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mercoledì 1 novembre 2023

I GUAI DI MELONI * ANTONIO RICCI: "SE PARLA GIAMBRUNO, E' UN CASINO"

Antonio Ricci e la premier Giorgia Meloni, fiaccata dopo i fuori onda di Striscia, che l'hanno portata alla separazione dal compagno Andrea Giambruno.

"Se parla Giambruno, è un casino"
. Intervistato da Un giorno da pecora sul tele-affaire che ha tolto il sonno a Giorgia Meloni, Antonio Ricci, il temibile papà di Striscia la notizia, non ha dubbi. Nel caso il prode e incontenibile Andrea dovesse vuotare il sacco, sarebbero guai per tutti. Con lo scandalo del doppio fuori onda del compagno della premier trasmesso a ottobre nel suo tg satirico, Ricci ha messo a segno un colpaccio giornalistico per niente gradito dall'esponente di Fratelli d'Italia, che ha subito lasciato Giambruno, messo in salamoia anche da Retequattro. La quale gli ha tolto la presenza in video a Diario del giorno. Punizione non da poco per un personaggio all'apparenza piuttosto narciso. Fatto sta che Meloni, pur giocando sui media la carta del vittimismo per l'attacco subito dalla rete Mediaset (che è di proprietà dei Berlusconi, di fatto alleati con Forza Italia) e sorridendo in modo tirato a uso di telecamera, non l'ha presa per niente bene. Come riferiscono dal suo entourage. "Un giorno si accorgerà che le ho fatto un favore", ha detto Ricci nei giorni scorsi. Aggiungendo: "Se hai una perdita in casa non puoi prendertela con l'idraulico che te la segnala". Negando al contempo l'esistenza di altri audio compromettenti. Ieri invece il riferimento a un Giambruno "Sansone" che potrebbe spiazzare tutti facendo il botto qualora dovesse decidersi a parlare. Una storia che potrebbe regalare ancora tante soddisfazioni, insomma.

venerdì 26 maggio 2017

LE MEZZE SCUSE DI INSINNA: «ODIO I TONI BECERI MA LI USO, CONTRO DI ME ODIO E VENDETTA»

Flavio Insinna
Dopo tre giorni, tre giorni durante i quali si è visto e letto di tutto sulla scena mediatica, sono arrivate le (mezze) scuse di Flavio Insinna per il caso sollevato da «Striscia la notizia»
Il conduttore di «Affari tuoi» le ha pubblicate sulla sua pagina Facebook, e le posto per intero qui sotto. Sono parole soppesate al millesimo.
C'è un riferimento ai «titoli dei film che amo» che serve a coprire una tra le cose più sgradevoli («Sette dementi ... Figli di un Dio minore») dette nelle registrazioni pirata e passata un po' sotto silenzio, essendo arrivata ai media soprattutto la frase sulla concorrente valdostana, definita «Nana de merda». Il dibattito, come accade spesso in questo Paese, si è ridotto a scontri di fazioni, tra simpatizzanti e antipatizzanti dell'una o dell'altra.

Insinna si scusa, perdona anche i delatori dicendo di averli portati a questo, ma intanto contrattacca il Tg di Antonio Ricci, dicendo di essere vittima di «Odio allo stato puro, vendetta e pornografia televisiva ... Fatta per cercare qualche straccio di punto d'ascolto in più». Ora resta da capire come reagirà «Striscia», che ieri sera ha mandato Valerio Staffelli a consegnare un Tapiro d'oro alla signora, e ha dato nuovi particolari sui luoghi dove erano state effettuate le registrazioni. Insinna chiude dicendo: «Chi crede di distruggermi mi ha fatto in realtà un grande regalo: la libertà. La libertà di essere ai vostri e ai miei occhi semplicemente una persona».

mercoledì 24 maggio 2017

«STRISCIA» DISTRUGGE INSINNA CON I SUOI FUORI ONDA: «ABBIAMO PRESO UNA NANA DI MERDA!»

Flavio Insinna e Antonio Ricci
«Striscia la notizia» assesta un colpo senza precedenti all'immagine di Flavio Insinna, mandando in onda alcuni scatenati fuori onda del conduttore di «Affari tuoi» arrivati alla redazione. Registrazioni audio e video rubate in studio (durante sfuriate fatte con il pubblico e gli autori) che dovrebbero mostrare il vero volto dell'attore, noto per la sua simpatia e bonomia.
Una faccia che secondo il Tg di Antonio Ricci, da tempo impegnato in un botta e risposta con il rivale, non corrisponderebbe a quella buona e rassicurante da lui portata insistentemente in video.

Prima Ficarra e Picone lanciano il contributo di un'ospitata di Insinna a «#CARTABIANCA», di Bianca Berlinguer. Lì il conduttore dà il meglio (nel senso buonistico del termine) di sé con frasi come: «Questo è un Paese che spesso non si accorge che umilia le persone». E ancora: «Mi piacerebbe che questo Paese imparasse, così come a bere e respirare, ad aiutarsi. Io starò con gli oppressi tutta la vita: voglio vivere in un Paese gentile». Impeccabile e ammirevole.


