce: «Per carità, lasciamo perdere 'ste cose: mi son già fatto sette anni senza aver fatto niente».
Il genere televisivo delle burle ai Vip, da «Scherzi a parte», passando per «Libero» (che aveva una sezione dedicata), alle innumerevoli propaggini radiofoniche sin dalla notte dei tempi, è roba per cultori.


Stefano Bini.
Stefano Bini, giovane giornalista e autore entusiasta e piuttosto egoriferito, ha deciso di farle diventare una sorta di “format" (anche se il termine è improprio) più che altro autopromozionale da piazzare sul suo canale YouTube: «Di male in Bini». Sinora, oltre all'agente della Milano da bere, l'uomo che curò gli interessi e lanciò decine di personaggi dello spettacolo, Bini è andato a tampinare Davide Parenti, Francesco Facchinetti, Beppe Caschetto, Mara venier e Davide Maggio, utente verificato sia su Facebook che su Twitter.

Il risultato? Discontinuo. Anche perché alcune idee canzonatorie sono più deboli o faticano a farsi strada (Maggio, Parenti, Caschetto), altre hanno quel guizzo in più. Bini, che assicura di non aver concordato le chiamate e di non aver fatto firmare liberatorie, serve il tutto da una stanza, con cellulare in vivavoce, piazzato accanto a una foto totalmente fuori contesto del trio Raimondo Vianello, Mike Bongiorno e Corrado. Un omaggio. Ma siamo sicuri che gli omaggiati ne siano così felici? Scherzi a parte, si sorride purtroppo senza sbellicarsi dalle risate e si può migliorare un po' lavorando soprattutto sulle idee di base, le provocazioni (altrimenti il rischio è quello di non lasciare il segno) e il montaggio. Non facendosi scrupoli a buttare via il materiale più debole. Qui sotto, il video migliore: quello dello scherzo a Lele Mora.



giovedì 15 marzo 2018

50 ANNI DI SABRINA SALERNO (ORA COME ALLORA, BUONA COME IL PANE)

Sabrina Salerno (foto di Alberto Buzzanca)
Ha 50 anni ed è il ritratto della salute. Meglio di qualsiasi riforma sanitaria.
Sabrina Salerno da Genova, classe 1968, già Miss Lido e Miss Liguria, quella di «Boys», «Sexy Girl», «Hot Girl», «Call Me» con Samantha Fox, «Like a Yo Yo»; persino «Siamo donne», in fase tardo-pseudo-femminista con Jo Squillo, compie mezzo secolo. Tra canzonette a abiti glam.
L'icona più terrazzata e iper-balconata della discografia italiana, che ha vissuto il suo splendore fra gli Anni 80 e 90, è persino meglio oggi di ieri. Con, credo, ben pochi o mai pervenuti interventi chirurgici.
La intervistai un paio di volte, ai tempi, e furono purtroppo entrambe interviste telefoniche, perché a volte al cronista la vita nega anche le gioie più elementari. In un'occasione - al top del successo - fu un po' scostante, se la prese per una domandina un filo impertinente e giocosa; ma rimediò con sense of humour e simpatia la volta successiva. Si cresce e si ridimensiona tutto, nella vita.
 Coloro che non sono mai riusciti a dimenticare i suoi ballonzolamenti anteriori nei primordiali clip di allora, o nelle meravigliose cornici del Festivalbar di Salvetti, sappiano che la nostra ha ancora un mercato di tutto rispetto nei concerti live, soprattutto d'estate, fra Ibiza, Italia e resto del mondo. Sabrina (l'unica colpa che si può attribuirle) ci fa credere ogni giorno grazie alle foto che pubblica su Twitter, che gli Anni 80 non siano ancora finiti. Ed è, in definitiva, un dolce inganno.

martedì 13 marzo 2018

ALESSIA MARCUZZI TRAVOLGE LA HENGER (CHIUDETE L'ISOLA, È FINITO UN CICLO)

Alessia Marcuzzi mentre perde il controllo.
Catfight da Guinness dei primati ieri sera all'«Isola dei famosi» (anche se quest'anno sembra più «Un giorno in pretura»), con repentino, inatteso scazzo della dolce padrona di casa Alessia Marcuzzi nei confronti di Eva Henger.
L'ex pornostar, che con una dichiarazione probabilmente dal sen fuggita, ha fatto partire alcune settimane fa il «canna-gate» sul quale stanno campando metà dei palinsesti, fra pomeridiani e access prime time (con le intemerate di «Striscia la notizia», che porta a galla sempre nuovi particolari da dietro le quinte), era seduta in platea insieme con gli altri naufraghi.

