In quest'intervista di due anni fa (cioè due anni dopo la chiusura del cinquantennale percorso artistico dei Pooh, avvenuta nel 2016), il chitarrista bolognese Dodi Battaglia ricorda con estrema sincerità e affetto l'amico e collega Stefano D'Orazio, soffermandosi anche sugli altri Pooh. La posto qui sopra, in apertura. Battaglia si lascia andare ai ricordi e sottolinea pregi e difetti di ciascun componente della formazione più longeva della musica italiana.
Dodi (ne parla in un altro segmento dell'intervista, che pubblico integralmente qui sotto) non avrebbe voluto sciogliere la band, ma la volontà comune ha prevalso. C'è spazio anche per i ricordi e i tanti aneddoti di una carriera straordinaria: dagli incontri con Vasco Rossi e Sting, ai momenti in cui la litigiosità ha prevalso per un attimo sull'immagine patinata e armoniosa che veniva offerta al pubblico. Salutando Stefano, l'autore della commovente «50 primavere», canzone dedicata ai genitori nel giorno delle loro nozze d'oro.
Dodi Battaglia, leggendario chitarrista dei Pooh, esce con un audiolibro.
Giovedì 16 luglio esce l'audiolibro di “Lo sai che da vivo sei meglio che in tv?” di Dodi Battaglia, pubblicato da Volume Audiobooks. La musica sa entrare nelle vite di tutti noi e ci accompagna anche se non ci accorgiamo di lei. C'è chi la sceglie come amica e alleata di una intera vita e diviene suo tramite per toccare le emozioni e le esistenze di milioni di persone.
Questo è quanto è accaduto a Dodi Battaglia, chitarrista, paroliere ed interprete entrato a pieno titolo nella storia della musica pop italiana insieme con Red Canzian, Roby Facchinetti e Stefano D'Orazio. Dopo avere narrato molteplici racconti attraverso le canzoni, Dodi ha deciso di condividere la sua personale esperienza come uomo ed artista attraverso una raccolta di aneddoti e riflessioni in libertà, il tutto arricchito dai contributi di amici, di colleghi, di quanti con lui hanno collaborato e condiviso la passione per la musica.
Questi sono i contenuti della biografia “Lo sai che da vivo sei meglio che in tv?”, arricchita nella versione audiolibro di ben dieci nuovi capitoli, scritti nell'arco di tempo che va dal 30 dicembre 2016, data nella quale i Pooh hanno salutato definitivamente il loro pubblico, fino ad oggi. Voce narrante è Dodi in prima persona, il quale si è avvalso del contributo di Christian Iansante, Chiara Colizzi e Mattea Serpelloni, importanti rappresentanti del doppiaggio cinematografico italiano.
Dodi Battaglia, già chitarrista dei Pooh, nel suo studio.
Da ieri è disponibile nei negozi e store digitali “PERLE 2” (Azzurra Music) di DODI BATTAGLIA, l'album live in edizione limitata e autografata. Nel CD sono presenti 11 brani accompagnati da un libretto di 20 pagine, il tutto custodito in una confezione digifile in cartone a tre ante in linea con lo stile grafico del precedente album “PERLE” che, nel 2019, è stato tra gli album più venduti in Italia. La traccia 11, unico inedito presente in "PERLE 2", è “Sincerity” che DODI ha scritto con Marcello Balena. Il brano nasce dall’idea semplicemente di spiegare il modo in cui l'artista si pone nei confronti della musica. Un modo sincero, onesto, con il massimo del rispetto.
La tournée “PERLE - Mondi senza età” è stata, nelle sue due edizioni, doverosamente dedicata a Valerio Negrini, l'anima espressiva e l'artefice del linguaggio poetico dei Pooh. Attorno a Negrini e alle sue parole si sono riuniti negli anni un gruppo di ragazzi determinati a fare della musica il proprio obiettivo di vita e professionale. La lungimiranza di Valerio si è concretizzata nella capacità di affrontare, di conseguenza nei Pooh con lui, temi molto delicati e discussi, anticipando il mondo cantautorale, anzi tutto il panorama musicale italiano.
