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mercoledì 6 dicembre 2023

VILLAGGIO FANTOZZI * UN FANTASTICO TRAGICO WEEKEND PER CELEBRARE IL RAGIONIERE

Un momento della celebrazione di Paolo Villlaggio, a San Felice sul Panaro.

Qui per le strade è tutto un: "Venghi", "Facci", "Dichi", "Batti lei!". Immaginate un paese di diecimila anime della bassa modenese, che si sveglia col profumo dell'erba da fieno tagliata di fresco, dove si celebra contemporaneamente la morte definitiva del congiuntivo e il talento sopraffino di una tra le più grandi maschere del cinema italiano. San Felice sul Panaro (si raccomanda l'accento sulla seconda a) si è trasformato per un'intera giornata nel "Villaggio Fantozzi". Dove Villaggio è scritto con la maiuscola, e tracce di Fantozzi si ritrovano in ogni angolo, ogni anfratto, ogni balcone. Sui quali campeggiano eterni moniti come: "Lei non ha un complesso di inferiorità. Lei è inferiore!". E altre frasi immortali che si rifanno alla saga dell'impiegato più celebre, bistrattato e sfigato d'Italia. Il libro, frutto di una raccolta di rubriche giornalistiche, uscì nel 1971. Il primo film, regia di Luciano Salce, è del '75, e diede la stura ad almeno altri due capolavori e a una serie di copie più commerciali ma che arrivarono al grosso pubblico. Merito anche di reiterati trucchetti l'inforcata della bicicletta "Alla bersagliera!", che perde malauguratamente il sellino proprio mentre Fantozzi ci si siede ignaro e con inusitato dolore. Di solito su questa scena crollava la sala dalle risate.
L'idea del Villaggio pride è del bancario Federico Mazzoli, che ha coinvolto come sponsor un istituto di credito locale, la Sanfelice 1893 Banca Popolare, la quale ha affidato la direzione creativa dell'operazione al fotografo Roberto Gatti; il regista Paolo Galassi realizzerà intanto un docu-film per le piattaforme di streaming.

Quindici volontari (primo fra tutti Roberto Gavioli) hanno lavorato per un anno in due hangar immensi per creare in gran segreto le scenografie, fatte con pannelli di legno riciclati e vernici destinate a essere smaltite. Venti set dedicati alle scene cult dei film (dalla Trattoria al Curvone alla scalinata della Corazzata Potëmkin) sono stati quindi sparsi nel centro del Villaggio. Più di quaranta Bianchine (la mitica auto sulla quale Fantozzi portava la segretamente amata signorina Silvani, Anna Mazzamauro) sono arrivate in paese da tutta Italia; una anche da Cinecittà. E lo show vero e proprio, che partiva dall'essenza dei Fantozzi per ammiccare al felliniano, ha coinvolto 200 figuranti. Del resto la madrina dell'evento, Elisabetta Villaggio, figlia dell'attore ligure e autrice del libro "Fantozzi dietro le quinte. Oltre la maschera. La vita (vera) di Paolo Villaggio" si era raccomandata: "Mi sta bene, partecipo, ma per favore non fate una pacchianata, una carnevalata". E così è stato. "Mio padre sarebbe felicissimo qui oggi, anche solo vedendo tutte queste auto schierate" commenta. "E per tutto l'amore e l'effetto che gli vengono tributati dalla gente. Da piccola mi accorsi subito di avere in casa un genio, un uomo molto intelligente e dall'energia possente. E' stato ingombrante perché aveva un carattere fortissimo e a volte diventava ingombrante. Gli avevo vietato di venirmi a prendere a scuola perché tutti avrebbero visto l'attore e non mio padre. Ho fatto anche qualche comparsata in alcuni Fantozzi, come la sposa nella scena di un banchetto nuziale. E nella scena dell'autobus preso al volo la mattina c'è qualcosa di vero in famiglia perché papà la raccontava attribuendola a mio nonno. Forse romanzandola un po'. Pur essendo amico di grandi come Ugo Tognazzi e Vittorio Gassman, lui sul set, pur stimando i colleghi, aveva creato un rapporto d'amicizia solo con la sua controfigura, Clemente Ukmar, e Stella Battista, la sua sarta. Fra le chicche per cinefili, posso dire che la prima Pina, Liù Bosisio, lasciò dopo il secondo film perché non voleva essere troppo identificata con il personaggio, e rimpiazzata da Milena Vukotic. E la prima scena in assoluto girata di tutti i Fantozzi fu la partita a tennis tra la nebbia con Filini, ovvero Gigi Reder".
Assenti gli attori dei cast originali, per i cloni dei personaggi l'organizzazione ha attinto ad alcuni degli autoironici bancari della Sanfelice 1893. Tanto che il ruolo primario, quello di Fantozzi, è andato a Paolo Grossi, 49 anni, boss dell'Ufficio legale. E' sposato e ha due figlie ma la moglie ha ceduto volentieri il ruolo della signora Pina a Claudia Tartarini, 45 anni, impiegata in località Camposanto. Grossi, come quasi tutti, aveva anche almeno un doppio (in realtà in paese i ragionieri e i comprimari "non autorizzati" spuntavano come funghi, mandando in tilt i poveri fotografi, presenti a centinaia), in caso di indisposizione: l'ottimo Giorgio Giraudo, 61 anni, da Fossano. Che incarnava il ragioniere nella versione più domestica: canotta, bretelle, mutandoni ascellari, "Bottiglia di Peroni ghiacchiata e rutto libero". Anche Filini è un ex della Sanfelice 1893 (chissà se si ti diverti così anche quando vai da loro a fare un mutuo?): pensionato, 67 anni, "43 e 10 mesi di contributi", precisa con una certa pignoleria. E se delle signorine Silvani si è perso il conto, la parte di Calboni è andata allo psicologo e psicoterapeuta Matteo Merigo.
Intanto la titolare della drogheria Giberti, che si affaccia sul corso, ha recuperato un'introvabile bottiglia di Prunella Ballor, liquore cult ormai fuori commercio che Fantozzi proponeva ai suoi amici per un brindisi dopo il capodanno truccato del maestro Canello. Se volete provare a riprodurre a casa il Prunella di Fantozzi la ricetta si trova sul web. E' semplice. Ma senza questa dritta non si va da nessuna parte: le bacche di prugnolo vanno fatte seccare molto tempo al sole prima di utilizzarle, per togliere il tannino in eccesso che rovinerebbe tutto.

(DAL SETTIMANALE GENTE - OTTOBRE 2023)

venerdì 1 dicembre 2023

LINO BANFI: «CARO MARK ZUCKERBERG, PERCHE' NON MI REGALI IL MIO RISTORANTE?»

L'attore comico pugliese Lino Banfi, all'anagrafe Pasquale Zagaria.

