lunedì 17 marzo 2014

«GIASS» * LUCA E PAOLO TORNANO STRONZI NELLO SHOW CHE RICICLA I VECCHI DEL CABARET

L'idea, par di capire, era quella di erigere un monumento al politicamente scorretto in prima serata su Canale 5.
Più che far ridere, però, il programma a volte disgusta. Ma può capitare che faccia anche riflettere, con qualche guizzo (pochi, per la verità, come la classifica dei tele-raccomandati o la candid camera sui preti pedofili) piazzati qua e là. O ancora addormentare inesorabilmente, sui vecchi numeri di un Andy Luotto fuori tempo massimo, preso di peso - parecchio, oggi come oggi - dai programmi arboriani e collocato in uno show che di arboriano non ha niente. Che vorrebbe avere un'anima, ma la perde rincorrendo in fretta e furia la «belinata», per dirla alla ligure, successiva. O le mille maldestre citazioni delle quali è disseminato.
È difficile sia vedere (come un corpo unico) che criticare «Giass» (Great Italian Association), la nuova creatura di Antonio Ricci, scomposto mix di comicità e goliardate che sconfinano nel pierinesco, fra rutti e scorregge assortite. Col sottile autocompiacimento che c'è nel fare i cattivi in sacrestia. Nell'averla detta e fatta grossa senza dover poi finire in punizione. Anzi, beandosi della trasgressione minimale. Ho detto: «Merda, cazzo, tette, culo, pompino...», e non mi puoi fare niente, faccia di serpente, non mi puoi fare male, faccia di salame.

Nel menù c'è tanto vecchiume, un riciclo continuo di cabarettisti già visti e stravisti: da Pino Campagna a Valentina Persia, passando per Stefano Chiodaroli (che almeno è bravo e soprattutto efficace) e Nino Formicola, il Gaspare orfano di Zuzzurro. Ma anche Giobbe Covatta, che canta senza saperlo fare, e altri volti nuovi più avvertiti, come il tizio che accompagna «Luna» di Gianni Togni a suon di cartelli didascalici. Rispetto alla media dei testi, il vecchio Pino Caruso (una fissazione cabarettistica baudiana) diventa David Letterman. E non basta un Alessandro Cecchi Paone che accetta di andare in studio a farsi dare del «Grandissimo frocio», a far primavera. Sono altre le genialate televisive. L'innovazione sta altrove.
Mentre scrivo questo pezzo, non so ancora come avrà risposto l'Auditel, ma «Giass» purtroppo, al momento, è il programma che non c'è. Un Bignami del cabarettisticamente riciclato. Perché la risata è come il maiale: non si butta via niente.
L'unica consolazione è vedere Luca Bizzarri e Paolo Kessisoglu (esilarante la Boldrini di Paolo), che fanno tutto il possibile per tenere insieme la conduzione, tornando finalmente a fare gli stronzi. Ovvero la cosa che (televisivamente) sanno fare meglio. Può sembrare paradossale, ma è un complimento. Disgraziatamente, il treno de «Le iene» è passato. Ed era un modo di viaggiare più swingante, molto più adatto a loro.

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