sabato 30 settembre 2017

LA NOTTE IN CUI DOMAI QUELLA LAVATRICE IMPAZZITA

L'altra notte ho spento tutto all'una e qualcosa. Poco prima di andare a dormire, mi sono accorto di avere un robusto tappetone del bagno ancora da pulire, e l'ho schiaffato nel cestello della lavatrice con detersivo e programma lungo. «Massì, lascia che lavori nottetempo», ho pensato. L'avevo già fatto mille volte, del resto, con gli indumenti. Poi, a nanna. «Domani lo recupero».
Poso la testa sul cuscino, sperando di prendere sonno. In questi mesi faccio piuttosto fatica ad addormentarmi, preso dai miei pensieri legali e dalla ricerca di Giustizia e Rispetto. 


Sonno spezzettato, dormiveglia, di nuovo sonno, obblighi prostatici, ancora dormiveglia agitato. Insomma, è spesso complicato gestire la situazione. Passa un po' di tempo (lì per lì non so decifrare quanto), e dal bagno sento arrivare un bombardamento che manco a Dunkirk. Colpi, botte, quei casini che di solito senti al telegiornale nelle manifestazioni degli autonomi. A meno che tu non sia fra gli autonomi.
Mi alzo e, intontito, entro in bagno. La lavatrice ha acquistato vita propria, si muove e vibra come una sciamannata: è scivolata di tre quarti sino a poggiarsi con uno spigolo contro il muro, e si sente il cestello che all'interno, avendo una propria eccentricità, sbatte con forza contro le pareti. Guardo l'ora. Sono le tre e mezza. Il primo pensiero sono i vicini al piano di sotto, che probabilmente non si auguravano una notte in Siria

Le botte sono fortissime. C'è in me sincero imbarazzo. Potrei spegnere la lavatrice, ma il pensiero non mi sfiora neppure: devo avere la meglio su di Lei. La sposto dal muro riportandola in posizione, ma quella bestia assatanata continua a vibrare e sbattere, anche alla base, facendo un casino infernale. Decido di usare le maniere forti per domarla: la abbraccio, mi ci poso sopra di petto con tutto il corpo (ovviamente tutti gli oggetti sopra nel frattempo sono caduti a terra) e cerco di domarla.

L'immagine esatta che dovete avere è quella di me, verso le quattro di notte, che cavalco una Indesit vecchia di 17 anni come se fosse il toro meccanico alle fiere latino-americane. Ho la situazione in pugno, ma fino a un certo punto: il tappetone intriso d'acqua, che si muove da solo nel cestello, è un'arma micidiale che con la forza centrifuga si spara sulle pareti interne sferrando colpi laterali senza precedenti. L'ho abbracciata come la più passionale delle amanti sino alla fine del programma 2, quando si è placata. Restituendo la pace a me, al mio bagno, al mio living, e anche a Carlo Cracco.
Pensiero finale a perdere: non vado mai alle riunioni di condominio, ma alla prossima sicuramente si parlerà di me. Di quel tipo che di notte teneva in bagno il settimo cavalleggeri.

martedì 26 settembre 2017

CARO BAGLIONI, DAMMI RETTA: FA IL «VALLETTO» E IL TUO SANREMO SARA' UN TRIONFO

«La Tv abbassa». Qualche idea per Baglioni a Sanremo.
Caro Claudio Baglioni,

lo so, non è elegante ricordare che l'avevo previsto, ma è così: sapevo che non avresti resistito a fare soltanto il direttore artistico del prossimo Festival di Sanremo. Un po' per via dell'esibizionismo dell'artista (che si può mettere da parte ma fino a un certo punto), un po' perché sarebbe stato miope da parte della Rai non sfruttare meglio una risorsa come la tua. Eccoti quindi anche sul palco come conduttore, anzi «Capitano» di una squadra ancora da definire. E ne sono felice.

Claudio mio, però, prima fatti dare due consigli da uno che (come sai) ti apprezza da sempre. Sei un cantautore straordinario ma non hai proprio la fama né l'appeal dell'allegrone. Non sei portato per fare il conduttore, e quando parli hai la tendenza al pistolotto moralisteggiante. La messa cantata baudiana o contiana non fa per te. Ad «Anima mia» di Fabio Fazio (uno che avrà mille difetti ma lì confezionò un capolavoro) eri la giusta, autoironica spezia in un ricco minestrone. Ti suggerirei di seguire quel virtuoso modello.