L'unico vero vincitore nella disfida (mai nata) tra i multimilionari del digitale Mark Zuckerberg ed Elon Musk, è quel diavolo di Lino Banfi. "Pasquale Zagaria contro l'Intelligenza Artificiale" potrebbe essere il titolo di un distopico film interpretato dal nostro. Che con una lettera al Corriere ha menato ironiche botte da orbi al patron di Facebook per avere ingiustamente chiuso la pagina Noi che amiamo Lino Banfi Official, gestitita dal suo fan club, guidato da Calogero Vignera. Tempo un giorno e Meta (la società che accorpa Facebook, Instagram e WhatsApp) ha fatto marcia indietro, ripristinandola perché "non viola gli standard della community".

Lino, ma si rende conto che la sua è una vittoria epocale contro l'algoritmo?
"Me ne sto rendendo conto. Ricevo telefonate di gente gasatissima. E pensare che io manco sapevo che cosa fosse, l'algoritmo. Poi l'ho chiesto a Siri, l'assistenza vocale del cellulare, e a mezza bocca me l'ha detto. Ma con aria sfottente, tipo: hai 87 anni, amico, aggiornati!".
Da che cosa nasce il suo furore?
"Ma io non lo conoscevo, questo signor Fruckenberg! E' che sette anni fa un ragazzo siciliano entusiasta mi chiese il permesso di aprire una pagina dedicata a me: 700 mila iscritti in poco tempo".

Un boom.
"E ne ero felice. Manco un anno dopo, mi richiama intristito dicendo che l'algoritmo del Zuccherhnest ha chiuso la pagina perché ovviamente era piena delle frasi delle mie commedie: 'Ti spezzo la noce del capocollo', considerata istigazione alla violenza; e 'Chézzo' non va bene; e 'Porca putténa' è istigazione alla prostituzione". Ovviamente anche tutti i follower parlavano in questo modo, nel linguaggio banfiota che ho creato e diffuso in 60 anni. Ovviamente un gioco".
Che il freddo algoritmo non ha capito. Se dici: "Mi fai morire" non coglie che si intenda magari "Dal ridere". Se scrivi "Ucciderei per un piatto di gamberoni", non significa che vai in giro a sterminare gente per i crostacei.
"Esatto. Ma sulle prime me ne sono fatto una ragione. Vignera riapre la pagina, che arriva a 70 mila iscitti, e gliela richiudono. Poi 30 mila e succede ancora, e poi ancora. 'Lino, è arrivato l'ennesimo stop dall'algoritmo di Cucchiernher'. Loro protestano con Facebook, ma niente".

Un supplizio.
"Sino all'altro giorno, quando la frase incriminata era 'Picchio De Sisti', da 'L'allenatore nel pallone'. Ma è colpa mia se il soprannome del calciatore Giancarlo De Sisti era Picchio?! Non ci ho più visto, e ho scritto al giornale".

Portando a casa una vittoria su tutta la linea: come nei film quando richiamano in servizio l'ex marine vendicatore.
"Massì, infatti ero tranquillo qui al mare, al Circeo: mi alzo alle sei, leggo e scrivo un po'. Presto al Festival del cinema di Venezia il Nuovo Imaie, che si occupa di diritti d'autore, mi darà un premio alla carriera per i due milioni di copie vendute in Dvd de 'L'allenatore nel pallone'. E non prendo manco tre centesimi a copia, lo sottolineo. Ma ormai mi chiamano Maestro, teniamoci almeno le soddisfazioni".
C'è da dire che le sue commedie non sono mai state l'emblema del politicamente corretto. Per alcune definizioni degli omosessuali, oggi sarebbe lapidato.
"Una volta, pochi anni fa, mi guardarono storto anche in televisione, perché dissi una cosa simile riportando un aneddoto di mio padre, che era la persona dalla mentalità in realtà più aperta del mondo verso i gay. Ma i nostri vecchi parlavano così, il retaggio era quello".

Crede che il politicamente corretto abbia danneggiato la comicità?
"Beh, è un dato di fatto che di ogni categoria sociale si parli oggi, ti viene puntato subito il fucile addosso. Alla fine uno evita, e amen".

Che cosa direbbe a Zuckerberg?
"Gli dico una cosa: perché non compri i muri de L'Orecchietteria Banfi, il ristorante che ho a Roma, vicino al cinema Adriano? Sempre pieno, è una specie di museo banfiano, e viene gestito dai miei figli, Rosanna e Walter. I muri costano qualche milione, per te bruscolini; sono della Banca d'Italia. Li compri e me li regali. Poi prometto che serviremo 10 mila pasti ai bisognosi".
Un rilancio non da poco. Vediamo se Mark fiuterà l'affare.
"Una proposta indecente, ma neanche tanto".

Nuovi lavori in vista?
"Sì, un film-documentario con i personaggi della mia carriera che si raccontano. Lo stiamo scrivendo con il regista Mario Sesti. Non un corto né un lungometraggio, ma 'Il largometraggio di Lino Banfi'. C'è interesse in Rai".

Sembra un taglio molto verdoniano.
"Lo è. Carlo Verdone l'ho incontrato proprio l'altra sera e parlavamo di quanti soldi non abbiamo mai preso per i diritti d'immagine con cose che hanno fatto poi utilizzando i nostri personaggi". 
Cause in vista?
"Macché. All'epoca quando facevi un film con Medusa o chiunque altro, ti facevano firmare clausole che consentivano loro di fare qualsiasi cosa dei tuoi girati per sempre. Io mi salvai un po' perché m'inventai i pacchetti: Sergio e Luciano Martino mi proponevano un film di cassetta? Io dicevo: 'Te ne faccio anche tre', ma ogni tre me ne fai fare uno con un cast e un regista importante. E' così che sono riuscito a lavorare anche con Dino Risi, Salce e Steno".

In un'intervista, qualche tempo fa, Alvaro Vitali mi disse che lei in quegli anni di film scollacciati lo fece fuori. Sembra portare rancore.
"So che va dicendo queste cose. Forse s'è incazzéto perché sentiva tradita un'amicizia. Ma comandavano i produttori. Però le giuro che quando feci in tv Un medico in famiglia, per 20 anni, una vera manna dal cielo lavorativamente, feci spesso il suo nome, ma non l'hanno mai voluto perché troppo identificato con il personaggio di Pierino. Ora vediamo invece se si fa vivo Kukkembert".

Guardi Lino che se lo chiama ogni volta in modo diverso, i muri del ristorante non glieli regala.
"Non ce la faccio a dire il nome, è più forte di me. Ma quello magari è un bravo raghézzo, potrebbe essere mio nipote".

