venerdì 31 marzo 2017

MAGALLI CONTRO VOLPE, ALL'ULTIMO SANGUE: «SAPESTE COME FA A LAVORARE DA 20 ANNI...»

Adriana Volpe e Giancarlo Magalli.
Alla fine ne resterà uno solo, come nelle disfide più leggendarie. 
Lo scontro al calor bianco tra Giancarlo Magalli e Adriana Volpe non conosce soste e diventa sempre più appassionante. Dopo le ultime scaramucce avvenute in diretta e relative all'età di Magalli e la risposta piccata del conduttore, Giuseppe Candela di Dagospia si accorge di un'altra bordata tirata dal volto di Raidue (in una risposta data a un giornalista su Facebook, che riporto qui sotto) alla sua partner televisiva.


Rispondendo a Walter Giannò, che sembra invocare l'epurazione di Magalli da parte della Rai dopo quella di Paola Perego per l'affaire donne dell'Est, l'uomo dei «I fatti vostri» rincara la dose: «Io ce l'avevo solo con lei, non con le donne che ho sempre rispettato e che forse si sentirebbero più insultate se sapessero come fa a lavorare da 20 anni...». Giancarlo, si sa, non le manda a dire, e la polemica con la Volpe è cosa antica: anche nel mio libro, «Il peggio della diretta», ha raccontato un aneddoto relativo a lei. Già in passato su TvBlog non si era mai risparmiato nelle frecciate volpine. Insomma, una convivenza molto, molto difficile. La Volpe rintuzza ogni volta a modo suo. I due, però, non si fermano. E l'impressione è che stavolta, con l'ultima sortita di Magalli, sia arrivata davvero la resa dei conti.
Qui sotto, la risposta di Adriana Volpe a Magalli, che non è tardata ad arrivare, sempre su Facebook. La conduttrice invoca giustizia e pare abbia querelato il collega.



giovedì 30 marzo 2017

FABIO FAZIO: SARO' «PRODUTTORE DI ME STESSO» * E SU TWITTER IL PUBBLICO LO MASSACRA

Fabio Fazio
«In una tv che cambia, bisogna assumersi responsabilità e nuovi rischi. D'ora in poi, ovunque sarà, vorrei essere produttore di me stesso...»
Il messaggio sibillino (più faziesco che fazioso) lanciato ieri da Fabio Fazio sul suo profilo Twitter, ha messo in subbuglio gli addetti ai lavori: la certezza è che mister «Che tempo che fa» vuole autoprodursi, quindi vendere al committente il prodotto finito. Il programma chiavi in mano. Molti hanno interpretato quest'annuncio come una larvata minaccia di lasciare la Rai alla scadenza del contratto (lo ritengo altamente improbabile, Fazio sta bene dove sta e non ci sarebbero realisticamente molte altre collocazioni sul mercato), altri come uno stratagemma per aggirare il tetto di 240.000 euro lordi annui che la Tv di stato dovrebbe mettere per legge dal 1 aprile ai cachet di tutti i volti della Casa (ipotesi, questa, a mio avviso molto più credibile). Fatto sta che Fabio mette le mani avanti con un tweet che dice e non dice.


Ciò che lascia stupiti, piuttosto, è l'impressionante gragnuola di sassate da parte del pubblico che dopo l'annuncio ha colpito il profilo Twitter di «Fazietto» (visitarlo per credere), senza neppure il parafulmine delle lepidezze postribolari (cit.) di Luciana Littizzetto, che ogni settimana gli garantiscono il picco d'ascolto a fine puntata e fanno media con il resto del programma. Insieme ai fan duri e puri si sono mescolati una caterva di detrattori del ligure accondiscendente. Qui sotto, una carrellata di pareri.









mercoledì 29 marzo 2017

SESSISTA E SESSISMO * DUE PAROLE DI MODA CHE ORMAI SONO UN'OSSESSIONE

L'ossessione del sessisimo.
Ogni tanto spunta una parola che diventa ossessione mediatica. Ultimamente, su tutte, vince «Sessismo» col suo derivato «Sessista». Vanno talmente di moda che spesso vengono usate anche visibilmente a sproposito, per la sola gioia di dirle. Oggi tutto è sessismo e sessista. A breve mi aspetto: non ti piacciono i maglioni col collo a V? Sei sessista. Hai chiesto l'ora a un uomo anziché a una donna? Sei sessista, e anche dei peggiori. Credi agli Ufo? Sessista! Non ci credi? Lo sei ancora di più. Farà la fine dell'olio di palma: «Questa merendina è altamente controllata in fase di produzione e priva di sessismo». Lo garantisce la Boldrini.