Eva Henger rimproverata dalla Marcuzzi.
Alla sempre controllatissima e compita Alessia è partito l'embolino dopo un riferimento (neanche tanto campato per aria) della Henger al fatto che di questa storia in un modo o in un altro si dice di smettere di voler parlare ma si continua a farlo, per ovvie ragioni. Marcuzzi s'inalbera, «Questa è la mia trasmissione. Follia, ma di che cosa stàmo a parlà? Tu invece vai in tutti i programmi, anche troppo». Alessia, che di norma sembra uscita dalle fiabe di Hans Christian Andersen, si trasfigura. Ha l'aria di quella che per settimane ha dovuto tacere, ma ora sbotta. Si alza, torna allo sgabello. E chi la tiene più?
Difficile non leggere un po' di sopito risentimento nei confronti della Henger, che ha tirato fuori una storia sgradevole ma che non si può attaccare perché esprime il legalitario buon senso comune.
La frase: «Una canna, e che sarà mai?», sembra aleggiare nell'aria. Ma nessuno la può dire, ovviamente. È politicamente scorretta. E così va in onda il crash che poi fa (comprensibilmente) crashare i conduttori.

L'Isola fu un format trash stupendo (ricordate gli anni di Pappalardo e Al Bano?), ma ora è ridotto a fumo dolciastro senza arrosto, con personaggini scialbi in cerca d'autore e un programma in cerca di autori. Peccato. Bisognerebbe prendere atto che un ciclo è definitivamente chiuso e rimetterla, forse per sempre, nell'armadione dei format.

lunedì 12 marzo 2018

LO SPETTACOLO E L'OLTREPO' PAVESE VISTI DA ME

Franco Bagnasco a Santa Maria della Versa.
Le mie colline, le facce, la gente. Parole ruspanti, parole pronunciate spesso (rigorosamente) in dialetto oltrepadano. Non piacentino, eh, sia chiaro. Con quel vecchio campanilismo che alberga ovunque, figurarsi se non ha trovato terreno fertile tra le nostre orgogliose vigne. Tra Pinot e bonarda, più o meno in barrique. 

È stata una bella festa quella organizzata l'altroieri dalla Biblioteca di Santa Maria Della Versa per presentare il mio libretto, «Il peggio della diretta», uscito già un anno e mezzo fa per Mondadori Electa. Un'occasione per parlare dei dietro le quinte dello spettacolo raccontati dai protagonisti e per passare in rassegna anche i vecchi volti-simbolo di un paese che è il cuore dell'eno-cultura locale. 

Un'ora zeppa di ricordi e anche di sorrisi, che mi sono ritornati da una platea attenta e incuriosita. Ovviamente segue buffet. Perché la «cultura» (si fa per dire) va bene, ma un bel bicchiere di rosso e le torte di pastafrolla delle sciure del paese, non hanno rivali.

giovedì 8 marzo 2018

TUTTI SABATO A SANTA MARIA DELLA VERSA PER PARLARE DE «IL PEGGIO DELLA DIRETTA»