«Un piccolo, se rapportato alla mole di testi prodotti, ma rappresentativo esempio è costituito dai dieci brani raccolti in questo album live, lavoro che contribuisce a fissare nel tempo un progetto musicale che molto mi ha coinvolto e appagato in questo nuovo percorso intrapreso come polistrumentista, compositore, interprete che affronta il mondo della musica con le proprie gambe, accompagnato dallo strumento che così profondamente ha segnato la mia vita, la chitarra. - commenta Dodi Battaglia - Nelle canzoni che andrete ad ascoltare troverete tutto ciò che è importante e che ci accomuna, malgrado le vite e le esperienze così diverse: i desideri grandi per quanto semplici, le disillusioni, la voglia di amare, il desiderio, la città vissuta come antagonista ma anche complice, la conflittualità che si viene a creare tra uomo e donna. Tante vite diverse raccontate nello spazio di una canzone, ma vivide al punto da rendercene partecipi durante l'ascolto. – conclude - Nelle tante serate in cui ho avuto l'onore di condividere con voi questo bagaglio artistico, abbiamo avuto in comune le stesse emozioni e lacrime, quelle belle, di cui non ci si deve vergognare. Perché quando la commozione scaturisce dalla bellezza e dai ricordi che amiamo, ognuna di quelle lacrime è la più preziosa delle perle».
Tracklist “PERLE 2”:
1. COMUNI DESIDERI (Musica: Dodi Battaglia - Testo: Valerio Negrini)
2. TRA LA STAZIONE E LE STELLE (Musica: Roby Facchinetti - Testo: Valerio Negrini)
3. DIRITTO D'AMARE (Musica: Dodi Battaglia - Testo: Valerio Negrini)
Dodi Battaglia, il leggendario chitarrista dei Pooh.
Non fate notare a Dodi Battaglia che i Pooh hanno già festeggiato 50 anni di carriera (per poi sciogliersi), perché lui giustamente puntualizza: «Attenzione, io però entrai nella band nel ’68, quindi i 50 di mestiere li ho appena compiuti. E anche celebrati, con un live a Bellaria Igea Marina davanti a 26 mila persone. C’erano amici, guest come Mario Biondi, Luca Carboni, Gigi D’Alessio, Marco Masini, Silvia Mezzanotte, Mietta, Enrico Ruggeri, Maurizio Solieri e Fio Zanotti. È diventato un doppio cd: “Dodi Day”».
Adesso, però, stiamo un po’ tranquilli.
«No, ora sto facendo un tour teatrale: un progetto che si chiama “Perle – Mondi senza età”. Sono andato a ripescare pezzi amati dal pubblico ma poco suonati dal vivo. Atmosfere sofisticate, che poco si adattavano al nostro tipico clamore da stadio. Non solo lati B. Anche cose pregevoli, mica “La bambolina che fa no no no”. Credo che anche questo tour diventerà un disco».
I discografici vanno accontentati.
«Guardi, i discografici non sanno neppure più loro che cosa vogliono. Li vedo smarriti, che dicono un giorno: “Facciamo i rapper”. Poi: “No, i giovani ma col remix”; “No, facciamo quelli dei talent”; “No, meglio i vecchi: rischi meno e danno sempre un fisso garantito”. È dura per tutti: li capisco».
L’impressione, vedendovi fa fuori, è che voi Pooh vi siate divisi dopo 50 anni di carriera e un anno intero di celebrazioni, non vedendo l’ora di iniziare poi a lavorare ognuno per proprio conto.
«Mi spiace davvero se abbiamo dato questa impressione. Però in parte capisco, se qualcuno può averla avuta. Anche perché se poi, dopo due mesi, rivedi tutti a Sanremo… Io tra l’altro non sono stato, lo ammetto, tra i più grandi fautori di questa chiusura. Però bisogna comprendere che ci sono le individualità. Noi comunque, anche se ci sciogliamo, agli occhi della gente resteremo sempre i Pooh».
Un marchio indissolubile?
«Un matrimonio, anche se finisce. Ma è giusto così. Il legame di fatto resta. Sono sicuro che se uno di noi fa un concerto da un milione di persone, un altro va dal manager e gli dice: “Oh, a me ne vorrai far fare uno da almeno 500 mila?”».
Un ricordo della sua carriera che non sia legato ai Pooh.
«Anni 80. La sera in cui andai in una villa padronale che Vasco Rossi aveva affittato in collina, sopra Riccione, per portargli un pezzo che avevo scritto per lui. C’era, ovunque, una varia umanità policroma incredibile: giovani, vecchie signore, commendatori. Mai visto niente di più variegato. Entro in una stanza, e a un antico tavolone austero era seduto Vasco: estrae il microfono e l’asta dal cassettone e inizia a cantare. Sembrava un concerto fatto al rogito, da un notaio».
Nel 1984, con gli altri, incideste un disco alle Hawaii, «Aloha».
