domenica 28 febbraio 2010

INVICTUS - L'INVINCIBILE * FREEMAN TI FA DUE PALLE (DA RUGBY) COSI'

Uscito di prigione dopo 30 anni, sconfitto l'apartheid, Nelson Mandela (Morgan Freeman), ha lo stesso problema degli spettatori in sala: ammazzare la noia. Non potendo ancora giocare con l'iPhone, si fa eleggere presidente del Sudafrica, dimostrandosi subito grandemente illuminato.
Ci sono una caterva di problemi da risolvere, ma la cosa giusta da fare per ora è cementare la nazione puntando sul tifo. Inteso come sportività. Invece di fondare Forza Sudafrica (vuoi vedere che Berlusconi non ha inventato niente?), il presidentissimo scopre che stanno per liquidare la squadra di rugby degli Springboks, ormai al livello del Borgorosso Football Club. Ma siete pazzi? Partendo da questi ragazzoni possiamo rifondare tutto, cancellando l'odio razziale fra 43 milioni di bianchi e neri.
Mettiamoci al lavoro, coinvolgendo il giovane capitano del team (Matt Damon). E siccome siamo nel 1995 e ci hanno convocato per i mondiali di rugby, si va avanti partita dopo partita, sino alla tostissima finale contro la Nuova Zelanda. Mioddìo, questi sono così cazzuti che fanno una danza maori prima di cominciare.

Dopo "Million Dollar Baby" e lo splendido "Gran Torino", il Clint Eastwood regista la fa visibilmente fuori dal vaso in un film classico (fin troppo), prevedibile e dannatamente soporifero. D'altra parte l'ingaggio di Morgan Freeman, l'attore più retorico, demagogo e noioso degli ultimi due millenni, è una garanzia in questo senso. Tutto ciò che tocca si trasforma in sonno rem. L'imbambolato Matt Damon, molto più a proprio agio nelle trame noir e action, non aiuta a migliorare la situazione.
Saranno 2 ore e 13 minuti di noia politicamente correttissima. VOTO: 6.

venerdì 26 febbraio 2010

TV * SANTORO, MORGAN E IL PENSIONATO CELENTANO

È sempre entusiasmante sentire Adriano Celentano mentre sproloquia in tv. Mancandogli un programma, ultimamente telefona in diretta, per la felicità di Telecom Italia. Ieri ha chiamato «Annozero», sostenendo (con qualche ragione e allegorie tutte sue, peraltro) la causa di Marco Castoldi in arte Morgan.
Ma non è questo il punto. Il bello sono le reazioni ai suoi blitz. Nella maggior parte dei casi, il contributo audio del «Re degli ignoranti» viene accolto dal conduttore di turno come l’intervento di un semidio. La generosa concessione di un sovrano illuminato che ti concede la grazia di un parere. La carità della sua salvifica parola.
In realtà Celentano inanella quasi sempre colossali banalità inframmezzate a mortali pause. Un giocatore di scopa che saracca al bar sport ha maggiore profondità di pensiero. Ieri Michele Santoro ha fatto il miracolo, denudando il Re degli ignoranti. L’ha trattato come uno qualsiasi che chiama in diretta al quiz dei fagioli nel barattolo. Con un velo di leggera degnazione, di compassione sul volto ha accolto la sua chiamata sgonfiando il guru.
Per una volta il Molleggiato è stato trattato e si è sentito – giustamente - come quei pensionati che si fermano a sparar cazzate (125 milioni?) davanti alla buca con i lavori in corso nel centro storico.
A casa molti avranno fatto la ola.

giovedì 25 febbraio 2010

ISOLA DEI FAMOSI 7 * DEBUTTO DA PANICO FRA NAUFRAGHI BURINI

Imbarazzante debutto col crash (a fine puntata) per la settima edizione de "L'isola dei famosi". A farne le spese è stato il rugbista Dennis Dallan, insaccatosi in appena un metro e mezzo d'acqua dopo il tradizionale lancio dall'elicottero dei naufraghi. Il velivolo viaggiava a circa 10 metri d'altezza, e un errore del pilota o "lo spostarsi di una boa a causa del vento", come ha detto Simona Ventura porgendo le scuse della produzione, ha fatto sì che il cast si lanciasse in un punto col fondale molto basso. Cosa che poteva avere conseguenze ben peggiori. Invece la maggior parte del cast se l'è cavata con "una culata" e Dallan probabilmente con una lussazione multipla.

Per fortuna che a Sandra Milo, 76 anni, avevano avuto il buon gusto di evitare l'imprevisto lancio devastante. Altrimenti altroché "Ciro Ciro!". Invece di restare a casa a godersi (idealmente, chiaro) la pensione di reversibilità di Federico Fellini, Sandrocchia è partita struccata per il Nicaragua. E già lì tanto di cappello. Maria De Filippi, che ha sdoganato gli anziani a "Uomini e donne", sarà lì a fare il tifo per lei. Se tanto mi dà tanto, occhio all'anca, però.
Il gaffeur Rossano Rubicondi, promosso inviato speciale perché sta molto molto simpatico alla sempre più proterva Simona Ventura, non ne imbrocca una, neanche pagandolo: chiama Federica la povera Loredana Lecciso, balbetta, stoppa un gioco quando non dovrebbe. E poi, burineggia come nessuno. E si vede che non recita. Insomma, aridatece Paolo Brosio e Francesco Facchinetti.

A dire il vero il coté burino sembra la prima cifra stilistica di quest'anno: sia dal tenore degli ospiti in studio, sia nella pattuglia dei non famosi, dove spicca un dubitabile palestrato romano che è tutto un programma. Per non parlare del già tronista Federico Mastrostefano, che ingaggia un lieve ping pong verbale con la fidanzata, collegata da via Mecenate. Sfoggiando il cast due topolone da guinness dei primati come Nina Senicar e Claudia Galanti, il messaggio per il tapino è pressappoco: guardare e non toccare, sinnò te le tajo. Neanche Mario Brega avrebbe fatto di meglio.
E per un Luca Ward affamato di visibilità che guarda perennemente in camera (avrebbe accettato anche le previsioni del tempo, altroché Nicaragua), si registra  qualche attimo di preoccupazione per la ex signora Al Bano. In un gioco che la costringe ad avvicinarsi per più di un minuto a una fiamma viva, si teme lo sciogliersi di tutte le sue protesi al silicone.
Anche Supersimo cade e si rialza, ma il tele-Calvario è appena iniziato.
E il tanto strombazzato (mediaticamente parlando) Aldo Busi? Per ora l'apporto culturale che ha fornito il Verbosissimo sono un riferimento al cannibalismo "se schiatta qualcuno", e uno al 69. Intesa come posizione del kamasutra.
Pochino. Ma - come Morgan - di certo si rifarà.

mercoledì 24 febbraio 2010

THE WOLFMAN * SE SEI BRUTTO (E LUPO) TI TIRANO LE PIETRE

Quel figo un po’ imbolsito di Larry Talbot (Benicio Del Toro) torna al paesello richiamato dalla fidanzata (Emily Blunt) del fratello, squartato di notte da non si capisce bene chi o cosa. Gli inquirenti escludono l’ascolto forzato di «Italia amore mio», il brano portato a Sanremo da Pupo, Emanuele Filiberto e Luca Canonici. Vuoi vedere che ha fatto la stessa morte di mammà, quand’ero piccino?