(DAL SETTIMANALE GENTE - AGOSTO 2023)

mercoledì 29 dicembre 2021

"DON'T LOOK UP" * NON SI PARLA D'ALTRO (E IL MOTIVO C'E', ECCOME)

Nella foto, Jennifer Lawrence (a destra) e gli altri protagonisti del film.

Pur essendo in definitiva un blockbusterone fanta-comedy, ho amato "Don't Look Up". Soprattutto perché è intriso di quell'ironia sana degli americani che prendono in giro se stessi e le storture dei media. La storia è nota: improvvisamente un team di scienziati capitanato da un Leonardo DiCaprio a mio avviso non convincentissimo, scopre che una cometa del diametro di nove chilometri sta per abbattersi a folle velocità sulla Terra, che verrebbe spazzata via. Esiste? Non esiste? Gli esperti dopo un po' sono concordi: c'è. Prima si pensa di provare a bombardarla, poi prevale la linea di una sorta di Elon Musk caricaturale amico della Presidente (un'ottima Meryl Streep) di minarla e sezionarla per riuscire a estrarre i preziosi minerali che contiene, dunque trarne enorme profitto. 

Non vi racconto il finale, se volete anche un filo prevedibile, ma col giusto pathos, quindi va bene così. E' pur sempre un godibile blockbusterone americano.
C'è la satira anti-trumpiana, lodevole ma un po' già vista, e un occhio piantato sulla contemporaneità. Del costume e dell'indottrinamento generale. Mondo pandemico compreso. Quello dei negazionisti dell'evidenza. Che anche quando dopo un po' quella cometa in picchiata alzando il naso la vedono spuntare davvero, ancora giurano che non esista.

P.S.

Leggo sui social i commenti di alcuni incontentabili (mi verrebbe un'altra espressione) che lamentano il fatto che il mondo intero sui social stia recensenso e commentando "Don't Look Up". Ulteriore riprova che regista Adam McKay ha centrato completamente il bersaglio.

lunedì 4 ottobre 2021

JERRY CALA': «LASCIARE I CINEPANETTONI MI HA FATTO PERDERE MOLTI SOLDI»

L'attore e cabarettista Jerry Calà.

«Ho fatto talmente tante cose nella vita che non mi sento 70 anni, ma di più. Ed essendo un ex Gatto (di Vicolo Miracoli) ho sette vite. Quindi chissà, forse si può moltiplicare…»
.
Ancora galvanizzato per la mega festa che ha imbastito il 20 luglio scorso all’Arena di Verona per questo compleanno decisamente speciale, Jerry Calà ragiona tra palco, anagrafe e realtà.

 Jerry, ha visto? Anche Raffaella Carrà se n’è andata.
«Straordinaria, anche nel riuscire a nascondere così bene la malattia. L’ho avuta come vicina di casa, al piano di sotto, quando abitai a Roma. Mi invitò in tv e in diretta, a sorpresa, mi rimproverò per come parcheggiavo il fuoristrada da esaltato che avevo in quegli anni, ed essendo uno scapolone, per il viavai che c’era a casa mia. Rimasi basito».

Se guarda indietro, che cosa non rifarebbe?
«Mollare i cosiddetti Cinepanettoni così presto. Feci “Yuppies”, che andò benissimo, ma non volendo essere etichettato passai a un film norvegese che andò così così. Avessi continuato, sarei rimasto nel giro. I miei colleghi sono molto più ricchi di me».

Si è mai montato la testa? Per esempio negli anni in cui lasciò i Gatti?
«Il rischio c’era, mi stavo perdendo, ma fu Mara Venier, con la quale convivevo in quegli anni, a salvarmi, ad ancorarmi a terra. Rifiutò anche dei film per starmi accanto. Le sarò grato per sempre».
E in futuro, che cosa l’aspetta?
 «Se chiudo i contratti, un bel film corale come regista da girare in autunno. Non sarò il protagonista, ma uno degli interpreti. Per ora non dico altro, ma sarà stupendo».

DAL SETTIMANALE OGGI (AGOSTO 2021)

sabato 4 settembre 2021

VENEZIA * LA DICHIARAZIONE D'AMORE DI BENIGNI ALLA MOGLIE? UNA FURBA RUFFIANATA

Roberto Benigni e la moglie Nicoletta Braschi al Festival del Cinema di Venezia.

Ho visto sui social legioni di donne entusiaste ed estasiate per la dichiarazione d'amore (rigorosamente in favore di telecamera) di Roberto Benigni alla moglie Nicoletta Braschi in quel della Mostra del cinema di Venezia. Soltanto a me è parsa piuttosto una furba ruffianata? Solo a me è sembrata una melensa sbrodolata ben scritta (ma anche scopiazzata nei frammenti più belli da José Luis Borges e Vladimir Nabokov) - fatta peraltro davanti a una signora che resta sempre fredda come il ghiaccio - declamata solo per accattivarsi le simpatie del pubblico femminile, quello più motivato ad accogliere questi romantici stimoli? Benigni, che di mestiere fa l'attore e che da diversi anni ama il politicamente corretto un po' paraculino, ha voluto regalarvi un sogno. E in tanti avete abboccato.

 

domenica 5 luglio 2020

ANNA SAFRONCIK: "VORREI GIRARE UNA COMMEDIA ROMANTICA CON MUCCINO E WILL SMITH"

Una foto sexy dell'attrice Anna Safroncik.
Partito da Padova, il «Festival Show» canoro dell’estate 2019 (tra i nomi nel cast ci sono The Kolors, Arisa, Nigiotti, Le Vibrazioni, Alberto Urso ed Elettra Lamborghini) vede quest’anno sul palco, alla conduzione, Anna Safroncik. Rodata come attrice ma debuttante nei panni di presentatrice.
Anna, lei di norma è sempre un po’ sottotraccia, non sembra un’allegrona. È emozionata per la nuova esperienza live?
«Sarò sul palco con Fabio Baruzzo, che conosco da 10 anni. Ma credo che un’artista debba sapersi spendere a 360°. Voglio mettermi in gioco e mostrare quella parte di me giocosa che c’è ed è forse dominante, ma poco nota visto il lavoro che faccio». 

Quale musica le piace?
«Ne ascolto molta italiana, ma anche elettronica. Beyoncé, Bublé, visto che la mia scuola è quella di Sinatra. Fra quelli nel nostro cast, Nigiotti e Arisa, per esempio».
Vediamo le altre tappe: Chioggia, Caorle, Jesolo Lido, Bibione, Lignano Sabbiadoro, Mestre, Trieste. Tutte al Nord o Nordest. È il festival della Lega?
(ride) «Figurarsi se mi metto a parlare di politica! In realtà siamo andati a prendere le spiagge più frequentate del Nord, anche a caccia di turisti». 