«Il peggio della diretta» presentato a Santa Maria della Versa.
Vi do appuntamento sabato prossimo, 10 marzo, alle 16.30, al mio paese, Santa Maria della Versa, per la presentazione de «Il peggio della diretta»
L'intervista a Franco Bagnasco sul settimanale pavese Il Punto.
Ebbene sì, questo libricino che ho scritto, con i dietro le quinte dello showbiz raccontati dagli stessi protagonisti, uscito più di un anno fa per Mondadori Electa, fa tappa anche in Oltrepò Pavese, a Palazzo Pascoli, sede della Biblioteca comunale, che organizza l'evento. Sarà una chiaccherata molto informale con i miei compaesani che faremo parlando di tutto: spettacolo,
La presentazione sul settimanale «Il Ticino».
giornalismo, personaggi e amate colline (anch'esse capaci di sfornare figure straordinarie). Modera il tutto con sapienza la giornalista e scrittrice Cinzia Montagna. Oltreché nelle librerie e book store on-line, «Il peggio della diretta» è disponibile anche su Amazon e in versione digitale eBook per le piattaforme Kobo e Kindle. 

martedì 6 marzo 2018

QUELL'INCREDIBILE SETTIMANA NELLA SPA CON BEPPE GRILLO

Da sinistra, Franco Bagnasco e Beppe Grillo.
E dai, basta: sfatiamo una volta per tutte questo vecchio e trito luogo comune dei giornalisti che saltano sempre sul carro del vincitore!

Scherzi a parte, questa è una foto (del 2007, tempi non sospetti) alla quale sono molto affezionato.
Scrivo di spettacolo da 30 anni, e Beppe l'ho sempre considerato il più grande comedian di casa nostra. Come ho riso ai suoi spettacoli (li ho visti tutti, l'ho intervistato più volte), mai nella mia vita. Soprattutto quando i testi li scriveva con Michele Serra.
Sul fronte politico ovviamente non sempre ho condiviso le sue scelte e alcuni modi, ma quelle sono questioni squisitamente personali. Nulla si può togliere alla debordante grandezza dell'uomo di spettacolo.

L'aneddoto. Prenotai una settimana in un centro benessere zen style a Limone sul Garda e - senza che ci fosse alcun accordo preventivo - mi ritrovai per caso fra i clienti Grillo, che all'epoca era poco più che agli albori del Movimento 5 Stelle. Con la genialata di Casaleggio di ingaggiarlo di fatto come testimonial politico. Cosa che lui non si impegnava neppure tanto a nascondere. La considerava piuttosto un prolungamento della sua carriera sul palcoscenico.

Passai un'esilarante settimana fra saune, massaggi e dieta ferrea, insieme con un'altra ventina di clienti, in forzata, lieta coabitazione con l'entertainer per antonomasia. Lo ricordo indispettito per una dichiarazione anti-grillina fatta dall'amico Gino Paoli al Tg3. Conoscendolo da una vita, l'aveva presa un po' sul personale. Ricordo di averlo anche criticato con franchezza per alcune posizioni prese, che secondo me danneggiavano l'immagine del M5S. Col senno di poi, ho l'impressione che un po' mi abbia dato retta.
Per il resto, ho riso come uno scemo per sette giorni e avrei voluto che quell'esperienza alla «Amici miei» non finisse mai.

Avevo le lacrime agli occhi quando ci ritrovavamo lì tutte le mattine, in zona massaggi, dove è stata scattata questa foto, e lui (che era venuto con un amico ligure riparatore di barche in legno) si sedeva in sala d'aspetto tormentando le altre clienti un po' agée: «Ma lo sa, signora, che adesso fanno quest'intervento di sbiancamento anale che è una manna dal cielo?».

lunedì 5 marzo 2018

ELEZIONI POLITICHE * LA LEGA SFONDA AL NORD, I 5 STELLE AL SUD, E RENZI AFFONDA IL PD

Da sin., Luigi Di Maio, Matteo Renzi e Matteo Salvini.
Non voglio arruolarmi tra coloro che prevedono ciò che è già accaduto (bella forza), ma questo risultato era l'unica cosa che ci potessimo aspettare. Perché:

Matteo Renzi ha portato al successo e poi al tracollo il Pd per egocentrismo, non togliendosi di mezzo come avrebbe dovuto saggiamente fare (e a lungo) dopo la figuraccia al referendum costituzionale. Da lì in poi non ha più azzeccato una mossa. Inoltre, e in primis, questo Paese ha poca memoria ma ti distrugge quando tu prometti in favore di telecamera: «Se perdo lascio la politica», e una volta perso non te ne vai. L'odio nei confronti della casta attaccata alla poltrona oggi è tale tanto che una frase del genere resta come un peccato che non puoi farti perdonare.