«C’era questo studio di registrazione rinomatissimo, a Maui, dove andavano i più grandi, da Jagger a George Benson. Aveva una fama incredibile. Arriviamo e prendiamo atto che lo studio non era male, ma in fondo niente di che. Normale. Indagini più approfondite ci fecero scoprire che nei dintorni c’era un’enorme piantagione di marijuana di prima qualità. Abbiamo capito così il motivo della buona nomea dello studio. Un giorno il proprietario ci disse che nei giorni successivi sarebbe passato Mick Jagger. Lì fra noi inizio la gag: “Sì, però qui è impossibile lavorare con questi Rolling Stones sempre tra le balle!”».
Siete stati anche ai Caraibi…
«Per dieci giorni in spiaggia, nelle pause, facemmo il bagno con Sting e sua moglie Trudie Styler. Fra gli italiani non posso non segnalare quella sagoma di Gigi D’Alessio».
Che cosa combina?
«Ogni volta che lo incontro - ogni volta - mi rinfaccia in napoletano stretto molto colorito di non avergli fatto un autografo dopo un concerto negli Anni 80 all’Ippodromo di Agnano. Di solito li faccio. Quella sera scappai dalla folla con la mia Porsche azzurra metallizzata. E lui ce l’ha ancora a morte. Per fortuna c’è Luca Carboni».
Che inavece non ce l’ha con lei.
«No, lui prima di avere successo faceva il commesso in un negozio di scarpe a Bologna, e ancora racconta estasiato di quando entrai a comprarne un paio».
I Pooh e quell’immagine unita sempre impeccabile. Però qualche “contenzioso” fra voi l’avrete avuto…
«Semplice e sano spirito di competizione. Il problema, essendo in quattro, cioè un numero pari, era su alcune decisioni da prendere. Se eravamo tre contro uno, nessun problema. Sul due a due ci bloccavamo. Invece di tirare la moneta facevamo decidere alla prima persona che passava in corridoio: una cameriera, la segretaria, chiunque».
Non male come metodo. Le frizioni maggiori saranno state sui pezzi da inserire negli album, immagino.
«Una volta mi misi di traverso. Avevamo la regola che l’autore della musica decideva. Il pezzo l’avevo scritto io su testo di Valerio Negrini e lo volevo cantare io a tutti i costi. Il resto del gruppo decise che a cantarlo fosse un altro. Non volli sentire ragione e arrivai al punto di ritirare la canzone».
Che peccato…
«Sì, ma poi uscì comunque con la musica cambiata e lo stesso testo: era il “Il volo della colomba” e la cantò Facchinetti».
Le chiedo uno sforzo: mi dica il principale difetto di ognuno dei Pooh. Lei compreso naturalmente.
«Ci sto soltanto se mi fa dire prima anche i pregi».
È andata. Il tastierista Roby Facchinetti.
«È uno tra i migliori autori d’Italia e una tra le più belle voci. È anche, di carattere, molto trascinante: così come, quando è in fase entusiastica, ti porta alla luna, alla vertigine, così bisogna tutelarsi quando è in quella negativa e con la stessa veemenza ti trascina all’abisso. Bisogna prendere pro e contro».
Il bassista Red Canzian.
«È uno straordinario comunicatore. Ha una capacità di convincimento incredibile: piazzerebbe ghiaccioli agli eschimesi. La sua capacità di convincimento però purtroppo è talmente grande, che a volte riesce a convincere anche se stesso quando magari non è il caso. Lì viene il difficile».
Il batterista Stefano D’Orazio.
«La persona più simpatica che conosca: intelligente, con mille attività e interessi. Ecco, a volte, portandone avanti così tanti tutti insieme, non sempre alcuni arrivano a definirsi».
Chiudiamo con lei, il chitarrista Dodi Battaglia.
«Sono una persona con una grande sensibilità, nel bene e nel male. E nel mio mestiere la sensibilità non è mai troppa».
Mancano i difetti.
«Io non ho difetti».
Ma figurarsi.
«Anch’io sono uno che lascia un po’ correre: a volte mi perdo via, tralascio. Non metto sempre la stessa enfasi o impegno. D’altra parte la vita è mia, decido io, e finora mi sono sempre trovato abbastanza bene». (DAL SETTIMANALE OGGI - NOVEMBRE 2018)
«Insieme» la cover dell'album di Robi Facchinetti e Riccardo Fogli.
Adoro i Pooh, perché sono deliziosamente, commercialmente, sfacciatamente senza freni. Dopo aver spremuto come un limone di Sorrento per più di un anno il tour «L'ultima notte insieme», che avrebbe dovuto segnare il ritiro definitivo della band dalle scene, eccoli che ora puntualmente ricicciano da soli. Manco a dirlo.
