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lunedì 5 dicembre 2016

PERCHE' MATTEO RENZI HA PERSO E SI È BRUCIATO COSI' IN FRETTA?

Credo che ieri sera Matteo Renzi abbia fatto un bel discorso d'addio. Intellettualmente onesto, solo marginalmente livoroso, tutto sommato sincero. Ma il succo, nella sostanza, era: Continuate a lamentarvi, vi ho proposto il cambiamento delle regole, e non l'avete voluto. Me ne vado e sono affari vostri. Ora voglio vedere che cosa combinerete.

L'errore più grande di Renzi (oltre alla personalizzazione del Referendum costituzionale) è stato non capire quanto la sua stella si fosse, in due anni, rapidamente appannata. La boria non è mai gradita, ma un po' te la puoi permettere se porti a casa qualche risultato. Le parole ci sono state, e tante. I risultati no. Fare lo spaccone rilanciando la scommessa e dimostrando una sicurezza che non aveva, non ha pagato. Soprattutto avendo contro un fronte del NO così variegato, strano ma compatto. L'«accozzaglia» ha mandato a casa il «Ducetto di Rignano», come l'ha soprannomminato qualcuno.
La riforma di Renzi andava verso una deriva più autoritaria, nello stile che il nostro tanto ama. Con la giustificazione (non escludo che in parte sia vero) che senza pieni poteri in Italia si riesca a combinare poco. Eppure non credo sia stato l'autoritarismo a spaventare gli elettori.

Anche se si trattava di ragionare su riforme costituzionali, la gente se vai al dunque poi vota soprattutto su di te, sulla tua faccia.
Ecco, Matteo ha sottovalutato quanto ormai stesse sulle balle (perdonate il francesismo) al Paese.

REFERENDUM COSTITUZIONALE, TRIONFA IL «NO» E MATTEO RENZI SI DIMETTE

Il Presidente del Consiglio Matteo Renzi
L'impressione è che dopo tanti #MatteoRisponde, stavolta l'Italia abbia risposto a Matteo. Senza hashtag, ma con un pernacchione epocale (59,11% a fronte di un 40,89% per il SI'), di quelli con l'eco che risuona tra le valli, alla Totò, riversatosi nelle urne del Referendum Costituzionale del 4 dicembre. Che ha avuto una partecipazione popolare che non si riscontrava da tempo immemore: affluenza al 68%. Il risultato non potevano essere che le dimissioni del Premier, che Renzi rassegnerà oggi nelle mani del Presidente Mattarella.
Una sconfitta bruciante che Matteo da Rignano, impegnatosi in un «Uno contro tutti» politico che neppure Costanzo al Parioli, ha tentato vanamente di contrastare forzando una campagna elettorale estenuante e ponendo diversi ultimatum - forse poco graditi - al Paese.


L'Italia ha risposto con un NO sonoro, anche (ma non solo) a causa della personalizzazione che il Premier in un primo tempo ha fatto del risultato referendario: «Se perdo, me ne vado a casa», si era lasciato scappare sull'onda dell'entusiasmo. È stato lì che tutti gli avversari dell'uomo sempre più solo al comando e sempre più inviso alla gente, si sono coalizzati per batterlo. 
Il decisionista Renzi, alleato dei poteri forti, il Berlusconi di Sinistra che è riuscito a rottamare molti e a frantumare la Sinistra portando a casa però ben pochi risultati per il Paese, aveva iniziato da un po' la parabola discendente nei sondaggi di gradimento. Una velocità di consunzione che stupisce, se si pensa che il suo modello di riferimento è stato al Governo per un ventennio. Ma l'Italia ormai perde facilmente la pazienza. E questa è chiaramente anche una sconfitta personale, tutta renziana, non solo della proposta referendaria. E lui stesso è costretto ad ammettere ai suoi: «Non credevo mi odiassero così tanto». Anche se pare si riferisse al resto del Pd, Bersani e D'Alema in testa.