A seguire, in drammatico contrasto, partono nel SERVIZIO i fuori onda del presentatore, che a telecamere spente, in studio e (forse) in redazione (nei frammenti solo audio) pare una furia incontenibile, irato, iroso e irriconoscibile. Ecco uno stralcio di alcuni momenti salienti, durante i quali il nostro si lamenta (eufemismo) dei casting dei concorrenti: «Vàttela a pija 'nder c... Una nana che parla con la mano davanti alla bocca. Siamo riusciti a prendere degli stronzi. 'Amo preso una nana demmèrda». E ancora, sul meccanismo del gioco: «Porca troia, la X non ci fa vincere le serate, non mi rompete i coglioni con queste scatole... 
La X è una merda di opzione del cazzo, ci piscio sopra». Poi, di nuovo, sui concorrenti: «Prendiamo 5 stronzi fatti bene! Abbiamo preso 5 simpatici jellati: una nana che parla con la mano davanti alla bocca sennò sta muta. Quando li ho visti, sei di questi li avrei presi a zampate nel culo! Perché c'è un Dio: vinci 20 centesimi perché sei moscio ... Er concorènte nun me lo fanno vedè: ma ce devo lavorà io, la merce la lavoro io!». E ancora: «Una nana, non ha giocato: la si porta di là, la si colpisce al basso ventre e le si dice: adesso tu rientri e giochi, perché è Raiuno, non Valle d'Aosta News».


Insomma, Flavio Insinna predica bene quando è in video e poi (nel suo stesso studio, davanti ai suoi collaboratori, a telecamere spente) razzola molto male? Vedremo ora come si difenderanno e che posizione prenderanno il conduttore e la Rai. 
Il colpo sferrato da Antonio Ricci stavolta è durissimo, e sembra mettere il dito nella piaga tra palco e realtà dei personaggi pubblici. In quel confine labile fra teatrale messa in scena e vita reale. Che non riguarda solo la gente strettamente di spettacolo. A tutti può capitare di avere a che fare con persone dalla doppia faccia e di augurarsi che la gente, giusto per farsi un'idea, conosca quella vera.

domenica 18 dicembre 2016

ANTONIO RICCI NE «IL PEGGIO DELLA DIRETTA» * L'ELETTRONICA IN TV TI FA PASSARE GUAI

Antonio Ricci
Tra i padri della nostra televisione c'è Antonio Ricci, il deus ex machina di «Striscia la notizia». L'uomo (ma prima ancora il preside e l'autore a «Fantastico», con Beppe Grillo) che a colpi di «Drive in», «Odiens» e «Paperissima», con e senza sprint, ha costruito la televisione commerciale italiana. A colpi di prime serate e access-prime time da milioni di spettatori.
Ricci racconta alcuni gustosi aneddoti legati al dietro le quinte della sua carriera di tv maker in un capitolo del mio libro «Il peggio della diretta», appena uscito per Mondadori Electa. Un volumetto che raccoglie le storie (rigorosamente gossip-free) di 50 big dello spettacolo italiano. Momenti di imbarazzo, litigi, situazioni esilaranti o drammatiche che di norma purtroppo non arrivano mai al pubblico.

In particolare, oltre ad alcuni imprevisti legati alla presenza un po' sopra le righe di Anna Maria Barbera (una tra le poche donne, assieme a Belen Rodriguez, Michelle Hunziker e Maria De Filippi a essersi seduta alla scrivania del Tg satirico), Antonio parla di problemi tecnici con la pedana che sorreggeva l'orchestra durante le registrazioni di un'edizione di «Paperissima». Contro la tecnologia (l'elettronica, in particolare) avversa, studiò un rimedio a dir poco ingegnoso. Nel libro c'è anche un gustoso annedoto raccontato da Enzo Iacchetti, che con Ezio Greggio spesso conduce «Striscia».
«Il peggio della diretta» si trova in libreria e nei principali store on-line, come Amazon.


lunedì 17 marzo 2014

«GIASS» * LUCA E PAOLO TORNANO STRONZI NELLO SHOW CHE RICICLA I VECCHI DEL CABARET

L'idea, par di capire, era quella di erigere un monumento al politicamente scorretto in prima serata su Canale 5.
Più che far ridere, però, il programma a volte disgusta. Ma può capitare che faccia anche riflettere, con qualche guizzo (pochi, per la verità, come la classifica dei tele-raccomandati o la candid camera sui preti pedofili) piazzati qua e là. O ancora addormentare inesorabilmente, sui vecchi numeri di un Andy Luotto fuori tempo massimo, preso di peso - parecchio, oggi come oggi - dai programmi arboriani e collocato in uno show che di arboriano non ha niente. Che vorrebbe avere un'anima, ma la perde rincorrendo in fretta e furia la «belinata», per dirla alla ligure, successiva. O le mille maldestre citazioni delle quali è disseminato.
È difficile sia vedere (come un corpo unico) che criticare «Giass» (Great Italian Association), la nuova creatura di Antonio Ricci, scomposto mix di comicità e goliardate che sconfinano nel pierinesco, fra rutti e scorregge assortite. Col sottile autocompiacimento che c'è nel fare i cattivi in sacrestia. Nell'averla detta e fatta grossa senza dover poi finire in punizione. Anzi, beandosi della trasgressione minimale. Ho detto: «Merda, cazzo, tette, culo, pompino...», e non mi puoi fare niente, faccia di serpente, non mi puoi fare male, faccia di salame.

Nel menù c'è tanto vecchiume, un riciclo continuo di cabarettisti già visti e stravisti: da Pino Campagna a Valentina Persia, passando per Stefano Chiodaroli (che almeno è bravo e soprattutto efficace) e Nino Formicola, il Gaspare orfano di Zuzzurro. Ma anche Giobbe Covatta, che canta senza saperlo fare, e altri volti nuovi più avvertiti, come il tizio che accompagna «Luna» di Gianni Togni a suon di cartelli didascalici. Rispetto alla media dei testi, il vecchio Pino Caruso (una fissazione cabarettistica baudiana) diventa David Letterman. E non basta un Alessandro Cecchi Paone che accetta di andare in studio a farsi dare del «Grandissimo frocio», a far primavera. Sono altre le genialate televisive. L'innovazione sta altrove.
Mentre scrivo questo pezzo, non so ancora come avrà risposto l'Auditel, ma «Giass» purtroppo, al momento, è il programma che non c'è. Un Bignami del cabarettisticamente riciclato. Perché la risata è come il maiale: non si butta via niente.
L'unica consolazione è vedere Luca Bizzarri e Paolo Kessisoglu (esilarante la Boldrini di Paolo), che fanno tutto il possibile per tenere insieme la conduzione, tornando finalmente a fare gli stronzi. Ovvero la cosa che (televisivamente) sanno fare meglio. Può sembrare paradossale, ma è un complimento. Disgraziatamente, il treno de «Le iene» è passato. Ed era un modo di viaggiare più swingante, molto più adatto a loro.