Paolo Gentiloni si è mosso spesso bene e con misura, ma aveva dietro la schiacciante ombra nefasta di Matteo da Rignano.
È come governare con una mano sola, facendo continuamente gli scongiuri. Becchino in pectore.

Grasso, Boldrini, D'Alema e Bersani, ovvero quelli che: Matteo, ci hai tolto il potere e noi (tiè) fondiamo un altro partito, sono attorno al 3.3%. Hanno spostato pochissimo. Vuoi perché la gente si è stancata di queste operazioni di ripicca, vuoi perché sono dinosauri della politica. E c'è voglia di cambiamento. Le file ai seggi lo dimostravano.

Luigi Di Maio ha approfittato di un Beppe Grillo che si faceva da parte (stanco di fare il testimonial) per riposizionare i suoi. Da Movimento di protesta a formazione che (soprattutto negli ultimi tempi) ha dimostrato tanta voglia di provare a governare. Sui risultati, vedremo. Da non dimenticare: i 5 stelle sono gli unici che restituiscono parte dei soldi del loro appannaggio allo Stato (sarà demagogico, sarà marketing, ma intanto sono gli unici a farlo, e a questo l'elettorato è molto sensibile, visto il suddetto odio per chi vive di politica). La voglia di cambiamento, la voglia di metterli alla prova era tanta, e ha premiato più che mai. Pur con tutti gli errori commessi, erano ancora politicamente vergini. La promessa del reddito di cittadinanza ha fatto il resto. P.S. Del fatto che Di Maio sbagli i congiuntivi, agli italiani, come s'è visto importa poco.

Giorgia Meloni ha fatto la sua parte con lucidità e Matteo Salvini ha combattuto come un leone (ricorrendo anche ai mezzucci, come il vangelo e il rosario in piazza) l'unica partita che gli interessava veramente vincere: quella contro un Silvio Berlusconi che ha perso il magic touch, riuscendo così ad accaparrarsi la leadership nel Centrodestra.
Il leit motiv salviniano è tutto giocato su sicurezza e anti-immigrazione, quella che - piaccia o no - per molta parte del Paese è e resta una ferita aperta. E al Nord, com'era facilmente prevedibile, ha sfondato il muro.

Alla luce di tutto questo, con Nord e Sud perfettamente spaccati (il primo alla Lega, il secondo al M5S, primo partito) mi pare impossibile che non avvenga un apparentamento tra questi due schieramenti, con probabile incarico a Di Maio che recluta Salvini.

domenica 4 marzo 2018

«IL FILO NASCOSTO» * (INQUIETANTE) STORIA D'AMORE E SARTORIA

Daniel Day-Lewis e Vicky Krieps ne «Il filo nascosto» («Phantom Thread»).
Londra, Anni 50. Daniel Day-Lewis è un sarto così misogino, perfettino e insopportabile, che per metterlo bene in chiaro la produzione gli ha dato lo stesso doppiatore italiano di Tim Roth. Insieme con la sorella, il genio sforna costosi abiti che sono capolavori, ma è intrattabile, e non riesce a costruire un rapporto normale con le donne. Qualcosa cambia quando mister simpatia incontra la dolce ma sotto sotto energica cameriera Vicky Krieps, che pian piano s'insinua nella sua vita. Ci amiamo (oppure no?), ma siamo così diversi... Come si fa? Convivere con una sorta di beautiful mind della moda non è così semplice. Così, tra una sfilata e l'altra, la nostra studia l'avversario e si mette al lavoro con astuzia per provare a trasformarne l'indole.