Per casa, in ciabatte e fucile, gira anche quel misogino di babbo Talbot (Anthony Hopkins), che ha tutta l’aria di nascondere qualcosa sotto la lunga chioma bianca.


Indagando indagando, Larry viene morso dal mostro: una creatura più veloce di Mastella nel cambiare schieramento: un dannato uomo lupo che non lascia scampo. Se sopravvivi, ti trasformi in licantropo anche tu, e sono cazzi per tutti ma anche per te. Fai una vita d’inferno, e ogni volta che ti trasformi, poi devi cambiare tutto il guardaroba. E pensare che una zingara (Geraldine Chaplin), l’aveva detto.


La polizia ovviamente non sta a guardare, e riesce ad arrestare il povero Larry, che quando si libera (perché poi lo sai che si libera) fa una strage. Bisogna provare a fermarlo con pallottole d'argento.
Joe Johnston confeziona un film truculento, zeppo di effetti speciali e nella sostanza tutto sommato non disprezzabile. Soprattutto per chi ama il genere. Peccato per l’indubbia prevedibilità della trama, e per un cast di grandi attori che viaggia col pilota automatico. VOTO: 6.5.

domenica 21 febbraio 2010

SANREMO * SCANU, PUPO, MENGONI: PERDE LA MUSICA, VINCONO I REALITY

Dite la verità. Siete abituati a far l'amore "in tutti i modi, in tutti i luoghi, in tutti i laghi", isole comprese, persino a Lugo, più snodati di un Lego (l'importante è che il tutto sia rigorosamente senza sugo)? Bene, questo articolo fa per voi.

La vittoria di una fragile canzoncina dell'amico di Maria De Filippi Valerio Scanu alla sessantesima edizione del Festival di Sanremo, col corollario del resto del podio (la micidiale "Italia amore mio" dei "Raccomandati" Pupo, Emanuele Filiberto e Luca Canonici al secondo posto, e il bravo Marco Mengoni di X-Factor in terza posizione) insieme con l'uscita di scena delle canzoni più belle, da quella di Irene Grandi e Simone Cristicchi, sino all'interpretazione di Malika Ayane, dimostrano per l'ennesima volta che il Festival è solo carne da macello per la tv. Si scrive: gara canora (teoricamente) regolare, e si legge: tanto vincono quelli dei talent show. Quelli del "Grande Fratello" non li hanno ancora chiamati perché lì di talent non c'è nulla, ma forse ci siamo vicini.

Così i televoti fioccano, e qualcuno ci guadagna. Poco importa se il gusto macabro degli italiani al telefono butta via il meglio a 0.75 centesimi di euro a botta. Male che vada la misurata Antonella Clerici potrà appellarsi al "popolo sovrano". Che è come dire che il cliente ha sempre ragione anche se ti dà una coltellata.

Solo una cosa lascia ben sperare per il futuro: la rivolta della platea dell'Ariston. Fischi, urla, insulti, strepiti di fronte a tanta palese ingiustizia. Persino gli orchestrali hanno dato di matto. Mai visto nulla di simile a memoria di Festival.
Forse un pernacchio ci salverà.

P.S.
Scanu, visto che fai l'amore in tutti i laghi, una cortesia: comincia da LochNess, così ci togliamo il pensiero. 

sabato 20 febbraio 2010

SANREMO * PUPO, EMANUELE FILIBERTO E CANONICI SONO DA SQUALIFICARE


I già contestatissimi Pupo, Emanuele Filiberto e Luca Canonici sarebbero da squalificare senza appello dalla 60' edizione del Festival di Sanremo. In ballo c'è la sottile, subdola violazione di due articoli del regolamento sanremese: il 10 (che vieta le sostanziali modifiche al testo, e in questo caso è stata cambiata un'intera strofa) e il 24. Quest'ultimo, in particolare, recita: "Gli artisti partecipanti non potranno, nel corso delle loro pubbliche esecuzioni a Sanremo 2010, fare dichiarazioni, se non preventivamente concordate con l’ Organizzazione". L'indegno spottone fatto ieri sera da Marcello Lippi, il Ct della nazionale di calcio all'agghiacciante pezzo "Italia amore mio", con testo modificato per portare a casa qualche televoto in più dall'Italia pallonara, è un'aggravante che non dovrebbe essere consentita dall'organizzazione. La stessa Antonella Clerici, come ha ampiamente dimostrato in diretta, non ne era al corrente e l'ha subito messa in dubbio "stoppando" Lippi. Un fallo da rigore.
Lippi, invitato come ospite, si è lasciato andare a una sorta di fomale invito al Televoto nei confronti del dubitabile terzetto. I tre sono stati zitti (ma chi vogliono prendere in giro?), ma ha parlato lui, un testimonial pubblicitario in tutta evidenza troppo forte e sbilanciato. E' evidente la disparità e l'ingiustizia che penalizza gli altri concorrenti in gara. E pazienza se la Rai (o chi per essa) guadagna fior di soldi - 0.75 centesimi di euro - per ogni Televoto.
Pupo, Emanuele Filiberto e Luca Canonici sono da squalificare immediatamente.

venerdì 19 febbraio 2010

SANREMO * MA COME SI FA SENZA «DOPOFESTIVAL»?

Sarà autolesionismo, sarà che al Pippone ormai ci avevamo fatto il callo, ma come si fa a cucinare un Sanremo senza Dopofestival? E come lo cucinava lui, Baudo da Militello, con i suoi anatemi, con le polemichette montate ad arte, non l’ha mai cucinato nessuno. Non c’è Clerici (e neppure Bonolis, perché in fondo non ci crede) che tenga. Con un po’ di sangue e una spruzzata di democristianissimo volemose bene, altrimenti i discografici – lo sai - vanno in paranoia. Un Sanremo senza Dopofestival è come un Santoro senza Travaglio: manca la manciata di pepe. E pazienza se va in onda all’una di notte e finisce alle tre e mezza di mattina. Una volta l’anno, si può fare.
 