mercoledì 19 ottobre 2011

EDOARDO STOPPA * FA UNA VITA DA CANI PER EVITARE CHE LA FACCIANO LORO

Fa una vita da cani per evitare che la facciano loro. «Stanotte, per esempio, sono andato a letto alle tre e mezza per svegliarmi dopo le cinque. Del resto, stiamo seguendo una storia per “Striscia”, e bisogna darsi da fare». Edoardo Stoppa, 41 anni, quattro dei quali passati a girare documentari per National Geographic, da tempo è il vendicatore degli animali in servizio permanente effettivo al contro Tg di Canale 5. «In tre anni e mezzo ho girato 270 servizi, una media di 90 l’anno. Alcuni, non facili». E ora esce con un libro in parte autobiografico: «Per fortuna che ci sei».
 
Che cosa fa, si autocelebra?
«Mannò, quel titolo si riferisce a loro, ai nostri compagni di ogni giorno».
Lei quanti animali ha?
«Due cani: Duda, un tipico meticcio, che ha 12 mesi, trovata in un cassonetto della spazzatura...».
Incredibile.
«Sì, è la nuova moda: quelli che vogliono abbandonare i cani ma non hanno il coraggio di portarli al canile, spesso li lasciano di notte all’ingresso, oppure, temendo le telecamere di sorveglianza, li abbandonano nei cassonetti a 100 metri di distanza. La mattina i volontari devono fare il giro».
E l’altro?
«Lo yorkshire di Juliana (Moreira, la sua compagna, Ndr), Titico.Viene da un giro strano di cagnolini importati dall’Est europeo».
Andando a fare il suo lavoro, lei a volte rischia la vita...
«Spesso me la vedo brutta. Va a fortuna. A volte, dalla segnalazione sembra un caso difficile, gente violenta che poi si rivela pacata. Sono solo ignoranti. Altre volte, parti tranquillo e diventano molto aggressivi»
Oltre all’assistente con la telecamera nascosta, usa anche un body-guard?
«No, siamo solo in tre: io, il cameraman e l’assistente. Il mio approccio a questi signori è sempre pacato, low profile. Poi vediamo come butta. A volte bisogna chiamare le forze dell’ordine, ma solo in certi casi».
Quali?
«Quando diventano pericolosi per gli animali o per altri. Una volta abbiamo avvicinato due tizi che da vent’anni facevano traffico di bulldog e carlini dall’Ungheria. Ne avevano 10 nel bagagliaio: là li prendono a 40 euro e qui li rivendono a 800. Sono scappati a 200 all’ora in autostrada. Capisce che...».
E lei, come si sente nei panni di uno dei mastini di «Striscia»? Senso di onnipotenza?
«Dovrebbero dirlo gli altri, ma mi sento di dirle di no. Sono grato e cerco di essere all’altezza della situazione».
Antonio Ricci come l’ha reclutata?
«La mia agenzia gli ha fatto avere un video. Lui aveva già in testa un ruolo del genere per il programma, e dopo tre giorni ero in onda».
Il suo essere animalista non è un’invenzione. Ci crede davvero.
«La mia passione viene da lontano: da piccolo mio nonno, dottore in Agraria, mi portava a spasso nel suo mondo fra le colline senesi». 
Bambini e animali sono una manna per lo share. Basta metterli e aumenta subito di qualche punto...
«Ce ne siamo accorti anche sulle segnalazioni che arrivano al programma: da quando faccio i miei servizi, c’è una prevalenza di quelle che riguardano gli animali. Comunque noi li trattiamo in modo diverso: parliamo di maltrattamenti e li combattiamo. Gli altri li mettono per suscitare tenerezza».
La storia che l’ha colpita di più.
«Quella dei cosiddetti “Orsi della luna”, chiusi in anguste gabbie, ai quali in Vietnam viene applicato un catetere per farne spurgare la bile e usarla per un preparato che serve alla medicina tradizionale cinese. I proprietari ne hanno anche 50-100 e li chiamano bancomat: con 10 cc. di siero realizzano 50 dollari. Che là è una fortuna».
Greggio e Iacchetti, con la loro ironia tagliente, sono un po’ «bastardini»?
«Sono sagaci. Fa parte del gioco ed è parte del loro successo».


(TV SORRISI E CANZONI - OTTOBRE 2011)

lunedì 19 settembre 2011

BRUNO VESPA * DO I VOTI A (QUASI) TUTTI I MIEI COLLEGHI

«Io sono un angelo, sa? Sarò assunto in cielo con tutti i vestiti. Mi dovranno trattenere per le scarpe». Occhi spalancati e sorriso sornione, prima di smaterializzarsi in una nuvola di zolfo (e in attesa di riprendere di fatto il 20 settembre la nuova edizione di «Porta a porta»), Bruno Vespa fa giusto in tempo a rilasciare quest’intervista.