Candidato a sei premi Oscar (merita più de «La forma dell'acqua» perché la trama brilla per originalità), «Il filo nascosto» si regge sull'incontenibile bravura di Daniel Day-Lewis. Uno che fa un film ogni dieci anni, campando comunque egregiamente, e che potrebbe dare enfasi epica anche alla lettura del bugiardino dei medicinali. Misurate e in parte anche le altre due comprimarie, in una pellicola raffinata (e ci mancherebbe altro), curata nei dettagli, ma un po' debordante nei tempi. Se Paul Thomas Anderson (quello di «Magnolia») l'avvesse accorciata di almeno 20 minuti, avrebbe pressato con minor intensità sugli zebedei dello spettatore. Che ne uscirà comunque esteticamente appagato. Il cinefilo ortodosso in particolare.
VOTO: 8/9

sabato 3 marzo 2018

FASO AL MERCATO: «PERCHE' CON GLI ELII CHIUDIAMO? ERA DIVENTATO UN TOUR INFINITO»

Faso in tenuta da motociclista e il sottoscritto al mercato di quartiere.
Milano. Metti di andare il sabato mattina (ancora rintronato dopo una notte semi-vigile) al tuo mercato di quartiere preferito. Metti di essere lì, davanti alla bancarella a scegliere pomodori, insalata, patate, arance e quant'altro occorra per la tua scorta settimanale di fibre. Metti anche di voltarti a destra per caso e trovarti accanto non la rimbrottante sciura Elide, come al solito, ma il leggendario Faso, implacabile basso degli Elio e le Storie Tese. Con tanto di caschetto d'ordinanza da motociclista per il pimpante Nicola Fasani (così all'anagrafe), classe 1965.
Dopo una stretta di mano e l'espressione di stima infinita nei riguardi del grande, pluriennale lavoro di una band che ha saputo unire tecnica e sopraffina ironia, vuoi non farle due chiacchiere?

«Arrivedorci», il pezzo dell'ultimo Sanremo, inusuale e non del tutto capito. 
«Era un lentaccio» dice Faso «volevamo portare una cosa che spiazzasse anche quelli della Rai. Erano abituati a vederci fare sempre i pagliacci, su qual palco, e così abbiamo deciso di andarcene sparigliando le carte».

Lo scioglimento del gruppo, fissato inderogabilmente per il 30 giugno 2018. Si poteva continuare ancora? 
«Il fatto è» commenta il nostro «che da qualche tempo tra noi ormai lo chiamavamo il “Never Ending Tour”: non si smetteva mai di andare in giro a suonare, tutto l'anno. Solo formalmente si cambiavano giusto i manifesti tra la fine di uno e l'inizio dell'altro, ma era diventato di fatto il tour infinito. Un po' difficile da portare avanti. Ora abbiamo messo questo punto fermo, poi in futuro si vedrà»
Tra l'altro con un Elio sempre più orientato a muoversi da solista. «Ma quello non è mai stato un problema, anzi: la nostra regola ferrea, quella che paradossalmente ci ha consentito di durare così a lungo, è sempre stata l'assoluta libertà dei singoli di muoversi a piacere autonomamente, senza limiti».


giovedì 1 marzo 2018

VITA VISSUTA * QUANDO TUA MADRE PICCONA COL MESTOLO IL GHIACCIO DEL FREEZER


Milano. Per la settimana da convalescente è venuta a trovarmi mia madre dal paese («Così ti cucino un po' di brodo di carne e verdure cotte. Approfittiamone finché sono ancora al mondo», dice l'arzilla 75enne evocando sempre e da sempre lo spettro della dipartita). Tenera.
Si aggira per casa operosa tutto il dì e fa - di sua totale iniziativa, io non chiedo nulla - quei mille lavoretti, anche utili, che le passano per la testa. L'altroieri per esempio sentivo arrivare dal soggiorno-cucina un rumore tipo cantiere autostradale. Vado a controllare ed ella, usando un robusto mestolo in acciaio, grattava l'iceberg di ghiaccio che mi si era formato nel grande freezer. Le faccio notare che non è quella la procedura standard per scongelare, che rischia di fare un danno, ma la risposta è perentoria: «Non preoccuparti, so quel che faccio: raschio sopra, l'ho già fatto altre volte». Mi taccio. Torno a letto, il cantiere continua operoso e il donnino fatica non poco inginocchiandosi e lanciando talvolta qualche mezza saracca.