Non metterti in cattedra, ma prendila sul ridere. Recluta una conduttrice di talento per ogni serata festivaliera (quattro esempi: Lodovica Comello, Serena Rossi, Virginia Raffaele e Antonella Clerici, che ci sta sempre bene e accontenta anche la massaia sul suo trono over), e mettiti al loro servizio come «valletto», ribaltando le classiche logiche festivaliere. Per il gran finale, sabato, tutte insieme con te sul palco. Ci sarebbe modo di sorridere e molta curiosità per questo turn-over. E tu faresti la spezia, il tuo ruolo perfetto. Per il resto, Sanremo sta in piedi da sé.
Dà retta a uno scemo e cogli questo spunto autorale, Clà. È gratis. Poi il tuo Festival sarà un trionfo. 
Lo so, stai già facendo gli scongiuri.

giovedì 21 settembre 2017

CONSERVATE TUTTO, PER QUANDO ARRIVERA' IL MOMENTO DELLA MENZOGNA

Le bugie hanno le gambe corte.
Quando chi ti vuole male, nella foga di spaventare con quattro scartoffie, segna un autogol epocale. Sono momenti che non hanno prezzo. Ridi, ridi, che mo rido io.
Un consiglio, ragazzi: nella vita siate scrupolosi, dettagliati, circostanziati e conservate sempre tutto: appunti, ricevute, documenti. Perché quando arriverà il momento della menzogna, non sarete impreparati.

POLITICA * CHI RIUSCIRA' A GOVERNARE L'ITALIA DEI MILLE ASPIRANTI PREMIER?

L'italia politica spaccata in vista delle prossime elezioni.
Dunque, se non ho capito male: il testimonial aziendale Beppe Grillo (che da tempo non ne può più), pian piano si sta sfilando dal Movimento 5 Stelle, salvo tornare a fare capolino da Padre Nobile appena le cose traballano. Cioè più o meno una volta al mese. Per volere dell'Amministratore Delegato Casaleggio Jr., Luigi Di Maio deve risultare unico candidato premier dei grillini. No alle pericolose concorrenze interne. Tant'è che per rischiare meno di zero corre contro 7 volti a notorietà condominiale. Intanto, come provocazione pannelliana, si candida il prezzemolino Roberto Saviano. Che ormai se potesse farebbe anche le previsioni del tempo per la Svizzera e le televendite dei coltelli Miracle Blade.

A destra non stanno meglio: sia Matteo Salvini (giovane, baldanzoso e un po' più avvantaggiato nei sondaggi) che Silvio Berlusconi (ringiovanito, baldanzoso e più moderato) vogliono la leadership. Che sotto sotto piace anche a Giorgia Meloni, sveglia, loquace, capace secondo me di una buona visione politica, la quale invoca le primarie. Ma lo scontro per la premiership fra i due titani è senza vincitori (a meno che non cedano lo scettro alla Meloni, e nessuno lo farà) e bene di certo non fa al centrodestra. Così come non fa bene alla Lega un Umberto Bossi truffaldino, estromesso e pieno di livore che nel retropalco di Pontida dice ai giornalisti: «Matteo è un contaballe».

A sinistra, un altro grosso problema: nessuno ha il coraggio di dire a Matteo Renzi che è bruciato. Che il rottamatore che ha perso credibilità va rottamato per il bene del partito. Lui gira l'Italia e saltabecca ovunque, ma nessuno dei suoi se la sente di dirgli la verità. Mentre nei sondaggi crescono Gentiloni e Minniti. E Massimo D'Alema e Pierluigi Bersani festeggiano a caldarroste e prosecchino della Lidl. Perché con quei numeri, dove vai?
Messa così, a meno che non escano dal cilindro apparentamenti a dir poco fantasiosi (Lega e Cinque stelle), sarà molto dura alle prossime elezioni non solo avere la maggioranza, ma trovare qualcuno che ci governi.
A parte Saviano, naturalmente. Che avrebbe un paio di buchi liberi martedì e giovedì in mattinata fra il promo di una serie tv e un ciclo di congressi sulla carie nei castori.