Nuove fiction sue in arrivo?
«In autunno per Canale 5: stiamo per iniziare a girarla. Molto femminile, con temi sociali e dei bambini. Non posso dire altro».
Un sogno professionale non ancora realizzato.
«Faccio da sempre ruoli drammatici. Vorrei una commedia romantica alla julia Roberts, con il grande Gabriele Muccino alla regia e Will Smith come coprotagonista».


(DAL SETTIMANALE OGGI - GIUGNO 2019) 

martedì 16 giugno 2020

VITTORIO GASSMAN A VENT'ANNI DALLA MORTE: IL MATTATORE E' SU RAI STORIA

Vittorio Gassman (a sinistra) con Nino Manfredi in C'eravamo tanto amati.
Il 29 giugno ricorre il ventennale della scomparsa di Vittorio Gassman. Rai Cultura lo celebra con alcuni appuntamenti battezzati: Omaggio a Vittorio Gassman. Alle 15.45 ecco Gassman all’asta, alle 22.15 Sono Gassman! Vittorio, re della commedia (2018).
In occasione del 20° anniversario della scomparsa (29 giugno 2000) Rai Cultura ricorda Vittorio Gassman, con una proposta di spettacoli e repertori gassmaniani che tornano sullo schermo per celebrare il “mattatore” della scena teatrale italiana. Nel giorno esatto dell’anniversario Rai5 proporrà alle 22.15, il documentario di Fabrizio Corallo “Sono Gassman! Vittorio, re della commedia", che attraverso le testimonianze di familiari e colleghi, brani di film, spettacoli teatrali e programmi tv restituisce il ritratto di un "mattatore" estroverso ma al tempo stesso anche fragile e vulnerabile. Nel filmato, realizzato a 18 anni dalla morte, Gassman è rievocato nel suo percorso di protagonista del cinema e del teatro con particolare riferimento agli anni d'oro dei film brillanti della "commedia all'italiana". Nel documentario intervengono, oltre allo stesso Vittorio Gassman in immagini di repertorio, Alessandro Gassman, Paola Gassman, Vittoria Gassman, Jacopo Gassman, Paolo Villaggio, Gigi Proietti, Stefania Sandrelli, Carlo Verdone, Emanuele Salce, Renzo Arbore, Giancarlo Giannini.
Il documentario sarà anticipato alle 15.45 dalle prime due puntate di “Gassman all’asta”, maratona teatrale in cui l'attore recita testi memorabili composti dai più grandi autori teatrali e letterari di tutti i tempi. Nel 1977 la Rai documenta questo progetto con "Gassman 7 giorni all'asta", messo in scena al Teatro Tenda di Roma. Durante questa maratona teatrale Gassman, assieme a Russo e Cucari, recita monologhi comici ed impegnati tratti da testi di William Shakespeare, Franz Kafka, Alexandre Dumas, Gregory Corso. Alla documentazione per immagini del progetto si alterna l'intervista di Germana Monteverdi all'attore che illustra i contenuti artistici e letterari dello spettacolo. La maratona di “Gassman all’asta” riproposta da Rai5 si concluderà martedì 30 giugno alle 15.45.
Su Rai Storia alle ore 18.30 va in onda invece:
Storie della tv - Vittorio Gassman, il Mattatore. 

Con "Il Mattatore" fu il primo a inventare due capisaldi della tv moderna: la contaminazione dei generi e dei registri e "il contenitore", cioè quel segmento televisivo che propone frammenti di programmi diversi tenuti insieme dal carisma del conduttore. Era il 1959. Un attore, certo, ma anche un autore geniale e un coraggioso innovatore. Il grande Vittorio Gassman è il protagonista di “Storie della tv” – il ciclo di Alessandro Chiappetta ed Enrico Salvatori scritto con Stefano Di Gioacchino e con la consulenza e la partecipazione di Aldo Grasso - in onda lunedì 29 giugno alle 18.30 su Rai Storia. A parlare del Mattatore, tra gli altri, Paola Gassman, Giancarlo Scarchilli, Valeria Fabrizi, Pippo Baudo e Renzo Arbore.

giovedì 11 giugno 2020

LA VITA DI ALVARO VITALI * DA PIERINO NELLE COMMEDIE SEXY ALLE BARZELLETTE

L'attore Alvaro Vitali con la moglie Stefania Corona.
Anche l’occhio vuole la sua parte; ma quello di Alvaro Vitali, piantato a spiare nobili docce femminili (dalla leggendaria Edwige Fenech a Gloria Guida, passando per Barbara Bouchet, Lilli Carati e Annamaria Rizzoli) nei buchi della serratura di una miriade di B movies degli Anni 80, diciamolo francamente, si è preso quasi tutto. «Infatti ormai ho la pupilla modificata: lunga e stretta» commenta l’attore romano, che per il complesso dell’opera ha ricevuto anche dal programma di Raidue «Stracult», a Venezia, un finto Leone d’oro alla carriera. In attesa di quello vero, naturalmente. 

Vitali, in questi giorni è sul set con sua moglie Stefania Corona: che cosa sta girando?
«Un servizio fotografico e il promo per una ditta di infissi, che andrà in alcuni Paesi dell’Est, come Romania e Polonia».

Sa che Mediaset ha in animo di resuscitare «La sai l’ultima?», lo storico programma di barzellette? Le piacerebbe farne parte?
«Certo, ma solo come ospite autorevole: avendo una certa esperienza, vorrei mettermi sul trono a fare l’opinionista, anzi, il tronista della barzelletta, e giudicare i concorrenti: bravura, efficacia, tempi comici…». 

Il segreto per raccontarle?
«Sono un mezzo mistero: bisogna dirle bene, certo, ma la resa sul pubblico può variare anche moltissimo da soggetto a soggetto raccontatore, a parità di storiella».

Escluso lei, che è un outsider, chi sono stati i più grandi della commedia di genere nei suoi anni d’oro?
«Lando Buzzanca fu strepitoso, e così pure Franco Franchi e Ciccio Ingrassia. Di loro ho bevuto tutto. Sono i miei punti di riferimento. Se parliamo di attori del filone delle commedie sexy, Renzo Montagnani e Mario Carotenuto». 

La chiamano mai come vip per qualche reality, chessò «L’isola dei famosi»?
«No, anche perché di vip ormai non c’è più manco l’ombra. Ma non andrei: le condizioni di vita sono piuttosto pesanti, e i mosquitos te se magnano vivo. Feci “La Fattoria” nel 2006, perché aveva un bel cast. E al ritorno sposai Stefania, che conoscevo già da sette anni». 

Già, Stefania. Una donna appariscente, per certi versi una Gradisca felliniana. Non le sarà sfuggito, visto che con Fellini lei ebbe frequentazioni cinematografiche.
«Stefania è una persona meravigliosa, con un fisico bestiale. Canta e scrive canzoni. È un sodalizio anche professionale, che ci fa portare in giro uno spettacolo che si intitola “90 minuti di…”. Ci esibiamo insieme fra musica e risate: dura 40 minuti, un’ora, a seconda delle versioni». 