Accortosi del vento sfavorevole, il nostro qualche mese fa ha deciso di mettere tutto se stesso in un Referendum che nelle sue intenzioni avrebbe dovuto riportarlo più saldo in sella. O la va, o la spacca. Non ha funzionato. L'unica strada, a questo punto, con un risultato così schiacciante, non potevano essere che le dimissioni.
Il primo a gioire della sconfitta renziana è stato Matteo Salvini, che ipoteca così la leadership del Centrodestra, e ringalluzzisce anche lo stesso Berlusconi, di nuovo in gioco, almeno formalmente. E piace assai anche a Beppe Grillo e al Movimento 5 Stelle, che visti i numeri non può fare altro che augurarsi che si vada quanto prima al voto con una Centrosinistra stordito e al tappeto.


venerdì 25 novembre 2016

REFERENDUM COSTITUZIONALE * IL «NO» È IN VANTAGGIO, MA OCCHIO AL «SI'» SILENTE

In vista del Referendum Costituzionale del 4 dicembre, vedo il fronte del NO, sempre più agguerrito, a volte un po' troppo protervo (il che non gli giova, mio personalissimo avviso), spendersi a mille per una vittoria che sembra annunciata. E probabilmente lo è. Gli ultimi sondaggi prima dello stop, del resto, oltre a un'astensione molto alta, davano in testa di quattro punti la compagine che mette insieme Matteo Salvini, Beppe Grillo, il Silvio Berlusconi politico (perché Mediaset, per bocca di Fedele Confalonieri, vota in segno opposto), la Meloni, Brunetta, D'Alema, Bersani, Marco Travaglio, costituzionalisti vari e molti, molti altri esponenti politici. Quella che Matteo Renzi
ha chiamato «accozzaglia», dopo avere commesso il tragico errore di personalizzare troppo l'esito referendario. «Se vince il SI', me ne vado». Proprio in un momento in cui la popolarità del Presidente del Consiglio iniziava ad andare in picchiata. È chiaro come tutti gli anti-Renzi abbiano visto l'unico spiraglio di luce per poterlo abbattere prima del voto del 2018, e l'abbiano puntato come i Re Magi con la Stella cometa. Soprattutto Salvini, che si vede già leader del Centrodestra.


Il fronte del SI', a parte qualche artista, sembra un po' sguarnito di facce e testimonial; certo, c'è la sicumera spocchiosa di Matteo da Firenze, che si spende come nessuno e che gioca tutte le carte, compresa la poco gradita letterina a quattro milioni di italiani all'estero. Sono appena usciti, intanto, gli spot del Comitato per il SI', e puntano in modo martellante sull'unico slogan possibile e ragionevole: «Se vince il NO, non cambia niente!». Come a dire: non vi lamentate di un Paese che non va, se poi quando è il momento, non fate niente per cambiarlo. E questa è una motivazione molto forte.


Insomma, il NO ha buone ragioni e vanta una sterminata, compatta compagine. Forse più anti-renziana che anti-referendaria. Sembra molto sicuro di vincere e probabilmente vincerà. Il SI', Renzi a parte, è più dimesso e silente. Eppure io non credo che il NO abbia la vittoria così in tasca, come si tende a credere. In un Paese che ormai detesta visceralmente politica e politici, anche solo l'idea di ridurre considerevolmente il numero dei senatori, fa gola. E il segreto dell'urna da noi ha sempre fatto miracoli. Non dimentichiamoci che questo è il Paese dove per decenni ha governato la DC senza che nessuno dichiarasse apertamente di votarla. Meditate, gente... Meditate.

P. S.
In questa situazione il più felice di tutti (me lo immagino mentre saltella di gioia nella sua cameretta) ovviamente sarà Enrico Mentana, che potrà aggiungere tonnellate di pathos alla sua immancabile maratona referendaria su La7.

mercoledì 23 novembre 2016

REFERENDUM * S'INVOCA LA NEUTRALITA', MA INTANTO SI MANDANO LE LETTERE

Chi va ospite nei programmi Rai in questo periodo, in qualsiasi contesto, anche a parlare di giardinaggio, oltre alla normale liberatoria, deve firmare un documento col quale si impegna a non dire nulla «che possa in qualche modo influenzare l'esito del Referendum». In pratica, una limitazione (per accettazione volontaria ma vincolante) dell'Art. 21 della Costituzione, al quale tutti dovremmo tenere in particolare modo.
 