martedì 28 marzo 2017

«OCCIDENTALI'S KARMA» * MAMME, GAY, HATERS: IL WEB È INVASO DALLE PARODIE

Francesco Gabbani in «Occidentali's Karma»

Da quanti anni, dopo un paio di settimane, non si ricordava più (o si ricordava a malapena) il vincitore dell'ultimo Festival di Sanremo
«Occidantali's Karma» ha fatto il miracolo. L'ironico pezzo di Francesco Gabbani (due dischi di platino e ticket per l'Eurovision Song Contest, per gli amici Eurofestival) non soltanto si ricorda, ma ha generato una pioggia di cloni. Un successo incredibile che è diventato fenomeno di costume. Al di là di ogni più rosea previsione: su YouTube si contano (cliccate qui) almeno 12 pagine di parodie.



Da quella di Favij, «Haters in Italia» (qui sopra, 5,5 milioni di visualizzazioni), forse la più gettonata, dedicata ai suoi detrattori e al bene che gli fanno, ad altre che riguardano mamme, omosessuali, extracomunitari (il classico Dado, fenomeno da cabaret), fidanzati, Pokemon, chiattone, Juventus e dintorni, la Serie A. Persino i PanPers  (qui sotto) con «Incidentati in Panda»: cinque amici in viaggio senza navigatore su un auto scassata col pass per disabili.


Ci sono i bambini di Filling The Music che fanno una semplice, ma molto cliccata e patinata cover, oppure xMurry che la canta dopo aver prima introdotto gas elio (entrambe qui sotto), ma la maggior parte della gente si dedica a rielaborazioni squisitamente personali del testo, sempre su YouTube, spazio creativo-social per antonomasia.




C'è chi canta bene, e con un buon rispetto della metrica, una discreta cura scenografica e del montaggio, e chi propone cose letteralmente imbarazzanti, come una parodia dedicata a Barbara D'Urso.

All'appello mancano soltanto i Beagles, ma non si può mai dire. Insomma, i motivi per mettersi le mani nei capelli (e a volte strapparli con violenza) sono tanti. Ma anche tante, e a volte gustose, le occasioni di divertimento. Di certo Gabbani non avrebbe mai potuto immaginare che il suo pezzo (già di per sé una presa in giro dei nostri tempi schizzati e zen) potesse diventare un cult di questo genere, e figliare parodie su parodie.

lunedì 27 marzo 2017

«IL PEGGIO DELLA DIRETTA» * I DIETRO LE QUINTE DELLO SPETTACOLO RACCONTATI A LATIANO

Franco Bagnasco
Semplicità e voglia di fare cultura e spettacolo con grande cura del dettaglio. C'erano questi profumi antichi nell'aria che ho respirato mercoledì scorso alla Taberna Libraria di Latiano (Brindisi), alla presentazione del mio libro «Il Peggio della Diretta - I dietro le quinte dello spettacolo raccontati dai protagonisti», edito da Mondadori Electa. Appuntamento organizzato da Paolo Legrottaglie e signora e condotto con grande cura dal giornalista Raffaele Romano.
Da sinistra, Raffaele Romano e Franco Bagnasco
«Il peggio della Diretta», ovvero gli inciampi, le gaffes, i problemi più o meno esilaranti vissuti dalla gente di spettacolo e raccontatimi appositamente per il libro li ho snocciolati (un assaggio di alcune storie lo potete trovare nel video della serata, che posto anche qui sotto) davanti al pubblico del centro del brindisino, nel corso di una presentazione che aveva più il sapore di uno showcase. 
Lodovica Legrottaglie con la sua band
Con gli intermezzi musicali della band di Lodovica Legrottaglie, del giovane attore Daniele Barletta, in bilico tra Dario Fo e Cochi e Renato, e le splendide immagini meneghine (la serata era intitolata «Milano da bere») girate da Raffaele De Vivo.
Daniele Barletta
Abbiamo parlato di Al Bano e Romina Power, presenti nel libro con un racconto straordinario, di Paola Perego e Lucio Presta, di Barbara D'Urso, Pippo Baudo, Carlo Conti, Gerry Scotti, Nicola Savino, Claudio Lippi, Marco Baldini, Roberto Vecchioni, Umberto TozziGigi Proietti, Plinio Fernando (la figlia di «Fantozzi), della grande Iva Zanicchi, e di un burrascoso, vecchio incontro fra Teo Teocoli, Massimo Boldi e Silvio Berlusconi.
Alla fine (foto sotto) anche la Chiesa ha dovuto credere a «Il peggio della diretta», disponibile sia in versione cartacea che in eBook, nelle librerie e nei principali store on-line, come Amazon.