Ora che mettiamo in archivio gli amabili resti del Sanremo dell’austerity (la depressione che regna nel Paese si combatte a colpi di canzonette), pensate che cosa avrebbe potuto combinare Pippo al Dopofestival con l’eliminazione e il ripescaggio del terrificante pezzo di Pupo, Emanuele Filiberto e Luca Canonici, «Italia amore mio», fischiato dal pubblico più di Jennifer Lopez e Michelle Rodriguez nude davanti al Casinò. Peccato. Peccato persino per l’assenza dei pur inflazionati Gialappi. Quest’anno a Sanremo è mancato il controcanto.
In compenso Simone Cristicchi ha firmato lo sferzante, stordente controcanto a tutto il sistema Italia, regalandoci con «Meno male» la perla rara di questa edizione. Tanto di cappello.

giovedì 18 febbraio 2010

SANREMO * LA CLERICI «LA DA'» E IL FESTIVAL NON CROLLA

«Chi trova una boscaglia, chi trova una radura». La perfetta sintesi firmata Paolo Bonolis – quello che un po’ di boscaglia l’aveva trovata - fotografa mirabilmente la situazione di questo Sanremo 2010 sotto il profilo dell’Auditel. Mediaset ha rinunciato completamente a controprogrammare, e la diga del Festival sinora ha tenuto. Non solo al debutto, ma anche in occasione della seconda serata, bastava scarrellare durante il festivalone sulle reti della concorrenza per trovare suppergiù il deserto dei tartari. E la simpatica Antonella Clerici, burrosa e solare, taglia 42 ma soltanto di piede, giustamente, gongola.

Il suo Sanremo non è memorabile sul profilo della conduzione e delle trovate autorali, con pochi guizzi e tanta approssimazione. Ma ha un grande pregio: quello della brevità. Si passa velocemente da un concorrente all’altro, da un ospite al successivo, ed entro mezzanotte e mezza tutti a nanna. Antonella è talmente garbata – a volte persino spaesata - che le si perdona pure qualche gaffe, studiatissima, nei momenti di impasse, come quel «Io la do» (si parlava della pubblicità, ovviamente) che sta già facendo epoca. Le si perdona persino il tentativo di mettersi goffamente a ballare il can can, vistosamente inadeguata alla bisogna. Ma queste cose, si sa, fanno simpatia. Così come quando la casalinga Antonella, addobbata come la signorina Silvani al Capodanno di Fantozzi, intervista la principessa Rania Di Giordania: spremuta di classe in sciccosissimo Armani. Peccato che alle loro spalle i tre tenorini intonassero «'O sole mio» in onore della nobildonna, impegnata a fare «buon viso a cattivo gusto», come dice l'amica Silvia Bruciamonti. Una pagina trash difficilmente dimenticabile.
Intanto, per fortuna, è passato l’incubo Antonio Cassano. Quello del quale la Clerici dice: «È uno di noi». Noi, chi? Antonella, ti prego, al limite parla per te.

mercoledì 17 febbraio 2010

SANREMO, LE PAGELLE * IL MIGLIORE? CRISTICCHI. I PEGGIORI? PUPO E SOCI

IRENE GRANDI (“La cometa di Halley”) = Smagrita, vagamente dark, deve avere litigato col truccatore, che le ha lasciato gli occhi pesti. Eppure il pezzo c'è, parole e musica. Voto: 7.


VALERIO SCANU (“Per tutte le volte che“) = L'amico di Maria ha il testo che merita: adolescenziale, parole in libertà. Sembra scritto dal figlio di Federico Moccia: e scusa se ti chiamo canzone. Purtroppo non si stacca dall'ordinario. Voto: 5/6.


TOTO CUTUGNO (“Aeroplani”) = Brano pulito, classicamente sanremese, il romantico brodo primordiale nel quale Toto sguazza da anni. Voto 6.


ARISA (“Malamorenò”) = In tutta “Sincerità”, era meglio prima. Rosalba Pippa punta ancora sull'orecchiabilità, con qualche accenno inusuale per svecchiare. Ma non bastano le nuove sorelle Bandiera (ora Marinetti) a far primavera. Voto: 6/7.


NINO D'ANGELO (“Jammo Jà”) = Prendete un napoletano e dategli una canzone (più che onesta, come questa), e vi solleverà il mondo. Un bel ritorno per Nino, che canta con una monumentale madonna nera. Tale Maria Nazionale. Esportazione morbida? Voto: 7.

MARCO MENGONI (“Credimi ancora“) = Un po' Piero Pelù, un po' Farinelli, arriva con un buon pezzo, che sfrutta l'indubbia duttilità vocale del vincitore di “X-Factor”. Voto: 7.5

SIMONE CRISTICCHI (“Meno male”) = E' l'impegno di questa 60' edizione del Festival. Satira piuttosto spietata sul gossip dilagante e il vuoto a perdere della società dello spettacolo. Buona canzone (farà strada) fra il rap e il proclama, ottimamente arrangiata e dal ritornello che non si dimentica. Comprensibile che Carla Bruni se la sia data a gambe, anche se non era lei il vero bersaglio. Voto: 8.


MALIKA AYANE (“Ricomincio da qui”) = Ma era meglio ricominciare da un altro brano, possibilmente meno piatto. L'adenoidale della canzone italiana stavolta (non) ha colpito ancora. Aridatece la Vanoni. Voto: 5/6.

PUPO-EMANUELE FILIBERTO-LUCA CANONICI (“Italia amore mio”) = Ma com'è che Pupo ogni anno riesce a estrarre magicamente dal cilindro un'agghiacciante cazzata da proporre al Festival? Questa, peraltro, riesce a essere peggio del solito, in una virtuosa associazione a delinquere col principino Savoia (che farebbe meglio a cantare solo sotto la doccia) e un tenore sinora non pervenuto. Retorica e luoghi comuni come se piovesse. Mino Reitano, proteggili da lassù. Voto: Non Classificabile.

ENRICO RUGGERI (“La notte delle fate”) = Le donne da sempre sono il chiodo fisso del vecchio rouge, all'Ariston con un pezzo discreto. Ogni tanto ci riprova, ma di certo non è più quello degli anni d'oro. Voto: 6/7.

SONOHRA (“Baby”) = Un po' di voce c'è, la canzoncina rockeggiante pure. Che cosa si può chiedere di più agli emo-derivati? Voto: 6.5.

