sabato 18 maggio 2019

CACCIA ALLA FREGATURA * IL MIO GIOCO «PERVERSO» OGNI VOLTA CHE ARRIVO A NAPOLI

Nei vicoli di Napoli. Il monumento a Pulcinella.
Ogni volta che vado a Napoli (purtroppo raramente, anche se la amo molto) faccio partire il cronometro per verificare a quale ora del mio soggiorno arriverà il primo tentativo di fregatura o la prima sòla conclamata. È un giocone che faccio da sempre, non me ne vogliano gli amici napoletani ma sono prigionieri dei loro stessi luoghi comuni. Ieri è stato un record.
Atterrato all'aeroporto di Capodichino (che fra l'altro è nu babbà), esco sul piazzale alla ricerca di un taxi. Due "operatori" del terziario avanzato urlano e litigano come se stessero decidendo le sorti del mondo mentre smistano le genti sulle varie auto che arrivano alla spicciolata. Un'operazione che potrebbe svolgersi ovunque senza l'ausilio di "personale", lì diventa una sceneggiata inspiegabile ma straordinaria.


Salgo sul mio mezzo, comunico la destinazione (piazza della basilica di San Domenico Maggiore, pieno centro) e il tassista mi dice: «Centro signò, c'è la tariffa fissa, sono 18 euro, le va bene?». Mi si drizzano immediatamente le antenne ma la cifra mi pare abbastanza onesta (sono 7 chilometri circa) e rispondo: «Ok, se c'è il prezzo fisso...». Mentre lui guida, vado immediatamente a spippolare sullo smartphone per controllare le tariffe dei taxi sul sito del comune. Mi spunta tutto il tariffario e sì, aeroporto-centro sono 18 euro, prezzo fisso. Bene. Arriviamo quasi a destinazione, e vedo che il tipo inizia a compilare la ricevuta (mentre guida, ovviamente) e me la consegna. 23 euro. 

«Scusi, non abbiamo appena detto 18?». «Sì dottò, ma vede: ci stanno 5 euro di supplemento aeroporto da applicare comunque».
«Un supplemento su una tariffa fissa? Mi sembra improbabile».
«No no, dottò. Quello ci sta eccome, è il tariffario: purtroppo va pagato».

Cinque euro di differenza non mi cambiano di certo la vita e comunque me li rimborseranno, ma diventa ovviamente una questione di principio.
Torno sul cellulare alla doppia pagina delle tariffe comunali per i taxi e c'è scritto chiaramente che quei 5 euro ci sono e vanno pagati se si sceglie il normale tassametro. Non ci sono e non vanno pagati se si opta per il forfeit. Che mi ha invitato lui stesso poco prima a scegliere, fra l'altro.

Gli faccio notare la cosa, lui estrae la copia cartacea dello stesso tariffario e la smanuzza per una quindicina di secondi facendo finta di leggerla bene. Poi allarga le braccia. «Tiene ragggione, dottò: aspè, mi ridia quella che le faccio la ricevuta da 18». Tutto questo senza fare una piega, naturalmente. Non si scusa, non si scompone. La recita (idealmente) è: mi sono confuso. Del resto sarà la seconda corsa che faccio in vita mia, quindi è facile sbagliarsi.

I rapporti tra noi dovrebbero raffreddarsi, invece il calore del partenopeo aumenta. Mi porta a destinazione, mi dà anche qualche dritta per fare una stradina che mi accorcia il tratto a piedi. Si gira, mi saluta e sorride lievemente complice. Perché la verità è che il napoletano se lo sgami mentre cerca di fregarti, non ti detesta, ma ti rispetta. Perché cresce in lui la stima che ha nei tuoi confronti per essere stato scaltro quanto lui aveva tentato di essere. Un rispetto cavalleresco tra fregatore e potenziale fregato.
Detto ciò, per dovere di cronaca, va anche segnalato che il prezzo fisso della corsa in taxi fra Milano centro e Malpensa - e viceversa - è di 95 euro (novantacinque). Certo, sono 40 chilometri invece di 7, ma non nel lento traffico urbano.
Però ormai ho il fondato sospetto che il mondo si divida fra truffatori veri e altri legittimati a esserlo.

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