lunedì 19 agosto 2013

AMORE * TI LASCIO PER NON METTERTI A DISAGIO

Ieri ho visitato un vecchio, glorioso locale po' fatiscente. Chiacchiero con il gestore, e mi dice (spontaneo, senza precisa domanda a proposito, riporto in modo testuale): "Oddìo, andrebbe messo un po' a posto, ma non lo si fa per non mettere a disagio il cliente...".
Un ribaltamento della prospettiva che ho trovato geniale. Invece di dire: non vogliamo/possiamo spendere, c'è crisi, non è periodo, lo faremo forse più avanti o forse mai, ecco un magnifico: non volevo mettervi a disagio. Andiamo al succo dell'interpretazione, che mi pare corretta: ti faccio stare in un posto un po' fetente perché in fondo non te lo meriti. Con la clientela che c'è, vorrò mica sistemarlo a dovere: rischio perfino di metterla in imbarazzo. C'è una grandezza assoluta, in queste parole, che colgono i classici due piccioni con una fava: ti fanno sentire padrone di una situazione che probabilmente invece stai subendo, e intanto offendono sottilmente l'interlocutore. Suggerisco a tutti, nel lavoro e nel privato, l'introduzione dell'espressione "L'ho fatto perché non volevo metterti a disagio".

- Eh, ma questo water l'ha riparato male...
- Sì, certo: è così abituata agli odori di uno scarico che non funziona bene, che non volevo metterla a disagio col profumo di pulito...

E ancora:

- Ti lascio perché non voglio metterti a disagio con una relazione che forse non puoi permetterti.

Gli esempi sarebbero infiniti. Da oggi, per esempio, quando mi capiterà di scrivere un pezzo un po' infelice, invece di dire che non era giornata, potrò sempre ribattere che l'ho fatto per "non mettere a disagio" i miei lettori. E mi sentirò ancora più buono.

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