martedì 13 agosto 2019

UN RICORDO DI NADIA TOFFA * IL CALVARIO DI UNA GIORNALISTA

Nadia Toffa.
Ho intervistato Nadia Toffa una sola volta, pochi anni fa, al telefono. Lo spettro della malattia era ancora lontano. Già valente inviata de Le iene, le avevano fatto un upgrade affidandole la conduzione di un programma di Italia 1 (rivelatosi poi non molto fortunato) che poteva considerarsi una sorta di spin-off. Lei era brava senza additivi aggiunti ma stava con un autore de Le iene. La cosa nell'ambiente era risaputa ma non ancora di dominio pubblico, e c'era nell'aria un po' di imbarazzo. Le feci l'intervista, chiacchierammo molto, le diedi la possibilità di chiarire questa e altre questioni. Era veloce di testa, lucidissima, determinata, brescianamente implacabile. Un'ottima collega, insomma. E all'occorrenza una schiacciasassi. Il fardello del cancro l'ha affrontato alla sua maniera, esponendosi parecchio. In modi che non sempre ho condiviso, ma del resto fare i conti con quella Bestia schifosa è una questione così personale che non si può sindacare.
Al termine della telefonata mi ringraziò e squarciò un velo: "E' andata benissimo: mi avevano detto che eri un po' stronzo, ma non è vero: hai fatto soltanto il giornalista!", disse con voce squillante. Risi parecchio e le risposi: "Beh Nadia, come tu ben sai per chi segue la comunicazione nello spettacolo chi fa appena qualche domanda, senza affogare per forza nel piattume o nel servilismo, rischia di passare per stronzo". Ecco, credo che alla guerriera Nadia Toffa piacerebbe essere ricordata così: "Soltanto una giornalista".

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