mercoledì 1 luglio 2015

IBIZA SENZA PACHA * ECCO IL BEST: MIGLIORI SPIAGGE E RISTORANTI

Il vero problema di noi tardo-giovani, a Ibiza, è fare colazione. Il primo giorno sono sceso alle 9.30, che mi sembrava persino un orario decente, fra la marea di locali retrostanti la spiaggia di Cala de Bou, ovvero quella più vicina al mio residence. Tutto chiuso e in strada il deserto. Dal momento che qui chiunque, anche i pensionati con la minima e quelli col girello con le luci stroboscopiche, va a letto alle cinque di mattina sulle note di Bob Sinclar, e se parla di Amnesia si riferisce non a perdita momentanea della memoria ma alla nota discoteca ibizenca, le 9.30 per una colazione sono qualcosa di improponibile. Intercetto l'unico esercizio commerciale aperto oltre ai bancomat, un Rent a car, e chiedo al tipo all'ingresso dove si possa fare un bel breakfasf. Prima mi guarda con l'aria da: "Dai giargianella, mi stai prendendo per il culo!?", poi la trasforma in uno stato di diffidenza modello: "Questo mi vuole scroccare soldi con una scusa", e quando capisce che faccio sul serio la fossilizza in uno stato di netta, umana, civile compassione. Già me lo vedo più tardi all'arrivo del suo collega in ufficio: "Pedro, non sai chi è passato stamattina: un pirlòn che voleva fare colazione. Alle nove e mezza, capisci?". "Nooo Miguel, non ci credo!". E giù a ridere come matti. Per poi farsi improvvisamente seri, con Pedro che - con lucida visione prospettica - sintetizza: "Miguel, guarda però che su questa cosa c'è poco da scherzare: si comincia con un pirlòn che vuole fare colazione alle 9.30 e poi è un attimo fare la fine di Rapallo". Mala tempora...


L'abitato di Ibiza (Eivissa, come la chiamano loro) fa un po' storia a sé. Ma qui dove alloggio io, dalle parti di Sant Antoni, è tutto un proliferare di ragazzi inglesi alticci e vomitanti e ragazze sosia di Adele, la cantante non magra. L'altra notte ne hanno trovato uno in hotel morto per overdose. Un altro, sempre sotto sostanze stupefacenti, ha rubato un'auto di servizio della Pepsi-Cola, per poi fare un frontale con un vecchio Suv rosso a 200 metri dal luogo del furto. Anche sfigato, oltreché ladro. Un altro invece ha centrato la recinzione del bar "Vaca loca", quello con i giochi, la pedana elastica e il toro meccanico. Nell'incidente il giostraio riempi pista è rimasto senza naso. Ogni notte, solo in questa zona, transitano 5000-6000 persone, con appena due vigilantes della Guardia Civil. Troppo pochi, e i residenti protestano. In compenso la polizia ha appena portato a termine una retata antidroga. L'hanno chiamata "Operazione primavera", come i piselli dell'Esselunga. Due chili di cocaina, dieci di hashish e altrettanti di pillole chimiche di varia natura. Tutto per servire un'isola sette volte più grande di Formentera (la mia unità di misura) e con una ricettività ora al 62%. Record di transiti in aeroporto a maggio: 680.000. Formentera invece è sotto del 12% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. La differenza è che qui la clientela viene da tutto il mondo. Là sono al 90% italiani. Se Renzi cala le braghe a noi, il bruciore a posteriori lo sentono anche loro, insomma. 


