venerdì 30 settembre 2016

«LUKE CAGE» TI FA IL FAVORE D'AMMAZZARTI * «BRING THE NOISE», E ALVIN TROVA FINALMENTE UN RUOLO

«LUKE CAGE», IL NERO CHE PICCHIA SUO MALGRADO

Mike Colter è il «Luke Cage» di Marvel, appena sbarcato su Netflix proprio mentre ho ripreso a guardarmi in blocco «Breaking Bad». Perché i capolavori vanno rispettati e venerati.
La serie, coprodotta con ABC, è un trionfo del black power buonista, col supereroe roccioso sul cui corpo rimbalzano persino le pallottole, figurarsi i pugni. Buoni e cattivi rigorosamente separati a destra e sinistra, senza sfumature. Manca solo Morgan Freeman a fare la predica, per capirsi, ma gli altri ci sono tutti. Girata con la consueta cura Marvel («Jessica Jones», «The Avengers», «Shields», «Daredevil», ecc.), parte un po' lenta e plumbea (fin troppo) ma poi prende corpo e ossigeno. Un po' meno i bulli tritati da Luke, che vorrebbe tanto non lanciarli a sfracellarsi contro il muro, ma si sa, qualcuno lo deve pur fare.


«BRING THE NOISE», IL GAME-SHOW DEGNO DI NOTA 

È da ben prima dei tempi di «Furore» (forse l'ultimo esempio omologo) di Alessandro Greco che la tv ha bisogno di karaoke vipparoli a squadre. I quali fanno tanto tv gggiovane. Italia 1 con «Bring The Noise» è riuscita nell'impresa di piazzare Alvin, sinora inviato all'Isola dei famosi o tele-accompagnatore ufficiale di Silvia Toffanin a «Verissimo». Affidandogli una conduzione dove risulta fresco e credibile. 
«Bring The Noise» è un rutilante fluire di classici o originali giochini musicali accompagnati dalla band dei Cutzo e da una variegata compagnia di ospiti presi un po' su piazza, un po' dalle risorse Mediaset: da Paola Barale a Jake La Furia, da Fabio Rovazzi a Francesco Facchinetti. Passando per Katia Follesa, Mercedesz Henger, Andrea Pucci e Francesco Cicchella.
Il ritmo è talmente veloce da stordire e il casino regna più sovrano che all'una di notte all'Hollywood, ma è giusto così. Questa tv necessita di stordimento. Anche e soprattutto dello spettatore.

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