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mercoledì 20 febbraio 2013

SANREMO 2013, IL RETROSCENA * FAZIO HA CAMBIATO LE MUTANDE A BAR REFAELI

Sanremo 2013 è ormai archiviato, ma c'è una chicca imperdibile della quale non potevo non farvi partecipi. E stavolta mi muovo con molta circospezione perché devo mettere le mani nientemeno che nell'intimo di Bar Refaeli. Intimo in senso stretto, mica si parla di cose private o personalissime. Tu chiamali, se vuoi, mutandoni.
Essì, perché nessuno sa che la top model israeliana - la sera in cui ha messo piede come guest-star sul palcoscenico dell'Ariston - è stata oggetto di una terribile censura preventiva da parte di Fabio Fazio.
Un'ora prima di andare in onda, quando il conduttore ligure ha visto l'abito di pizzo nero traforato ultra sexy di Roberto Cavalli che la supermodella stava per indossare (e che ha poi effettivamente indossato), è inorridito.
Dal momento che sotto quel vestito la ragazza - ingenua - portava un perizoma color carne, il «Camerlengo» (cit. Littizzetto) Fazio, che temeva un altro caso Belen Rodriguez-Farfallina nel suo Festival pulito e degossippizzato, ha preteso con classe che una Bar non propriamente al settimo cielo cambiasse le mutande. L'importante era che «nessuno del pubblico a casa potesse anche solo sospettare che lei sotto panni fosse nuda» come mammà l'aveva fatta. È così scattata l'emergenza per trovare in mezz'ora un paio di sgraditi mutandoni a slippone neri da piazzare sotto il pizzo. Bar ha abbozzato dicendo obbedisco. Anche le top model, nel loro piccolo, si rivestono.
Ciò detto, per gli amanti delle dietrologie (ma anche delle didietrologie festivalere), bisogna aggiungere che la Rafaeli non ha brillato per simpatia durante tutto il suo soggiorno in riviera. Scortese e un po' scostante con tutti (compreso un pacifico inviato de «Le Iene» dall'approccio un po' goliardico, ma questo si è già visto in tv), ha dovuto sopportare anche un altro problema rimasto segreto che ha avuto almeno il pregio umanizzata un po'.

UNA TAGLIA IN PIU'
Avendo guadagnato ben due centimetri sui fianchi - in pratica, una taglia - tra la prima prova degli abiti (avvenuta qualche settimana prima) al momento di indossarli la sera del Festival, Bar ha costretto un manipolo di ardite sarte a partire da Milano lavorando l'intera notte prima del Festival per allargarle tutti gli abiti di scena, nei quali alla data di martedì non entrava più. La classica, drammatica corsa contro il tempo. Sono arrivate a Sanremo alle 13 di mercoledì, molto provate.
Durante la serata la costumista Rai, Ester, ha rilevato un crash con un vestito azzurrino della Littizzetto, molto simile al suo, ma Lucianina ha avuto la meglio e la Rafaeli ha dovuto cambiare l'uscita. Un problema non da poco l'ha avuto anche Bianca Balti, costretta a eliminare un maxi abito a ruota stile cortigiana: non passava dall'apertura sulla scala e dal retro quinta. Peccato: sono convito che sarebbe servito a farla notare un po' di più. Quindi a farla notare.
Quando si è proposta come «virtuosa» alla batteria, la Rafaeli ha trovato scomode le scarpe di Paciotti che indossava, e se le è tolte. Non le ha rimesse neppure per uscire di scena, facendo scalza tutto il tragitto, lunghissimo, fra il palcoscenico e il camerino.
Anche lì, problemi: all'Ariston cadeva tutto. I camerini del piccolo teatro sono stanzoni, divisi in tre stanze da pareti mobili. Attorno alle 20, un pannello divisorio ha deciso di crollare. E ci sono voluti quattro addetti della sicurezza per tenerlo in piedi, sino all'arrivo degli addetti Rai. Che l'hanno riparato citando scompostamente davanti a Bar non solo Sanremo ma anche tuttigli altri santi del calendario gregoriano.