Dimenticando Playa d'en Bossa (la loro Rimini, con il mitico
hotel della catena Hard Rock Cafè, dove il 12 luglio si esibiranno Sabrina Salerno e Samantha Fox, quattro tette vintage che si proiettano nel futuro) un'icona trash più che una spiaggia, Ibiza come mare offre tanto. Basta sapere che cosa e soprattutto dove cercare. Le spiagge a Nord-Est non sono male ma un po' ventose e con troppi casermoni alberghieri piazzati in riva al mare. Errori urbanistici del passato. Quelle a Ovest, vicine a dove mi trovo (ma serve comunque un'auto a disposizione), mi sento invece di consigliarle. La più suggestiva e servita, a mio avviso, è Cala Bassa. C'è un'ampia spiaggia libera e lo stabilimento super chic, dove due lettini e un ombrellone costano 45 euro al giorno, ma te li danno solo se t'impegni a pranzare lì da loro, tra schiavi circassi, sexy massaggiatrici, bottiglie di Mumm e lettini balinesi. Non ho visto la lista, ma a occhio e croce per un secondo di pesce devi cedere un rene e il quinto dello stipendio. Anche quello di tuo cugino. Sul fronte parcheggio, ecco la trovata geniale: costa 5 euro al giorno, e in omaggio c'è una Corona. Intesa come bottiglietta di birra. Utile richiamo per una tappa ai bar della struttura a piluccare anche qualcosa annusando il bel mondo. Persino per quei volgaroni della spiaggia libera, non ammessi ovviamente alla zona privée. Perché, diciamolo, c'è un limite a tutto. L'esempio virtuoso dei parcheggiatori del Cala Bassa andrebbe seguito anche dai rampanti gestori dei locali milanesi. Visto che in città il bene più prezioso sono i parcheggi, dopo l'ape e l'apericena, suggerisco l'ApeParking: paghi 15 euro per lasciare l'auto, e il Cuba libre con le cibarie te li danno compresi nel prezzo. Diamo un valore alle cose, cribbio.

Alla spiaggia di Cala Salada, qualche chilometro dietro l'abitato di Sant Antoni, si arriva dopo un po' di curve ma poi si spalanca davanti agli occhi la ripagante meraviglia della baia. A Levante una spiaggetta istituzionale con ombrelloni e lettini; al centro, rocce per fare il bagno pelandosi le natiche; a Ponente, spiaggetta selvaggia difficilissima da raggiungere a piedi. E perciò molto ambita. E perciò sempre piena. L'acqua del mare a Cala Salada non è granché, va detto, ma la spiaggia, oltreché una formidabile trappola per turisti, è un trattato di microeconomia comparata. In un fronte di sabbia di appena 50 metri per 30, a semicerchio, trovano spazio, oltre ai bagnanti distesi sui teli mare, anche 7 (dico sette) tavolini molto improvvisati di ragazzi spagnoli abusivi che servono cocktails fatti sul momento. Una concentrazione che neanche d'estate in Corso Como. I tavolini sono carichi di bottiglie di superalcolici, frutta, bicchieri, sabbia e tutto ciò che può servire per il lavoro. Di solito si fanno accompagnare da una ragazza che intanto gira con vassoi di pastarelle salate o dolci tipici. La concorrenza è più che spietata, quindi con un accordo di cartello i nostri hanno fissato gli stessi prezzi: 4 euro i cocktail nel bicchiere di plastica piccolo; 8 euro quelli nel bicchierone da mezzo litro. Peccato che uno dei sette, un ragazzo furbetto e adrenalinico di origine brasiliana, il giorno in cui mi sono presentato io avesse deciso di sparigliare le carte servendo mojitos nel bicchierino a 1 euro l'uno. Un prezzo invincibile che ammazzava tutti i concorrenti, così imbestialiti che sono matematicamente certo abbiano poi ammazzato lui. Controllare a fine serata dietro gli scogli.
Ma la vera regina degli esercenti di Cala Salada è la leggendaria Rita, non più di 25 anni, di origine argentina. Piccina, mora con colpi di sole, corpo e seni perfetti, passa la vita in topless ed è un genio del marketing. Giuro. Come lei, nessuno. Mentre i suoi colleghi barman della mutua si azzannano spiaggiati nel libero mercato, lei lavora in monopolio con una strategia sopraffina. Arriva con tre borsoni pieni di semplici ponchos di cotone bianchi, neri o rosa molto traforati, quasi inesistenti e qualche vestitino bianco trasparente (anche di un certo gusto), li piazza e si piazza in piedi sul bagnasciuga guardando la spiaggia. Che intanto non guarda lei ma le tette, ovviamente. Lei non fa una piega e, serissima, come un direttore d'orchestra, inizia a infilarsi il primo capetto, che lascia intravedere tutto. Poi scarta a destra e si fa tutta la spiaggia velocemente, da levante a ponente, sempre sul bagnasciuga, sculettando. Infine ritorna al centro, si sveste e si riveste, ripetendo la sfilata con un altro poncho. Gli uomini ovviamente hanno la bava alla bocca, ma lei - astuta - non li degna di uno sguardo. A meno che non vogliano comprare qualcosa. L'attenzione complice è solo per le donne, che in pochi minuti, irresistibilmente attirate dalla malìa della piccola sirena, arrivano a frotte e comprano. Come se non ci fosse un (aereo) domani. Se dopo una quindicina di minuti rimane sola, Rita, che è aiutata anche da un discreto esibizionismo, riprende metodica il suo sexy show. In pratica, richiama l'attenzione su di sé sfruttando la libido maschile, per poi vendere un sogno (cioè l'idea di richiamare la stessa libido) alle donne. Che quello straccetto poi lo porteranno magari col costume sotto, senza il topless da urlo di Rita. E con qualche chilo in più. Ma cosa importa, in fondo? Signore che parlate tanto, come tutti, di Piano B, se avete bella mercanzia (in tutti i sensi) e voglia di lavorare, eccovelo servito caldo. Vi giuro che vorrei guadagnare io in un giorno un quarto dei soldi che fa Rita. Le darei in mano il Paese, lo dico. Le darei il Ministero dell'Economia. Porta grandi risultati senza dire una parola. Il politico perfetto. Un'utopia.


