venerdì 12 febbraio 2021

IL METODO INFALLIBILE PER FARE INCAVOLARE UN GIORNALISTA

Una redazione giornalistica al lavoro.

Esiste un modo semplice quanto sottile (di vecchia scuola redazionale) per fare imbufalire un giornalista. Che comunque - è altrettanto provato - per orgoglio non lo darà mai a vedere ma ne soffrirà come un cane.
Bisogna far leva sulla componente ego-narcisistica presente praticamente in chiunque abbia una penna (un computer) in mano esercitando il mestiere più antico del mondo. Che non è sicuramente il primo che vi viene in mente, ma questo.
Bisogna sapere anzitutto che le caratteristiche che di norma, da sempre, fanno la reputazione di un buon giornalista sono tre:

1) Efficacia nel reperire notizie non farlocche (qualche passo lo fa anche chi smercia bufale ma in genere dura pochissimo, ovviamente, a meno che non lavori per testate che ci campano, non farò nomi).
2) Sufficiente, buona o elevata capacità di scrittura.
3) Velocità nella stesura del pezzo. 

Sebbene i primi due aspetti siano più importanti (il secondo oggi lo è quasi più del primo, perché è particolarmente in voga l'opinionismo, per amore o per forza), la velocità è quel piccolo orgoglio del navigato mestierante che non si può trascurare. Più o meno chiunque (o quasi) è in grado di mettersi al desk e scrivere un buon testo, magari impiegando ore per limarlo e impreziosirlo. Pochi sono in grado di mantenere alta l'asticella della qualità, impiegando però il minor tempo possibile nella consegna. Era importantissimo ai tempi dei quotidiani, che pure vanno in stampa di notte e te li trovi in edicola il giorno dopo; lo è ancora di più oggi, con l'immediatezza del web e milioni di poveri cristi ad azzannare le stesse quattro notizie per gli N mila siti presenti sul mercato.

Te la giochi a ore, a volte a minuti. Il lettore ovviamente non se ne accorge, ma sono pallini non trascurabili per chi esercita il longevo mestieraccio.
Seconda premessa. A parte rarissimi casi, tra i giornalisti non corre buon sangue o comunque esiste un alto tasso di competitività. Che ovviamente si fa sentire più nella stessa redazione, che fra colleghi di altre. Fratelli coltelli. Non a caso si dice: "I colleghi della tua stessa redazione non sono colleghi". Inteso: competitors peggiori degli altri.
Considerato tutto ciò, ecco che i saggi della vecchia scuola hanno inventato un metodo perfido e geniale per riconoscere il talento di un collega, se è ovviamente conclamato (altrimenti non ci sarà pietà alcuna), riuscendo al contempo a sminuirlo. Perché se uno è bravo, è bravo. C'è poco da fare. E negarlo sarebbe meschino agli occhi, e alle orecchie, di chi ti ascolta. Non fai bella figura.
Ecco allora nelle conversazioni di corridoio lo standard:
- "Hai letto il pezzo di Tizio? Bellissimo".
- "Sì, l'ho visto, in effetti non è male. Lui lavora bene".
- "Sì sì, è proprio bravo".
- "Ah sì, per bravo è bravo. BRAVO... (pausa tecnica di alcuni secondi e poi faccia perplessa) MA LENTO".

Ovviamente nel giro di 14-20 secondi, tempo europeo, all'interessato verrà riferito il commento. Non potrà incazzarsi perché gli hai fatto un complimento, in fondo. Hai riconosciuto che è bravo. Cosa indiscutibile. Ma soffrirà parecchio per quel lento, che lo allontana dalla professionalità.
Ricordate il segreto del cuoco: se volete dileggiare un giornalista in modo apparentemente blando, ma efficacissimo, questa è musica: "BRAVO, BRAVO... BRAVO... MA LENTO".
Non dimenticate la pausa, la testa vagamente ciondolante destra/sinistra e la bocca che si contorce un po' in una specie di smorfia.


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