Vespa, quest’anno fra le novità dell’approfondimento giornalistico in tv c’è «In onda» con Luca Telese su La7, dove Nicola Porro prenderà il posto di Luisella Costamagna. Che però funzionava. Che cosa ne pensa?
«Vero, ma hanno fatto benissimo. La7 ultimamente scivolava un po’ troppo a sinistra, ed essendo una rete in crescita, ha bisogno di ampliare il pubblico, ricollocarsi. Se fa trasmissioni più equilibrate, ha solo da guadagnare».
Alessio Vinci di «Matrix». Quali differenze ci sono tra voi?
«Lo stimo, è un gentiluomo. La differenza però è totale, generazionale e di formazione. Lui viene da un giornalismo anglosassone, io da uno mediterraneo. Lui da news molto strette; io ho avuto la fortuna di partire dall’elenco degli spettacoli al Tempo de L’Aquila, per arrivare a “Porta a porta”. Ho fatto veramente tutto e ho un’esperienza più larga».
Come numeri, nei vostri scontri chi vince?
«Beh, larghissimamente io. Vado a memoria su quest’anno: 62 a 15 o a 13, contando due-tre pareggi».
Milana Gabanelli col suo «Report» e l’infinito problema della tutela legale.
«Credo che abbiano risolto nella formula più corretta: quando c’è dolo o colpa grave paga l’azienda e si rivale sul collaboratore. Vale anche per noi, per tutti».
Santoro che fine farà?
«Sarà sempre in prima linea. Anche se ora inventa questa formula multimediale, non ha mai smesso di essere il trascinatore politico, coluiche serve il popolo. Certi suoi contrasti di fondo con i vecchi Ds, vengono dal fatto che lui faceva loro la lezione da sinistra. Ecco perché D’Alema non lo sopporta: l’ha sempre trattato come il compagno che sbaglia».
Tecnicamente, molto bravo.
«È un signor professionista, anche se l’ho sempre considerato oggettivamente, serenamente, amichevolmente incompatibile con il servizio pubblico».
La attacca spesso…
«Le cose ce le diciamo con franchezza. Lo scorso anno quando Berlusconi fece la sciocchezza di far sospendere i talk show per un mese, e noi fummo ospiti della stampa estera, chiesi: ditemi in quali vostri Paesi, nel servizio pubblico, c’è un programma come “Annozero”. Tutti zitti e muti».
Enrico Mentana a La7 ha fatto il botto.
«Meritato. Gli ho detto, e ha riconosciuto, di avere avuto l’intuizione giusta in un momento straordinariamente favorevole. Ha la fortuna di non dover fare un tg generalista. Al Tg1 non potrebbe mai mansare in onda quel tg, ma uno decisamente più noioso».
«L’infedele» Gad Lerner è anche fazioso?
«Beh, non mi pare che sia l’esempio luminoso da seguire citato in commissione di vigilanza: dovete fare come Lerner! Ha altre virtù, ma uno non spegne il televisore dicendo: oddìo, non ho capito Lerner come la pensava, stasera…».
Lei è accusato invece di essere troppo contiguo al potere, ecumenico…
«Equivicino».
Se preferisce…
«Mannò… E poi che cos’è il potere? La storia insegna: tutti gli intellettuali italiani più compromessi con il fascismo, il 26 luglio hanno cambiato opinione. Qual è il potere? Quello che c’è, o quello che ci sarà? Io sono le stesso da sempre, chiavi in mano. Con tutti i difetti e forse qualche pregio».
Troppo accomodante?
«Nessuno mi ha mai potuto dire: “Perché non hai fatto la domanda che avrebbe fatto il Corriere della sera, La Stampa o Repubblica?”, anche perché poi questi quando vanno a intervistare i potenti, non è che facciano cose stravolgenti... Colloqui di Berlusconi con Repubblica non mi pare abbiano seminato molto sangue. Io fui il primo a domandargli del conflitto d’interessi, nel ’94, dopo le elezioni, nella sua casa a via Dell’Anima».
E se Giuliano Ferrara tornasse in tv?
«Ma come se tornasse? È tornato, fa i suoi cinque minuti. Giuliano è un campione assoluto, l’uomo più colto. L’uomo…»
Se tornasse davvero. Non fa più parlare come prima…
«Probabilmente sì, non c’è dubbio. Però fa una trasmissione quotidiana. Non puoi fare clamore tutti i giorni».
Gianluigi Nuzzi e (pare) Filippo Facci, su La 7 con «Omissis».
«Bravi. Ma bisogna vedere come sarà il programma. Puoi essere una gran firma e non saper fare tv, o viceversa. Né Biagi né Montanelli hanno dato il meglio in video».
Giovanni Floris a «Ballarò». Il primo della classe?
«Fa una trasmissione a mio avviso non equilibratissima, ma importante. Avrà più spazio, giocoforza, grazie all’assenza di Santoro».
L’approfondimento si spegne praticamente per quattro mesi, d’estate. Ma non le notizie. Accetterebbe che qualcuno facesse un «Porta a porta estate» al posto suo?
«Come, col mio stesso marchio?».
Sì.
«Ma che fa, bestemmia? Nessuno vieta che lo facciano, ma chiamandolo con un altro nome. “Porta a porta” mi appartiene».
Antonello Piroso, poverino, era su La7, lavorava bene. Arrivato Mentana, è stato spazzato via...
«Ma hanno triplicato l’ascolto… C’est la vie. Faccia altre cose».
E Antonio Ricci?
«Pensavo parlassimo di colleghi, invece cambiamo campo».
Mica tanto. In fondo Ricci fa una sorta di contro tg…
«Ricci è il dominus della nostra tv. Più di così... Fa quello che vuole, come vuole, quando vuole. Ha il successo che si è guadagnato, che gli puoi dire?».
A «Striscia» spopola Gianpaolo Fabrizio, il suo sosia: «Bruneo» Vespa…
«Mi è simpatico. Un giorno l’ho incontrato, in aereo, e si è presentato. Non l’avevo riconosciuto: senza nei, senza trucco, sembra un signore qualunque. È stato carino, ha voluto farsi la foto ricordo con me».