lunedì 20 marzo 2017

SCEGLIERE UNA DONNA DELL'EST * LA LISTA DI «PARLIAMONE SABATO» E UNA BUFERA PER NULLA

«Parliamone sabato»: i motivi per scegliere una fidanzata dell'Est
«Le ragazze dell'Est» che cantava Claudio Baglioni nel 1981 non sono più quelle di una volta. C'è stato indubbiamente un upgrade. O un downgrade, chi può dirlo, signora mia? Resta il fatto che Paola Perego ha affrontato l'argomento nel suo «Parliamone sabato», stilando un elenco dei sei motivi che renderebbero invincibile il fascino delle suddette agli occhi del maschio italico, e si è aperta una polemica rovente. Con tanto di scuse da parte del direttore di Raiuno Andrea Fabiano


Paola Perego
La faccenda, di certo un po' sessista, a mio avviso non è particolarmente grave: in fondo non si fa altro che stilare una lista (vedi foto) di consolidati luoghi comuni a volte persino discutibili, come al punto 4: «Sono disposte a far comandare il loro uomo». Bisognava aggiungere: «Per i primi due mesi». Oppure al punto 1. «Sono tutte mamme ma dopo avere partorito recuperano un fisico marmoreo». Postilla: «Ma appena te le risposi ingrassano a vista d'occhio quasi come le italiane e portano in Italia tutti i parenti». Infine, il 6: «Non frignano, non si appiccicano e non mettono il broncio». Peccato che diventino spesso marziali negli atteggiamenti.

Il politicamente corretto a tutti i costi ci ucciderà. Per questo non non mi sento di crocifiggere la Perego. La lista semmai è mancante di alcuni punti, e forse - questo sì - la cosa andava affrontata con maggiore ironia. Comunque, gentilmente, me ne incarti tre.

P.S.
A riprova di quanto detto qui sopra, pare che gli autori del programma abbiano preso la lista andata in onda da un sito satirico: OltreUomo. Riponete i vostri etti (o quintali) di indignazione. 

P.S. 2
Nel tardo pomeriggio è arrivata la notizia che il programma della Perego è stato chiuso da Campo Dall'Orto e Maggioni. Credo sia un provvedimento eccessivo, soprattutto considerando che in video passano cose ben peggiori. A volte di intima e brutale violenza psicologica. Bastavano le scuse. Ma stavolta si è voluto il sangue. E a me resta un tarlo: il dubbio che se «Parliamone sabato» fosse stato condotto da un altro volto, alla fine non sarebbe successo proprio nulla.


giovedì 16 marzo 2017

SI DIMETTE IL PRESIDENTE DEI GIORNALISTI: «NON MI RITROVO PIU' IN QUESTA INFORMAZIONE»

Enzo Iacopino, Presidente dell'Ordine dei giornalisti
Il giornalismo sta male. Parecchio. Tanto che oggi si è dimesso anche il presidente dell'Ordine Nazionale dei Giornalisti, Enzo Iacopino. Ecco il discorso che ha pronunciato e che cosa ha postato sulla sua pagina Facebook al momento di lasciare la carica e traetene le conseguenze. Sembra una resa totale, incondizionata e disarmante. Il suo discorso tocca più punti e fronti, fuori e dentro le redazioni, fra compensi per i collaboratori esterni ed etica di base. Prima di andarsene, Iacopino condivide il suo malessere. Ecco il racconto:

«L'equo compenso, una battaglia dell'Ordine tesa a dare dignità e speranza alle migliaia di "ultimi" di tante età, è morto.
Assassinato da fuoco amico! Da chi ha accettato che si codificasse il prezzo della schiavitù: 4.980 euro (tasse, spese, foto, video, abstract per l’on line) per il lavoro di un anno. Vergogna, non per chi lo impone, ma per chi tra noi se ne è fatto complice.
Il recupero della credibilità della categoria si è rivelato un vero fallimento. Prevalgono un gioco perverso e irresponsabile di opposte militanze, il settarismo, la superficialità, le urla, le volgarità. C’è chi si compiace di galleggiare tra gelati e patate. Perfino la trasmissione di segnalazioni ai Consigli di disciplina territoriali, un atto imposto dalle leggi e dalle norme interne, diventa materia per polemiche, alimentate da "professori del diritto" che si dividono equamente tra analfabeti del diritto e oltre.
Non so dove siano finiti il rispetto rigoroso per la verità e per la dignità delle persone, al quale ci ha richiamato Papa Francesco.
No, non riesco a ritrovarmi più in questo modo di fare informazione.
Il "padrone" non è il lettore, come scriveva Indro Montanelli, ma per alcuni l'interesse a volte personale, il businnes, il burattinaio di riferimento, contribuendo ad alzare barriere, a creare ghetti, ad alimentare un clima che non porterà a nulla di buono per il Paese.
Ho provato, ho tentato di evitare questa deriva legata anche a norme che consentono ad editori improvvisati non solo di maramaldeggiare sfruttando i colleghi, ma di piegare il bene primario dell’informazione ai loro interessi.
Non ne sono stato capace. Scusatemi, se potete. Ne prendo atto e ne traggo, appunto, le conseguenze.
Enzo Biagi sosteneva che l'informazione è come l'acquedotto e si impegnava a non portare acqua inquinata nelle case dei suoi lettori.
Non mi pare sia così. Non è così.
Grazie a tutti, a tutti.
Grazie soprattutto a quanti si asterranno - cito Cesare Pavese, senza ipotizzare le sue conclusioni personali - dal fare pettegolezzi.
Buona fortuna a tutti voi».


martedì 14 marzo 2017

NARCOS * TI HANNO MAI FATTO LA TORTURA DEL GATTO?

La Santa Muerte, patrona dei narcotrafficanti.
Se non sai che cos'è «La tortura del gatto», puoi ritenerti fortunato. Se non sai che cos'è, probabilmente non ti sei mai infiltrato sotto copertura in un cartello di narcotrafficanti boliviani, come ha fatto un coraggioso professionista italiano, Gianfranco Franciosi, che per conto della Polizia tempo fa ha accettato di partecipare a una lunga e rischiosa operazione che ha consentito di distruggere 12 tonnellate di cocaina destinata all'Italia e che vive tuttora con la scorta perché ha avuto a che fare con gente che difficilmente dimentica. «Lo rifarebbe?», gli è stato chiesto. «No», ha risposto con la massima e comprensibile serenità.


Nel mondo Narcos, sia in Bolivia che in Colombia, la tortura del gatto è una cosa frequente, molto semplice da realizzare, con grossa resa e a basso impegno per il carnefice. Si prende un furgoncino di quelli per le consegne di merci, con il piccolo cassone chiuso e senza vetri nella parte parteriore, e si butta dentro, al buio, il malcapitato insieme con un gatto. Poi si inizia a battere forte sul cassone, più e più volte, su tutti i lati, per fare spaventare l'animale, che in men che non si dica diventa una furia graffia e riduce a brandelli il torturato, manco fosse stato aggredito da una tigre. Un'esperienza, pare, terrificante.