La copertina del cd di Dodi Battaglia
Il primo sarà Dodi Battaglia, che dopo un'estate di concerti il 20 ottobre pubblica un doppio album intitolato «...E la storia continua», giusto per far capire chiaramente che non sarà facile liberarsi di lui. Tra l'altro è un chitarrista dal talento davvero maiuscolo e riconosciuto a livello internazionale e da parecchio tempo coltiva la voglia di muoversi da solo. Il disco contiene 26 successi degli orsacchiotti bolognesi cantati da lui, e quattro pezzi che ha inciso come solista.
Dodi Battaglia
Più furbetto il duo composto da Roby Facchinetti e Riccardo Fogli, quest'ultimo riunitosi ai Pooh per il tour del cinquantennale. Anche loro ricicciano, ma in coppia, e il 3 novembre pubblicano «Insieme». Anche qui la retorica inevitabile è quella del discorso che continua, della storia che non può finire, ecc. C'è «Strade», un inedito di Facchinetti composto con lo storico autore Valerio Negrini (in radio dal 13 ottobre) e il programma prevede anche due concertoni nell'aprile 2018 a Milano e Roma.
E se Stefano D'Orazio, che si era già ritirato per poi tornare in pista giusto per i 50 anni e il tour d'addio, probabilmente è destinato a restare più defilato (anche se di recente fa spesso l'ospite in tv), c'è da aspettarsi che presto anche Red Canzian (tradizionalmente l'addetto stampa della band) voglia dire la sua come solista. E chi si sogna di negarglielo? È chiaro che, come nell'ormai famosa barzelletta riciclata anche da Berlusconi, alla fine dovranno abbatterli.
È stato un folgorante tweet a ciel sereno quello di Enzo Ghinazzi in arte Pupo, che oggi pomeriggio sul suo profilo ha esternato sul concertone d'addio dei Pooh, il 30 dicembre a Bologna:
«Ho visto l'ultimo concerto dei Pooh. Un'operazione mediatica geniale, ma anche un grande bluff musicale. Comunque bravi, obiettivo colpito».
Le reazioni stizzite («Tutta invidia», «Rosichi») dei fan di Roby Facchinetti, Red Canzian, Dodi Battaglia e Stefano D'Orazio (con l'aggiunta del ritrovato Riccardo Fogli) non hanno tardato ad arrivare, con offese anche pesanti all'indirizzo di Ghinazzi, che a un certo punto ha minacciato querele a chi metteva in dubbio la sua onestà e correttezza professionali. Poi è entrato nella mischia anche Francesco Facchinetti, figlio di Roby, toccandola piano: «Tu che sentenzi sui Pooh è come sentire cantare Dj Francesco alla Scala di Milano». In allegato il fotomontaggio di un'ipotetica cover (foto sopra) del nuovo disco di POOHPO, «Enzo Ghinazzi canta i Pooh». Tra i due, comunque, sembra essere finita a tarallucci.
La frase di Pupo andava spiegata forse meglio dall'interessato (e i 140 caratteri di Twitter sono pochi per argomentare), ma un fatto è certo: per tutto il 2016 i cinque orsacchiotti hanno portato in scena il loro lungo concerto d'addio spremendo il limone sino in fondo. D'Orazio aveva già abbandonato il gruppo ed è tornato appositamente (come aveva promesso) per l'evento d'addio dei 50 anni, e Fogli è stato scongelato per l'occasione. Negli ultimi mesi, i cinque non si sono fatti mancare niente: stadi, cofanetti, date aggiunte (io avevo assisitito con piacere a una tappa a Verona). Nello stile da sfarzoso pop mainstream piglia tutto che è sempre stato il marchio di fabbrica della formazione. Forse in questo senso si spiega un po' meglio la frase polemica di Ghinazzi. Caso vuole che sia Pupo che Francesco Facchinetti (e persino Red Canzian) siano tra i 50 personaggi che si sono raccontati nel mio libro «Il peggio della diretta», da poco pubblicato per Mondadori.
C'è anche l'always young Francesco Facchinetti, generatore automatico di turbolenze in tv e nello showbiz, fra i personaggi che raccontano i loro segreti nel mio libro «Il peggio della diretta», appena pubblicato da Mondadori Electa. L'iperattivo figlio di Roby dei Pooh, agente di spettacolo e testimonial di marchi pubblicitari ma all'occorrenza anche cantante (Dj Francesco) e conduttore, rivela alcune idiosincrasie dei cantanti alle prese con i sound check, e altre problematiche da palco, meglio note come sfighe. Un aneddoto spassoso riguarda Morgan, e un altro Lorella Cuccarini, appena tornata in video con «NemicAmatissima» accanto a Heather Parisi, ma all'epoca ospite di un'edizione di «X-Factor» condotta da Facchinetti. «Il peggio della diretta» (disponibile in libreria e sui principali siti di vendita on-line) contiene più di 100 storie da backstage raccontate in prima persona da 50 artisti che hanno accettato di confidarmi i loro più imbarazzanti, esilaranti, divertenti, ma a volte anche drammatici o problematici dietro le quinte. Un capitolo molto intenso è dedicato proprio a un membro dei Pooh, Red Canzian. Qui sotto, in un video, tutti i personaggi che si raccontano nel libro.
