mercoledì 8 febbraio 2012

KATIA FOLLESA * «CON VALERIA È FINITA PER COLPA DELL'EGO»

«Sono i danni dell’ego, i danni dell’ego…». Lo ripete più volte, come un mantra, Katia Follesa, ex dell’apprezzato duo di cabaret Katia e Valeria. Più che polemica, in lei (oltre alla determinazione) si legge un dispiacere quasi metabolizzato. Davanti a cappuccino e brioche in una pasticceria del centro di Milano, parla del suo essere ormai artisticamente single. O quasi. «Lo vede quel negozio? Lì feci la commessa da ragazza. Ma sono stata anche receptionist in un albergo. Tutto, sempre, per pagarmi gli studi e la scuola di recitazione e cabaret di notte».

E ora Katia, che cosa fa, balla da sola?
«Sì, ho tanta voglia di farlo: valzer, samba, tango argentino. Tutto. Feci persino un corso di liscio, una volta…».
Lei scherza, ma se in giro dico Katia e Valeria, un po’ tutti sanno di chi sto parlando. Se dico Katia Follesa, molti mi rispondono: «E chi è?»…
«Era vero fino a qualche tempo fa. Ora mi accorgo sempre più che sto entrando nella testa della gente. Del resto, un po’ di cose da sola ormai le ho fatte, e lavoro con Ale e Franz da quattro anni».
Quali problemi incontra, chi fa comicità in un duo?
«Tanti. Soprattutto se si ha un ego molto forte, come è capitato a me e Valeria. Quando si inizia ad andare una da una parte, e una dall’altra, diventa molto difficile gestire la situazione. E agli occhi di chi ti guarda, devi comunque dare l’impressione di essere sempre d’accordo».
E voi non lo eravate…
«Katia ha sempre voluto fare anche fiction, e ultimamente la sua carriera ha preso un’altra strada. Non ci siamo separate ufficialmente, ma in modo naturale, anche perché ormai lei vive a Roma e io a Milano. Ci vedevamo già poco, e negli ultimi tempi quasi mai. Come possono nascere spunti creativi comuni?».
Con personaggi come le miss rintronate e Katiana e Valeriana di «Uomini e donne» avevate capitalizzato molta popolarità…
«Per questo dico che avremmo potuto fare ancora un po’ di cose buone, insieme. Era un momento da sfruttare ancora, ma è andata così. E non puoi neppure dire: lo faremo, magari, un domani, perché quel treno potrebbe non passare più».
Intanto passa da un doppio ruolo nel «Sogno di una notte di mezza estate» a una partecipazione in «Benvenuti al Nord»…
«A teatro posso cambiare più registri. Nel film faccio una tassista milanese che va a prelevare la famiglia di Siani in Stazione centrale. Può immaginare gli equivoci».
Perché non ha ancora ripreso «Zelig»?
«Con il mio compagno, Angelo, abbiamo proposto due personaggi nuovi. Sono piaciuti molto, ma vanno definiti meglio. Vorremmo perfezionarli e proporli per le puntate finali o la prossima stagione. Intanto Angelo con i Pali e Dispari porta in scena due qualunquisti che parlano solo per sentito dire».
A casa fate a gara a chi la spara più grossa, o cala il silenzio?
«Siamo comici anche nella vita, e da quando c’è nostra figlia Agata, ancora di più. Ci facciamo più seri solo quando bisogna darle le regole. Lei intanto sta già imparando come riuscire a far ridere. Presto con Angelo faremo il controcanto umoristico nel nuovo programma di Camila Raznovich su La7, “Mamma mia che domenica”, dedicato proprio al rapporto genitori-figli».
Che cosa fa nel tempo libero?
«Un po’ di palestra per la forma, leggo poco e ascolto musica: se un pezzo mi piace lo rimetto sull’iPod anche 10 volte di seguito. E poi con Angelo amiamo il vintage: giriamo per mercatini a caccia di vestiti e oggetti».
Qual è il comico che la fa più ridere, in Italia? Una classifica con tre nomi.
«Mi piace il demenzial-surreale. Al primo posto metto i Pali e dispari. Al secondo Antonio Albanese, e al terzo Alessandro Betti, che ha fatto “Buona la prima” con me e Ale e Franz».
E tra le donne?
«Al terzo Cinzia Marseglia, al secondo Debora Villa, e al primo due: Geppi Cucciari e Katia Follesa».
Praticamente, lei e il suo compagno sareste i migliori in assoluto. C’è modestia…
«Mi ha chiesto sincerità… E poi gliel’ho già detto, c’è sempre di mezzo l’ego».
Qual è il limite artistico delle cabarettiste?
«Spesso nei monologhi parliamo troppo di uomini. Questo, automaticamente, ci limita e ci ghettizza. È una scorciatoia, ma sappiamo anche fare altro».
Quando sente di avercela fatta, a chi ripensa?
«A un tizio dell’Agenzia di spettacolo Marelli, al quale mi presentai agli inizi, piena di speranze, e mi mise alla porta dicendo che mi trovava inadatta per fare questo lavoro. Non ho desistito, e ora gli dedico quest’intervista».

(TV SORRISI E CANZONI - FEBBRAIO 2012)

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