POVIA (“La verità”) = E' decisamente meno peggio del previsto l'omaggio (chiamiamolo così per essere buoni) di Giuseppe, il cronista della canzonetta, alla povera Eluana Englaro. Il testo riesce miracolosamente a evitare tanta retorica, e il sound è potente. Insopportabili invece le furbe mossette da mimo de noantri. Voto: 7.5.

IRENE FORNACIARI E I NOMADI (“Il mondo piange”) = Bella voce ma il pezzo non sa di niente, neppure di Zucchero. “Vorrei capire perché il mondo piange”, canta ossessivamente Irene. Semplice: perché ha ascoltato la canzone. Voto: 5.

NOEMI (“Per tutta la vita”) = Da una voce così, ci si aspetta molto, molto di più di una cosetta che passa inosservata come la conduzione. Voto: 6.


FABRIZIO MORO (“Non è una canzone”) = Anche lui gioca, come sempre, la carta dell'impegno. Stavolta esorcizza l'incomunicabilità e il chiudersi nel guscio del nostro vivere dissociato, in un rap modificato geneticamente. Ci può stare. Voto: 6/7.

lunedì 15 febbraio 2010

ADDIO GIAN, SILVIO BERLUSCONI TI DEVE MOLTO

Silvio Berlusconi deve molto a  Ric & Gian. Sembrerà strano, ma è così. La morte di Gian Fabio Bosco, 73 anni, gran signore e inarrivabile spalla del cabaret italiano, dovrebbe dispiacere soprattutto al Cavaliere, che ha attinto a piene mani da quella Antenna 3 Lombardia che fu la fucina dei talenti, l’officina creativa della nascente tv commerciale italiana. Da lì è nato tutto, persino gli umori bossiani e il vento leghista che poi ha spazzato l’Italia.
Tra «La Bustarella» di Ettore Andenna, «Il pomofiore» di Lucio Flauto, le incursioni di Enzo Tortora, le scemate di Boldi e Teocoli, il fragilissimo «Bingo» di Renzo Villa (che non era granché, ma mandalo via tu il direttore di rete…), facevano capolino le gag da avanspettacolo di Riccardo Miniggio e Gianfabio Bosco, «Ric & Gian show», ripescati dopo ingiusto oblio. Valanghe di spettatori per serate fiume riempite fra risate, sponsor, sketch, giochi di rimpallo nel mitico Studio 1, «Il più grande d’Europa», dicevano con orgoglio. Ed era tutto vero. Li avesse misurati l’Auditel, quei programmi, avrebbero sbancato. La battuta grassa di Ric servita su piatto d’argento da Gian, che lo portava pian piano a risolvere la situazione grottesca, il calembour, la farsaccia. Storie di corna che facevano la felicità del mobiliere di Cantù, del muratore bergamasco, del vinaio oltrepadano. Sketch che dovevano durare 20 minuti portati improvvisando a 40 per agguantare il blocco successivo di pubblicità. Epici momenti per chi nel Nord Italia tirava tardi davanti alla tv scoprendo il bello della diretta.
Silvio Berlusconi annusò l’aria e capì che quel ben di Dio – fra una puntata di «Dallas» e l’altra - era tutto da comprare. E anche Ric & Gian, così come Baudo, Carrà, Corrado, Vianello e Mondaini, finirono nel carnet di ballo del Cavaliere. Lo show non ebbe grande successo (loro erano soprattutto tipi da diretta, o almeno così la gente si era abituata a percepirli), e lui li parcheggiò. Al culmine del successo. Come aveva fatto in casi analoghi. E loro ne soffrirono, naturalmente. Ma erano le crude leggi del mercato: sempre meglio da noi in panchina, che da mamma Rai o dalla concorrenza.
Ciao Gian, mi hai fatto tanto ridere.


P.S.
Ma il bizzoso Ric (che pare si facesse cotonare i capelli da un «intrecciatore» personale venuto da chissà dove), che fine ha fatto?

venerdì 12 febbraio 2010

SANREMO * RISCHIA GROSSO IL FESTIVAL DELLA CLERICI

«Il mio sarà un Festival pieno di eroticismo». Ha detto proprio così, la matronale Antonella Clerici, ieri notte a «Porta porta», durante un confuso spottone di rete firmato Bruno Vespa: «eroticismo». Ecco, non so se ci sarà eroticismo nel Sanremo firmato da Antonellona nostra, che per giocarsela – oltre a viaggiare sempre col gran balcone fiorito - ha reclutato personaggi come Dita Von Teese e Jennifer Lopez. Di certo sarà un grosso rischio per lei. Un triplo salto mortale con carpiato.
I vip reclutati defezionano di giorno in giorno (dopo Bill Clinton, oggi anche Raoul Bova ha dato per molto improbabile la sua ventilata partecipazione), e lo spettro del flop si materializza. Complice un cast ben poco rilevante, e canzoni che gli addetti ai lavori già definiscono di scarso livello. E se consideriamo che una fetta ampia del pubblico, quella giovane, Sanremo manco lo considera, forse vale la pena che Antonella si tenga ben stretta al maniglione antipanico del suo Eddy Martens.
L’ipotesi più probabile – a pochi giorni dal debutto - è una prima serata, martedì, con numeri di audience accettabili, vista la curiosità iniziale e la buona composizione del parterre ospiti, e un pesante crollo Auditel già dalla seconda serata. Dopo «La prova del cuoco», vuoi vedere che Antonella si è andata a cercare una personalissima «Prova del fuoco»?

giovedì 11 febbraio 2010

HAITI * SI CHIAMA «NO PROFIT BAND» IL LIVE AID DE NOANTRI

La gente di Haiti continua a soffrire e da noi torna di moda il Live Aid. Quello all’amatriciana, naturalmente, ma tant’è. E anche se la beneficenza fatta in questo modo lascia di solito un po’ perplessi (i progetti che nascono in Italia dopo le catastrofi hanno spesso l’aria di essere una comoda vetrina per personaggi decotti e per agenti a caccia di visibilità), voglio segnalarvi questo nuovo  «Haiti è qui», della No Profit Band. In modo che possiate farvi un’idea da soli.
I proventi del brano, scritto da Alberto Lagomarsini e Max Marcolini, vanno alla popolazione colpita dal sisma tramite l’agenzia Agire, appositamente costituita per gli interventi post terremoto.
La Stars Management di Paolo Chiparo si è fatta carico di riunire tutte le star nostrane. Questo è il  link del sito della No Profit Band. E se voi avete contribuito spedendo sms, oppure bonifici alla Croce rossa o a Medici senza frontiere, non preoccupatevi. Un po’ vi capisco.