Immagino ne abbiate anche una da un’ora e mezza, se si intitola “90 minuti di…”.
«Esatto! E i bambini vanno in visibilio. Abbiamo inciso anche un disco intitolato “Puzzle Sound”, che contiene la canzone “Aiutaci Pierino”, un inno contro il bullismo diffuso nelle scuole. Il mio storico personaggio cinematografico faceva scherzi e marachelle, ma non ha mai bullizzato nessuno».

Ha mai pensato di scrivere un’autobiografia?
«Ce l’ho in testa: “Una vita da Pierino”. Ho avuto una vita stranissima: alla nascita pesavo un chilo e due, mi portarono via dall’ospedale in una scatola di scarpe; poi sono stato in un istituto, dal quale mi strappò mia nonna, con la quale ho vissuto sino a 38 anni… Prima o poi… Il materiale c’è».

Qualcuno ha mai cercato di boicottarla, sul lavoro?
«Che io sappia, no. Anzi. Negli anni d’oro, in quelle commedie, il nome Vitali era una garanzia. Chiamavano i francesi per conoscere il cast e dicevano: “Ce sta er piccoletto? Bène, se ce sta ‘o compràmo!”». 

Tipico accento parigino.
«Massì, giuro: l’ho saputo da quelli della produzione di Medusa, perché la Francia era il primo mercato di quelle pellicole dopo l’Italia. Dicevano: “Se non ci sei tu, non ci comprano il film”. Tanto che quando uscì “La poliziotta a New York”, il primo nome in cartellone fu il mio. E non le nascondo che Edwige Fenech, l’altra protagonista, si scocciò non poco».


(DAL SETTIMANALE OGGI - APRILE 2019) 

giovedì 7 maggio 2020

PAOLA MINACCIONI * «FACCIO FICTION, CINEMA E TEATRO, MA SOGNO UN VARIETÀ»

Paola Minaccioni.
Zitta zitta, Paola Minaccioni (romana, 47 anni, attrice) a dicembre rischia di entrare nella storia del cinema italiano con il primo cinepanettone di marca Netflix: «Natale a 5 Stelle». Regia di Marco Risi, scritto da Enrico Vanzina e dedicato al fratello Carlo, non vedrà la luce nelle sale ma solo in pay tv.
E lei, Paola, avrà un ruolo da protagonista.
«Sarò la moglie del Presidente del Consiglio. Non è un cinepanettone classico ma una commedia inglese girata fra l’Italia e Budapest. Un successo teatrale adattato e portato al cinema».
Questo 5 Stelle nel titolo rimanda all’attualità.
«Sì, ma è un’attualità sempreverde. Una cosa alla Feydeau, una farsa, che ha per protagonisti uomini politici. Di più non posso dire».
Intanto è a teatro con «A testa in giù», accanto a Emilio Solfrizzi.
«Una commedia cinica e acuta ma popolare del francese Florian Zeller già portata in scena da Auteuil. Emilio e io siamo marito e moglie. L’idea geniale è quella di far sentire al pubblico non solo i nostri dialoghi ma anche i pensieri. Siamo una coppia borghese che subisce uno scossone quando un amico lascia la moglie per mettersi con una ragazza molto più giovane, che entra nelle nostre vite. Finirà a gambe all’aria anche il nostro rapporto, o no?».
Lei ha più visibilità a teatro e al cinema che in tv. È voluto?
«No, casuale. Mi piacerebbe un bel varietà, ma non è ancora capitata l’occasione giusta. Intanto, come compromesso, faccio fiction. Poi sogno un film con Virzì, uno con Garrone, magari una bella serie d’azione, uno con Genovese…».
La classifica delle tre migliori attrici brillanti italiane, escluse le presenti.
«Paola Cortellesi, Virginia Raffaele e Carla Signoris».

(DAL SETTIMANALE OGGI - NOVEMBRE 2018)

lunedì 6 gennaio 2020

«TOLO TOLO» * LO ZALONE MENO PARACULO DI SEMPRE (MA ANCHE MENO DIVERTENTE)

Checco Zalone in una scena di «Tolo Tolo».
Partiamo da un punto fermo: «Tolo Tolo» è sicuramente il film meno paraculo della carriera di Luca Medici, in arte Checco Zalone. E, visti i tempi che corrono, schierarsi in modo così netto sul fronte anti-salviniano gli fa sicuramente onore.
Non a caso i pasdaran leghisti gli hanno già ammollato una bella fatwa fra capo e collo. Anzi, fra capocollo. Sin qui infatti il pugliese che fa saltare i botteghini era riuscito a stare sempre in equilibrio conquistando con la sua satira l'alto e il basso, il colto e l'inclita, giocando perfettamente sull'equivoco. Che equivoco in realtà non è mai stato. Fatto sta che uno percepiva la derisione di un mondo dal quale era lontano; l'altro si sentiva protagonista di quel mondo e si autoesaltava non cogliendola. Diabolico perché così acchiappi il pubblico trasversalmente.

In «Tolo Tolo» (forse anche grazie al lavoro fatto sulla sceneggiatura con Paolo Virzì) Checco smussa molto il suo lato caricaturale e fa capire subito da che parte sta. Da quella dell'amore universale; concetto un po' utopistico, politicamente correttissimo e molto funzionale al racconto vagamente fiabesco. È un film simpatico, fondamentalmente innocuo (si può serenamente aspettare di vederlo in tv senza correre al cinema), ma che fa perdere per strada, purtroppo, parecchie risate. Il rischio (probabilmente calcolato), così facendo, è di lasciare sul campo alla lunga l'irrinunciabilità del periodico appuntamento nelle sale. Quando Zalone lavorava in coppia con Gennaro Nunziante si usciva dal cinema col mal di pancia e la mandibola slogata dal ridere. Stavolta no. Stavolta vince il sorriso. Lasciando da parte i calcoli di cassetta, sui quali è più forte il produttore Valsecchi, sul piano artistico è comunque sicuramente una forma di evoluzione.