(TV SORRISI E CANZONI - SETTEMBRE 2011)

domenica 29 maggio 2011

MA RED RONNIE (GABRIELE ANSALONI) E' MAI STATO QUALCUNO?

Credo che Red Ronnie (all'anagrafe Gabriele Ansaloni) non sia mai stato nessuno anche quand'era qualcuno. Cioè quando l'essere in video gli dava qualche chances in più di poterlo credere. Un piazzista di tele-corsi di chitarra dall'aria furbetta che ha brillato per un po' di luce riflessa sui cascami delle canzoncine Anni 60, aprendo un "Roxy Bar" che ha via via perso clienti, fra improbabili rotonde sul mare e la ricerca di band emergenti che servivano forse a far emergere più lui, che le suddette band.
Colpito oggi da improvvisa e ritengo meritata impopolarità - basta dare un'occhiata ai commenti sulla sua pagina Fecebook - per il sostegno, da molti ritenuto opportunistico, a Letizia Moratti, mi piace ricordare un aneddoto di tanti anni fa.
All'epoca scrivevo per un quotidiano locale, La Provincia Pavese, e mi dilettavo canticchiando con alcuni vecchi amici nei Beagles, gloriosa band dialettale pavese che riproponeva in dialetto oltrepadano le cover di alcuni cult della musica. Una goliardata, non certo un business, come è facile intuire. Presenziando a molte conferenze stampa per motivi di lavoro, mi capitava di incontrare quasi tutti i personaggi dello star system italiano, ai quali spesso chiedevo una cortesia: 15 secondi (cronometrati) del loro tempo per registrare al volo su cassettina un "saluto" ai Beagles. Saluto che avremmo poi piazzato in apertura dei bigoleschi dischi. Un piccolo vezzo che però ci galvanizzava. Hanno accettato tutti - ripeto, tutti - coloro ai quali l'ho chiesto. Alcuni con grande entusiasmo. Personaggi veri, del calibro di Eros Ramazzotti, Teo Teocoli, Antonio Ricci, Gene Gnocchi, Gerry Scotti, Raf, Marco Masini, la Gialappa's Band. Persino l'immenso Raimondo Vianello. E ne dimentico molti altri. L'unico - ripeto, l'unico - che si rifiutò con una punta di snobismo fu Red Ronnie (alias Gabriele Ansaloni). Già, ma all'epoca scrivevo per La Provincia Pavese.
E vedendo muoversi il nostro diplomaticamente dietro le quinte, ebbi la netta sensazione che se la stessa richiesta gli fosse arrivata da un collega, chessò, del Corriere della sera o di Repubblica, cioè di una grande testata, avrebbe acconsentito senza fare una piega.
Gabriele Ansaloni per me è morto quel giorno. Mi piace constatare come molti oggi stiano iniziando a conoscerlo ed apprezzarlo.

lunedì 18 aprile 2011

PATRIZIA MIRIGLIANI * MISS ITALIA È MIA, E LA GESTISCO IO

Miss Italia» cambia casa. Dopo aver consumato in modo «consensuale» (come recitano i comunicati stampa) la separazione dalla sede storica di Salsomaggiore Terme, il concorso di bellezza per antonomasia cerca una nuova città d’elezione. Sono una quindicina i comuni che si sarebbero già fatti avanti per ospitarlo. Abbiamo incontrato l’organizzatrice, Patrizia Mirigliani, per fare il punto.

Mirigliani, per Salsomaggiore aveva senso perdervi dopo 41 anni?
«Forse no, se si considera che grazie a “Miss Italia” Salso è diventata simbolo della bellezza. Ha senso se si pensa a una certa crisi del termalismo, ai tagli dei fondi ai comuni. Ma ci siamo lasciati senza rancore».
Il sindaco ha detto: «Non posso rinunciare a un asilo nido per fare Miss Italia». Demagogia?
«Beh, un po’ sì. Si potevano fare altri esempi. D’altra parte capisco il problema di dover giustificare in qualche modo l’arrivederci a qualcosa di tanto simbolico».
«Miss Italia» a un comune costa «600 mila euro» l’anno, come è stato scritto?
«Suppergiù, la cifra è quella».
In fondo il loro bilancio è passato da 23 a 20 milioni di euro… Non è che hanno cercato un pretesto per chiudere con voi?
«Figurarsi... “Salso” secondo me ha fatto un errore: questo settore vive di sinergie, e avendo la fortuna di ospitare un evento così, doveva farlo vivere tutto l’anno, non un mese. Creare decine di convegni, spettacoli, incontri legati al beauty. Come ha fatto Sanremo col Festival… Loro, no».
La convenzione col comune doveva durare ancora due anni. Pagheranno una penale?
«No. Se avessimo avuto problemi ci saremmo attaccati a quel cavillo. Invece per fortuna fuori dalla porta ho la fila di gente che vuole ospitarci. Tra poco, scioglierò le riserve».
Un’anticipazione?
«Posso dirle che sono lusingata dalla richiesta di Sanremo, che sente di aver bisogno anche di noi. Ma è spuntata Rapallo. E chi ha detto che non possa essere anche Montecatini?».
La sua società, la «Miren», è stata oggetto di un servizio de «Le iene», che hanno intervistato alcuni albergatori di Salsomaggiore. Se ne evinceva che voi non avreste pagato alcuni debiti…
«Non meriterebbero risposta, ma non è corretto ciò che hanno fatto “Le iene”. Per fare audience si è voluto mettere in cattiva luce il concorso. Ho i fax con le smentite degli albergatori. Ho sempre pagato tutto, a parte un caso contestato sul quale c’è una causa in corso. Qualche sospeso l’aveva la Società d’Area comunale, che si occupa di queste cose. La “Miren” è uscita da tutto con un credito di 14 mila euro, che ho deciso di lasciare a Salsomaggiore».
Ha querelato «Le iene»?
«Stiamo valutando, ma per ora no».
Milly Carlucci ha detto che non condurrà ancora «Miss Italia», se non cambierà la formula, virando più verso il talent.
«Milly è una grande professionista che ci ha avvicinati al glamour, ma “Miss Italia” non deve diventare un reality, e ogni considerazione sulla sua evoluzione riguarda chi lo cura. Questo concorso è una celebrazione, l’Italia aspetta il nome della vincitrice. Chi lo conduce ha voce in capitolo su alcuni aspetti della costruzione tv, che non sono però mai determinanti».
Siete già partiti col lavoro per la nuova edizione?
«Le selezioni iniziano in questi giorni per chiudere attorno al 20 agosto. Da quest’anno apriamo anche alla taglia 44, alle forme più morbide. È giusto, per combattere i modelli televisivi troppo spesso negativi che inducono le ragazze all’anoressia».
Antonio Ricci ha detto: se la Rai rinuncia a «Miss Italia», io rinuncio alle Veline…
«Ricci è un talento ironico che ama le provocazioni. Non confondiamo però “Veline” e “Miss Italia”: le prime sono ragazze di spettacolo che hanno un contratto in un programma televisivo. Il nostro è un concorso di bellezza. Un punto di partenza per qualcosa di più o un’esperienza fine a se stessa, in assoluta libertà».
Si fa un gran parlare del «corpo della donna» e del suo ipotetico sfruttamento. E la vostra è una passerella di corpi femminili…
«Torniamo alla parola di prima: libertà. Sono tutte polemiche pretestuose di chi – quasi sempre uomini – sfrutta le donne per altri giochi o fini. Siamo noi a non dover abboccare. Se una ragazza è bella e intelligente e vuol partecipare a “Miss Italia”, perché non lo dovrebbe fare? Le vogliamo lasciare in pace, queste donne?».