Menzione finale inevitabile per la bella spiaggia di Cala Tarida altrimenti nota come quella delle 14 fatiche di Cala Tarida. Mi spiego meglio. Lasci l'auto nella piazzetta sovrastante, poi raggiungi il mare percorrendo una lunghissima, strana scala in cemento impreziosita sul lato destro da un super scivolo per disabili. Giuro che vorrei tanto (ma proprio tanto) conoscere l'ideatore di questo capolavoro di architettura balneare perché ha battuto qualsiasi record di coglioneria. L'uomo, di una grandezza cosmica, ha pensato di abbattere le barriere architettoniche della scala abbattendo in modo molto più semplice sia il disabile che il suo accompagnatore. Come? Semplice. Lo scivolo handicap di Cala Tarida è un corpo unico in cemento che consta di due discrete salite in cima e in fondo alla scala, e vede svilupparsi al centro 14 (dico quattordici) micro salite da tre metri con pendenza attorno al 15-20% inframmezzate ciascuna da una piazzola in piano di circa due metri e mezzo per uno e mezzo. A meno che il disabile non sia fornito di una sedia a rotelle elettrica o a motore particolarmente (e sottolineo particolarmente) performanti, colui il quale si impegnasse a spingerlo sotto il sole più bieco fin lassù avrebbe morte certa, nonostante le beffarde piazzole per il riposino, non oltre la sesta-settima agghiacciante micro-salita. Nessuno, neppure l'Incredibile Hulk dopo avere appena saputo di essere becco da due anni per colpa di un impiegato del catasto, potrebbe farcela. Figurarsi un povero cristo qualsiasi. Per non parlare della discesa, altrettanto perigliosa. Il disabile arriva sul posto già un pochino incazzato di suo per più che comprensibili motivi, e si trova ad affrontare un cimento mortale, affidandosi con inusitata temerarietà al proprio accompagnatore, che in questo caso deve saper trattenere la carrozzina con una forza inaudita per evitare di farsela sfuggire dalle mani, vedendo il povero handicappato schizzare come un bob a quattro e schiantarsi inesorabilmente sugli scogli. 


Per la cronaca, nonostante una fantasiosa leggenda delle Baleari, quella de l'Hombre Invincible co' la su sedia semoviente, peraltro del tutto priva di riscontri, nessuno sfortunato è mai uscito vivo dalle 14 rampe (più due salite) di Cala Tarida.

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