lunedì 18 settembre 2017

CHI FUMA (ANCHE ALL'APERTO) «INQUINA» A TUTTI GLI EFFETTI

Smettere di fumare? Farebbe bene a tutti.
Chi mi conosce sa bene che non sopporto il fumo. È una repulsione che per me vince su tutto. Al punto che ritengo «contaminate» (perché puzzano, spesso senza rendersene conto) le persone che fumano. Dice: tu demonizzi. Sì, demonizzo, ma non per cattiveria o perché è comprovato che il fumo procuri il cancro e molto altro. No. È un fatto puramente olfattivo e personale. Chiamiamola ipersensibilità, fastidio non accettabile. Se fumi, mi fai schifo. Paradossalmente, anche se sei Charlize Theron (non so se fumi, ma purtroppo non mi ha mai messo alla prova). So che tante persone la vedono come me.
Da anni sostengo ciò che uno specialista spiega bene in questo video: anche all'aperto il fumo passivo fa parecchio male, è inquinante e infastidisce il prossimo. Sogno riserve indiane (lontanissime da me) per i fumatori. Non parliamo di quelli che con disumana maleducazione pippano disinvoltamente a tavola, magari fra un piatto e l'altro, nei locali all'aperto, insieme (o accanto) ad altri commensali. Per questi vorrei fossero istituiti sul posto tribunali speciali con pieni poteri.

sabato 16 settembre 2017

VENTI DI GUERRA IN COREA? HO LA SOLUZIONE: UN CONTRATTO DISCOGRAFICO A KIM JONG-UN

Kim Jong-Un (a sinistra) e il cantante Psy.
Ma quali sanzioni? Quali contro-minacce atomiche? Nel mio piccolo, ho trovato il modo di risolvere le tensioni guerrafondaie nella Corea del Nord.
Riflettiamo su un fatto: nessuno oggi è più popstar di Kim Jong-Un. Il bizzoso leader di Pyongyan è meglio di Psy, quello del Gangnam Style: capello curato e impomatato (il suo barbiere, ricordiamolo, rischia tantissimo); faccia da ragazzino brufoloso che colleziona più testate nucleari che videogiochi alla Playstation; una voglia di apparire che manco Madonna ai primi tempi. Insomma, ciccio bello vuole stare sul palco, vuole riflettori e palcoscenico. Le sue bombazze non le lancerà mai perché sa benissimo che se sparisce l'umanità intera non avrà più una platea planetaria da piccionare e spaventare ogni giorno. 

Kim vuole il pubblico, la notorietà, vorrebbe firmare autografi a Times Square, se potesse. Per questo mi permetto di suggerire a Donald Trump e all'Onu di lavorare diplomaticamente per trovare una major discografica (chessò, la Warner) che metta sotto contratto per cinque anni il ragazzo con l'obiettivo di farne una stella delle classifiche. Costerebbe senz'altro meno di tante altre soluzioni punitive, e ci metteremmo il cuore in pace, letteralmente, per un lustro buono. Poi, si vedrà. Il pezzo, volendo, si trova. Eventualmente glielo scriviamo noi Beagles. Senza impegno, sia chiaro.


venerdì 15 settembre 2017

«X-FACTOR» SENTE IL PESO DEGLI ANNI MA TORNA MARA MAIONCHI, TALENT-SCIURA D'ITALIA

«La Tv abbassa» - Mara Maionchi, talent-sciura di «X-Factor»
Il peso degli anni e di un format sfruttato al midollo, ormai, si avvertono un po'. È inutile negarlo. Ma l'undicesima edizione di «X-Factor», in onda da ieri su Sky (a proposito: dopo che l'AGCom ha imposto alle compagnie telefoniche di tornare alle bollette non farlocche, quelle a cadenza puramente mensile, saranno costretti a fare marcia indietro anche loro?), riesce ancora a emozionare. Soprattutto sull'onda della passione profusa dai tanti ragazzi che cercano una strada per il successo nella musica.
Una foto di Levante.
Tra i giudici la new entry è la giovane Levante: pulita, affabile, sensibile, «carinissima», si direbbe nell'ambiente con aggettivo abusato. In alcune immagini deliziosa, in altre meno patinata e dunque più vera. Fedez ci crede sempre ma stavolta sembra prenderla in modo più giocoso, almeno per ora. Ciò gli giova. E Manuel Agnelli, arrivato lo scorso anno come soggetto anti-tv per antonomasia, ha imparato a giocarsi proprio i classici trucchetti del video, come le lunghe pause emozionali prima del verdetto, tipiche di reality, quiz e persino di Miss Italia. Ma il vero ritorno è quello della talent-sciura Mara Maionchi, che riporta il tutto agli albori del programma. Forse un cerchio che idealmente si chiude. Rimette subito in riga con due vaffa una band napoletana che abusa di nomi e produzione anglofona, scherza, ride, ridimensiona. Insomma, la solita Mara che però ci mancava assai, ingiustamente relegata com'era alla notte fonda e alla poltrona con l'alzata elettrificata.

