mercoledì 6 giugno 2012

VERDONE * «ROMA, NON TI REGGO PIU' (E WOODY HA FATTO UN BRUTTO FILM)»

Parlando con Carlo Verdone del suo impegno alla regia di «Cenerentola, una favola in diretta», l’intervista ha toccato altri temi a lui particolarmente cari. E quel che ne è uscito ha del sorprendente.

IPOCONDRIA. «Quella della mia ipocondria è una pura leggenda nata ai tempi di “Maledetto il giorno che t’ho incontrato”; io non sono mai stato ipocondriaco, e le confesso che questa storia m’ha proprio rotto… Dopo il film, l’hanno alimentata i giornali, che una volta usciti non puoi o non ti interessa più smentire. Ho una passione vera, mia, di studi notturni sui libri di medicina, questo sì. Spesso ne so quanto i medici, e a volte di più, in quanto a buonsenso. Se fossi ipocondriaco, sarei fragilissimo e non avrei mai potuto fare questo mestiere. Anni fa ho sofferto per 6/7 mesi di attacchi di panico, ai tempi di quando ho avuto successo in televisione. Una volta spariti non sono più tornati. Lì ho iniziato a interessarmi alla materia».

ROMA. «Ho accettato di fare “Cenerentola” per un solo motivo: non facevo ferie da tre anni, e volevo allontanarmi da Roma, alla quale sono rimasto incollato senza tregua - tranne rare puntate all’estero - per tutto questo tempo. Avevo la possibilità di stare tre mesi a Torino in luoghi magici, come Stupinigi, Palazzo Reale, la Villa dei Laghi. Non odio Roma, ma oggi purtroppo non mi dà più stimoli creativi, e lo dico con la morte nel cuore, perché è la città che più amo. Torino ha i suoi negozietti, i parcheggi sotterranei, una sana voglia di crescere. A Roma ormai è tutto caotico, degradato, non succede nulla. Con la politica che si occupa troppo di cultura, col risultato di farla sparire…».

WOODY ALLEN. «Il suo “To Rome with Love” era il brutto film di uno che non ha capito niente di Roma. Voleva fare la solita pellicola da cartolina dei tabaccai, di quelle che gira ultimamente, dedicate alle capitali europee, ma ha sbagliato tutto. Oppure non gli interessava raccontare la vera Roma: quella sua non esiste. Quando l’abbiamo visto, ridevamo per non piangere».

IL SACCO. «Da una vita, dai tempi di “Un sacco bello”, mi tormenta ‘sta cosa del sacco. Ogni volta, in ogni titolo: Verdone, il sacco di qui, il sacco di là... Un incubo. Questa del sacco è come la storia dell’ipocondia».

(TV SORRISI E CANZONI - MAGGIO 2012)

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