Per chi è appassionato di riti e miti della criminalità organizzata, c'è anche il nuovo videogioco di Ubisoft, «Tom Clancy's Ghost Recon Wildlands», dove si parla e ci si incontra spesso con la Santa Muerte, patrona dei narcotrafficanti. Divinità studiata con grande passione da Thomas Aureliani, che non bazzica solo dalle parti di Pablo Escobar e dei suoi emuli, ma segue anche credenze e attaccamenti religiosi riscontrabile anche tra i boss di mafia e camorra, come la stessa serie tv «Gomorra» ha evidenziato. Appoggiarsi alla religione è una costante nelle organizzazioni criminali. Un po' per fingere di ripulirsi la coscienza, un po' per avere maggiore controllo sulla popolazione.



domenica 12 marzo 2017

QUELLE FOTO PERFETTE CHE CATTURANO UN'EMOZIONE

Franco Bagnasco
Due settimane fa, con altri quattro amici, tutti più o meno cinquantenni e quasi tutti più o meno sull'orlo di una crisi di nervi, fra depressioni procurate dal lavoro o da situazioni sentimentali sballate, siamo andati a farci un viaggetto anti-ansia in Inghilterra.
Amo molto questa immagine scattata a Minehead perché per cinque minuti, come un bambino, mi sono sentito molto felice nello spezzare il pane e lanciarlo ai gabbiani, che accorrevano in grande numero. Mentre io, novello San Francesco, parlavo con loro. Una bella chiacchierata.
Dopo la chat con gli uccelli, mi dicono gli esperti, ci sono solo la panca per gli esercizi ordinata con le televendite e la supervisione ai cantieri.

venerdì 10 marzo 2017

PUPO CONTRO RUGGERI: «IO E CUTUGNO ANCORA SPOPOLIAMO NEL MONDO, INVECE LUI...»

I nuovi Decibel con, al centro, Enrico Ruggeri.
Enzo Ghinazzi in arte Pupo non gradisce alcune esternazioni di Enrico Ruggeri, che si gioca la carta della reunion e del rilancio degli storici Decibel, e passa al contrattacco, con un tweet al vetriolo.
Ma vediamo i fatti. Ruggeri (pilastro del cantautorato italiano con la vena creativa più nobile, quella dei pezzi leggendari, negli ultimi anni forse un po' appannata) convoca i suoi due vecchi amici del punk milanese, Silvio Capeccia e Fulvio Muzio, quelli del liceo Berchet, ed esce con «Noblesse oblige». 11 brani che non ho ancora avuto modo di ascoltare.


In conferenza stampa il Rouge rievoca i tempi andati e gli inizi della sua/loro carriera. Intanto, rilascia anche un'intervista a Franco Giubilei del quotidiano Il Secolo XIX dove si spinge un po' più in là con la polemica. Ecco la riflessione:

«In quel momento per me la musica italiana faceva tutta schifo, solo maturando ho scoperto che c’erano belle differenze, e che i cantautori non erano da disprezzare. Poi nel 1980 con i Decibel siamo andati a Sanremo con “Contessa”: sembravamo marziani rispetto a Pupo o alla Bottega dell’Arte, la nostra apparizione al Festival fu deflagrante. Diciamo che il mondo musicale era spaccato in due, e l’Italia era dalla parte sbagliata. Fra musica ultramelodica e pop, solo i cantautori andavano per la loro strada. Il rock di fatto non esisteva, a parte un po’ Bennato».
Enzo Ghinazzi in arte Pupo

«Marziani rispetto a Pupo», «Apparizione deflagrante», «Il mondo musicale spaccato in due e l'Italia era dalla parte sbagliata».
Un proclama dal quale sembra trasparire un po' di superiorità musicale, che Ruggeri riporta al suo sentire negli anni del debutto. Vero o no che sia, Enzo Ghinazzi, che non le manda a dire a nessuno e che non gradisce, scodella un tweet con un'olimpica frecciatina: «Con Pupo e Cutugno a Sanremo fu uno choc. Così parlò Ruggeri. I primi due ancora spopolano nel mondo, invece lui...». Ai posteri l'ardua sentenza.