«Non potrò mai dimenticare il suo telegramma al mio primo Sanremo, mi scrisse: “Olè”. Fu il primo messaggio e ne fui onorato, ci mancherà tanto la sua genialità, era un grande…». Eros Ramazzotti «Lucio no, proprio non me l'aspettavo! L'avevo visto a Sanremo pochi giorni fa, sempre allegro, con quei suoi occhi da Elfo che sembravano guardarti dentro e sorridere di ciò che vedevano. Sembrava eterno. Lo stesso che clowneggiava con il clarinetto alla Palazzina Liberty di Milano, quando lo vidi per la prima volta mentre cantava "Com'è Profondo Il Mare", 30 anni fa. Lo stesso che cantava "Paff Bum" con i mitici Yardbirds, guadagnandosi il rispetto e la gratitudine di noi piccoli rocker. Un jazzista inventatosi cantautore trasformato in Pop Star. Mi ha fatto l'onore di suonare in 2 mie canzoni. Un uomo fiero, ironico, molto emiliano. Un grande musicista. Però questa brutta sorpresa non dovevi farcela Lucio! Buon viaggio, salutami Caruso...». Eugenio Finardi
«Lucio, perché così lo chiamiamo tutti da sempre, senza bisogno del cognome, è stato amico e fratello di tutti quelli con cui ha lavorato, cantato o anche solo parlato… Sempre uguale a sé stesso, sempre in equilibrio perfetto con una cultura acquisita e inventata strada facendo. Lucio è stato l’esempio più bello di chi ha saputo trasformare con leggerezza il proprio lavoro in un’arte. Lucio, con la sua continua voglia di stupire e la sua involontaria capacità di piacere al mondo! » Pooh
«Mio padre a sette anni mi fece ascoltare, durante un viaggio in auto "Ma come fanno i marinai". Ho capito qualche anno dopo che uno di quei marinai "mascalzoni ed imprudenti con la vita nei calzoni e col destino in mezzo ai denti sotto la luna puttana e il cielo che sorride" era proprio Lucio; e che mi avrebbe insegnato ad amare le parole e a godere della loro leggerezza e della loro profondità. Un giorno gli ho chiesto se avesse idea di dove fossero finiti Anna e Marco. Mi ha risposto che non aveva alcuna importanza il luogo, ma mi ha convinto quando mi ha promesso che ovunque fossero, ancora si amavano. Questo ho imparato da lui». Niccolò Agliardi
«La musica italiana ha perso un suo accento. Addio Lucio, sei scomparso e presente». Sal Da Vinci
«L’ho incontrato e intervistato a Sanremo, sornione, si infervorava non appena si toccasse argomento a lui congeniale come l’arte. Una perdita per la cultura italiana….». Omar Pedrini
«Muore un amico, un compagno di viaggio per tutti gli anni '70 e '80. Muore una parte importante di me». Antonello Venditti
«In questo momento non ho parole. Non so cosa dire. Un vuoto immenso. Lucio e' stato allo stesso tempo maestro e fratello. Un artista enorme che ha segnato in modo profondo e indelebile il nostro tempo!». Luca Carboni
«Caro Lucio, mi hai accompagnato a distanza dal Beat in poi, ti ammiravo per la tua genialità, per il tuo estro, per i tuoi eccessi e le tue pazzie, ma soprattutto per la tua arte che non conosceva recinti e riusciva a spiazzarmi e a stupirmi ad ogni nuova idea. Te ne sei andato come avresti voluto, tra un concerto appena finito ed un altro da incominciare e adesso che sei un angelo, come ci promettevi in una canzone, volerai zingaro libero e non starai nelle processioni o nelle scatole dei presepi, ma parlerai con Dio a modo tuo. Addio Lucio. Ti voglio bene». Stefano D'Orazio
Mi sa che questa è l'ultima edizione de «L'Isola dei famosi». Non tanto per i magri ascolti che Simona Ventura sta collezionando quest'anno. È che con Daniele Battaglia hanno finito i figli dei Pooh da mandare in Honduras come inviati.