Ecco l’elenco della maggior parte degli artisti che hanno partecipato al progetto No Profit Band: Alessandra Sorcinelli, Andrea Roncato, Benedetta Zilli, Beppe Convertini, Claudio Chiappucci, Cristiano Angelucci, Davide De Marinis, Dodo, Dott. Felix, Emanuela Tittocchia, Edoardo Raspelli, Fernando Proce, Gabriele Belli, Giancarlo Lombardi , Guillaume Goufaun , Iaia De Rose , Iuliana Ierugan, Ivan Errichiello alias Devil, Lea Veggetti, Marco Mazzanti, Marco Predolin, Mary Carbone, Maurizio Mattioli , Milo Coretti, Mirella Sessa, Natalia Angelini, Pasquale Laricchia, Patrizia Hnatek, Regina, Solange, Stella Samantha Discolpa, Stefano Tacconi, Thiago Barcelos, Thomas Biagi, Mandi Mandi, Tommaso de Mottoni, Valeria Sorli, Valerio Merola, I Vernice.
 

Se ne riconoscete più del 50%, siete i mejo fighi del bigoncio.

«AMICI» * DOPO «SFIDA» ARRIVA «9», CON LO ZAMPINO DI BIAGIO

Esce domani per Sony Music “9”, nuovo album dei ragazzi di “Amici di Maria De Filippi”.
Un lavoro che promette di raccogliere il testimone di  “Sfida”, la raccolta uscita il 27 novembre scorso, che ha venduto oltre 130.000 copie. “9” contiene 10 tracce di cui 8 inedite, e  tra gli autori c'è Biagio Antonacci, che firma testo e arrangiamento di “Ragazza occhi cielo” cantata da Loredana Errore.

Ci sono poi due brani di  Francesco Tricarico: oltre a “La promessa”, cantata da Matteo Macchioni, unico allievo di canto lirico della scuola (la parte orchestrale della canzone è stata registrata presso gli studi più importanti al mondo, gli Abbey Road Studios, dove hanno lavorato, tra gli altri, i Beatles, i Queen e i Pink Floyd), ecco “Libera nel mondo”, cantata da Enrico Nigiotti sulla melodia scritta da Daniel Vuletic, già autore per Laura Pausini. 

Oltre all’energia di Emma Marrone in “Meravigliosa”, pezzo scritto a quattro mani da Antonio Galbiati e Fortunato Zampaglione, Pierdavide Carone si fa notare in “Superstar”.
Le altre voci protagoniste di “9” sono quelle di Anna Altieri in “Lonely”, brano scritto appositamente per questo disco da Pixie Lott, Angelo Iossa in “Why can’t I” e Davide Flauto in “Dentro di te”.

Si chiude con “Satisfaction” dei Rolling Stones, interpretata dalla squadra Bianca, e di “Imagine” di John Lennon, eseguita dalla squadra Blu.

mercoledì 10 febbraio 2010

E FORZA «VISITORS» (IL REMAKE), CHE SIAMO TANTISSIMI...


«V», il remake del mitico «Visitors» (telefilm di culto trasmesso da Canale 5 nel 1985), ha debuttato lo scorso novembre negli Stati Uniti con un boom di ascolti, “invadendo” le case di 14 milioni di americani, risultando così la miglior première di ABC dai tempi di Lost.

La serie, che per il momento è composta da 4 episodi (ne sono previsti 13 in totale per la prima stagione), arriverà in Italia su Joi (digitale terrestre Mediaset) a partire da giovedì 4 marzo, in prima serata, a 25 anni dalla prima messa in onda italiana. Tra i protagonisti ci sono Scott Wolf (The Nine), Elisabeth Mitchell e Morena Baccarin (Lost) e (Dirt).

“Non abbiate paura, non vogliamo farvi del male”, è la frase pronunciata da Anna, leader del popolo di nuovi Visitors, che annuncia lo sbarco in pace degli alieni sulla terra. E come non crederle? Anna è una “donna” affascinante, si presenta agli abitanti della terra vestita come una manager, una tutta d’un pezzo che per annunciare “l’invasione” comunica attraverso giganteschi megaschermi dalle astronavi e indice conferenze stampa per trasmettere al mondo il suo messaggio di pace. Come il partito dell’amore: Silvio e Bondi non potrebbero fare di meglio.
Sì perché in questo remake della Warner Bros per Abc, i “Visitors” non sono travestiti da esercito d’occupazione ma indossano abiti borghesi e comunicano con le più moderne tecniche di marketing. Utilizzano il mezzo televisivo per diffondere il loro messaggio e ne sono perfettamente padroni.

Per interpretare il ruolo di una modernissima leader degli extraterrestri, è stata scelta l’attrice brasiliana Morena Baccarin al posto di Famke Janssen (Nip/Tuck, X-Men) che aveva rifiutato la parte in precedenza. Classe 1979, nata a Rio De Janeiro e figli d’arte, sua madre è l’attrice televisiva Vera Setta, Morena è alla sua prima parte veramente importante per la quale ha stravolto completamente il look, capello cortissimo, incarnato diafano e occhioni scuri da cerbiatta.
Nel rinnovato cast c’è anche Elisabeth Mitchell (Juliet Burke nella serie Lost), un agente dell’Homeland Security con un figlio problematico, Tyler (interpretato da Logan Huffman). Sarà lei a scoprire che gli alieni hanno in realtà messo a punto un piano per infiltrarsi sapientemente nei governi e nelle economie mondiali e arrivare così a dominare il genere umano. Erica, nei panni che furono di Mike Donovan (interpretato da Marc Singer nella serie originale) entrerà nel movimento di resistenza clandestino e dovrà trovare un equilibrio tra la sua vita sottocopertura e il bisogno di salvare suo figlio, ormai alleato del nemico. Tra gli altri personaggi, c’è anche Scott Wolf nei panni del giornalista Chad Decker che sarà il primo a cui l’aliena Anna concederà un’intervista one-to-one per farsi conoscere dal grande pubblico. Un po’ come fanno i politici per raccontarcela.

I fans dei «Visitors» old style dovranno dimenticare la perfida lucertola Diana, al secolo Jane Badler, ora affermata (o affamata? Se non ha perso il vizio…) cantante.