giovedì 19 dicembre 2019

CRISULA STAFIDA CAMERIERA IN «DIN DON - IL RITORNO», CON SALVI E MARESCOTTI

Crisula Stafida è nel cast del film tv "Din Don – Il Ritorno", diretto da Paolo Geremei (e prodotto da Bruno Frustaci e Alessandro Carpigo), che andrà in onda il 29 dicembre su Italia 1 (in prima serata). L'attrice veste i panni de "La Gina", la simpatica cameriera personale della ricca Esmeralda (interpretata da Laura Torrisi), di origine trentina.
"Mi diverto da impazzire a interpretare ruoli in cui posso tirare fuori i miei lati ironici, arrivare alle persone irradiando buon umore mi fa stare bene" - dice Crisula - "E poi 'Din Don il Ritorno' è stata un'esperienza che non si dimentica, ci siamo divertiti lavorando, ed è la cosa più bella che può succedere su un set".
Nel cast, tra gli altri, Enzo Salvi, Ivano Marescotti e Maurizio Mattioli. Con quest'ultimo Crisula ha condiviso anche il set di "Ricci e Capricci", la sit com andata in onda con successo su La 5 di Mediaset, in cui si diverte nei panni della parrucchiera "Lola", un altro ruolo divertente e in perfetto stile "commedia all'italiana" che rivedremo presto nella seconda stagione.

sabato 14 dicembre 2019

«IMMIGRATO» * GIÙ LE MANI DA CHECCO ZALONE, COSÌ BRAVO (E SVEGLIO) DA ACCHIAPPARE TUTTI

Checco Zalone in «Immigrato», il brano che lancia il film «Tolo tolo».
La polemica su «Immigrato», il pezzo che lancia «Tolo Tolo», il film di Natale di Checco Zalone, è molto stupida. Checco fa satira trasversale e la fa in modo molto intelligente e «furbo». È talmente bravo nell'interpretazione (e scaltro nell'ideazione) che le sue maschere riescono ad acchiappare sia le fasce culturalmente più alte o avvertite, che si divertono alle sue sferzanti prese in giro dell'Italia e degli italiani, che quelle più basse o meno avvertite, che non colgono l'ironia e si identificano personalmente in quelle caricature e non le leggono come tali. Arrivando al punto di idolatrarle come voce di una protesta. È lo stesso meccanismo dell'esaltazione (molto diffusa) dei cattivi di «Gomorra», come Ciro «L'immortale», ma sul versante opposto: comicità e cabaret.
Invece di imbastire tempestine in un bicchiere su uno che fa soltanto (bene) il suo mestiere, che in fondo è quello di far ridere, converrebbe a volte tacere. Perché è Zalone che ride di noi. E fa bene.

giovedì 31 ottobre 2019

MA MARIA DE FILIPPI HA GIRATO IL NUOVO «TERMINATOR - DESTINO OSCURO»?

La vedi lì, sulla locandina del film, che imbraccia un fucile a canna corta, e ti domandi: ma sant'Iddìo, ha già così tanti impegni... Come può Maria De Filippi aver trovato il tempo per girare il nuovo «Terminator - Destino oscuro»? Fra l'altro nei panni della leggendaria Sarah Connor, ruvida icona della cinematografia mondiale.
Certo, potrebbe trattarsi dell'attrice Linda Hamilton, c'è anche scritto in alto a sinistra, ma pensandoci bene, all'inesauribile curriculum di Maria («Uomini e donne», «Amici Celebrities», «C'è posta per te», «Tu sì que vales») manca il tassello del cinema, quindi è probabile che si sia lasciata tentare anche da questa nuova esperienza. Oppure no. La somiglianza è impressionante, e l'occhiale scuro confonde le idee. Non resta che vedere il nuovo lavoro di James Cameron con l'immancabile Arnold Schwarzenegger per rendersi conto se si tratti davvero dell'attrice americana o di «Maria la Sanguinaria» (come l'ha ribattezzata Dagospia). Il che farebbe propendere per un refuso in fase di stampa. Fatemi sapere come la pensate.

mercoledì 30 ottobre 2019

VIDEO * CLAUDIA CARDINALE: «VISCONTI, IL BACIO CON DELON E LA VOLTA IN CUI BOB DYLAN...»



Nel video qui sopra (tratto dal mio canale YouTube) l'incontro che ho fatto a Roma con una tra leggende del cinema italiano: Claudia Cardinale, già icona di sensualità e femminilità sul grande schermo.

Tra gli altri ricordi, la diva si sofferma sul celebre bacio con Alain Delon sul set de «Il Gattopardo» e le raccomandazioni del regista, Luchino Visconti. Senza trascurare il caso che si creò quando Bob Dylan utilizzò senza autorizzazione una sua foto per la copertina di un album in uscita.

Sotto, invece, l'incontro con un'altra stella, questa volta della televisione: quella Maria Giovanna Elmi che è stata per decenni la Fatina delle annunciatrici di Viale Mazzini. Ora questo mondo è cambiato, e lei me lo racconta, a margine della festa per 80 anni del settimanale Oggi.

domenica 13 ottobre 2019

VOCI NELL'OMBRA 2019 * L'ELENCO DI TUTTI I DOPPIATORI PREMIATI

Il doppiatore Michele Kalamera.
CINEMA - MIGLIOR DOPPIAGGIO GENERALE

 BOHEMIAN RHAPSODY - Marco Guadagno

CINEMA - MIGLIOR VOCE MASCHILE

 MICHELE KALAMERA - Clint Eastwood (Earl Stone) in Il corriere – The Mule

CINEMA - MIGLIOR VOCE FEMMINILE

 BENEDETTA DEGLI INNOCENTI - Lady Gaga (Ally) in A Star Is Born

CINEMA - MIGLIOR VOCE NON PROTAGONISTA

 MELINA MARTELLO - Sissy Spacek (Jewel) in Old Man & The Gun

TV - MIGLIOR DOPPIAGGIO GENERALE

 FBI - Daniela Nardini

TV - MIGLIOR VOCE MASCHILE

 DANIELE GIULIANI - Kit Harington (Jon Snow) in Il Trono di Spade

TV - MIGLIOR VOCE FEMMINILE

 ELEONORA RETI - Úrsula Corberó (Silene Oliveira “Tokio”) in La casa di carta

TV - MIGLIOR VOCE NON PROTAGONISTA

 EUGENIO MARINELLI - Miguel Sandoval (Cap. Pruitt Herrera) in Station 19

ADATTAMENTO E DIALOGHI ITALIANI CINEMA

 BLACKKKLANSMAN - Sandro Acerbo

ADATTAMENTO E DIALOGHI ITALIANI TV

 STRANGER THINGS - Fiamma Izzo, Nunzia Di Somma

PRODOTTI DI ANIMAZIONE

 ANGELO MAGGI - Woody in Toy Story 4

AUDIOLIBRI

 STEFANIA PATRUNO - Maria Callas in “Quando le stelle cadono. Frammenti di

vita di Maria Callas”

