domenica 14 giugno 2020

MARIKA CISLAGHI * LA REGINA DEI CASTING TELEVISIVI CERCA PUBBLICO E TALENTI

La talent scout Marika Cislaghi, titolare dell'agenzia Parterre.
 Avete presente 90.000 spettatori? È una volta e mezza la capienza dello stadio San Paolo di Napoli. Bene, c’è una donna che ogni anno, a Milano, «muove» novantamila cristiani (da tutta Italia) prevalentemente verso gli studi Mediaset di Cologno Monzese. Una continua transumanza di pubblico, né pagato né pagante, che riempie le platee di tutti i programmi di Canale 5, Italia 1 e Retequattro. Accendi il televisore a qualsiasi ora del giorno e della notte, e la sua truppa è in onda.
Si chiama Marika Cislaghi, ha 40 anni, è di Locate Triulzi, e da venti è diventata la traghettatrice di quest’Italia televisionara.
Sposata, un figlio di otto anni, studi come segretaria d’azienda, alla fine due società le ha fondate lei: Parterre TV e la gemella MG Fiftyone.


Marika, lei dà lavoro a quante persone?
«Ventiquattro. Quindici a libro paga e le restanti a partita Iva».
Avete un data base con i nomi dei potenziali spettatori?
«Sì, ospita 300 mila persone in età fra i 18 e i 60-70 anni». 

Nessuno viene pagato per andare in onda?
«Nessuno. E arrivano con mezzi propri, oppure prendono la navetta Mediaset alla fermata della metro di Cascina Gobba».
Neanche un tramezzino?
«No. Se devono fermarsi a lungo consigliamo di portare qualcosa da casa oppure, come si dice: “Di venire già mangiati”».

Però qualcuno di loro lo pagate.
«Esiste un elenco a parte dei cosiddetti figuranti, in genere attori o persone che corrispondono a ben precisi requisiti estetico-anagrafici. Questi, se espressamente richiesti dalle produzioni, possono prendere 50 euro lordi per un impegno di un paio d’ore circa, e si arriva a 86 per l’intera giornata».
Non male, di questi tempi.
«Sì, ma se succede vuol dire che ho fallito io». 

In che senso?
«Vengo compensata forfettariamente per riempire le platee televisive. Se manca gente e all’ultimo devo pagare qualcuno per tappare i buchi, vuol dire che ho sbagliato l’organizzazione».
Quindi, come si fa?
«Esempio: “Verissimo” con Silvia Toffanin si registra il giovedì e servono 240 persone. Devo convocarne 270-280, per compensare chi poi non si presenta. Gli uomini sono i meno affidabili». 

Tanto per cambiare. Ci saranno gli abituée…
«A “Mattino Cinque” da Federica Panicucci, per esempio, vanno praticamente sempre le stesse persone. Si fanno certe levatacce…».
I clienti fissi sono una garanzia.
«Non sempre, perché ci sono anche i fenomeni: quelli che prendono confidenza e vogliono sedersi dove credono per apparire a ogni costo. Gente magari di vent’anni che non sa fare niente nello spettacolo e che non sa che mai avrà successo. O presenzialisti di 50-60». 

Qualcuno nell’elenco dei non pagati può finire nell’altro?
«No, mai. Non deve né può succedere. È una regola. I figuranti sono giovani e mezzi attori di professione, che seleziono con grande cura».
Ma a volte sono espressamente richiesti anche per ragioni pubblicitarie, per ammiccare al pubblico cosiddetto «attivo».
«Sì. Succede quando le produzioni vogliono volti 20-30-35 anni massimo per svecchiare i programmi e dare loro un’immagine più giovane. Per esempio quest’estate a “Tiki Taka Russia” di Pierluigi Pardo ne hanno chiesti un sacco». 

Fate anche casting veri e propri?
«Certo. Ormai le mie società fanno di tutto: una moltitudine di servizi con e per agenzie pubblicitarie e fotografiche, servizi navetta aeroportuali… Forniamo anche il body guard alla signora Barbara D’Urso».
Quali sono i programmi che come pubblico vivono totalmente di vita propria?
«”Le iene”, “Striscia la notizia” e “L’isola dei famosi”. Sommando “Le iene” e “Striscia” riceviamo su Facebook o via e-mail 80-100 richieste al giorno. Per tutto il resto bisogna ricorrere spesso al data base». 

Quali sono i personaggi Tv più affabili con gli spettatori in studio?
«Gerry Scotti con le sue sciure. Ma soprattutto Teo Mammucari, che rende inutile persino il cosiddetto scaldapubblico, la persona che intrattiene la gente prima dell’inizio dello show. Teo è splendido, si mescola alla gente in full immersion. Ma anche Fabio Volo, col quale feci “Lo spaccanoci” nel 2005, a telecamere spente fu un grande».
Chi è più restio?
«Direi Luca e Paolo, coi quali ho fatto “Le iene”. Qualche selfie anche loro l’hanno fatto, per carità, ma la loro disponibilità con la gente non è paragonabile a quella di chi ho già citato». 

È vero che gli spettatori portano regali ai conduttori?
«Spesso. Fiori, ma soprattutto cibo: pasticcini, torte, marmellate… L’altra settimana ho chiesto a un personaggio - non farò il nome - che aveva ricevuto alcuni omaggi di uscire a ringraziare e mi ha risposto: “Ma figurati!”. Credo sia sbagliato, perché in fondo se sei lì ci sei grazie a queste persone. Che amano essere un po’ coccolate».
Momenti difficili, ne ha vissuti?
«Due anni fa “Pomeriggio Cinque” iniziò presto, il 31 agosto, e in studio faceva particolarmente caldo. Non era in funzione l’aria condizionata, e la gente iniziò a non farcela più. Finché dovette intercedere la D’Urso e riuscì a far sistemare le cose». 

Niente di così drammatico.
«Ma una volta rischiai il linciaggio: alcuni anni fa a “Lo show dei record”, conduzione D’Urso, sempre per la regola delle convocazioni in numero maggiore, facemmo troppa confusione e ci ritrovammo all’inizio della registrazione con 47 persone in più. Davvero tante, venute apposta, e alle quali bisognava comunicare con delicatezza che dovevano andarsene. Iniziarono insulti, male parole, spintoni. Scesero anche i produttori per cercare di placare una rabbia che era ormai incontenibile. Niente. Li spingemmo a fatica fuori dal portone dello studio e sprangammo, ma ormai avevano preso coraggio, urlavano, picchiavano pugni. Una rivolta. Mi spaventai davvero».
E l’episodio più divertente?
«Il gorgonzola di Gerry». 

La ascolto.
«Una signora del pubblico portò in regalo a Scotti una forma di gorgonzola. Alla fine delle registrazioni un mio collaboratore, per errore, prese la forma e il resto e la portò nei nostri uffici, vicini a Cologno Monzese. Telefonarono subito dalla redazione per reclamare il gorgonzola. Spiegammo, scusandoci, che l’avremmo restituita la mattina successiva. Niente: mandarono un taxi che se ne andò con la forma di gorgonzola da riportare a Gerry piazzata sul sedile posteriore».
Quante telefonate riceve al giorno?
«Un numero incalcolabile. Da un po’ di tempo alle 16 lascio l’ufficio e delego molto a valenti collaboratori. Ma il cellulare squilla fino alle 22, minimo. Tra 10 anni smetto, non voglio morire».


(DAL SETTIMANALE OGGI - APRILE 2019) 

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