IL CASO FORCHIONE E LA BRUTTA DERIVA DEL MONDO DEL LAVORO IN ITALIA

La vicenda di Antonio Forchione, l'operaio di Torino che dopo 27 anni di lavoro in un'azienda e il trapianto di fegato viene messo alla porta e poi reintegrato in pochi giorni perché denuncia i fatti ricorrendo ai media, è sintomatica di quanto sia messo male il mondo del lavoro in questo Paese. Di quanto alcuni pilastri fondamentali, come quelli sindacali, abbiano ceduto. Di come rispetto e gratitudine non esistano più. Un segnale che mi arriva forte anche da molte persone che conosco direttamente. Si è passati dall'Italia dell'eccessivo garantismo aziendale (malato), a quest'altra dove è permesso tutto. Ma proprio tutto, senza fare una piega. E chi è dentro, complice la crisi, il tengo famiglia, e l'assenza di coraggio (che «Se uno non ce l'ha, non se lo può dare», per dirla col Don Abbondio di Manzoni), ha una paura fottuta di farsi sentire. Mala tempora.

giovedì 9 marzo 2017

«IL PEGGIO DELLA DIRETTA» IL 22 MARZO ALLA TABERNA LIBRARIA DI LATIANO (BRINDISI)

Il libro «Il peggio della diretta» di Franco Bagnasco presentato il 22 marzo a Latiano.
La locandina dell'evento è un gioiellino iconografico, e di questo non posso che ringraziare la Taberna Libraria di Latiano, in provincia Brindisi, che il 22 marzo prossimo, alle 19.30, mi ospiterà per parlare del mio gioioso libretto, «Il peggio della Diretta», che tanta fortuna sta incontrando in libreria ed eBook, visto che ora è disponibile anche per Kobo e Kindle.

«Milano da bere» si intitola la serata di inizio primavera, ammiccando a uno slogan degli anni craxiani, in un gemellaggio fra Nord e Sud, Lombardia e Puglia, in bilico fra spettacolo e glamour. Allora c'era l'ape (diminutivo), oggi l'apericena (allargato), per venire incontro all'austerity. Parleremo di tutto, e soprattutto dei tanti personaggi che hanno voluto raccontarsi nel libro, mettendo a nudo momenti esilaranti, bizzarri, e a volte persono drammatici del dietro le quinte della loro carriera. Nel video qui sotto, tutti i volti e un assaggio delle loro storie.

mercoledì 8 marzo 2017

8 MARZO, FESTA DELLA DONNA * IL DRAMMA DELLA MIMOSA

La donna mimosa.
- Ciao a tutti, mi chiamo Mimosa. Puzzo, perdo pallini gialli, sporco in giro e non mi si fila nessuno per tutto l'anno. In pratica una disgrazia di fiore. Se Dio vuole l'8 marzo c'è questa cosa dal sapore medioevale della Festa della donna e per un giorno - uno solo - la gente abbocca e mi si vede dappertutto. Ma sempre meno degli anni d'oro, quando c'era Lui; secondo me si stanno accorgendo del bluff. Nel frattempo, chi mi compra lo fa controvoglia, e chi mi riceve fa finta che io le piaccia ma poi mi butta nel cestino. Insomma, sono un fiore sessista che fa una vita d'inferno.
- Grazie Mimosa per avere condiviso con noi la tua esperienza e la tua sofferenza. Ora sentiamo il toccante racconto della cravatta per la Festa del papà.

martedì 7 marzo 2017

PAVESI ESASPERATI: L'11 MARZO UNA MARCIA PER IL NUOVO PONTE DELLA BECCA

Il Ponte della Becca (Pavia)
La gente ormai chiede a gran voce il nuovo Ponte della Becca
Lo Stato invece nicchia (da anni) e non finanzia ancora la costruzione dell'opera, collocata a quanto pare a un centinaio di metri dal ponte attuale, in ferro, costruito fra il 1910 e il 1912 nell'ampia confluenza tra il Po e il Ticino. Un chilometro di strutture tubolari parzialmente distrutte e ricostruite durante i bombardamenti nella seconda Guerra Mondiale, e negli anni recenti rivelatosi più e più volte pericolante all'altezza di alcuni piloni. Chiuso all'improvviso e poi riaperto, prima a circolaziona alternata e poi per mezzi di peso non superiore ai 35 quintali. 