MORGAN * UN PAGLIACCIO NEL SANREMO DEI CIALTRONI (E LA RAI SMENTISCE)

È finita come poteva finire solo in un Paese senza vergogna come questo. È finita che il «pagliaccio» Marco Margan Castoldi, non solo si farà Sanremo (o si farà anche a Sanremo? Questo è da vedersi), ma lo farà con la massima visibilità possibile: 20 minuti di intervista stile eroe caduto (ricordate Mike Tyson con Paolo Bonolis?), con il vincolo poter di cantare anche la propria canzone, «La sera», per dare una parvenza di artisticità alla colossale bufala imbastita a danno dei media e del pubblico. Lo scoop è di Repubblica, anche se la Rai al momento smentisce ancora.
Ecco l’escamotage trovato dalla Raiuno di Mauro Mazza e dal Sanremo di Gianmarco Mazzi per salvare la capra – i peli sul mento ci sono tutti - e i cavoli dopo la plateale, netta esclusione del «drogato», dell’esaltatore del crack come antidepressivo e dunque del cattivo esempio per i ragazzi. Il cattivo esempio, il duro, lo spaccone – lo stesso che ha dato un’intervista, l’ha smentita, è andato a piagnucolare da Vespa a Porta porta dicendo che Sanremo non gli interessava più e che ora ci va ponendo addirittura condizioni - non solo avrà la ribalta del Festival, ma la avrà con un incredibile cono di luce personale puntato addosso. Altroché punizione, qui siamo all’esaltazione. Roba da far impallidire persino il povero  Povia, che con una canzone su Eluana Englaro pensava di aver messo a segno il colpo più grosso alla diligenza della comunicazione.
Una vergogna, direbbe qualcuno, se in Italia non ci fossero motivi migliori per vergognarsi di cialtronate come questa. La Rai e l’opinionista di «X-Factor», il finto poeta maledetto che riesce sempre a fare rima con cassetto (il proprio), la dignità ormai l’hanno persa. Ma forse la dignità non è più di questo mondo. Dello spettacolo, s’intende.
Fossimo nella povera Antonella Clerici, non saremmo troppo tranquilli: Morgan rischia di essere l’unico, pretestuoso, motivo di interesse di un Festival che nello Stivale sta suscitando meno attesa delle previsioni del tempo sull’Oceania.

martedì 9 febbraio 2010

AVATAR * LA MODA DI PARLARNE MALE

Nel sottosuolo del pianeta popolato dagli indigeni buoni come il pane c’è tanto di quel minerale prezioso che ci puoi risollevare l’economia del mondo intero. Gli avidi terrestri mica hanno il fegato di spingersi in quello schifo di foresta con i rinoceronti a testa di pesce martello e gli uccelloni volanti incrociati con i dinosauri. Allora arruolonano un marine che, poveretto, si muove su una sedia a rotelle ma è scaltro come una faina. Prende il suo avatar, che può camminare, e lo infiltra nel villaggio per carpirne i segreti, agli ordini di un sergente di ferro che neanche in Ufficiale e gentiluomo. Strada facendo, vuoi che non si innmori della bella cavallona aliena, figlia del capo villaggio (no, non siamo in Alpitur) e di mamma sciamana? Ora sono cavoli amari, ragazzo mio, perché il sergente ha capito che fai il furbo e vuoi salvare i tuoi amici dalla pelle blu. Come minimo una grandinata di fuoco dagli elicotteri non te la leva nessuno. Devi essere proprio in gamba (ops, scusa, gaffe imperdonabile) per salvare la situazione




D’accordo, non è un capolavoro. Nonostante il gran clamore, non è uno di quei film che resteranno scolpiti nella memoria. D’accordo, impasta bellamente richiami, scopiazzature e citazioni, da Balla coi lupi a Top Gun, passando per Alien, Abyss, Apocalypse Now e quant’altro; un amico ne ha individuate una quarantina. Ok. Però questa moda di dare addosso al povero «Avatar», proprio non la capisco. James Cameron ha firmato un kolossal degno di rispetto, sia in versione standard che nella tanto reclamizzata 3D. Una gioia per gli occhi, un film per oculisti avveduti, con buone dosi di ritmo e vigorose scene di massa. Non è originalissimo, ma quante boiate americane ben peggiori di questa, abbiamo già rimasticato?
Attenzione a farsi disinfettare gli occhialetti da restituire all’uscita dopo aver lasciato tanto di carta d’identità come cauzione. Gli occhiali 3D a prova di microbo pare siano l’ultimo grave problema nazionale da risolvere. Forse con un decreto legge.

lunedì 8 febbraio 2010

«L'ISOLA DEI FAMOSI 7»: UN CAST PIENO DI BUSI

Anche se non mi appassiona particolarmente la falsa polemica montata da Loredana Lecciso, che ogni due giorni minaccia – e ovviamente poi si rimangia l’idea, fra il terrore generale - di non partecipare a «L’isola dei famosi 7», al via il 24 febbraio su Raidue dal Nicaragua, sarà il caso di dare un’occhiata al cast dell’edizione 2010 del reality di Simona Ventura. Quest’anno Giorgio Gori e soci, in quel di Magnolia, non sembrano aver fatto miracoli. Aldo Busi a parte. Ma un figo e due grandi topolone di complemento, potrebbero salvare la partita.
SANDRA MILO: Ma esiste ancora? Da Federico Fellini a L’isola dei famosi il passo non dev’essere brevissimo. E comunque per una naufraga poter dire «E la nave va», non è da poco. Sperando che la prua non si scolli. Sulla poppa, abbiamo già dato.

FEDERICO MASTROSTEFANO: È un ex tronista di «Uomini e donne», tra i fighi più accreditati. Dopo Maria De Filippi, dovrà sorbirsi le filippiche di Busi. E forse non soltanto quelle. Noci di cocco a portata di mano.

NINA SENICAR: 25 anni, serba, bellissima, la favorita di Ezio Greggio dice che avrebbe partecipato anche gratis. Ha grinta da vendere, e si spera finisca col tirarsi le extension con qualche collega invasata. È uno tra i pochi motivi validi per pagare il canone.
CLAUDIA GALANTI: 28 anni, del Paraguay, altra rispettabilissima gnoccolona già vista a «Scorie», dopo essere stata con Stefano Ricucci, sulla terra non dovrebbe più patire per nulla. Se esiste una giustizia.
CLARISSA BURT: Una bella vagamente sfiorita ci vuole sempre, in qualsiasi cast dell’isola che si rispetti. L’americana ha intelligenza e carattere. Potrebbe stupire.
SIMONE RUGIATI: È un giovane chef tutto da scoprire. Potrà sbizzarrirsi nella preparazione di tutte le varianti possibili di riso in bianco.
LUCA WARD: Attore e doppiatore, è la calda voce di Russell Crowe, assente per cause di forza maggiore. Da anni vuole sfondare a tutti i costi anche come volto, sulla scia del collega Pino Insegno. I risultati – al momento – sono discutibili. Il sogno è sentirgli pronunciare: «Al mio segnale, scatenate Loredana Lecciso».
LOREDANA LECCISO: Dice che partecipa per potersi liberare dall’angoscia del trucco e parrucco. Detto da una che da tutta la vita non pensa ad altro, ritocchini compresi, non è male.
DENIS DALLAN: Un rugbista macho che vuole diventare tenore. Con l’aria che tira in Nicaragua, occhio alle stecche. Vedi alla voce Mastrostefano.
ALDO BUSI: L’autore di Sodomie in corpo 11, dopo la boccata d’ossigeno ad «Amici», minaccia di stravolgere fra accenni colti e litigi senza pietà l’economia isolana. Nel cast di quest’anno, con tanti che non sanno leggere, almeno uno che sa scrivere ci voleva.
ROSSANO RUBICONDI: L’undicesimo naufrago. Era in gara l’anno scorso, stravoluto (ma proprio voluto voluto) da Simona Ventura. L’ex marito di Ivana Trump torna quest’anno come inviato. Voluto, ma proprio stravoluto indovinate da chi? Ecco.