(TV SORRISI E CANZONI - MARZO 2011)

lunedì 11 aprile 2011

I NUOVI MOSTRI STRISCIANO FRA NOI (ANCHE DALL'ESTERO)

«I nuovi mostri» non sono i conduttori, Salvo Ficarra e Valentino Picone, ma una rodata rubrica di «Striscia la notizia», nata il 17 novembre 2004. «È la classifica del peggio della settimana televisiva; sul podio finisce lo spezzone catodico più trash» dicono nel quartier generale di Antonio Ricci. Gli scoppiati de «L’isola dei famosi» sono linfa vitale, ma ci finiscono anche le esternazioni di quei personaggi che sfoggiano tele-litigiosità: da Vittorio Sgarbi a Daniela Santanché, passando per Antonio Di Pietro. Vip, gente comune e politici ma anche giornalisti (come un celebre scontro fra Lucia Annuziata e Michele Santoro ad «Annozero»). La novità di questa edizione è l’apertura ai filmati delle tv estere, che quanto a trash non sono messe molto meglio di noi. Il pubblico le scova sul web.

(TV SORRISI E CANZONI - APRILE 2011)

giovedì 3 marzo 2011

IL CORPO DELLE DONNE * RICCI MANDA LA DOMANDA PROVOCATORIA A TUTTE LE GIORNALISTE

Sul corpo delle donne (e le relative ipocrisie legate al suo utilizzo mediatico), c'è battaglia. Da quando qualcuno ha attaccato il "Drive in" di Antonio Ricci, indicandolo come origine di tutto il velinismo moderno, il papà di "Striscia la notizia" è partito lancia in resta per difendere se stesso e la propria creatura. Prima con un documentario trasmesso a "Matrix" (video che ha fatto infuriare Natalia Aspesi), nel quale attaccava le testate e i siti del Gruppo Espresso, ree di fare lo stesso sfruttamento delle forme femminili. Ora, con una domanda inviata via mail a tutte le 1217 giornaliste dei gruppi editoriali: Mondadori, Espresso, Rcs e Condè Nast. Lo potete leggere qui sotto, con relativo termine perentorio per l'invio della risposta. Lo firmano i cinque addetti stampa di "Striscia": Soldati, Lanzarotto, Parere, Pasqualini e Testori. Quante risponderanno? Quante faranno orecchie da mercante? "Striscia" dopo la Festa della donna darà i risultati del questionario.

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DOMANDA RIVOLTA A TUTTE LE GIORNALISTE DEL GRUPPO MONDADORI,
L’ESPRESSO, RCS E CONDÉ NAST

DOCUMENTARIO “IL CORPO DELLE DONNE 2”
 
http://www.striscialanotizia.mediaset.it/video/videoextra.shtml?12761
 
DIGNITÀ DELLE DONNE. DOPO LA PROTESTA LA PROPOSTA:
È DISPOSTA A METTERE LA SUA FACCIA NELLA BATTAGLIA PER CAMBIARE L’UTILIZZO CHE ANCHE IL SUO GIORNALE FA DEL CORPO DELLE DONNE?

o SÌ
o NO

È possibile votare fino alle ore 20.00 dell’8 marzo 2011, festa della donna.

*LA MANCATA RISPOSTA VERRÀ VALULATA COME UN NO.

«BIG» (ODEON TV) * ECCONE ALTRI CHE PROVANO A RIFARE IL «DRIVE IN»

Ogni tanto qualcuno si mette in testa di rifare il «Drive in». O quantomeno prova a spacciare un nuovo tele-prodotto comico come una sorta di filiazione del must firmato da Antonio Ricci. Programma finito di recente nel tritacarne mediatico come origine del velinismo attuale. Pronto il contrattacco del papà di «Striscia la notizia» alle armate di Repubblica; replica stizzita di Natalia Aspesi. Insomma, guerra infinita e storia ormai nota.