Rifarlo costerebbe 80 milioni di euro, 20 dei quali già promessi dalla Regione.
Sabato 11 marzo (le indicazioni precise sono nel volantino che si trova qui accanto) pavesi e oltrepadani si incontreranno in mattinata dopo le ore 9 (i primi a Linarolo, gli altri a Mezzanino) per una simbolica marcia di protesta di mille metri lungo il leggendario ponte che attraversa i due fiumi. Venirsi incontro tra fratelli, insomma, per portare a casa un risultato. Per fare che l'Oltrepò pavese e Pavia (senza contare i tanti turisti che arrivano da Milano e dintorni) non debbano patire altri disagi e rischi a causa di una struttura che ormai sta insieme con lo scotch. O vogliamo forse che la cronaca nera della fatiscente Italia prima o poi prenda il sopravvento?

lunedì 6 marzo 2017

«TI AMO» COMPIE 40 ANNI E UMBERTO TOZZI FESTEGGIA CON TOUR E CD

Umberto Tozzi (Foto di Dino Buffagni)
Quando scoppiò il successo «Ti amo», anno di grazia 1977, avevo appena nove anni. Ma la sua eco, tra feste con i primi dj che si prendevano tremendamente sul serio (come oggi, solo che allora non se li filava nessuno), le prime cotte, e l'autopista dei fratelli De Palo e Iussi che a Pasqua arrivava al paese, l'ho sentita, insieme con gli amici, ancora per parecchi anni. Complici arrangiamenti (penso a quello del best «Royal Albert Hall») sempre più sfiziosi e intriganti. E la magia di una canzone senza tempo che raccontava il sesso ricorrendo ad immagini surreali, quasi felliniane.

«Ti amo», capolavoro firmato dall'accoppiata Giancarlo Bigazzi-Umberto Tozzi, compie 40 anni. E ovviamente non li dimostra, come tutti i pezzi immortali. Per festeggiarlo l'uomo di «Gloria» (altra hit internazionale del nostro cantata anche da Laura Branigan) pubblica il 31 marzo un cd raccolta con un paio di live e altrettanti inediti, «40 anni che "Ti amo"», e vara l'ennesimo tour, le cui date sono riportate qui sotto. La sopresa è che «Ti amo» uscirà come singolo in anteprima cantato in duetto con Anastacia.
Ad agosto, la tornée toccherà anche la Spagna (Barcelona e Zaragoza). 

Tozzi è anche uno dei personaggi che mi ha fatto l'onore di raccontarsi in prima persona nel mio libro «Il peggio della diretta», pubblicato da Mondadori e ora disponibile anche in e-Book.
Promozione a parte, il 14 aprile sarò, come sempre, a sgolarmi in prima fila. E farò tutto quello che devo fare: aprirò «la porta a un guerriero di carta igienica», sarò pronto ad «abbracciare una donna che stira cantando», «e se viene testa vuol dire che basta, lasciamoci». Tanto si sa, «Ti amo».


14 aprile – Teatro Dal Verme – Milano;
20 aprile – Teatro Colosseo – Torino;
21 aprile – Teatro Ariston – Sanremo;
5 maggio – Teatro Duse – Bologna;
12 maggio – Auditorium Conciliazione – Roma;
13 maggio – Nuovo Teatro Verdi – Montecatini;
14 maggio – Palazzo dei Congressi – Lugano;
15 maggio – Teatro Filarmonico – Verona;
18 maggio – Palabanco – Brescia;
19 maggio – Gran Teatro Geox – Padova;
24 maggio – Teatro Comunale Verdi – Pordenone

giovedì 2 marzo 2017

«IL PEGGIO DELLA DIRETTA» * MA È PROPRIO VERO CHE TUTTO IL MONDO NE PARLA?

La cover de «Il peggio della diretta» (Mondadori) di Franco Bagnasco
Bath, Cambridge, Dover, Canterbury, Exeter, Twickenham, Brighton e tante altre città fascinose e cariche di storia. Volo low-cost con Ryanair e poi un bel giro turistico d'Inghilterra in un Van noleggiato mesi prima con Sixt, con pochi fidati amici. 
Il tutto diventa l'occasione per calarsi tra la gente (un po' perplessa e un po' divertita) e scoprire se conosce «Il peggio della diretta», da poco uscito per Mondadori Electa anche in versione e-Book, per Kobo e Kindle. È una raccolta di più di 100 aneddoti sfiziosi raccontatimi da 50 big dello spettacolo italiano; storie di imbarazzi da dietro le quinte, di piccoli o grandi drammi da backstage.
Le sorprese, e anche l'ironia (si spera) non mancano in un promo video che è tutto un programma. Qualcuno sta al gioco, altri non vedono l'ora di scappare.

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