100 ROSE ROSSE IN CAMERINO
L'unica soddisfazione la modella israeliana l'ha avuta il giorno di San Valentino, quando in stanza si è trovata un mazzo di 100, splendide rose rosse. Sul biglietto c'era solo una sigla: M. B.
Escludendo (per mancanza di prove) Milvio Berlusconi, in ambienti gossipari si sussurra possa trattarsi di un calciatore non italiano. Sai che fantasia. In ogni caso l'algida Refaeli le ha lasciate serenamente lì, nel vaso dove le ha rinvenute. Mancava solo il cellophan. Come una prova sulla scena del crimine.

martedì 24 aprile 2012

MARCO MARZOCCA * «SONO UN ETERNO SECONDO, SIGNO'»

Fiumicino, Roma. Sul tabellone delle partenze lampeggia il volo per Casablanca, e Marco Marzocca sembra tutto tranne che Ariel, il domestico filippino del «Certo, signò! Zùbito, signò!» che gli ha regalato il successo. «Sto partendo per Ouazarzate, in Marocco. Un posto dove vengono realizzate molte produzioni internazionali. Sarà il set della nuova serie di spot Tim» anticipa a «Sorrisi». «Dopo la madre di Garibaldi, stavolta sarò il segretario di Marco Polo, un accompagnatore cinese. Con me, come sempre, Bianca Balti e Neri Marcorè». Anche lui con la carta d’imbarco in mano.

Marzocca, proprio in Marocco dovevate andare a girare?
«Siamo solo esecutori. Decide tutto il marketing Tim, che si appoggia a un’agenzia pubblicitaria argentina. Sapesse quanta soddisfazione mi danno sempre questi 30 secondi...».
Come mai?
«Perché fanno ridere e ci danno la possibilità di improvvisare un minimo. Basta una parola fuori copione, a volte, e il risultato migliora. Mi è già successo due volte. E abbiamo un regista hollywoodiano: Harald Zwart, che ha fatto il secondo “Karate Kid”».
Non è il vostro caso, ma come mai gli spot dei comici per compagnie telefoniche, case automobilistiche e quant’altro, sono spesso i più brutti?
«Perché sono i più difficili. Ho studiato la pratica. Il problema è anche la parte istituzionale, con il messaggio pubblicitario aziendale vero e proprio. Si può mettere all’inizio, o alla fine. Tim lo mette alla fine».
Quindi?
«In 30 secondi devi: contestualizzare lo spot, raccontare qualcosa che faccia ridere, e dare il messaggio istituzionale. Una faticaccia».
Ma lei, ex farmacista che fa cabaret dal ‘94, quando mandò un video a «Tunnel» (Raitre), non si è stancato di essere un eterno secondo?
«A me lo dice? Pensi che tre anni fa feci tre serate da tutto esaurito al Gran Teatro di Roma: 9150 paganti. E 13 giorni al Brancaccio: sala da 1350 posti. Lei ha mai visto un articolo su un giornale? Non faccio notizia perché evito le imitazioni dei politici. Ma a questa logica, non mi piego».
Eppure quando fa il domestico Ariel gode di popolarità trasversale. È amatissimo...
«Vero. Se dal vivo non lo faccio, c’è la rivolta. Mia moglie Liliana è colombiana, conosco il mondo di chi, extracomunitario, arriva qui senza soldi. Ariel sorride sempre, anche quando gli va storta o sbaglia. È felice. Siamo noi che abbiamo troppo».
Da un anno e mezzo si è trasferito a Orlando, in Florida...
«Ho chiesto una carta verde e a sorpresa me ne hanno concessa una speciale, subito. Per non perderla, me ne sono andato. Anche per dare ai miei due figli un futuro di meritocrazia, che qui non esiste».
E negli States, che cosa fa?
«Ho un ristorante, “Big Italy”. E collaboro con Universal Studios. Lì se hai un progetto - e io tre idee in giro le ho -, basta avere il finanziatore e le realizzi subito. Qui sei in balìa degli umori mattutini di produttori e direttori».
Chi è il più grande col quale ha lavorato?
«Non perché mi ha scoperto, ma dico Corrado Guzzanti. Senza dubbio. Pare che ora rifaccia “Aniene” su Sky. E dovrei esserci anch’io».

(TV SORRISI E CANZONI - APRILE 2012)

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