VIDEOGIOCHI

 ALESSANDRO RIGOTTI - Leon S. Kennedy in Resident Evil 2

SPOT PUBBLICITARI

 PAOLO DE SANTIS - Spot radiofonico MINI ClubmanHype Emozioni

PROGRAMMI D’INFORMAZIONE

 CARLO IMBIMBO - Sky Tg24IMM

RADIO LOCALI

 STANY GALLO - RadioAKR

PODCAST

 FILIPPO CARROZZO

TARGA “BRUNO PAOLO ASTORI” alla giovane voce d’eccellenza del doppiaggio

 MANUEL MELI

TARGA “CLAUDIO G. FAVA” alla Carriera

 CARLO VALLI

 DARIO PENNE

TARGA ALLA CARRIERA DI ADATTATORE E DIALOGHISTA

 MARINA D’AVERSA

PREMIO SIAE

 ENRICA FIENO

TARGA “MAURIZIO ANCIDONI”

 MICHELE GAMMINO

PREMIO SPECIALE “DIREZIONE E VOCE”

 FRANCESCO VAIRANO

PREMIO SPECIALE “UNA VOCE DA OSCAR”

 ALBERTO ANGRISANO

PREMIO SPECIALE al doppiaggio del film “THE WIFE”

PREMIO SPECIALE al doppiaggio del film “STANLIO & OLLIO”

lunedì 30 settembre 2019

LASCIATE IN PACE TARANTINO, CHE HA FATTO IL SUO DOVERE

Leonardo DiCaprio e Brad Pitt sul set di «Onece Upon a Time in Hollywood»
«C'era una volta a... Hollywood» è stato un film divisivo: pubblico e critica, variamente mescolati, a tesserne lodi sperticate oppure non a stroncarlo (non sarebbe possibile) ma ad arricciare il naso un po' annoiati.
È un Quentin Tarantino un po' diverso dall'usuale e meno pulp? Sì, qui predilige dettagli e situazioni. È un Tarantino inaccettabile? Certo che no.
Il suo film è un atto d'amore nei confronti del cinema, zeppo com'è di citazioni di ogni sorta (da «Un dollaro d'onore», passando per i film di genere e arrivando persino a «La pantera rosa»); ma soprattutto di adorazione per gli Anni 70. Ricostruiti con incredibile cura del dettaglio. Si racconta l'atmosfera hippie folle e malsana del periodo che ha portato all'omicidio di Sharon Tate, che appare come dilatata citazione, nei panni della divina Margot Robbie. E poi ci sono i protagonisti, in un ammiccante, continuo gioco sui dietro le quinte e le miserie del cinema: Brad Pitt, controfigura tuttofare, e il sempre più bravo Leonardo DiCaprio, attore in declino che racconta con maestria ascesa e fine di un mito. Ma ci sarà una seconda occasione? La narrazione e il tuffarsi in un gioco di pennellate prevalgono insomma sul classico Tarantino, che riserva però gli ultimi dieci minuti alle sue scintillanti diavolerie in purezza.

martedì 14 maggio 2019

ARRIVANO I CULT DI RAI5: DA GENE WILDER A FABRIZIO DE ANDRÈ

Da sinistra, l'attore Gene Wilder e il cantautore Fabrizio De Andrè.

MERCOLEDI’ 29/5/2019

RAI5: POP ICONS
Stars of the Silver Screen: Gene Wilder
Attore, sceneggiatore, regista e scrittore, è noto al grande pubblico soprattutto per la sua celebre interpretazione di Willy Wonka nello storico film tratto dal libro di Roald Dahl, "Charlie e la fabbrica di cioccolato". L’attore Gene Wilder è il protagonista dell’ultimo appuntamento con la serie in prima visione “Stars of the Silver Screen”, che Rai5 propone mercoledì 29 maggio alle 21.15 su Rai5. Dopo le prime esperienze teatrali off Broadway, Wilder arriva al grande schermo negli anni Sessanta, fino a diventare un’icona del cinema grazie al sodalizio con il geniale cineasta newyorkese Mel Brooks, una collaborazione che raggiunge il suo apice nel 1974 con il celeberrimo “Frankenstein Jr” che riceve l’Oscar come Miglior Sceneggiatura non originale che lo stesso Wilder stila a quattro mani con il regista. L’episodio è l’ultimo di quattro appuntamenti dedicati a star del grande schermo che hanno reso celebre il cinema hollywoodiano. In ogni episodio, giornalisti, critici e storici del cinema ripercorrono la carriera e l’impatto che quattro attori – Jack Nicholson, Anthony Hopkins, Vincent Price, Gene Wilder -, hanno avuto sul mondo dello spettacolo, e analizzano gli elementi che hanno reso famosi in tutto il mondo questi interpreti della settima arte.

GIOVEDI’ 30/5/2019

RAI5: GHIACCIO BOLLENTE
Fabrizio De André in tournée
Cantautore e poeta, è entrato a fare parte della coscienza collettiva e del patrimonio culturale italiano. Nell’anno del ventennale della scomparsa di Fabrizio De André, Rai Cultura ricorda l’artista con un concerto, in onda giovedì 30 maggio alle 23.15 su Rai5, che include alcune delle pagine più grandi del cantautore ligure: "Quello che non ho ", "Canto del servo pastore", "Fiume Sand Creek", "Hotel Supramonte", "La guerra di Piero", "Bocca di Rosa", "Amico fragile" e "Via del Campo". L’esibizione è stata registrata a Sarzana nel 1981. Qui Faber (così soprannominato dall'amico d'infanzia Paolo Villaggio in riferimento alla sua predilezione per i pastelli e le matite della Faber-Castell) si esibisce in una formazione d’eccezione con Mauro Pagani, Massimo Bubola e il figlio, Cristiano De André.

venerdì 26 aprile 2019

«IL TRONO DI SPADE» * È ARRIVATA (VENUTA?) LA PORNO PARODIA: «WINTER HAS CUM»

I protagonisti di «Winter has cum», la parodia porno di «Game of Thrones».
Chissà se entrerà nella storia come alcuni titoli parodistici veri (tipo «Biancaneve sotto i nani»), o inventati ma altamente evocativi (come «La spada nella doccia») o il Tarzan di Rocco Siffredi. Fatto sta che il mondo del porno parodistico da qualche tempo ha un nuovo feticcio, che si rifà alla serie tv del momento, giunta alla sua stagione finale.
Il gioco originale di «Game of Thrones».
Insomma, «Il trono di spade» («Game of Thrones»), che ha com'è noto lo storico claim «Winter Is Coming», si vede ora insediato da «Winter Has Cum» («L'inverno è venuto»).