Stavolta i temerari che citano «Drive in» vengono dalla meno esposta Odeon Tv, che lancia stasera alle 23 le prime due puntate di «Big». Per le altre, si vedrà la risposta del pubblico. Auditel vede e provvede. La regia è di Riccardo Recchia, nipote dell'immenso Beppe, che di «Drive in» fu tra i padri, e il capo-comico conduttore (occhio che questo è un elemento discordante rispetto al modello di riferimento) è Mimmo Pesce. Due autori e comici vengono purtroppo direttamente dal «Colorado Cafè» di Italia 1 (il programma comico che non fa ridere), ovvero Nando Timoteo e Francesco Rizzuto. E ciò non fa ben sperare. Poteva mancare la sventagliata di gnocca? Certo che no. A emulare la bombastica sensualità della cassiera Tinì Cansino pensa la “Zuccherina” Reina Moncada (nella foto), nel cast di «Quelli che... il calcio» e tra le protagoniste dell'imminente “Pipìroom» con Jerry Calà. Poi, sulla scia delle altre ragazze Fast Food ecco una bambolona bionda venuta dalla Russia (Maria Gousseva) e le altre zuccherine: Morena Putzu, Erminia Moscato, Melania Costa.
Se se son rose, fioriranno. Ma è ancora tutto da vedere.

sabato 4 dicembre 2010

«THE CALL» * IL TRAMONTO DI TEO MAMMUCARI

Fa sempre piacere quando un "non simpatico" (c'è chi direbbe peggio), ha successo. Perché si ribaltano i luoghi comuni. Perché il buonismo annoia e puzza di ipocrisia lontano un miglio. Perché c'è sempre la speranza che dietro il "non simpatico" (c'è chi direbbe peggio) si nasconda una personcina ammòdo. Uno che poi sorride alla vita. Uno sincero e non rancoroso.
Teo Mammucari fa il "non simpatico" (c'è chi direbbe peggio) da una vita. Prima nei villaggi turistici - dove forse è bene che prima o poi si decida a tornare, perché manca qualcuno per il gioco caffè -, poi a "Libero", dov'era impagabile confezionatore di scherzi telefonici. Veri o finti che fossero, c'era da ridere. Un successo epocale.
L'ultimo Mammucari, per intendersi da quando è stato prima miracolato e poi scaricato da Antonio Ricci in polemica con lui, non ha più imbroccato un programma. Non fa eccezione questo "The Call", partito ieri sera su Italia 1 con il risultato flop di 1.743.000 (8,14% di share). E dire che per andare sul sicuro in teoria Teo giocava in casa, clonando quelle burle telefoniche che fecero la sua fortuna. E dire che era il debutto, con l'inevitabile effetto curiosità.
Ho l'impressione che sia arrivata la chiamata; che siamo al tramonto di un divo per caso. Molto per caso. Vuoi vedere che Mammucari, in definitiva, era soltanto un "non simpatico" (c'è chi direbbe peggio)?

sabato 13 novembre 2010

IL CASO FINI-BERSANI A "VIENI VIA CON ME" E' UNA TRAPPOLA DI FABIO FAZIO A MAURO MASI

Scaltro come una faina e senza un altro Roberto Benigni per fare il botto, Fabio Fazio aveva bisogno di una bella polemichetta per far lievitare gli ascolti della seconda puntata di "Vieni via con me", lunedì in prima serata su Raitre. Il gran banalizzatore Adriano Celentano per il momento non è fra gli ospiti annunciati, e speriamo che non ce lo ammannisca nei prossimi appuntamenti, sennò mi incateno ai water di Viale Mazzini. Sperando non siano alla turca.
Niente di meglio del caso Fini-Bersani, uomini del momento, per costruire una trappola diabolica a Mauro Masi, il direttore generale della Rai. Subito pronto a proclamare: "Questi due non vanno in onda". Con il capostruttura Loris Mazzetti (l'uomo ombra dell'ultimo Enzo Biagi) che ribatte: "Verranno eccome". Sia o non sia, la trepidante attesa è bell'e servita. E soprattutto, Fazio ha già vinto: se viene boicottato, diventa un eroe e fa ascolto. Se non viene boicottato, ha comunque ottenuto il suo scopo. Complici le recenti difficoltà poltiche del Cavaliere, che lo rendono più coraggioso. Intanto c'è attesa per il prossimo speech di Roberto Saviano, recentemente criticato - con qualche valido motivo - persino da Marco Travaglio. Non c'è più religione. Il tutto mentre il diabolico Antonio Ricci l'altra sera ha mandato in onda un falso: una frase su Endemol (la casa di produzione del Grande Fratello ma anche di Affari tuoi, rivale di Striscia la notizia) che sarebbe stata censurata da Fazio nella splendida canzone di Roberto Benigni in onda nella prima puntata. Casualmente, anche "Vieni via con me" è marchiato Endemol, quindi rientra tra le proprietà di Silvio Berlusconi. Vuoi non ricordarlo allo scaltro Fabietto (e al pubblico) prima di andare ancora in onda? Giammai.