I talenti? Ci sono, al netto dei soliti casi umani messi apposta (e giustamente) per fare folklore. Ma quando spunta un giovane e talentoso immigrato di colore (l'emblema del politicamente corretto alla massima potenza) a Fedez non pare vero di poterlo già salutare come probabile vincitore. Il che, se ci pensi, è politicamente scorrettissimo nei confronti di tutti gli altri concorrenti. Ma tant'è.


giovedì 14 settembre 2017

IL SORRISO DI LUCIO: UCCIDERE NOEMI COME SE FOSSE UNA COSA NORMALE

Lucio, il fidanzato omicida reo confesso di Noemi Durini nel Tg di TeleNorba
Di solito non parlo mai di casi di cronaca nera. Preferisco restarne alla larga. Un po' perché siamo già sommersi di inquietudini, un po' perché mi sento più a mio agio nella comfort zone della battuta.
Di fronte a questa faccia, però, non riesco a non tacere. È la faccia incredibilmente sorridente e più che mai inquietante di Lucio, 17 anni, omicida reo confesso della sua ragazza, Noemi Durini, 16 anni. La picchiava regolarmente e un bel giorno ha deciso di ucciderla. Perché così, perché gli andava, perché mi sono rotto della Playstation e sai che faccio? La butto. Perché questa cosa che si uccide magari l'ha vista in un bel thriller cinico e carico d'adrenalina e forse voleva vedere che cosa succede a replicarla. 


E come un terrificante Edward Norton in una pellicola hollywoodiana esce dalla caserma di Specchia, il suo paese, con stampato in faccia un ghigno che - temo - non è neppure quello dello psicopatico. Perché se fosse davvero così, sarei/saremmo un po' più tranquilli. È quello di un ragazzo che forse definiremmo «normale», che non si rende neppure conto di ciò che ha fatto. Che sorride beato perché prima chi se lo calcolava e ora di certo va in tv e forse tra 15 anni girerà voce che è stato contattato per participare all'Isola dei famosi.
È questa la cosa più inquietante e preoccupante. La normalità del male assoluto. Che lascia esterrefatti e spenti perché è la sconfitta di un'intera società.
Spero che non esistano tanti Lucio oggi in Italia, ma temo che non sia così. È una cosa troppo grave per non puntare il dito, tutti, con una forza senza precedenti. È una cosa troppo grave per non restare completamente disorientati e persi.


venerdì 8 settembre 2017

GIORNALISTI DA ELIMINARE * SALVATE IL SOLDATO GABANELLI, PATRIMONIO RAI

«La Tv abbassa» - Salvate il soldato Milena Gabanelli
Sarà che le ingiustizie, da sempre, mi fanno venire l'orticaria; sarà che in questo periodo sono molto sensibile al problema, fatto sta che non mi piace (per niente) il modo in cui in Rai stanno cercando di far fuori Milena Gabanelli. Prima togliendole «Report», con la promessa della direzione di un nuovo, grande portale news sul web (un imponente progetto che era pronta a far partire), per poi cambiare le carte in tavola e proporle come contentino la condirezione dell'attuale siterello poco più che clandestino sul quale - giustamente - non vuole mettere la faccia. Ha fatto quindi molto bene a rifiutare.

Il nome Gabanelli ormai è un brand, è come la Coca-Cola. Garanzia di giornalismo televisivo d'inchiesta (di buon livello), fatto con la schiena dritta, che nessuno fa più e che bisognerebbe tutelare come si fa con i panda, invece di sopprimere o azzoppare.

Ma chi fa bene il proprio lavoro in questo Paese (non solo in campo giornalistico, temo), dà fastidio, va tolto di mezzo. Va censurato. Devi essere al servizio dei gruppetti di potere, delle consorterie, non dei lettori. È già difficile raccontare in modo onesto lo spettacolo (quindi, sostanzialmente, innocue scemate), figurarsi quando una si deve rapportare con le magagne di banche, grandi aziende, oppure con la politica. Che prima o poi in Rai ti soffoca sempre. E Viale Mazzini, che bene o male vuole restare sul mercato (perché paga 11,2 milioni di euro in 4 anni a Fabio Fazio e ha appena chiuso con Bruno Vespa a 1,2 milioni di euro a stagione, il 30% in meno del passato, bontà sua) si concede il lusso di mettere in salamoia una risorsa vitale e di grande impatto d'immagine come la Gabanelli. Servizio pubblico? No, servizio impudico.

