venerdì 1 dicembre 2023

LINO BANFI: «CARO MARK ZUCKERBERG, PERCHE' NON MI REGALI IL MIO RISTORANTE?»

L'attore comico pugliese Lino Banfi, all'anagrafe Pasquale Zagaria.

L'unico vero vincitore nella disfida (mai nata) tra i multimilionari del digitale Mark Zuckerberg ed Elon Musk, è quel diavolo di Lino Banfi. "Pasquale Zagaria contro l'Intelligenza Artificiale" potrebbe essere il titolo di un distopico film interpretato dal nostro. Che con una lettera al Corriere ha menato ironiche botte da orbi al patron di Facebook per avere ingiustamente chiuso la pagina Noi che amiamo Lino Banfi Official, gestitita dal suo fan club, guidato da Calogero Vignera. Tempo un giorno e Meta (la società che accorpa Facebook, Instagram e WhatsApp) ha fatto marcia indietro, ripristinandola perché "non viola gli standard della community".

Lino, ma si rende conto che la sua è una vittoria epocale contro l'algoritmo?
"Me ne sto rendendo conto. Ricevo telefonate di gente gasatissima. E pensare che io manco sapevo che cosa fosse, l'algoritmo. Poi l'ho chiesto a Siri, l'assistenza vocale del cellulare, e a mezza bocca me l'ha detto. Ma con aria sfottente, tipo: hai 87 anni, amico, aggiornati!".
Da che cosa nasce il suo furore?
"Ma io non lo conoscevo, questo signor Fruckenberg! E' che sette anni fa un ragazzo siciliano entusiasta mi chiese il permesso di aprire una pagina dedicata a me: 700 mila iscritti in poco tempo".

Un boom.
"E ne ero felice. Manco un anno dopo, mi richiama intristito dicendo che l'algoritmo del Zuccherhnest ha chiuso la pagina perché ovviamente era piena delle frasi delle mie commedie: 'Ti spezzo la noce del capocollo', considerata istigazione alla violenza; e 'Chézzo' non va bene; e 'Porca putténa' è istigazione alla prostituzione". Ovviamente anche tutti i follower parlavano in questo modo, nel linguaggio banfiota che ho creato e diffuso in 60 anni. Ovviamente un gioco".
Che il freddo algoritmo non ha capito. Se dici: "Mi fai morire" non coglie che si intenda magari "Dal ridere". Se scrivi "Ucciderei per un piatto di gamberoni", non significa che vai in giro a sterminare gente per i crostacei.
"Esatto. Ma sulle prime me ne sono fatto una ragione. Vignera riapre la pagina, che arriva a 70 mila iscitti, e gliela richiudono. Poi 30 mila e succede ancora, e poi ancora. 'Lino, è arrivato l'ennesimo stop dall'algoritmo di Cucchiernher'. Loro protestano con Facebook, ma niente".

Un supplizio.
"Sino all'altro giorno, quando la frase incriminata era 'Picchio De Sisti', da 'L'allenatore nel pallone'. Ma è colpa mia se il soprannome del calciatore Giancarlo De Sisti era Picchio?! Non ci ho più visto, e ho scritto al giornale".

Portando a casa una vittoria su tutta la linea: come nei film quando richiamano in servizio l'ex marine vendicatore.
"Massì, infatti ero tranquillo qui al mare, al Circeo: mi alzo alle sei, leggo e scrivo un po'. Presto al Festival del cinema di Venezia il Nuovo Imaie, che si occupa di diritti d'autore, mi darà un premio alla carriera per i due milioni di copie vendute in Dvd de 'L'allenatore nel pallone'. E non prendo manco tre centesimi a copia, lo sottolineo. Ma ormai mi chiamano Maestro, teniamoci almeno le soddisfazioni".
C'è da dire che le sue commedie non sono mai state l'emblema del politicamente corretto. Per alcune definizioni degli omosessuali, oggi sarebbe lapidato.
"Una volta, pochi anni fa, mi guardarono storto anche in televisione, perché dissi una cosa simile riportando un aneddoto di mio padre, che era la persona dalla mentalità in realtà più aperta del mondo verso i gay. Ma i nostri vecchi parlavano così, il retaggio era quello".

Crede che il politicamente corretto abbia danneggiato la comicità?
"Beh, è un dato di fatto che di ogni categoria sociale si parli oggi, ti viene puntato subito il fucile addosso. Alla fine uno evita, e amen".

Che cosa direbbe a Zuckerberg?
"Gli dico una cosa: perché non compri i muri de L'Orecchietteria Banfi, il ristorante che ho a Roma, vicino al cinema Adriano? Sempre pieno, è una specie di museo banfiano, e viene gestito dai miei figli, Rosanna e Walter. I muri costano qualche milione, per te bruscolini; sono della Banca d'Italia. Li compri e me li regali. Poi prometto che serviremo 10 mila pasti ai bisognosi".
Un rilancio non da poco. Vediamo se Mark fiuterà l'affare.
"Una proposta indecente, ma neanche tanto".

Nuovi lavori in vista?
"Sì, un film-documentario con i personaggi della mia carriera che si raccontano. Lo stiamo scrivendo con il regista Mario Sesti. Non un corto né un lungometraggio, ma 'Il largometraggio di Lino Banfi'. C'è interesse in Rai".

Sembra un taglio molto verdoniano.
"Lo è. Carlo Verdone l'ho incontrato proprio l'altra sera e parlavamo di quanti soldi non abbiamo mai preso per i diritti d'immagine con cose che hanno fatto poi utilizzando i nostri personaggi". 
Cause in vista?
"Macché. All'epoca quando facevi un film con Medusa o chiunque altro, ti facevano firmare clausole che consentivano loro di fare qualsiasi cosa dei tuoi girati per sempre. Io mi salvai un po' perché m'inventai i pacchetti: Sergio e Luciano Martino mi proponevano un film di cassetta? Io dicevo: 'Te ne faccio anche tre', ma ogni tre me ne fai fare uno con un cast e un regista importante. E' così che sono riuscito a lavorare anche con Dino Risi, Salce e Steno".

In un'intervista, qualche tempo fa, Alvaro Vitali mi disse che lei in quegli anni di film scollacciati lo fece fuori. Sembra portare rancore.
"So che va dicendo queste cose. Forse s'è incazzéto perché sentiva tradita un'amicizia. Ma comandavano i produttori. Però le giuro che quando feci in tv Un medico in famiglia, per 20 anni, una vera manna dal cielo lavorativamente, feci spesso il suo nome, ma non l'hanno mai voluto perché troppo identificato con il personaggio di Pierino. Ora vediamo invece se si fa vivo Kukkembert".

Guardi Lino che se lo chiama ogni volta in modo diverso, i muri del ristorante non glieli regala.
"Non ce la faccio a dire il nome, è più forte di me. Ma quello magari è un bravo raghézzo, potrebbe essere mio nipote".

(DAL SETTIMANALE GENTE - AGOSTO 2023)

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