venerdì 5 febbraio 2010

MORGAN «PORTA A PORTA»: IL CRACK DEL MARCO AMBROSIANO

Il pentimento di Marco Morgan Castoldi, ieri notte a «Porta a porta», è durato il battito d’ali di una farfalla. Più di tanto, del resto, il ragazzo non riesce a dare. Non può dare.
Milanese, spaccone (di quelli che forse non sarebbero piaciuti al compianto Guido Nicheli, il cumenda cinematografico per eccellenza), Morgan è così: un concentrato di narcisismo, egocentrismo, instabilità e indubbia intelligenza. Che spesso si diverte a buttar via senza ritegno ritenendo il proprio talento incommensurabile.
E hai voglia a citare Jimy Hendrix, Jim Morrison, Janis Joplin, persino il nostro Vasco Rossi come simboli dell’Arte – con la maiuscola - traviata dalla tossicodipendenza. Se in fondo alla lista metti il nome del signor Castoldi, il castello non regge. Hai voglia a inanellare supposte liste di proscrizione (Franco Califano, Fiorello, Walter Chiari, Paolo Calissano, Emanuele Filiberto di Savoia), o a citare esempi letterari (Rimbaud, Baudelaire). Se in studio c’è Morgan che prima si inumidisce gli occhi e poi ridacchia e cialtroneggia, come sempre, alla fine non ci credi più di tanto. Alla fine ti rendi conto di essere tu stesso parte dell’ennesima pagliacciata all’italiana. Con il rocker presunto maledetto (ma perfettamente integrato nel sistema) che con questa promozione sa di aver vinto l’equivalente di 10 Sanremo. E la Rai che con padre Vespa officia una messa del perdono capace di sbancare l’Auditel.
Con Don Mazzi chierichetto, Livia Turco (la pia donna piangente) e un’insopportabile Claudia Mori che seguita a ripetere che la Rai ha sbagliato a dare al cattivo ragazzo l’esemplare punizione sanremese. «Non siamo ipocriti». No, cerchiamo di non esserlo. Ma vediamo di non essere neppure troppo perdonisti, perché i cattivi esempi, si sa, fanno proseliti.
Speriamo tanto che ora la telenovela sia finita davvero. Qualcuno, per festeggiare, forse si farà una canna.

giovedì 4 febbraio 2010

MORGAN RIAMMESSO A SANREMO? CIALTRONATA ALL'ITALIANA. LUI: «ORA NON VADO PIU'»

Dopo la tragedia, la farsa.
L’ennesima, grande pagliacciata all’italiana si è consumata a Viale Mazzini. Di fronte agli autorevoli nei di Bruno Vespa (quello che somiglia alle Gocciole, i biscotti per la colazione sfornati da Pavesi) Marco Morgan Castoldi ha ricevuto il perdono di Mauro Mazza, di Sanremo, dell’Italia tutta.
Dopo il botto dell’esclusione dal Festival, insomma, la riammissione del cattivo ragazzo che dice di voler iniziare un regolare cammino di recupero e di redenzione. Questa è l’ultima volta, giurin giuretta. Specchio riflesso. Sto in castigo e taccio.

Da questa storia escono male tutti: la Rai, che aveva preso una giusta decisione punendo il modo esemplare l’esemplare cattivo esempio dato dal cantautore reo di aver esaltato in un’intervista le doti antidepressive della cocaina. E ne esce male lo stesso Morgan, il maledetto a gettone. Il duro e impuro emulo di  Baudelaire ma con la data di scadenza impressa sulla cresta incanutita. Faccio il cattivo para-guru solo finché vedo che funziona il giochetto. Se butta male, mi pento, cristianamente, e buonanotte ai suonatori. Vuoi che non mi perdonino? Massì, che mi perdonano. Male che vada, l’Italia intera avrà parlato di me e otterrò la più grande esposizione mediatica mai avuta in vita mia. Cosa che potrebbe fare anche gran bene al Sanremo di Antonella Clerici. Che si annuncia traballante assai.

L’unico rammarico è che il povero Enzo Biagi se ne sia andato qualche anno fa: Morgan, anziché a «Porta a porta», avrebbe potuto andare a pentirsi al «Fatto». Nomen omen.

ULTIMORA:
NONOSTANTE L'ASSURDO RIPENSAMENTO DELLA RAI, DURANTE LA REGISTRAZIONE DELLA PUNTATA DI PORTA A PORTA, MORGAN HA RIFIUTATO L'INVITO A RIENTRARE NEL CAST DEL FESTIVAL (SAREBBE IL SUO PRIMO ATTO DI COERENZA NEGLI ULTIMI TEMPI), DICENDO: "CI TENEVO TANTO, MA ORMAI SANREMO NON MI INTERESSA PIU'".
SARA' DAVVERO FINITA LA TELENOVELA? 

