lunedì 4 luglio 2011

GIORGIO PANARIELLO * «SONO UN TALENTACCIO CHE VINCE AL 90°»

Assomiglia alla ribollita la comicità di Giorgio Panariello. Del piatto toscano ha tutte le caratteristiche: è genuina, semplice, fatta molto con gli avanzi (leggi battute di repertorio), insaporita con quel tocco di piccante che strappa la risata. Una grattatina di "pecoreccio" e poi in tavola per svariati milioni di invitati: "Torno sabato", varietà di prima serata di Raiuno. Il tutto con la complicità di due autori come Giampiero Solari (solide basi teatrali) e Giorgio Pistarino (già volto del "Drive in").

Panariello, si sente arrivato? 
"No, al massimo posso sentirmi partito. In tutti i sensi e verso la meta che mi ero prefisso: c' era un po' di confusione attorno alla mia immagine e questa esperienza è servita a farmi conoscere meglio".
E quale sarebbe la meta? 
"Dimostrare ciò che so fare. Non ho una scuola d'arte drammatica né una particolare preparazione culturale alle spalle. E l' uso della lingua, nella conduzione, è importante. Per fare il mio mestiere servono molto la faccia, le pause, qualche parolaccia di uso comune, ma per avere successo non basta. Anche Benigni all' inizio ne diceva tante, ma dietro c'era un grosso bagaglio".
Lei dice di ispirarsi a Walter Chiari e a Carlo Verdone, però non è né l' uno né l'altro.
"Vero, ma attenzione: non ho detto di essere come Walter Chiari; semmai prendo a modello i suoi show. Quanto a Verdone, ha una galleria di personaggi straordinari. E poi, nelle scenette con Tosca, mi ispiro anche a Vianello e Mondaini".
Non si fa mancare niente. A proposito del successo dei comici della sua regione, ha detto che nel 2000 essere toscani sarà una maledizione. 
"Ma mi auguravo il contrario. Credo che il nostro boom sia frutto di un caso: nel giro di pochi mesi sono usciti i film di Pieraccioni, Virzì, il mio e quello di Ceccherini. Solo una combinazione".
Avete qualcosa più degli altri?
"Forse il modo di parlare, che risulta simpatico a tutti, e la spontaneità. Siamo quello che siamo, insomma, nel bene e nel male".
E' vero che nel suo prossimo film sarà un giornalista?
"Sì, uno che lavora per una piccola Tv privata toscana. Sogna lo scoop e riesce ad azzeccarlo. Poi, però, come tutti quelli baciati dal successo, ha il problema di dover mantenere alto lo standard. Prosegue colpo su colpo finché si rende conto che la vita non può essere solo questo. Mi piacerebbe avere con me Gastone Moschin e Jean Reno (il protagonista di "Leon" e "I visitatori", ndr). I miei vecchi personaggi spariranno: quelli nuovi saranno in funzione della storia, e non viceversa come in "Bagnomaria"".
Ma il suo sogno è un musical...
"Sì, un grande musical. Però progetto anche di fare un film comico con Dario Argento. Gliene ho parlato: un giorno riusciremo".
E' arrivato al successo a 39 anni. E prima? 
"Ho fatto il rappresentante di pentole, l'elettricista, il cameriere. Ma sognavo di fare il dj e il presentatore, così ho mollato tutto. Quando vendevo le pentole, alle dimostrazioni, non piazzavo nulla, allora provavo imitando Beppe Grillo o Mike Bongiorno".
E' vero che quelli del Bagaglino, i vostri concorrenti su Canale 5, non sono lord, ma anche la sua è una comicità un po' grassottella, da villaggio turistico... 
"Mi piace essere un animatore più che un attore, vicino alla gente. La comicità grassa è stata una scelta. Volevamo portare in Tv quello che si dice nei cabaret, senza finzioni".
La sua compagna, Elena, l'aspetta a Prato? 
"Sì, siamo assieme da dieci anni, è un punto fermo: è riuscita a farmi diventare una persona seria. Prima non lo ero molto e nel lavoro ancor meno. Avevamo già le carte per sposarci, ma, per colpa del mio lavoro, abbiamo accantonato l'idea".
Si considera un talentaccio o uno che ha avuto fortuna? 
"Un talentaccio. Di fortuna ne ho sempre avuta poca. E quando ho vinto, è sempre stato per 3 a 2 al novantesimo".

(TV SORRISI E CANZONI - FEBBRAIO 2000)

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