martedì 5 settembre 2017

BAGLIONI AL FESTIVAL DI SANREMO * QUESTO PICCOLO GRANDE DIRETTORE ARTISTICO

La Tv abbassa - Claudio Baglioni al Festival di Sanremo
È confermato: Claudio Baglioni sarà il direttore artistico del prossimo Festival di Sanremo. Non sul palco, ma a quanto pare solo una presenza dietro le quinte, organizzativa e di garanzia. Per il resto, dovrebbe essere prevista un'alternanza di conduttori (chissà, forse un po' di volti di Raiuno in panchina da anni in attesa della loro occasione festivaliera, spendibili uno per ciascuna serata), tra i quali non dovrebbe spuntare il ventilato nome di Virginia Raffaele. Che ha più la stoffa e le caratteristiche della guest-star, che non il piglio della padrona di casa. Sarà la classica ciliegina sulla torta? Vedremo.

Virginia Raffaele
A me soltanto l'idea che il buon vecchio Claudio si prenda la briga di mettere mano al pacchetto del festivalone, mette addosso una certa allegria. È senza dubbio una gatta da pelare (pelata molto bene gli scorsi anni da Carlo Conti, una vera macchina da guerra) e in particolare sul pop di qualità il nostro ha una competenza assoluta e collaboratori di pregio. Sarebbe stato bello vederlo giocare autoironicamente un po' sul palco, come ai tempi dell'immortale «Anima mia» con Fabio Fazio, ma non escludiamo niente. Magari ci sono allo studio sorprese autorali. Mi rifiuto di credere che mister «Questo piccolo grande amore» stia seduto per cinque giorni solo in platea.

Intanto, si segnala che il divo Claudio ha appena mollato il suo precedente ufficio stampa, Goigest di Dalia Gaberscik, per passare al più affollato (di musicisti) Parole & dintorni di Riccardo Vitanza. Sarà un caso?

lunedì 4 settembre 2017

ADDIO A GASTONE MOSCHIN (IL MELANDRI), L'ULTIMO DEGLI «AMICI MIEI»

Gastone Moschin e (sullo sfondo) Philippe Noiret.
Se n'è andato Gastone Moschin, il romantico architetto Rambaldo Melandi ma anche l'ultimo degli irripetibili «Amici miei» monicelliani. L'attore si è spento a 88 anni, dopo un breve ricovero, all'ospedale Santa Maria di Terni.
Il primo a partire per paradisiache zingarate fu il sommo Adolfo Celi (il cinico Sassaroli), nel 1986, seguito dal leggendario Ugo Tognazzi (quel cialtrone del Mascetti), nel 1990. Poi Renzo Montagnani (il secondo, ruspante Necchi) e a seguire, beffardamente, Duilio Del prete (il primo Necchi, più pacato e stratega), nel 1998. Infine, Philippe Noiret (l'incorreggibile giornalista Perozzi), nel 2006.
Moschin (a destra) durante una zingarata.
Moschin, veronese di San Giovanni Lupatoto, era un solido attore teatrale capace di calarsi in ogni ruolo. E tra gli amici toscani pronti a confezionare burle per combattere lo spettro della vecchiaia e della morte, vestiva con infinta grazia i panni del candido architetto Melandri, quello che si innamorava per davvero, tra un'endovenosa e l'altra («Sorella, è pronto il braccio!», lanciando in ospedale alla suora un inequivocabile gesto dell'ombrello) e scippava l'asciutta moglie al chirurgo Sassaroli. Per averla dovette prendersi, com'è noto, «Tutto il blocco» (cane, bambine, governante tedesca, e il cane Birillo), senza fare una piega. Pronto però a ricredersi qualche mese dopo in una memorabile cena durante la quale gli altri «zingari» lo portarono via, dopo averlo massacrato di prese per i fondelli. «Vieni, via, via... Zitto, esci, piano piano... Anch'io quando l'ho lasciata ho sofferto come un cane per quasi tre quarti d'ora», sibilò il Sassaroli.
Bernard Blier nei panni del Righi.
Io oggi soffrirò un'oretta buona in memoria di Moschin/Melandri e soci, perché da sempre considero l'immortale «Amici miei» (il film con più malriusciti tentativi di imitazione nella storia del cinema italiano) tra le cose più belle del creato. E un architetto gentile, lassù, diciamolo, ci sta sempre bene. 
Come fosse antani, per due, blindando i fuochi fatui con la supercazzora cimiteriale, naturalmente.

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