«A XXX Parody» si specifica sopra la grafica del titolo, che ha ovviamente gli stessi caratteri del cult di HBO, che debuttò nel 2011 e tratto dai lavori di George R. R. Martin.
In questo momento il sito specializzato Pornhub lo sta utilizzando come contenuto vincente per portare gli utenti ad aderire alla versione Premium della piattaforma, quella a pagamento.
E mentre Danaerys, i suoi draghi e tutta la compagnia si dedicano alle due ultime, cruentissime battaglie della season finale, c'è chi combatte (immagino, perché non l'ho ancora visto), in altre e forse più morbide location, altre lotte all'ultimo respiro.
E come in ogni porno che si rispetti, io sogno sempre il lieto fine.

lunedì 25 marzo 2019

SERENA ROSSI IN UNA COMMEDIA SOFISTICATA * È ORA DI FARE «IL NOME DELLA D'URSO»

«Polvere di stelle» - Rossi e Sandrelli insieme al cinema.
Continua il magic moment della talentosa Serena Rossi, che dopo il successo di «Io sono Mia», sulla storia di Mia Martini, sta girando un film a Napoli che la vede protagonista insieme con Stefania Sandrelli. Il set è blindatissimo, il titolo non ancora definitivo, ma la storia, portata indietro di trent'anni, è tratta dal libro di Lorenzo Marone «La tristezza ha il sonno leggero». Si tratta in realtà di una commedia sofisticata. La matronale sandrelli sarà la democristianissima matrona di una famiglia borghese partenopea costretta a fare i conti con le proprie contraddizioni nella notte della caduta del muro di Berlino, il 9 novembre 1989.
La regia è di Marco Mario de Notaris per la Mad Entertainment di Luciano Stella, insieme con Rai Cinema e Madaleine. Il budget si aggirerebbe attorno al milione e trecentomila euro.
Barbara D'Urso e John Turturro.
Fra il debutto e il secondo appuntamento è crollato di ben tre punti, portandosi al pericoloso 14%, il trasheggiante «Live - Non è la D'Urso» di Canale 5. D'altra parte su Raiuno anche «Il nome della rosa» (che si conclude stasera) non se la passa bene: è una signora fiction, ma troppo lenta e dispersiva; partita con una share altissima, ha perso per strada via via un mare di spettatori.
Volendo trovare delle simmetrie, se ci si pensa, la dimensione conventuale non è stata ancora percorsa dell'efficace Carmelita, che in tv sino a oggi ha fatto veramente di tutto. Invece de «La dottoressa Giò», sarebbe bello vederla impegnata in futuro nei panni di badessa in un gigantesco tele-monastero pieno delle figure che popolano i suoi programmi. Uno show a metà strada fra la D'Urso classic style e certe cose chiambrettiane. Il pop che fa tendenza. Il titolo, restando sempre sull'autoreferenziale, potrebbe essere «Il nome della D'Urso»
E poi non si dica che non regalo idee a Mediaset.

giovedì 10 gennaio 2019

«THE AMERICAN» (2010) * QUANDO GEORGE CLOONEY AVEVA TANTE BOLLETTE DA PAGARE

George Clooney killer pentito in «The American» (2010).
Nel 2010 George Clooney aveva un sacco di bollette da pagare. Solo così si spiega l'orrendo «The American». Che ho ritrovato (purtroppo tardivamente) su Amazon Prime Video.
Il film inizia con George che passeggia con un'amica nella Tundra. Del resto, chi non lo fa? Da un'impronta monopiede nella neve, il nostro intuisce immediatamente che c'è un cecchino in agguato, e salva se stesso e l'amica dalla pallottola che parte pochi istanti dopo. Ucciso il cecchino con una gamba sola, George (coerentemente) fa fuori anche l'amica salvata poco prima, altri due sicari nei paraggi e scappa con disappunto.

Da una telefonata che avviene poco dopo con il Super Cattivo Dei Cattivi (SCDC), che gli commissiona gli omicidi, capisci che Clooney è un killer professionista che si sente braccato dagli "svedesi". Dammi retta, dice il SCDC, qui l'aria per te si è fatta pesante. Nasconditi per un po' in un paesino in Abruzzo e attendi mie notizie. Lì nessuno ti troverà mai.
Arrivato sul posto, il primo che incontra è l'anziano parroco pettegolo, che vedendolo a un telefono pubblico gli chiede: "Sei americano?". "Sì, sono americano". Seguono due minuti surreali durante i quali l'americano doppiato in perfetto italiano (forse lo sa) parla con l'anziano parroco abruzzese, che in teoria dovrebbe essere doppiato in quanto abruzzese, ma parla un perfetto italiano (o inglese?) e per la magia del cinema si capiscono perfettamente.

Che cosa può fare per ingannare il tempo in un paesino dell'Abruzzo un killer professionista un po' stanco del suo mestiere usurante? Ovviamente forgia armi di estrema precisione da vendere ad altri killer professioniti. Va dal meccanico del posto, porta via tre pezzi di ferro a caso e qualche vite dal bancone (giuro) e nel suo bilocale dotato solo di una morsa e un martello, produce dal nulla pezzi di carabina che neanche nei migliori laboratori di balistica. Per non far capire niente in giro, le martellate le dà solo quando suonano le campane. Mica è scemo.
Violante Placido.
Ogni tanto col trenino arriva dal nulla una killer professionista gnocca da paura alla quale lui consegna pezzi di fucile fatti a mano durante finti pic nic nelle campagne. Lei ritira, prova lo schioppo, e se ne va.
La carne è debole e George, nel bordellino del paese, popolato solo da agghiaccianti mignottone primordiali, incontra la bella prostituta Clara. Ovvero Violante Placido, che dà un senso a tutto il film restando nuda per centinaia di metri di pellicola. Sai che c'è? Quasi quasi di questa mi innamoro e mollo tutto.

Neanche il tempo di pensarlo, che Clooney è costretto a evitare con perizia l'agguato di uno degli svedesi, il quale riesce a trovarlo nel paesino che non rientra neppure nelle mappe satellitari. Gli abitanti stessi del villaggio a volte perdono la via di casa. Com'è possibile?
Vuoi vedere che è il SCDC che fa il doppio gioco ed è lui che mi vuole morto? Manco a dirlo, è proprio così. Attenzione, però, perché anche il SCDC in quanto a coerenza non fa una piega. 

Chiama la misteriosa super gnocca alla quale George ogni tanto consegna i pezzi del fucile di precisione e le comanda l'assassinio dell'ex della Canalis. Lei torna in zona, briga un po', e quand'è appostata sui tetti con Clooney nel mirino che si bacia con la sua bella durante la processione del paese (chi non lo fa, del resto?), spunta sui tetti il SCDC, che uccide la killer che lui stesso aveva ingaggiato neanche 5 minuti prima. Signori, neanche cinque minuti. Ma soprattutto: perché? E mentre tu sei lì che rifletti sul fatto che non esiste più un'etica nel lavoro, intuisci che il SCDC in realtà Clooney lo vuol far fuori lui. Altroché.
Non vi racconto il prevedibile finale, ma datemi retta, guardatelo. Per capire la forza invincibile delle bollette da pagare.

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