martedì 21 settembre 2010

DANIELE LUTTAZZI È MORTO (PROFESSIONALMENTE) IERI SERA

Con qualche ritardo sulle polemiche dei mesi scorsi, ieri sera è morto (professionalmente) Daniele Luttazzi. Pochi, a questo punto, lo piangono.
L'ex grande satirico è stato meritatamente massacrato da un servizio de «Le iene», che hanno sbugiardato con l'incredibile forza delle immagini - in un montaggio serrato -, una parte dei plagi perpetrati dal comico di Santarcangelo di Romagna. Dopo aver mostrato fervorini e pistolotti del Nostro, da sempre impegnato a criticare con sufficienza i battutisti che (lo) derubano, stigmatizzando giustamente il copia e incolla come una tra le pratiche più ignominiose per chi serve il mestiere di far ridere, ecco una ad una le incredibili figure di tolla di Daniele Fabbri in arte Luttazzi. Tutti i più (e meno) noti comedians americani saccheggiati senza vergogna. Con la bruciante evidenza delle immagini. «Le iene» hanno stimato che il 30% del repertorio del satirico più supponente sulla piazza - faccio notare che ero tra i suoi estimatori -, colui che si vantava di essere uno tra i più prolifici produttori di calembour e facezie, sia frutto di «omaggi» ad altri grandi. Luttazzi è arrivato al punto di criticare Paolo Bonolis, quand'era alla corte di Antonio Ricci, per avergli copiato una battuta che lui stesso aveva scippato a George Carlin. Come dire, una figura di cacca epocale. Roba per cui nascondersi e sparire nella vergogna per tutta la vita.
Raggiunto in un blitz a fine servizio dall'inviata de «Le iene», Luttazzi era in evidente e nervoso imbarazzo, ha bofonchiato qualcosa a proposito di un «tramonto», forse il suo, ed è scappato in bicicletta praticamente senza rispondere. Come un idraulico qualsiasi beccato con le mani nella marmellata; uno di quelli che hanno appena fatto pagare alla casalinga il doppio del dovuto, senza fare fattura.
Una fine ingloriosa, imbarazzante e purtroppo - tocca dirlo - mai  così meritata.

Ecco il video (pluricensurato dalla società Krassner, che fa capo a Daniele Luttazzi), dal quale è partito il servizio de «Le iene»

martedì 20 aprile 2010

RAIMONDO VIANELLO * UNO CHE HA FATTO TANTO PER I «BEAGLES»

Non credo che Raimondo Vianello avrebbe gradito la pacchianata che è stata allestita in morte di Raimondo Vianello. Chi lavora nello spettacolo ha qualche prezzo da pagare alla popolarità, d'accordo, ma il Signore dell'ironia aveva sempre cercato di evitare tutti i pedaggi. Schivo e inarrivabile, con quel sottofondo di umorismo nero e la zampata cattiva capace di stenderti senza che te ne accorgessi.
Senza nulla togliere a Sandra Mondaini, per me Vianello è sempre stato sposato con Ugo Tognazzi, nella coppia che ha (re)inventato il varietà televisivo. Sandra è stata la seconda parte della sua carriera,  fortemente voluta, e la prima l'aveva in qualche modo quasi rimossa. Non si capisce bene perché. 
Chi conosce bene Sandra e Raimondo riferisce che in realtà - a dispetto della fiction - era lui a comandare. Aveva gestito e indirizzato con rigore ogni passo della carriera della coppia, nella quale aveva il ruolo del dominatore assoluto. Lei aveva dovuto piegarsi, forse persino rinunciare a qualcosa per amore suo e della Ditta.
Il mio personale ricordo di Raimondo Vianello è tenero e grato. Quasi vent'anni fa, giovane cronista de «La provincia pavese», lo incontrai per la prima volta a una conferenza stampa Fininvest. All'epoca mi davo parecchio da fare per promuovere i «Beagles», stravagante formazione pop dialettale dell'Oltrepò Pavese nella quale militavo, e convinsi Raimondo ad aggiungersi all'elenco dei prestigiosi testimonial che avevo già intercettato. Si trattava di registrare solo una breve frase di saluto alla band, da piazzare all'inizio del nastro. Lui accettò di buon grado, con una leggera diffidenza iniziale, guardandomi strano con i suoi profondi occhi azzurri. «Ma devo proprio?» disse stropicciando le guance. «Mi farebbe un grande favore». Lo fece. Così come lo fecero altri che conoscevo da tempo, come Gene Gnocchi, Antonio Ricci, Gerry Scotti, la Gialappa's Band e Teo Teocoli. Ma persino Eros Ramazzotti e Marco Masini. Grande Raimondo. Grazie anche per questo.
L'unico che rifiutò, poco collaborativo, con una punta di supponenza, fu Red Ronnie. All'anagrafe Gabriele Ansaloni. Perché? Sarebbe bello domandarglielo, ma di lui disgraziatamente non esiste quasi più traccia.

P.S.
Ho il sospetto che questa chiosa sarebbe piaciuta a Raimondo.

venerdì 29 gennaio 2010

MISTERO SANREMO: TUTTE LE DOMANDE SCOMODE DI GIGI VESIGNA

Si intitola "Vox Populi", la prefazione - illustre - è di Antonio Ricci, e minaccia già di far parlare. Il libro, firmato da Gigi Vesigna, storico direttore di Tv sorrisi e canzoni, ripercorre la storia delle stranezze e dei misteri legati alla kermesse, che sta per arrivare alla 60' edizione. Un traguardo storico. Stavolta sarà Antonella Clerici a cercare di traghettare in porto il festivalone, sperando di non incappare in un flop.
Ecco alcune delle domande alle quali Vesigna cerca di rispondere nel suo libro:

"Perché è stato montato il caso della canzone in dialetto quando nella sua storia il Festival ne ha già presentate tante in napoletano, sardo, veneto, calabrese e triestino? Perché non viene mai comunicato il numero effettivo di chi ha usato il televoto, ma solo le percentuali? Perché Elio e le Storie Tese non hanno vinto il Festival che, come è stato provato, era già loro? Perché i Jalisse sono stati cancellati dal mondo della musica? Perché Gianni Pettenati non ha potuto cantare la canzone Gesù Bambino (che oggi conosciamo come 4/3/1943)? Perché quando presenta una donna l’insuccesso è assicurato?"

Le domande sono e sarebbero, ovviamente, tante altre. Forse quella che al momento preoccupa di più l'ex conduttrice de La prova del cuoco, è proprio l'ultima.

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