MORGAN E LA COCAINA FREE BASE: QUELLA CHE COSTA POCO

Il caso Morgan (e quella singolare espressione «fumare cocaina») ha fatto balzare prepotentemente agli onori delle cronache parole come crack o  cocaina free base.  Si tratta di una sostanza stupefacente derivata della cocaina stessa e diffusa inizialmente in America negli Anni 80. I cocoainomani abitualmente la chiamano: base, rock, raw, cotto o cookies.
Viene ricavata attraverso vari processi chimici  e assunta inalando il fumo generato da cristalli bianchi, gialli o rosa pallidi surriscaldati in pipe di vetro realizzate appositamente, oppure ricavate tra i giovanissimi in bottiglie di plastica modificate o lattine.
È la forma più potente (ma anche più pericolosa perché induce dipendenza e rapida assuefazione psicologica) di cocaina: ha una purezza che va dal 75% fino al 90-95%.  Può aumentare, a detta degli esperti, gli istinti violenti e disinibire i centri di controllo del sistema nervoso centrale .. Può portare alienazione sociale, comportamenti asociali e aggressivi. In genere entra in circolo nel giro di appena 3-4 minuti. Inizialmente dà vivacità, forza, scioltezza comunicativa, e il senguito lascia spazio a depressione, apatia e stati paranoici, insonnia e tachicardia, nervosismo e rirritabilità.
Mentre la cocaina è la cosiddetta  droga dei ricchi per via del suo alto costo, il crack, o cocaina free base, viene venduto ad un prezzo così basso che anche gli adolescenti – almeno inizialmente – possono permetterselo. Poi in realtà aumenta l'assuefazione e il prezzo da pagare diventa insostenibile. In tutti i sensi,

mercoledì 3 febbraio 2010

MORGAN, DURA LA VITA DELL'OSSIMORO VIVENTE

Il vecchio slogan “Fatti, non parole” va in soffitta. Perché qui abbondano sia i Fatti (fattissimi, fumati direi), che le parole. Fiumi. Comprese queste, chiaro.
Il problema del signor Marco Morgan Castoldi non è tanto la squalifica da Sanremo, che fa parlare e (forse) vendere di più. Il suo problema non sono tanto i «cumuli di roba e di spade», per dirla con Max Pezzali. Il problema è che Morgan vive anzitutto in un grande equivoco: crede – nel profondo - di essere un novello Mozart, ma la cosa purtroppo al momento non è affatto dimostrata.
Tutto il resto, viene da sé. Chi conosce il para-guru di «X-Factor», nell’ambiente musicale, dice che vive in un perenne stato di ciclotimica bibolarità. Passa da stadi up a ingestibili momenti down. Per forza, se ti fai dichiaratamente di cocaina, crack e quant’altro, vorrei ben vedere, dirà il lettore. Ecco, Morgan si faccia pure di quel che gli pare. Cerchiamo di non essere inutilmente moralisti e apprezziamo almeno l’onestà della sua confessione, figlia senz’altro di un momento euforico. Magari poi sarebbe carino che non smentisse le interviste (registrate, ribadiscono i colleghi di “Max”) che ha rilasciato, una volta visto il devastante effetto che fanno. Sia lo scapigliato Morgan fino in fondo, insomma.
Per lui avevo coniato una definizione che forse lo fotografa discretamente: il coglione intelligente. Sì, Morgan è un ossimoro vivente.
Così coglione quando bulleggia a ruota libera  credendosi il braccio destro di Dio e soprattutto sottovalutando la perversa suggestione delle sue parole su alcune menti più fragili.. Così intelligente quando guasconeggia, dimostrando eloquio fluente, senso dello spettacolo e competenza musicale.

P.S.
Ma Alessandra Mussolini che chiede il test antidoping per tutti i partecipanti al Festival e Don Gelmini che vorrebbe sostituire Morgan nel cast di Sanremo con un ragazzo della sua comunità di recupero, hanno qualche problema di fumo passivo?

martedì 2 febbraio 2010

GLI AUTORI DEL «GRANDE FRATELLO 10» SONO «CRIMINALI»?

Gli autori del "Grande Fratello 10" sono davvero "criminali", come ha detto ieri sera Gad Lerner durante una memorabile puntata de "L'Infedele", su La7? Sono davvero "irresponsabili", come ha suggerito di fronte a un parterre bipartisan di tutto rispetto?
Di certo un programma così non lo si può considerare edificante, ma come mai, pur essendo apertamente criticato da (quasi) tutti, raccoglie comunque un cospicuo seguito ogni lunedì su Canale 5?
Le storie, da quella del "principe" George Leonard (ma poi, chi cavolo è 'sto George Leonard?) in poi sono un misto di trash, burinate, ammiccamenti lesbo-saffici (Sarah Nile e Veronica Ciardi) e sapienti costruzioni a tavolino.
Apertamente sconfessate in diretta persino da Gianna Tani, sino a ieri papessa dei casting di Veline e Letterine Mediaset e ora pronta a sottolineare con forza la diseducatività del padre dei reality show.
Un mondo becero sbattuto in faccia a milioni di persone. Alcune hanno gli strumenti culturali per capire che si tratta di colossali fregnacce; altri, purtroppo, no. E si mettono in coda alle selezioni per la prossima edizione andando a ingrossare le file di questo cialtronificio a cielo aperto. Alimentando illusioni e fabbricando a nastro futuri depressi devoti ai triciclici.
Soltanto il primo GF aveva un senso, per la sua genuinità e per la verginità mediatica dei concorrenti, ancora impossibilitati a sapere che cosa li aspettasse fuori dalla Casa. Ora è soltanto un mostro da prima serata. L'unica cosa piacevole resta Alessia Marcuzzi, corroborata dal suo bifidus actiregularis.
Per chi esce dopo mesi e mesi di reclusione, a parte qualche ospitata in discoteca (poche, ormai) una sola certezza: apparire dalla D'Urso a "Domenica 5". 
Se ci pensi, ne vale davvero la pena?

lunedì 1 febbraio 2010

MALIKA, «LA PRIMA COSA BELLA» ERA NON CANTARLA

Se Flaminio Maphia fa una canzone "lophia", nessuno dice niente. Nulla da eccepire neppure se Jovanotti si esercita nel suo classico romanticismo furbetto sulle note di "Baciami ancora", per far felice Gabriele Muccino. Ma se una Malika Ayane si permette di straziare, come sta accadendo, "La prima cosa bella" su commissione di Paolo Virzì, bisogna ribellarsi.
Muso lungo e agghiacciante cantilena pret-à-porter, con questa cover Malika sta facendo rivoltare nella tomba I Ricchi e poveri, Brunetta (intesa non come ministro) compresa. Loro la lanciarono a Sanremo nel 1970. Lei la butta via nel 2010.
Da canzone gioiosa che era, un inno alla vita, si è trasformata in un lentissimo lamento peraltro piuttosto trasmesso dalle radio. L'unica soddisfazione sono i dj, che subito dopo l'ascolto in genere chiosano dicendone di tutti i colori alla povera Ayane. La quale si sta forse rendendo conto che "La prima cosa bella" (per tutti) sarebbe stata non incidere quella canzone. "La senti questa voce?" dice una strofa. E come risposta pare di sentire il classico coro da stadio.
Peccato, perché ai tempi di "Come foglie", scritta per lei da Giuliano Sangiorgi dei Negramaro e portata al Festival l'anno scorso, i suoi birignao andavano giustamente a mille. Ora pare il lamento di un muezzin.

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