Passa un quarto d'ora e il rumore aumenta. Torno a controllare. La dolce mammina, a metà fra Jack Nicholson in «Shining» e un muratore bergamasco, col mestolo in mano, sta picconando con furia cieca gli ultimi pezzetti di ghiaccio sulla piastra del freezer, che ormai è arrivata a vivo. Vuole finire il lavoro. E in questo la capisco: sono un soldato. I lavori vanno sempre portati a termine.
Sono però molto preoccupato per il mio frigorifero; mi trasformo allora in severo esorcista, la benedico, e le intimo perentoriamente di fermarsi. Lei si oppone decisa («Non c'è problema»), ma io resto fermo sulle mie posizioni. Il demone esce pian piano dal suo corpo mentre le trattengo il mestolo.
Risultato: ieri mattina la resa dell'elettrodomestico (arrivato intonso alla bella età di 17 anni) ha iniziato a calare vistosamente, e in tarda serata il nostro ha cessato di vivere. Prima la zona frigo, poi quella freezer. Aprendo lo sportellone si vedeva la piastra a nudo e due buchetti dai quali sibilando usciva il freon. Ora sarà sepolto in terra sconsacrata.
Il confronto aspro che è seguito fra me e la signora Marilena (che per tre volte ovviamente ha tentato goffamente di negare le sue responsabilità: «Quel fischio veniva da un padellotto che avevi sul gas») era acuito dal fatto che l'imputata era stata più volte avvertita. Alla fine il crollo: «Che cosa devo dirti: te lo ripago!». Risposta: «Non voglio soldi. È andata così, amen, ma almeno ammetti la tua colpa». E anatemi percepiti anche in notturna: «Basta, finita, non tornerò mai più qui».
Stamane la genitrice si era placata, e il match si è concluso con questa frase da manuale: «Comunque ho agito per il bene. E tra l'altro sono sicura che quel frigorifero non sarebbe durato ancora a lungo». Appòsto.

MEMORIE DI UN DEGENTE: «SIGNOR BAGNASCO, LEI HA PROPRIO DELLE BRUTTE VENE, SA?»

Una sala operatoria con l'equipe medica al lavoro.
L'altroieri, poco prima di entrare in sala operatoria, il giovane infermiere (che di seguito chiameremo I) si avvicina al qui presente ex degente (di seguito D) coricato sul lettino, gli afferra il braccio sinistro e inizia la seguente conversazione:

I: «Certo signor Bagnasco se lo lasci dire: lei ha proprio delle brutte vene! Guardi qua».

D: «Definisca brutte. Vuol dire che non ci uscirebbe a cena?».

I: «Mannò, un po' ci sono, un po' no. Un po' le vedi, un po' no. Io adesso le devo mettere l'ago a farfalla per attaccarle la flebo. Poi da qui faremo passare anche altri liquidi, ma non riesco con queste benedette vene. Proprio brutte le sue vene, sa?».

D: «Eh, mi spiace».

I: Scrolla il capo mentre mi mette il laccio emostatico e inizia con indice e medio a picchiettarmi in più punti sull'avambraccio aperto. «Endovenosa, sorella?» (cit.) Poi mi buca (dolorosamente e lungamente), trafficando sull'ago a farfalla.

«Niente, non ci siamo proprio. Colpa delle sue brutte vene. Adesso glielo tolgo e proviamo sul destro».

D: «Non so che cosa dirle, non ho mai avuto problemi in passato in caso di prelievi di sangue e altri ricoveri».

I: Laccio emostatico, picchietta furiosamente e controlla.

«Qui già meglio, signor Bagnasco, qui a destra molto meglio. Però santo cielo che brutte vene: un po' profonde, un po' no. E poi irregolari, storte, strane, messe un po' a casaccio».

D: «Sono davvero mortificato. E dire che prima di uscire di casa le avevo messe tutte in ordine per non fare brutta figura con lei, ma dev'essere successo qualcosa durante il viaggio, si saranno sballottate».


INGRESSO IN SALA OPERATORIA, SIPARIO, SIGLA.

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