sabato 13 settembre 2014

DIFFAMAZIONE SUL WEB: STATE ATTENTI, L'ITALIA NON È COME L'AMERICA

Gli utenti della rete, dei social network, i blogger e i loro commentatori rischiano sul fronte della diffamazione, quando si esprimono in maniera pesante o lasciano che altri lo facciano? Se ne parla alla Festa della rete di Rimini.

Barbara Indovina, avvocato penalista: "In alcuni casi vedo sentenze allarmanti, la normativa è vecchissima, molto confusa e non è mai ad hoc. Il legislatore è spesso indietro. I problemi e le cose temute dai blogger riguardano la posizione di chi tiene il blog. La cosiddetta posizione di garanzia. La possibilità o meno di controllare i contenuti. Nei giornali i giornalisti sono responsabili di ciò che scrivono e il direttore ha responsabilità di controllo. Questa regola è stata spesso applicata anche per blog e blogger in molte sentenze, pur paragonando il blog a stampa clandestina, a volte. In realtà esiste diritto di cronaca, critica e satira su argomenti di interesse e di pertinenza. La cassazione è altalenante nelle sentenze. Nel 2013 una sentenza del tribunale di Varese ha decretato che il blogger deve avere comunque il controllo. Personalmente non sono d'accordo. Anche perché intervenire sulle opinioni, come nei decreti o proposte di legge ammazza-blog (ne ho contate 8) vuol dire esercitare di fatto un controllo. Siamo stati bacchettati a livello europeo, perché ci sono sentenze contrastanti. La pena detentiva può essere esercitata solo in casi di estrema gravità. E poi cambia il valore della diffamazione. La parola stronzo oggi è slang, e in America - che è sempre più avanti in materia - hanno deciso di non controllare nulla. Lasciano pubblicare tutto. Arrivare a sistemare le cose su Facebook a volte è difficile. Dipende da quanto si fa la voce grossa".
I casi sono i più vari. C'è chi ha scritto: "Questa banca è una banca di merda", con il nome preciso dell'istituto di credito. Ed è stato costretto a pagare 3.000 euro di danni e a pubblicare una triste smentita.

Dario Pecorella, manager di Altervista: "Noi non moderiamo ma deleghiamo a volte a chi non è competente il giudizio su qualcosa che non conosciamo. Esistono tempi tecnici necessari per verificare, e molto spesso pur conservando l'ip di chi scrive, non se ne conosce l'identità. La verità è che non esistono ancora linee di intervento precise da seguire".
Matteo Flora, fondatore di The Fool: "Chi diffama e si appella al diritto di cronaca sbaglia perché in Italia questo diritto è proprio solo dei giornalisti. Che comunque sono tenuti a pertinenza e continenza. Le persone in genere possono riferirsi al diritto di critica. Ma valgono sempre pertinenza e continenza.
Lasciare commentare sul vostro blog o profilo non è un obbligo, ricordatelo, ma un valore. E i commenti un valore lo hanno, a volte in maniera anche superiore al post. È un'opportunità. Noi moderiamo per grosse testate circa un milione e mezzo di commenti al giorno. Se viene diffamato l'amministratore delegato di un'azienda che ci ha chiesto di monitorare il suo nome, nel giro di 48 ore parte la diffida, in genere. In un terzo dei casi i blogger ignorano la diffida. Ma lo fanno a loro rischio.
Chi tiene un blog o un profilo può decidere anche di mettere filtri per parola. Ormai è semplicissimo. In America non intervengono? Per fortuna in Europa sì, dico io. Perché se si pubblicano parole palesemente diffamatorie o qualcosa di falso, si deve avere diritto alla rimozione o alla rettifica. I problemi li incontriamo per rimuovere contenuti da siti esteri come Revenge Porn. Deve vengono pubblicati video porno in genere di ragazze o ragazzi che hanno lasciato il partner e che in passato si erano fatti filmare intimamente. Riusciamo a farli togliere se la ragazza, all'epoca della realizzazione del video, era minorenne. Diventa trattamento di materiale pedo-pornografico, e si rimuove".

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