Potresti parlare a favore del , potresti esprimere la tua opinione a favore del No, o dell'astensione, ma di fatto non puoi perché hai firmato una clausola che ti auto-censura. Neutralità totale. Poco carino, per niente libertario, ma ci può anche stare se è un'accettazione "volontaria".
Ma allora perché il Comitato per il Sì, che non in concreto ma di fatto è rappresentato dallo schieratissimo Presidente del Consiglio, che come la statale Rai dovrebbe essere super partes, ha attinto agli elenchi degli indirizzi di 4 milioni di italiani all'estero (custoditi dalla suddetta Presidenza) per mandare loro una lettera e convincerli a votare Sì? Da una parte s'invoca la neutralità, dall'altra si agisce in segno contrario.

sabato 29 ottobre 2016

FACCIA A FACCIA RENZI-DE MITA: INTRIGANTE, QUASI PERVERSO

C'era un che di televisivamente interessante ma subdolamente perverso nel faccia a faccia su La7 tra Matteo Renzi e Ciriaco De Mita a proposito del Referendum Costituzionale del 4 dicembre. 
Uno rappresenta il nuovo, pur con tutti i suoi difetti, l'altro un reperto archeologico della prima Repubblica. Uno scontro già antropologicamente impari. Non a caso il Presidente del Consiglio ha immediatamente accettato di partecipare. Perché sapeva di avere la strada spianata in partenza giocando contro un avversario che oggi è debole per costituzione, se mi si passa l'ammiccamento al tema di fondo.

Ho grande stima di Enrico Mentana, che ritengo il miglior giornalista televisivo italiano. E capisco le stimolanti ragioni della convocazione, ovvero mettere in scena una performance politico-televisiva ai limiti del piccante sado-maso. Fra l'altro Ciriaco mi dicono sia un narcisone, quindi non avrebbe mai rifiutato una vetrina così ghiotta. E non è semplice rifiutare le vetrine. Si è anche difeso bene, va detto, da leone della vecchia DC. Certo era difficile piazzare un assist a Renzi tirato meglio di così.

lunedì 18 aprile 2016

REFERENDUM * RENZI CHE SFOTTE E UN QUORUM DA RIVEDERE AL RIBASSO


Non credo che molti tra quelli che sono andati a votare per questo referendum (compresi alcuni promotori, cioè le Regioni) abbiano mai creduto che si potesse raggiungere il sospirato quorum.
Troppo silenzio da parte dei media mainstream; alcune ragioni del no effettivamente non trascurabili; l'aumento crescente del disinteresse nei confronti della politica, e alcune cariche dello Stato, guidate dallo stesso Renzi, capo del Governo, che hanno soffiato sulla propaganda astensionista, come fece Craxi nel '91. Convincendo per esempio me, che non sarei andato a votare, a farlo, perché considero eticamente inaccettabile (e lo dico senza retorica ma con un po' di indignazione sì) che rappresentanti delle Istituzioni, a prescindere dal credo politico, invitino la gente a non esercitare un diritto garantito dalla Costituzione. È come se un prete ti consigliasse di non pregare. Come minimo lo guardi con diffidenza. È vero che a volte si abusa dello strumento referendario, ma a giocare per affossarlo non devono essere gli arbitri della partita. 

Ciò detto, nonostante questo risultato abbastanza scontato, a urne non ancora chiuse, gli esponenti del Pd - col solito Twitter - hanno deciso di sfottere chi aveva fatto la scelta di andare ai seggi. #Ciaone ha hashtaggato il renziano Carbone quando era ormai chiaro che il quesito non avrebbe raggiunto il quorum. E lo stesso Premier, dopo la forte propaganda astensionistica, ieri ha ironizzato sul fatto che avrebbe rispettato «il silenzio elettorale» sino alla conferenza stampa delle 23, a urne chiuse. A Matteo (che ora sta facendo la ruota come un pavone) piace sfottere gli avversari. In condizioni normali ci può anche stare. Ma tu sei capo del Governo, non un pischello al Bar dello sport.

Infine, una domanda: visto che l'astensione e il distacco dalla politica sono fenomeni crescenti a prescindere dai quesiti referendari, più o meno tecnici, non sarebbe il caso di rivedere al ribasso il quorum, portandolo, per fare un esempio, al 40%? Lo stato di salute della democrazia partecipativa mi pare sempre meno confortante. Forse è il caso che se ne tenga conto, mettendo mano a una riforma. Certo se si facesse un referendum sull'abolizione degli smartphone, in Italia avremmo il 99% degli aventi diritto al voto davanti ai seggi già dalla notte precedente. Ma in tutti gli altri casi, la vedo ormai durissima.

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